domenica 22 settembre 2024

POSSIBILE? CERTO...

Il mitico Totò la sintetizzava con "poi dice che uno si butta a sinistra", io potrei sintetizzare questo post parafrasandolo con "poi dice che uno diventa complottista", ma per vostra (s)fortuna non sono Totò. Tra le tante vicende in cronaca che meriterebbero un approfondimento, che siccome io faccio un altro lavoro lascio ad altri (ci sono, magari non nel mainstream ma ci sono...), una solletica il velopendulo più di altre: le uccisioni e ferimenti ottenuti da Israele agendo a distanza prima sui cercapersone e poi sui walkie-talkie del nemico. Sulle vittime civili è inutile soffermarsi, tanto gli assassini trovano sempre un nesso logico per associarle ai "terroristi" (tutti i patrioti di qualunque patria nella storia sono stati chiamati terroristi dai loro nemici, se non lo sapete già sapevàtelo) e non avremo mai una stima precisa dei morti innocenti a meno che non assumiamo che un popolo che resiste a un invasore nonché sterminatore è tutto combattente ed è tutto innocente allo stesso tempo. Sto giro parliamo delle modalità.

Intanto abbiamo scoperto che esistono ancora i cercapersone e i walkie-talkie, che pensavamo fossero rispettivamente un oggetto superato e un giocattolo vintage come la maschera di zorro e la pistola da cowboy. Esistono perché chi vuole comunicare senza essere tracciato oggi deve letteralmente rinunciare allo smartphone. Dunque, quando noi vecchi brontoloni dicevamo che questo che sembrava uno strumento di libertà era in realtà una catena e mettendolo in mano ai nostri figli ne facevamo degli schiavi ignari e contenti, non dicevamo poi una cacchiata. Ci serve, ok, ma usiamolo consapevoli di quello che è, tanto non dobbiamo fare resistenza armata a un nemico. Almeno, per ora. Ma averlo fatto non è bastato, alle vittime di questa ennesima impresa israeliana, perché anche dotarsi di quegli strumenti "primitivi" ha comportato comprarli, magari una bella partita all'ingrosso (la povera gente ha il vizio di voler risparmiare), e ai loro carnefici è quindi bastato manometterli prima della consegna per renderli docili ordigni al loro comando se e quando gli fosse servito. Sto riportando letteralmente quello di cui si sono vantati pubblicamente, non sto elucubrando una teoria.

A questa ci ho pensato subito dopo, grazie a uno di quei siti che leggo tutti i giorni anche se ho mollato un po' l'abitudine di citarveli di continuo che lo so che sono pesante. Noi esseri pensanti, quando abbiamo visto crollare in caduta libera le torri gemelle, abbiamo subito pensato a una demolizione controllata. E potete star certi che i libri di storia dei secoli a venire, sempre se ce ne saranno sia degli uni che degli altri, riporteranno quella che oggi è ancora considerata una teoria del complotto come la versione acclarata, e la versione ufficiale come una menzogna patentata: è successo infinite volte sarà solo una in più, l'unica incertezza è su quando sarà lo switch e se faremo in tempo a vederlo, com'è successo ad esempio per JFK o il genocidio dei nativi americani.

