domenica 29 dicembre 2024

LA GHIGLIOTTINA

Mentre sto alla tastiera per scrivervi un veloce augurio di fine anno, perché ogni tanto faccio qualche giorno di vacanza anch'io, mi arriva dal soggiorno l'audio del quiz preserale di RaiUno, e non posso non approfittare della coincidenza che il suo conduttore sarà anche quello del concertone di fine anno, che ormai da qualche anno si intitola come una canzone di Lucio Dalla che ascoltavo rapito da teenager, e che quest'anno si svolge proprio sul lungomare Falcomatà, già Matteotti, "quello che Gabriele D'Annunzio definì il più bel chilometro d'Italia" (cito il mitico Adriano De Zan, che ripeteva questa frase ogni volta che il Giro passava per Reggio Calabria, ma non è manco sicuro che il Vate quella cosa l'abbia davvero mai detta).

Non posso, perché la notizia dell'assegnazione alla mia città (dopo 40 anni in giro per l'Italia, di cui la gran parte vissuti a Roma, continuo a considerare Reggio la mia città, che volete farci, capita a noi terroni) dell'evento è uscita in contemporanea alla consueta annuale classifica per qualità della vita dei capoluoghi di provincia italiani, in cui Reggio, che comunque bazzica sempre nei bassifondi della graduatoria, quest'anno si colloca proprio esattamente all'ultimo posto. La coincidenza è talmente macroscopica che è stata subito notata e oggetto di commenti politici, come al solito strumentali, quindi di segno opposto a seconda se provengono dalla stessa maggioranza del sindaco (della serie "bisogna vedere come li calcolano questi parametri") o dall'opposizione (che però è al governo nazionale). Non entro nel merito, perché da un lato ha ragione chi, rimpiangendo il padre di cui l'attuale sindaco è "figlio d'arte" (nel solco di una tradizione eminentemente, anche se non esclusivamente, italica, che costituisce sia una scorciatoia impareggiabile per ogni carriera sia un marchio spesso indelebile), guarda oltre il bellissimo lungomare e trova quasi solo segnali scoraggianti, nonostante la promozione a "città metropolitana": ad esempio, pare che quest'anno la stagione sciistica in Aspromonte, nonostante la tanta neve, non parta affatto; ma dall'altro lato gli stessi lo attaccano sia per quello che non fa sia per l'unica cosa buona che fa, prendere posizione contro il Ponte sullo Stretto, una roba che si mangerà inutilmente tanti di quei soldi che se spesi diversamente hai voglia a scalare la classifica (anche i dirimpettai).

Io non guarderò il concerto, ma se non conoscete Reggio e non avete di meglio da fare guardatevelo voi, che le inquadrature della location meritano anche solo un veloce passaggio. Quello che ci rende tristi, a me e a tutti i riggitani vicini e lontani, non lo vedrete; meglio così, in un momento che si spera per tutti sia di allegria. Intanto Liorni in TV è arrivato ai paroloni, tra un po' arriva la ghigliottina. E come diceva mio nonno, bon capurannu e bon capu ri misi, arretu a porta c'è unu cull'anchi tisi...

sabato 21 dicembre 2024

CARO BABBO NATALE

Chi mi segue lo sa, che sono un miscredente e non credo in nessun essere superiore figurarsi in uno vestito di rosso dalla cocacola che prima era vestito di verde perché come molti altri americani veniva dall'Irlanda dopo aver fatto il giro di mezza Europa ma in fondo era San Nicola di Bari e non era nemmeno di Bari perché era moro. Dopo aver visto mio nipotino piangere per aver scoperto che sotto la barba finta c'ero io vestito strano, ho deciso che non avrei ripetuto quelle pantomime con mia figlia, alla quale fin dalla più tenera età inoltre ho raccontato la storia vera di Santa Klaus, padre degenere che non sono altro (lo so che qualcuno di voi lo sta pensando, e metto le mani avanti).

