Anche noi ascoltavamo più o meno tutti le stesse cose, ma l'industria discografica era in una fase illuminata, che poi è stata causa dell'esplosione del mercato (e in definitiva anche della sua deriva successiva), e dava spazio a cose diversissime tra loro, che alcuni di noi studiavano con passione manco fossero classici della letteratura, e comunque con quell'approccio. C'era chi esplorava tutte le pieghe della discografia dei Pink Floyd, spesso preferendo quelli psichedelici di prima del successo commerciale e snobbando chi adorava The Wall, e chi consumava i vinili dei Genesis di Peter Gabriel, concedendo un ascolto anche ai primi tre album senza di lui; chi si incupiva compiaciuto con Lolli e chi mandava a memoria Guccini, eccetera eccetera. E chi un po' tutto questo: indovinate chi. Esatto, però anch'io avevo la mia perversione: sviscerare le tematiche vecchioniane. Ci feci anche un manoscritto, e come vi ho già raccontato ebbi anche l'occasione di consegnarglielo de visu, ma ero un diciannovenne coglione (appunto) e me la feci sfuggire.
Naturale che Vecchioni sia uno degli artisti più frequentati della rubrica Radiocontroinformoxdiletto (che di recente ho un po' trascurato, forse per avere già svuotato i cassetti della memoria), e specie appunto quello degli anni settanta: Radiocixd recensisce principalmente album, e negli ultimi quarant'anni Vecchioni ha si scritto alcune bellissime canzoni (la migliore, specie per chi invecchia, è La viola d'inverno: ve la embeddo alla fine) ma spalmate tra tanti album nessuno dei quali per intero memorabile.
Il Professore (appellativo con cui è ordinariamente chiamato nell'ambiente, per non avere mai mollato la sua cattedra al liceo fino alla pensione, e dopo averne sempre una all'università, e anche per analogia con Guccini, detto Il Maestrone) ha ovviamente scritto anche qualche libro, alcuni di buon livello (su tutti, secondo me, Il libraio di Selinunte). Qualche mese fa, l'ultimo, Tra il silenzio e il tuono, un diario dissimulato che da quando ho letto la quarta di copertina hanno cominciato a suonarmi in testa alcune sue canzoni: un passaggio de L'ultimo spettacolo ("con l'occhio azzurro io ti salutavo, con quello blu io già ti rimpiangevo"), la fine di Canzone per Sergio ("e l'occhio azzurro avrà un momento uguale all'occhio blu"), e soprattutto l'intera Dentro gli occhi, in cui il tema del se stesso vecchio che incontra il se stesso giovane deflagra pienamente.Mi ero ripromesso di comprarlo (anche se l'anzianitudine, con la sua presbiopia e la sua insofferenza a portarsi appresso sempre gli occhiali, mi fanno ormai preferire il lettore ebook), quando ho saputo che mi trovavo a Reggio Calabria in coincidenza con un evento di presentazione presso il Museo della Magna Grecia, e si: in cospetto ai mitici Bronzi di Riace. Degli amici (grazie!) riescono ad imbucarmi, ed ecco che uno dei pochi lati buoni dell'invecchiare, l'esperienza, mi consiglia di acquistare una copia e a fine evento mettermi in fila per farmela autografare (prima volta in vita mia, giuro). E una volta davanti a lui, stavolta di non tacere. Il dialogo della istantanea qui sopra è: "confessa, hai fatto una versione extended di Dentro gli occhi!", io, e lui, col sorriso che vedete, "è vero!". E so' soddisfazioni...
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