Nel mezzo di questo flusso, dicevamo, lo spartiacque PFM. Io ero troppo giovane ai tempi di questo tour, ma ho visto quello successivo che ne manteneva l'impostazione, e con Mauro Pagani già sul palco (forse già a preparare la strada al capolavoro assoluto Creuza de mà). In mezzo, c'era stato il rapimento, ma ci hanno fatto pure un film con Marinelli e l'avete visto in TV: meglio ricordare che, dopo, Fabrizio ha perdonato pubblicamente i rapitori, rinunciando inoltre a costituirsi parte civile al processo, a rimarcare ancora una volta che lui "la differenza tra idee e azione" delle donne davanti al Gorilla non l'ha mai avuta.
E ora la consueta tracklist commentata, coi video solo in link e popup (niente schermino) perché gli album in realtà furono due (il successo del primo suggerì l'immediata uscita del secondo) e la lista è lunghissima, una sorta di sguardo d'insieme a tutto il primo blocco di carriera di Faber (al di là degli album singoli, alcuni dei quali abbiamo già trattato):
- volume 1:
- Bocca di Rosa - Tra le tante versioni di questo classico della satira sociale, compresa quella di Ornella Vanoni, questa è forse la migliore, a dimostrare fin dal primo brano la felicità del connubio con gli alfieri del progressive italiano nel mondo. Ma è molto interessante anche quella in napoletano che Beppe Barra spesso ripropone dal vivo.
- Andrea - Scritta col giovane Massimo Bubola agli inizi della loro lunga collaborazione, questa canzone notoriamente affianca l'antimilitarismo di tanti altri brani precedenti ad una visione dell'amore a prescindere dal sesso degli interessati che è l'unico modo davvero efficace di affrontare correttamente queste tematiche, altro che l'ossessione lgbt eccetera di moda oggi...
- Giugno '73 - Difficile raccontare la fine di una storia d'amore in modo più efficace di così...
- Un giudice - Scritta col futuro premio Oscar Piovani, questa famosissima e divertentissima ballata (oggi impensabile, sotto l'imperio del politically correct) è uno dei brani in cui l'arrangiamento della PFM è diventato quello definitivo.
- La guerra di Piero - Forse il pezzo antimilitarista più citato della musica italiana, ma purtroppo spesso a cacchio, dimenticando cioè che il protagonista paga con la vita la mancata adesione all'istinto, primordiale, di combattere il nemico credendosi sempre e comunque dalla parte della ragione e percependo lui sempre e comunque come altro-da-sè. Esattamente il contrario di quelli che "siccome Putin è cattivo allora è giusto mandare armi e soldi agli ucraini che combattono dalla parte giusta della Storia" danno ragione a Draghi, magari col 45 giri di De Andrè in libreria.
- Il pescatore - Anche questo pezzo è oramai più noto con questo arrangiamento, e anche questo pezzo è tra i più travisati di sempre. Tradotto "in piano", è l'elogio dell'omertà di un (sacrosanto) ozioso, per cui l'assassino prima che essere tale (lo sarà per la società, magari, e comunque per chissà quali ragioni, che alla fin fine sono solo sue) è uno che gli ha chiesto da bere e mangiare perché ne aveva bisogno. E' solo senza dimenticare tutto ciò, che si può legittimamente immedesimarsi nel pescatore.
- Zirichiltaggia - Si torna nell'era Bubola (l'album Rimini era uscito da poco), con un pezzo che in qualche modo anticipa il Faber dell'era successiva, col suo testo in lingua sarda (ma, giuro, magari col testo davanti, un calabrese riesce a comprenderlo: potenza del Mediterraneo...) che rappresenta la lite tra due fratelli in merito all'eredità paterna (la "lucertolaia" del titolo è un terreno disastrato e poco fertile).
- La canzone di Marinella - Anche di questo brano è più frequente una lettura scorretta (come canzone d'amore) che quella autentica (è ispirato ad un fatto di cronaca, l'uccisione di una prostituta), forse per "colpa" di Mina che per prima lo rese famoso (strappando il Nostro all'avvocatura, come abbiamo raccontato anche di recente) e per ultima lo cantò assieme all'autore.
- Volta la carta - Tarantella buboliana a mascherare un testo serissimo, il brano conserva l'impianto originale di Rimini, senza però l'incantevole controvoce di Dori Ghezzi.
- Amico fragile - Brano dell'epoca degregoriana, e si sente - anche se la sua genesi è originale e l'ha spesso raccontata lo stesso Fabrizio. La sua versione migliore secondo me ce l'ha data Vasco Rossi al concerto in memoria di Faber (seconda solo ad Amore che vieni e amore che vai di Battiato, che scoppia a piangere e non riesce a finirla), forse perché in fondo parla anche di lui.
- volume 2:
- Avventura a Durango - Cover di Dylan, migliore dell'originale (pur fedele al punto di inserire passaggi in un imprecisato dialetto italico laddove nell'originale erano in spagnolo), a suo tempo forse frutto di strascichi dell'influenza del Principe (che anni dopo canterà l'altra cover dylaniana di Fabrizio, Via della povertà, mantenendo la sua traduzione) - d'altronde, la Pivano a suo tempo dichiarò che non capiva perché si diceva che De Andrè era il Dylan italiano anziché viceversa.
- Presentazione - Di Cioccio ai tempi era già assurto a frontman della band, ben oltre l'importanza relativa nel sound della band della sua batteria, in forza della sua faccia di tolla nettamente superiore a quella degli altri. Se siete mai andati a un concerto della PFM (e se no, fatelo, "col catetere" ma suonano ancora), questa presentazione qui vi sembrerà molto sobria.
- Sally - Ballata scritta con Bubola, di bellezza struggente (se la gioca con la Sally più famosa, che conoscete tutti) e testo che oggi non sfuggirebbe alla tagliola dei nuovi benparlanti (ma fatela voi una poesia, scrivendo "nomadi di etnia rom" invece che "zingari"...).
- Verranno a chiederti del nostro amore - Scritto con Bentivoglio e Piovani come tutto l'album Storia di un impiegato (uno dei dischi più sottovalutati di Faber, e uno di quelli che in un modo o nell'altro torna ricorrentemente a raccontare la cronaca), il brano suona come una gragnuola di schiaffi a ciascuno di noi.
- Rimini - Si muove nei paraggi di Piccola storia ignobile di Guccini, usando però un pennello felliniano al posto dell'accetta. E non è che sia meno dura...
- Via del Campo - Il brano oggi risulta scritto a quattro mani con Jannacci, ma alla cosa si arriva dopo che entrambi, in epoca diversa e per testi diversi, avevano attinto all'insaputa l'uno dell'altro ad un motivo tradizionale lombardo. Data la caratura dei personaggi, l'accordo fu semplice, e al suddetto concerto in memoria di Fabrizio il brano lo canta Enzo, smozzicato e straziante come solo lui sapeva fare.
- Maria nella bottega del falegname - Gli ultimi due brani sono tratti da La buona novella, capolavoro assoluto di cui abbiamo parlato tempo fa, e che la PFM porterà in scena di recente, nel quarantennale del disco in cui avevano suonato quando ancora si chiamavano I Quelli (lasciando fuori il cantante, tale Teo Teocoli...). Questo è bellissimo....
- Il testamento di Tito - ...ma questo è un capolavoro assoluto, in cui il ladrone Tito (chissà, forse tra l'altro ispirando Pasquale Festa Campanile per il suo Ladrone molto bene interpretato da Enrico Montesano) snocciola demolendoli i dieci comandamenti. Un testo di quelli che si dovrebbe tenere in casa appiccicati al muro, in cornice.
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