Ma dopo aver visto la pubblicità di quel nonno che la bimba gli chiede ma i nonni non scrivono a babbonatale e lui risponde certo che si e scrive caro babbo natale vorrei passare più tempo con la mia nipotina e lei lo aiuta a recapitare la letterina e di fatto esaudisce il suo desiderio, siccome non sono ancora nonno anche se anagraficamente potrei, e siccome mia figlia è entrata in quella fascia d'età che i genitori li si calcola poco e io devo solo aspettare che passi tentando di mantenermi vivo e magari decentemente, ma soprattutto siccome con l'età ci si commuove di più non solo coi bei film ma anche con i brutti spot, ho deciso che quest'anno avrei scritto la mia letterina anch'io. Anche se non so cosa chiedergli.

E già perché man mano che ti accorgi che la strada davanti è ormai molto più corta di quella dietro, e il fenomeno tende ad accentuarsi, scopri di avere sogni diciamo così sempre più "conservativi", del tipo mantenere la salute o cose del genere, e quello è il massimo di ottimismo che ti concedi. Certo, resta valido il meraviglioso verso di Vecchioni in Sogna ragazzo sogna ("la vita è così grande che il giorno prima di morire pianterai un ulivo convinto ancora di vederlo fiorire"), ma per quanto sia vero e potente, perché proiettarsi nel futuro è l'unico modo reale che abbiamo di attingere in qualche modo all'immortalità (e perché se no si farebbero imprese memorabili, si farebbero i figli, si amerebbero le storie comunque le si raccontino?), si tratta di una forma di autoinganno che continua, nonostante sia consapevole, per non avere alternative. E allora vai sullo spicciolo: niente sogni grandi, meglio concentrarsi sulle piccole cose.

Solo che anche così la lista sarebbe così lunga che l'ufficio stampa di Babbo Natale la scarterebbe, eppoi lo sanno anche i bimbi più piccoli che nella letterina una cosa, bisogna mettere, anche se te ne vengono in mente tante, che se no quello è pure anzianotto e non ce la fa. Vediamo un po'... vorrei che quelli che pensano che la pace sia qualcosa dove vinciamo noi e il cattivo perde fossero i soli a patire le conseguenze di una escalation... no, troppo ambizioso. Allora vorrei che quelli che ci hanno rinchiusi in casa arbitrariamente per non avere ammesso che erano stati proprio loro a strangolare la sanità pubblica e che era quello il solo motivo per cui non ce la si faceva a fronteggiare un'influenza un po' più seria del solito fossero processati e rinchiusi in galera buttando le chiavi... no, troppi correi, non basterebbero le carceri, anche tenendo fuori i corrivi. Allora i diritti economici fondamentali, il ponte sullo stretto, la TAV che poi persino la sigla è arbitraria, la logica delle privatizzazioni e gli affari dietro di esse... no, ci vuole una cosa più precisa. Mi aiuto con un filmato:

Ecco, vorrei che quelli che credono a questo filmato, e quelli che lo hanno realizzato, e quelli che stanno dettando la linea che si vede chiaramente tra le righe, fossero davvero costretti per tutta la vita a spostarsi solo tramite un treno regionale, meglio del centro-sud ma va bene anche quelli del nord, perché non possono permettersi un'auto di quelle supercare che saranno le sole a poter circolare, né tantomeno una casa abbastanza vicina al lavoro da poterci andare in bici sulle costosissime e trafficogene ciclabili costruite per i privilegiati residenti. Così, anche per provare sulla loro pelle cosa vuol dire impiegare tre ore per un tragitto che in macchina ce ne vuole una, tutti pigiati uno sull'altro fin dalla banchina o dal mezzo pubblico preso per raggiungere la stazione, detestarlo, e sapere che la loro condanna è non uscirne mai fino a che campano. Che dici, Babbo, si può fare?

sabato 14 dicembre 2024

MASTRU PIGNATARU

Se vi bevete l'informazione mainstream come acqua fresca di sorgente, in Siria c'era un dittatore che è stato deposto da una rivolta popolare genuina e quasi rassicurante, e non è stato messo a morte come un Gheddafi o un Saddam qualunque solo perché un suo amico dittatore che lo ha aiutato negli ultimi anni a mantenere il potere non potendo insistere almeno gli ha salvato la buccia ospitandolo con la famiglia nel proprio Paese. Se invece anche a voi viene l'orticaria a sentire sempre la stessa canzone, mentre invece voi non riuscite proprio a farvi una idea precisa di una situazione che se possibile è ancora più intricata di quella ucraina o palestinese o libica eccetera, vi serve una mano.