Se vi volete fare un ripassino di tutta la vicenda c'è sempre il meritorio lavoro di Mazzucco, il regista televisivo e giornalista che per potere fare il suo mestiere come andrebbe fatto è dovuto uscire dal mainstream, dove infatti non c'è più uno che lo fa. A me per la vicenda in cronaca basta una piccola parte: dove si ricorda che poco tempo prima alle twin towers avevano fatto dei lavori di ristrutturazione. Uno degli argomenti preferiti dei sedicenti debunker è questo: non è possibile coinvolgere nella menzogna gruppi grandi e complessi di persone senza che prima o poi la menzogna emerga. Ma avete visto: dalla fabbrica all'utilizzo, c'è forse stato qualcuno, dal CEO al singolo operaio, che ha avvisato mezzo stampa occhio che abbiamo fatto delle modifiche a ics partite di cercapersone per renderli idonei a esplodere a comando? Migliaia di soggetti, tutti omertosi nel complotto? no, basta che chi lo ordisce non riveli a nessuno se non la microscopica parte del piano che lui deve attuare senza poter nemmeno lontanamente evincere che faccia parte di un piano e di quale piano. I complottisti (perché tali sono quelli che i complotti li fanno non quelli che cercano di svelarli) anche del complotto più grande e complesso possono anche tranquillamente, anzi direi devono, essere in pochi, pochissimi. Chi ha installato il girofaro nei grattacieli non sapeva cosa fosse, chi lo ha fornito pensava di fornirlo come al solito ad un aeroporto, eccetera, e chi ha messo le cariche esplosive in ciascuna colonna di acciaio non sapeva che lo fossero, chi ha azionato il telecomando chissà che ordine ha ricevuto e cosa credeva di fare. Fattostà che le torri sono state colpite da aerei pilotati, ammesso che lo fossero, da gente non capace di farlo figurati di centrarle, e che il danno inferto non sarebbe mai stato sufficiente a farli crollare. Quindi chi diceva che sono stati i servizi segreti israeliani, peraltro citando i tanti ebrei assenti al lavoro quel giorno, forse lavorava di fantasia ma era più credibile di chi per avvalorare la versione ufficiale (che dava il via all'invasione dell'Afghanistan e di fatto alla terza guerra mondiale a pezzi tuttora in corso) non trovava di meglio che rinvenire il giorno dopo in mezzo alle macerie i documenti di identità cartacei degli attentatori, che avevano resistito a fiamme in grado di fondere l'acciaio.

sabato 14 settembre 2024

LO SPIRITO DELLE SCALE

No, la traduzione letterale dei modi di dire non funziona quasi mai. L'esprit d'escalier è infatti quel fenomeno per cui la risposta giusta non ti viene quando sarebbe tempo di darla, ma solo quando tu, o il tuo interlocutore, avete chiuso la porta e imboccato le scale per andar via, e tornare indietro è peggio che impossibile, è altamente inopportuno in quanto quasi certamente inefficace se non controproducente.

Di regola l'espressione si associa ad un torto subito (un palliatone incongruo di un superiore, ad esempio), ma funziona anche nel caso opposto, quando ti fanno un favore o anche solo un complimento che non ti aspettavi, o quando sei tu a fare un torto senza volerlo e senza accorgertene se non quando è troppo tardi.

Non so perché mi è venuto di parlarvi adesso di questo, ma forse è giusto che anch'io usi ogni tanto lo strumento "blog" per il suo scopo originario, quello di "diario sul web", laddove di solito invece lo uso come testata personale per sfogare la mia grafomania e realizzare in minore il sogno di un bambino che da grande voleva fare il giornalista. E a un diario si confidano i propri segreti intimi, no? Dunque, eccoci qui, a confessare i peccati pur non essendo ancora in punto di morte, almeno credo e spero (ma non si sa mai, e ciò vale per tutti a prescindere dell'età - e si, possiamo grattarci..).

Gli è che, da sempre, mi capita di conservare memoria di episodi insignificanti (mentre magari dimentico alla grande cose ben più significative - come cantava Guccini in Antenor: "quante volte per altri è vita quello che per noi è un minuto"), di cui il danneggiato se fosse interpellato non saprebbe cosa dire, perché davvero per lui o lei è come se non fossero successi. Quindi, mi sono detto, lasciarli ad una pagina web forse è proprio la scelta migliore, perché nella rarissima eventualità che l'interessato ci incocciasse e li riconoscesse avrei fatto una sia pur enormemente tardiva ammenda, e in tutti gli altri casi ciccia. Li elenco così, quasi impersonalmente, così ciascuno di voi se vuole allunga la lista nella propria mente, o magari in commento al post, tanto il giochino può essere intrigante:

