lunedì 27 gennaio 2020

IL FIGLIO DI BRYANT

Questo su Kobe non è un coccodrillo: ne avrete letti visti e ascoltati talmente tanti che non si può aggiungere niente. La carriera incredibile, le dichiarazioni di tutti i miti dello sport che lo conoscevano e amavano, persino le radici cestistiche italiane, sono state in questi giorni ampiamente disaminate.
Posso darvi un paio di link dei pezzi che mi hanno più commosso: uno su Ansa.it, uno che Reggioacanestro riporta come nota social della Viola Reggio Calabria; mi fermo perché mi sa che sia questi che tutti gli altri ve li siete già cercati da soli.
Ma io questo bambino l'ho visto coi miei occhi, tirare incessantemente a canestro negli intervalli delle partite della mia Viola, che per tentare di tornare in A1 si era assicurata uno che se voleva giocava da solo, e ciò era assieme la sua forza e il suo limite: con un mangiapalloni come papà Joe campionati non se ne vincevano. Metà spettatori durante la gara erano distratti da sua moglie in parterre, si diceva che fosse stata Miss Universo, e se non era vero era verosimile. Ma tutti nell'intervallo guardavamo "il figlio di Bryant" segnare e segnare, con quella maglietta neroarancio col pescespada sopra, quello spada che per una delle coincidenze bizzarre della vita avevo scelto a illustrare un mio post proprio più o meno mentre lui si schiantava con l'elicottero. Con accanto quella figlia a cui stava passando il mestiere, lui che come suo padre poteva volendo chiudere una partita da solo, ma a differenza di lui vinceva con le sue squadre (uso il plurale perché c'era anche la nazionale USA, di club ha sempre giocato nei Lakers).
Non si può non guardare e riguardare questo cliccatissimo video, e non si possono trattenere le lacrime.

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