Se masticate l'inglese, Pasbas mi ha mandato un video di DemocracyNow, canale youtube benemerito: è qui. Se no su Comedonchisciotte c'è la traduzione di un articolo uscito su Southpress pochi giorni fa, si intitola Un’altra nazione sovrana (Siria) distrutta nell’aggressione della NATO contro il mondo, e già il titolo rende l'idea, ma bisogna leggerlo tutto non ci provo nemmeno a riassumerlo.

Ma una sintesi concettuale, fra l'altro buona per molte altre situazioni della storia recente, la posso tentare, grazie a una di quelle reminiscenze dialettali che chi cresce senza averne è purtroppo per lui più povero. I nostri vecchi, a interlocutori che tentavano di raccontargliela in modo da avere sempre ragione, talvolta rispondevano con un proverbio: 'U mastru pignataru menti a manica aundi a voli". Chi fabbrica le pignatte decide lui dove mettere il manico. Non credo servano spiegazioni.

L'abitudine di definire dittatore il nemico, anche se ha vinto regolari elezioni, e democratico l'amico, anche se non ha nessuna intenzione di instaurare un qualcosa di vagamente democratico, arriva al paradosso di cambiare idea, o perlomeno etichetta, al figuro di turno quando ci diventa comodo: terrorista fino a ieri, liberatore oggi. Domani, quando instaurerà un regime oppressivo, magari contro le donne, ricambieranno etichetta, dimenticando di essere stati coloro che gli hanno consegnato il potere. Tanto quelli che bevono acqua fresca hanno la memoria del pesce rosso, sarà l'elemento.

Se volete allargare l'inquadratura fino a includere chi, manovra l'informazione assieme a tutto il resto, andatevi a leggere qui Stefano Re, uno che scrive poco ma ogni volta mi tocca citarlo e invitarvi a leggerlo. E anche per questa settimana questo piccolo blog ha svolto la sua funzione fondativa, nei confronti di voi quattro gatti che siete rimasti a leggerlo...

sabato 7 dicembre 2024

STECCO DI LEGNO NELL'ONDA

Il titolo di questo post è un verso di una canzone che ho già recensito con tutto l'album di cui fa parte, il meraviglioso Automobili di Lucio Dalla, uno dei dischi più importanti del Novecento, il terzo dei tre coi testi scritti dal poeta Roberto Roversi, anche se prima dell'uscita i due litigarono (sull'opportunità di far uscire o meno nel disco alcune canzoni politicissime, che io infatti nella recensione vi inclusi) e il poeta ritirò la firma.

La canzone è Intervista con l'Avvocato, e nel 1976 diceva "da tutti è ormai confermato che l'auto è in crisi profonda, l'auto non ha futuro: stecco di legno nell'onda; dopo l'assestamento, le auto saranno più rare, e finiranno per scomparire come zanzare sul mare". Beh, che dobbiamo aggiungere?

Più avanti nel disco c'è però Il motore del 2000, che sembra tanto più ottimistico che la FIAT lo adottò per uno spot del motore FIRE (stava per Fully Integrated Robotized Engine, l'inglese faceva futuro), che attaccava così: "Il motore del 2000 sarà bello e lucente, sarà veloce e silenzioso, sarà un motore delicato, avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina: lo potrà respirare un bambino o una bambina". Sembra una premonizione, più che delle auto elettriche, di quelle ad idrogeno, di cui ancora si legge come futuribili, anche se Beppe Grillo negli anni 90 sul palco portava un modello targato e ci si faceva i suffumigi spalmando il vaporub sullo scappamento.

Ma l'album è pieno zeppo non solo di profezie e squarci sociopolitici, ma anche di quell'afflato eroico e passionale legato all'automobile fin dai suoi albori, che sta dietro da un lato al successo commerciale così clamoroso da divenire l'architrave del capitalismo occidentale, dall'altro al tifo negli sport motoristici, e in mezzo al rapporto che ciascuno di noi ha con la sua auto. Un afflato tale che deve avere una spiegazione "altra" rispetto al mero consumismo.