  • quella volta che non ho dato la bomboniera della laurea proprio a chi mi aveva aiutato di più nell'organizzazione della festa, perché le avevo finite (senza riservargliene una);
  • quella volta che non ho fatto il regalo di compleanno proprio a chi se lo meritava di più, approfittando dell'amicizia per giustificarmi con l'interessato di non avere i soldi, anziché cercare di procurarmeli;
  • quella volta che non ho capito di essere stato proprio io a beccare la multa con la macchina che avevo preso in prestito, e dire che il proprietario mi aveva chiesto di accompagnare il suo anziano padre al commissariato a presentare la patente per farsi decurtare i punti al posto suo (che però era il mio);
  • quella volta che non ho compreso per tempo di stare tirando la corda, e quindi ho dovuto assistere alla rottura di un'amicizia ultraventennale di cui ancora peraltro a distanza di altri anni non ho capito il motivo, e devo convivere con la consapevolezza sorda della mia parte di errore, senza maledizione sapere in cosa consista;
  • quella volta, o forse sarebbe il caso di usare il plurale, che non ho saputo come fermarmi prima di accettare attenzioni unilaterali forse dettate solo dal timore, forse dalla pietà, da parte di persone che non avrei mai più rivisto;
  • quella volta che mi è venuta in mente la risposta giusta a chi mi stava ferendo quando oramai era troppo lontano per dargliela, e poi l'ho tenuta sulla punta della lingua per anni, finché poi non l'ho data a chi però non mi stava ferendo affatto, ferendo gratuitamente io;
  • quella volta che maledizione quante sono le cose che non ti ho detto, belle e brutte, e che ora posso dire soltanto al te che è rimasto dentro di me, perché tu non ci sei più.
No, non mi sento meglio, adesso. Sarà che non c'è il prete, sarà che comunque io a un dio non ci credo, pensavo di provare un sollievo e invece no. Magari devo uccidere Antenor, lo sconosciuto che mi trovo davanti e che non ricordo proprio i torti che gli avrei fatto e che mi vomita in faccia, o morire. Che poi, se fossi davanti a uno specchio, sarebbe la stessa cosa. Ma magari devo solo provare ad allungare la lista, vediamo che succede. Per ora, passo.

domenica 8 settembre 2024

NE PARLIAMO DOPING

Non guardo le paralimpiadi. Nonostante nutra una grande ammirazione per chi si impegna a travalicare i propri limiti, a giocare al meglio con le carte che ha anziché lamentarsi di quelle che non ha, di cui chi ha a che fare con menomazioni di qualunque origine è un formidabile esempio, e quindi le paralimpiadi possano essere intese come una testimonianza utile a tutti su come vada intesa la vita, non ce la faccio. E non è per emotività, è proprio che un conto è arrivare col ragionamento a capire l'importanza di una cosa, un conto è essere attratti da uno spettacolo oggettivamente avvincente.

Viviamo tempi complicati, per avventurarsi in ragionamenti come questo: il rischio è che ti ritrovi immediatamente abile e arruolato nei retrogradi razzisti sessisti insensibili, come nei complottisti se osi discutere i dogmi del cambiamento climatico o della pandemia. Ma pazienza, perderò un altro paio di lettori, come sapete tutti col blog non ci faccio un centesimo altro che camparci. Il tennis è un buon esempio di partenza: lo pratico da una vita, è una delle poche cose che guardo in TV regolarmente, e le rivendicazioni di stampo femminista sulla retribuzione delle atlete risalgono agli anni settanta (riguardare La guerra dei sessi, storia vera di come tutto cominciò) e sono in buona parte state accolte. Ma giustamente: da qualche decennio, una partita di tennis femminile di alto livello può essere altrettanto godibile e anche esprimere contenuti tecnici di pari livello se non superiore (a volte tirare troppo forte è un limite da questo punto di vista). Prima, però, e anche adesso lontano dal vertice, non era così: se non giocava la Navratilova, rischiavi di annoiarti, come oggi con la Osorio, per dire, a furia di lunghi scambi fatti tutti di mezzi pallonetti.

Sul tennis torno dopo, parliamo di basket e pallavolo. Perché la pallavolo femminile è altrettanto spettacolare di quella maschile, e invece la cosa non è vera per la pallacanestro? Perché le donne nel volley giocano con una palla diversa e la rete più bassa, e in questo modo riescono ad eseguire quasi tutti gli stessi gesti tecnici dei maschietti, mentre nel basket a parte la palla leggermente più piccola è tutto uguale, e la differenza di fisicità si traduce purtroppo in un livello tecnico nettamente inferiore. Pensate un po', secondo me nel calcio il ragionamento si capovolge: la tecnica si vede meglio e più nelle donne, talmente esasperato è l'aspetto fisico negli uomini (ma se ne accorge solo chi ha l'età di ricordare il calcio di prima del pressing e del gioco corto).

