- è forse il primo vero concept della musica italiana;
- tratta di un argomento ai tempi tabù, e nemmeno dopo mai più affrontato con lo stesso coraggio;
- era ritenuto il suo miglior lavoro dallo stesso autore, o almeno così lo abbiamo sentito dichiarare.
L'idea dell'album fu di un certo Dané, che per anni ho creduto fosse un altro che invece era suo fratello, ma l'equivoco era favorito dalla grande cultura di entrambi, e dalla maggiore notorietà del Danè che conoscevo io, e non solo io visto che è quello di Giocagiò e di Paroliamo (per i meno che quarantenni, gli antenati - credetemi, mai raggiunti - delle trasmissioni per bambini e ragazzi e dei quiz con giochi di parole che conoscete voi). Si trattava di mettere in musica i vangeli apocrifi, e la scelta di De Andrè pare non fu nemmeno la prima. Ma quanto fu azzeccata: solo un anarchico può raccontare in modo credibile la storia possibile di un tizio che forse è davvero vissuto circa 2mila anni prima, se ci vuoi credere era figlio di Dio e di madre vergine, ma se gli togli la divinità il suo messaggio risulta molto ma molto più potente che se gliela vuoi lasciare. Non a caso la prima e l'ultima canzone della lista, che trovate qui sotto, sono quelle che sono: lo capirete da soli. Ascoltandovi qui i singoli brani (o se preferite, il full album che vi embeddo in fondo) mentre vi leggete le mie note:
- Laudate Dominum - Come vi dicevo, la intro è un corale che loda il Signore. L'espediente retorico di racchiudere i brani chiudendo il cerchio sarebbe inutile, essendo palese che si sta raccontando una storia dall'inizio alla fine, al solo scopo di paratesto ("questo è un concept album") che molte altre volte sentiremo. Infatti non è così (vedi brano 10).
- L'infanzia di Maria - Una bambina di tre anni viene affidata ai sacerdoti, forse per bisogno. Ma al primo ciclo, nove anni dopo, l'impura viene cacciata (assieme alla tentazione?) e data al miglior offerente come sposa. Ma forse perché sembrava ancora una bambina, non si trova di meglio di un vecchio (40? 50 anni? vecchio...) falegname che ormai non ci sperava più, e deve partire per un lavoro, che infatti se la porta a casa, la sposa e va via per quattro anni.
- Il ritorno di Giuseppe - Ovviamente, quando torna la trova donna. E forse non altrettanto ovviamente, ma non del tutto imprevedibilmente, la trova già incinta. Che fare? Gridare allo scandalo ripudiandola o magari uccidendola, per poi ritrovarsi solo nella vecchiaia incipiente? In fondo, ancora non si vede, sarà incinta da poco, può dire che è il suo, e crescersi un figlio magari maschio cui insegnare il mestiere, tanto lei non è mica andata via e ha l'aria così innocente, chissà che le è successo, sentiamo cosa ha da dire...
- Il sogno di Maria - Annunciazione! Annunciazione! Tu, Marì, Marì... Ahem, no, qui Troisi doveva ancora arrivare, a confezionare il vestito definitivo a questo evento nell'immaginario collettivo. Qui Maria ce lo racconta come un sogno, e noi ce lo immaginiamo quello che è successo, uno che si è approfittato di lei e della sua ingenuità, ma le crediamo lo stesso, come Giuseppe. Ci penserà Branduardi (che suona in questo disco) qualche anno dopo a dire la parola definitiva sulla paternità del feto, con Il ciliegio.
- Ave Maria - Una preghiera laica, che più che di una sola sembra che parli di tutte, e a tutte, le donne, "femmine un giorno e poi madri per sempre".
- Maria nella bottega del falegname - In questo brano, che sembra un pezzo di musical, Maria non parla col falegname che ha sposato, ma con quello che costruisce la croce in cui morirà (dopo aver insegnato "la guerra a disertare") colui che ha partorito.
- Via della Croce - Feroce requisitoria contro l'aspetto peggiore del cattolicesimo, il senso del peccato e la salvezza per pentimento, e per interposta sofferenza, introduce lo spostamento dell'obiettivo sugli occupanti delle altre due croci, che esploderà nelle due canzoni successive.
- Tre madri - Altro pezzo di musical, anzi qui quasi teatro. Tre crocifissi, tre madri, un dialogo atroce tra chi giustamente risponde recriminando che è proprio la natura divina del proprio figlio ad averglielo tolto, a chi giustamente rivendicava maggior diritto a soffrire della morte di chi non sarebbe risorto dopo tre giorni.
- Il testamento di Tito - E qui siamo all'apoteosi, al testamento di Faber, se vogliamo. I dieci comandamenti passati al setaccio da uno dei due ladroni, prima di incarnare quello "buono" del catechismo dolendosi della morte di Gesù. Non ne resta neanche una pagliuzza: il giusto e lo sbagliato sono solo nel cuore di ciascuno, se ci sono.
- 10. Laudate hominem - Chiude il cerchio, come dicevamo, della storia del Cristo narrata senza raccontare di lui. Per lodare la di lui umanità, perché se anche crediamo che tutte le storie che raccontano sul suo conto siano vere, se poniamo che non sia figlio di Dio e Dio egli stesso, se poniamo che sia davvero morto su quella croce e mai risorto, allora si che rendiamo merito alla sua grandezza. Il coro ritornella "non voglio pensarti figlio di Dio ma figlio dell'uomo, fratello anche mio", ma è il resto del testo, più difficile da seguire, che bisogna ascoltare con attenzione.
1 commento:
Bellissimo, per contenuti e forma
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