Gli esperimenti sui topi (rileggetevi questo post, please, e andatevi a guardare il film che cita e linka) dimostrano che la felicità o infelicità, o forse sarebbe meglio dire benessere o malessere, almeno di tutti i mammiferi umani compresi, dipendono essenzialmente dal grado di libertà percepito. Anche di questo abbiamo già parlato, qui (lo so, parlo sempre delle stesse cose, ma perché voi no? e comunque sto invecchiando, e vi invito a rileggere proprio per non ripetere), partiamo dalla fine: quello che mi rende felice (mi fa stare bene) non sono i soldi, la salute, l'amore o qualunque altro concetto astratto su cui possiamo disquisire o poetare (è lo stesso), ma il fattore che lega questi concetti, la libertà. Se ho più soldi, posso fare più cose che se ne ho meno, posso decidere liberamente quale strada imboccare a qualsiasi bivio, e se non è vero questo, come nel caso in cui per fare i soldi mi costringo in situazioni che la libertà me la diminuiscono, non sarò felice anche se ricchissimo. Anche la salute, se ci pensate bene funziona allo stesso modo: nella misura in cui manca, le cose che puoi fare si riducono. Idem l'amore: prima di vagheggiare un ritorno alla vita agreste, considerate che in quel mondo capitava raramente ci si scegliesse o almeno si pensasse di averlo fatto. Quando i limiti economici, fisici e relazionali sono invalicabili, è più felice chi riesce a farsene una ragione e a calcolare la sua libertà all'interno di quei limiti. Non potere volare, o vivere per sempre, è un limite che riguarda tutti, ma sono infiniti i valori possibili su quell'asse cartesiano, dalla coscienza di essere piccoli a quella di stare invecchiando, dagli handicap fisici alla semplice accettazione di avere un aspetto fisico non corrispondente agli standard di bellezza in corso.

Andiamo dall'individuale al sociale. Il capitalismo è fondato su una serie di meccanismi tendenzialmente autodistruttivi, lo diceva Marx e non ha mai smesso di essere vero: i soldi chiamano soldi, e a furia di concentrarsi nelle mani di pochi su scala sempre maggiore il sistema non può che smettere di funzionare. Il socialismo, e i sensi di colpa per la guerra mondiale, però, gli hanno dato una mano ad allungarsi la vita, inducendolo ad invertire per un po' la freccia della distribuzione delle risorse. Già prima, Ford era diventato Ford trovando il modo di costruire automobili che costavano così poco che i suoi operai se le potevano comprare, con paghe adeguatamente maggiori, e godere, nel tempo libero che derivava da orari di lavoro minori. I cinquant'anni circa dopo il 1945, di fatto, sono stati gli unici di tutta la storia dell'umanità in cui questa logica ha fatto premio. Tutte le nostre libertà, se ci pensate, derivano da questo: quella di far studiare i nostri figli anziché costringerli a lavorare fin da piccoli, quella di studiare, quella di giocare, quella di scegliersi chi amare (poi anche dello stesso sesso), quella di spostarsi per divertimento, quella di fare sport e divertirsi, eccetera. Il grado complessivo di queste libertà considerate (erroneamente) per acquisite nell'occidente contemporaneo è tale da fare invidia, se potesse osservarle con una macchina del tempo, a qualsiasi sovrano del passato, e comunque solo una ristretta cerchia di persone nella storia fino alla seconda guerra mondiale si poteva permettere un complesso di libertà lontanamente simili alle nostre standard.

Quello che è successo invece negli ultimi trent'anni, ed ha accelerato negli ultimi cinque minacciando di farlo ulteriormente nel futuro, è esattamente questo: che partendo dalla constatazione che il modello di sviluppo che consente tutto ciò è insostenibile per il pianeta (o se preferite costruendo artatamente il luogo comune di questa constatazione: all'atto pratico è lo stesso) si è invertita la freccia. E per evitare ribellioni o proteste che potrebbero inceppare il meccanismo, la velocità a cui si muove il fenomeno è complessivamente minore del fenomeno opposto: lo sboom è più lento del boom, spesso più lento delle vite di ciascuno di noi, e così più efficace. I nostri figli non avranno nessuno dei nostri diritti. Nemmeno quello di disporre di una estensione di se che occupa del terreno e vi si sposta sopra in autonomia. Questo è deciso e senza comprendere ciò (errore di certa sinistra convinta ancora di potere conciliare i suoi temi con l'ambientalismo in voga) non si può capire la logica assurda di certe decisioni, peraltro non democratiche, che stanno demolendo il settore trainante dell'economia.