Spero che questi esempi bastino, a sgombrare il campo da equivoci. Poi, magari arriveremo a stabilirlo per legge, che gli atleti diversamente abili devono percepire gli stessi emolumenti degli altri, ma questo non basterà a rendere le loro competizioni ugualmente attrattive per telespettatori e quindi sponsor. E anche per me: ci capito, penso le migliori cose di ciascuno degli atleti, poi però cambio canale. Ma cambiamo discorso.

Qualche tempo fa un corridore con le protesi ai piedi, tale Pistorius, prima di finire in galera per aver ammazzato la fidanzata, arrivò a competere a buon livello coi normodotati. La sua parabola interruppe l'esperimento, voglio sperare sia perché le autorità sportive abbiano compreso l'enorme rischio sotteso alla cosa: con il progresso tecnologico, quanto ci vorrebbe a realizzare delle protesi tali da battere regolarmente chi corre con piedi umani? E anche quando si imbrigliasse la tecnologia con delle regole, quanto potrebbe reggere questa briglia a cospetto del sospetto interiore di ciascuno sportivo costretto a confrontarsi con chi potrebbe partire avvantaggiato?

Questo semplice ragionamento dovrebbe fare premio su altre tematiche "di moda". Oramai è rimasta quasi sola, la creatrice di Harry Potter, chissà forse avere immensi patrimonio e popolarità aiuta ad avere coraggio, a dire fuori dai denti che no, non può essere ammesso a gareggiare con le donne chi prima gareggiava (e pure con successo) da uomo, solo perché nel frattempo si è sentito di dover cambiare sesso. E no, non per sessismo, semplicemente per salvaguardare la possibilità di competere delle donne "vere". Lo stesso ragionamento doveva essere utilizzato per escludere la pugile algerina: è donna, per carità, ma avere cromosomi e livello di testosterone da uomo le dà un vantaggio. O estromettiamo lei e tutte quelle come lei, o aboliamo l'antidoping e magari riabilitiamo le atlete della DDR (anche questa per capirla devi essere anzianotto...).

E torniamo al tennis, parlando del caso che riguarda il tipo che vedrete sullo sfondo di questo blog fino a luglio prossimo (cambio grafica una volta l'anno, ormai è tradizione), che oggi si gioca il titolo agli US open. Ieri sembrava che scadessero i termini per l'appello avverso alla sua sentenza di assoluzione, ma vista la giungla di norme sigle e gente che ci campa con questo carrozzone non si sa mai. E mi trovo a ribadire un concetto che espressi addirittura in uno dei primissimi post di questo blog, oltre sedici anni fa: bisogna smetterla di ragionare nello sport professionistico di doping e antidoping, ma parlare di medicina dello sport e fare tutto alla luce del sole. Gli atleti in genere, figurarsi se di vertice, hanno bisogno di essere trattati con una attenzione dedicata che non sia clandestina, e pazienza se certe sostanze o pratiche che fino a un certo punto si pensava innocue e benefiche poi si scopre che facevano male, quando succede si vietano e si cerca altro. Che poi è la stessa cosa che si fa correntemente: nella medicina, che sono più i farmaci tolti dal prontuario perché nocivi dopo essere stati di uso comune per anni di quelli in prontuario al momento, come nello sport, che è zeppo così nella sua storia di autentici miti che si prendevano più o meno di nascosto cose che poi sono state vietate e per cui magari altri sono stati squalificati. E parlo di giganti, di mostri sacri, che non voglio nemmeno nominare, ma la lista è lunghissima e vi sorprenderebbe scoprirci dentro proprio quel vostro idolo di gioventù. Per cui quelli che fanno la fine di Armstrong, o peggio di Pantani, sono vittime di un sistema che fa enne pesi ed enne misure per sua natura.