Ammettendo il teorema del cambiamento climatico e della finitezza delle risorse che ci dovrebbe indurre ad accettare ogni diminuzione di libertà finalizzata alla salvezza del pianeta (o meglio della vita umana sul pianeta che il pianeta se ne fregherebbe di diventare come Venere o Marte), però, se la guerra fredda l'avesse vinta l'URSS e fossimo tutti nel Patto di Varsavia oggi saremmo immersi in una propaganda pervasiva e minacciosa che ci avrebbe costretto a girare tutti su una Trabant elettrica scaldare meno le nostre case eccetera: tutti uguale (tranne un pochino la ristretta cerchia del Partito). Siccome invece domina il capitalismo, questa erosione di diritti e di libertà avviene con le sue logiche: gipponi elettrici per i ricconi che hanno la casa in centro e manco gli servirebbero, tanto hanno pure le ciclabili (sempre vuote, come mai?), e chi vive in periferia lentamente indotto all'immobilità. Tanto le prove generali le abbiamo già fatte con la cosiddetta pandemia e lo smartworking e i delivery sono pronti alla bisogna. E senza auto sarà un problema anche tornare al paesello...

martedì 3 dicembre 2024

"MUOIA SANSONE...

Questa cinecitazione la capisce solo chi ha una certa età...
...con tutti i suoi filibustieri", mi pare di averla sentita da Totò, o da Frassica. Certo è che potrebbe descrivere bene lo stato d'animo di un autentico farabutto, l'ineffabile Presidente uscente degli Stati Uniti d'America, nel mentre che si ingegna a escogitare le ultime malefatte che si può permettere, visto che a giorni deve mollare l'osso.

L'ultima è degna di un Papa italiano, sia per quantità di facciatosta necessaria, sia per sintassi nepotistica: ha concesso la grazia... a suo figlio! incriminato per reati fiscali e altri connessi all'uso di droga, peraltro, mica politici! Ma chi si crede di essere, Berlusconi? La decisione, che non piace quasi a nessuno nemmeno dei suoi non fosse altro perché disinnesca molti argomenti anti-Trump, può in qualche modo essere compresa solo tenendo presente il complesso della situazione: ha 82 anni, è forse vicino alla fine della vita tout-court ma sicuramente della vita politica, cosa gli frega di sputtanarsi ulteriormente se può almeno salvare il culo al figlioletto?

Il problema è semmai che la stessa logica (e forse non solo quella) la sta applicando anche al di fuori del familismo amorale (concetto sociologico cui ebbi a dedicare persino un post appassionato 14 anni fa, quando il blog era giovane e io quasi pure, e sicuramente meno disincantato), nella sua penultima malefatta. La "terza guerra mondiale a pezzi" ha da 2/3 anni i suoi focolai più attivi, peraltro quanto interconnessi si vede in Siria, in Ucraina e Palestina. Che il vecchio cafone intrallazzista fosse, nonostante questi aggettivi e tutti gli altri che gli vogliamo appioppare, in grado di vedere le cose da un punto di vista abbastanza diverso da aumentare la probabilità che quei focolai vengano spenti, ce lo siamo detti su queste pagine ben prima delle elezioni, e che non fossimo visionari è emerso abbastanza presto subito dopo. Purtroppo l'evidenza è tale che non solo hanno iniziato ad ammetterla i commentatori politici accreditati come filoprogressisti, ma l'ha colta anche un vecchio rincoglionito come Joe stesso. E per le stesse ragioni, e nessuna delle giustificazioni, del paragrafo precedente, ha deciso (seguito a ruota dalla sempre più vergognosa UE) di concedere agli ucraini l'uso di missili in grado di raggiungere Mosca: che gli frega, a uno che ha da vivere ancora qualche anno e additato come esempio negativo comunque, se finisce il mondo?