Il caso Sinner è assieme un cattivo e un buon esempio, di tutto ciò. Cattivo, perché il ragazzo è stato trovato con in corpo una quantità di farmaco vietato così infinitesima da indispettire Avogadro, altro che conferirgli un vantaggio sportivo, e per dosi così il processo non dovrebbe nemmeno iniziare. Buono, perché il fatto che il ragazzo non sia stato sospeso, o magari crocifisso, prima di assolverlo magari a stagione o a carriera compromessa, non deve essere usato, come hanno fatto tanti rosiconi e moralisti del piffero, per rinfacciargli un trattamento di favore, ma semmai per, al contrario, pretendere che da ora in poi le autorità competenti si comportino allo stesso modo per tutti. E cioè: se la dose di qualsiasi cosa è così bassa da non poter influenzare le prestazioni, il processo non cominci nemmeno. Se è più alta, si sospenda non solo il giudizio sportivo ma anche quello personale e sociale fino a istruttoria conclusa, facendo inoltre in modo che la stessa sia breve. E a regime, si faccia confluire il carrozzone dell'antidoping e quello del doping in una unica struttura che sperimenti alla luce del sole cosa si può fare per aiutare a competere gli atleti senza danneggiarli. Di modo che non ci siano vantaggi comparativi di nessuna natura, nemmeno ad esempio dall'avere un medico bravo che si inventa l'autoemotrasfusione: se e finché la medicina dello sport non comprende che fa male, la si fa a tutti. E nemmeno dall'avere un livello di testosterone che fa si che io sviti la testa con un cazzotto a chi quel livello non ce l'ha: non importa se lo assumi o ce l'hai di natura, sei fuori, o devo ammettere anche chi se lo inietta. Con buona pace dei benpensanti di vecchia e nuova maniera.

P.S. Se avevate ancora dubbi sul fatto che si tratti di un carrozzone che deve giustificare la sua esistenza, ecco le imprese dell'antidoping aggiornate a dopo la strepitosa vittoria di Jannik allo US Open...

domenica 1 settembre 2024

IN UN GIORNO E UNA NOTTE

Della serie "non condivido appieno quello che dici ma ti rispetto e ti pubblico lo stesso", che poi è una versione complicata di uno dei principi base della democrazia (che passa per essere di Voltaire), pubblico di seguito una serie di considerazioni di Pasbas, che sarebbe meglio accompagnare alla visione di questo video.

Si parla ancora di Palestina, ora che Israele ha gettato l'ennesima maschera attaccando anche la Cisgiordania, e se già prima si poteva parlare di genocidio e "soluzione finale" figuriamoci ora. La tesi è che a guardare bene questa escalation sta danneggiando anche l'economia israeliana, e a chi osservasse che si tratta purtroppo di qualcosa di troppo solido e foraggiato da fuori per poter sperare che crolli Pasquale risponde che tanti regimi sono crollati nella Storia, "improvvisamente" solo per chi non aveva saputo leggere i segni.

A me viene in mente Atlantide, e la meravigliosa canzone di Battiato che ne racconta in due minuti o poco più la parabola, da cui estrapolo il titolo di questo post (e di cui vi mostro il video in fondo). Ma non posso esimermi dal ribadire che a me tutto questo sembra un wishful thinking, e uso l'espressione anglofona solo perché la sua traduzione italiana "pio desiderio" ha una sfumatura negativa di significato che non mi piace e non si addice agli argomenti di Pasquale.

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Riflessioni sulla economia di guerra sionista.

di Pasbas

  1. 350 mila riservisti non possono lavorare e le ditte sono in crisi.
  2. 100 mila lavoratori palestinesi non hanno più ingresso in Israele. 
  3. 40 mila piccole attività hanno chiuso.
  4. I lavoratori dall'estero non arrivano più in massa a causa della guerra.
  5. La El Al continua a cancellare voli.
  6. 1 milione e più di israeliani col doppio passaporto sono tornati ai paesi d'origine.
  7. Il settore Hi-tech perde continuamente finanziatori anche israeliani.
  8. La Elbit, industria bellica multinazionale, ha perso gli investimenti della città di Bristol (sede di molte industrie belliche britanniche).
  9. Lo stato sociale si sta riducendo sensibilmente. 
  10. Israele, stato razzista, lo è pure nei confronti dei suoi cittadini non benestanti. I non abbienti stanno subendo pesantemente la crisi. 250 mila coloni sono stati spostati e non lavorano da ottobre.
  11. La presunzione e l'arroganza stanno subendo colpi pesantissimi internamente e a livello internazionale.

P.S. Anche altri regimi coloniali sono improvvisamente collassati (anche chi aveva il potere dei diamanti). Io osservo e studio, secondo una analisi marxista (secondo le mie poche conoscenze), quella economia imperiale-capitalistica che è ora piena di dirompenti contraddizioni. La sua esistenza non è più così garantita.


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