Perché è questo, che rischiamo: una escalation che come quelle che popolavano i nostri incubi di ragazzi degli anni 80 potrebbe portare a una guerra nucleare globale. Il vecchio amico della confraternita OMS - Big pharma, degli esportatori di democrazia a forza di bombe intelligenti, dei pasdaran del cambiamento climatico, degli ispiratori di primavere arabe e colpi di Stato ai confini della Russia, sconfitto su tutti i fronti e talmente sputtanato che nemmeno averlo sostituito all'ultimo istante con una rappresentante-di-minoranze-di-moda è bastato, prima di andarsene lascia una polpetta avvelenata, inquina le sorgenti, infetta gli acquedotti, insomma fa una mossa che potrebbe compromettere sul nascere ogni iniziativa di pace. Speriamo di no, ma se succedesse non dimentichiamoci (per quello che può valere) di chi è la colpa: di quel cosiddetto progressismo democratico che forse ha scelto il proprio nome nel vocabolario della neolingua di Orwell...

sabato 23 novembre 2024

LE BUFALE DEL PADRONE 6 - IL PONTE SULLO STRETTO E LE GRANDI OPERE IN GENERE

Del proverbiale ponte abbiamo parlato tante volte su questo blog, d'altronde è duemila anni che se ne parla, e io sono nato da quelle parti... Ogni volta finisce che sembra ci si metta una bella e giusta pietra sopra, ma dopo un po' ecco che qualcuno ci riciccia, questo giro è nientemeno che il capo di un partito che voleva la secessione del nord Italia dal sud (che magari che l'avessero ottenuta ai tempi di Bossi e Miglio: nell'eurozona sarebbe entrato solo il nord e un sud ricco e sovrano oggi banchetterebbe sulle sue spoglie!). Roba difficile da spiegarsela, senza quella dose di dietrologia che noi "complottisti" fortunatamente sempre manteniamo: "cosa vorrà in cambio, di questa ipotetica pioggia di fantastiliardi sul sud?", ci chiedevamo, ma bastava attendere un po' e infatti è arrivata la risposta.

Il governo, infatti, ha varato quella che con una delle solite etichette ingannatrici hanno chiamato "autonomia differenziata", la cosa più vicina alla secessione che si può oggi ottenere, anzi meglio, che il sud non ne potrà nemmeno ricavare i vantaggi che potrebbe da una secessione vera. Se pensiamo che la Meloni dieci anni fa proponeva, con una iniziativa che se avesse mantenuto (magari assieme al no-euro degli esordi) forse gli avrei dato il voto anch'io, l'abolizione delle nefaste Regioni, abbiamo una ulteriore misura di quanto la coerenza conti in politica. Sicuramente meno del do ut des. Ma torniamo a bomba sul Ponte.

La notizia è che sono venuti fuori i documenti ufficiali della società che lucra da decenni sull'utopico progetto, parecchi decenni, e sta al Ponte come l'oste al suo vino, il che rende ancora più preoccupanti i passaggi cerchiati in immagine: è come se l'oste dicesse "comprate il mio vino, è fatto con le bustine" o giù di li. Non che fossero segreti, no, è semplicemente che la stampa mainstream si guarda bene da farli uscire, e stiamo parlando di un argomento in cui non è nemmeno tutta allineata (magari il Manifesto avesse usato lo stesso zelo ai tempi della "pandemia"...), figurarci quelli in cui la sinistra è più di destra della destra. Certo, bisogna saperli leggere:

  • dichiarare che il Ponte è in grado di resistere a un sisma di grado 7,1 Richter significa che NON è in grado di reggere a uno di grado 7,2 (non fatevi ingannare dallo 0,1: la scala è logaritmica), figurarsi a uno di 7,8 ritenuto possibile da esperti non interessati agli affari, che genera un'energia pari a undici volte tanto un 7,1;
  • dichiarare che l'area dello Stretto non è in grado di produrre terremoti superiori a quello del 1908 ha lo stesso grado di attendibilità di un oroscopo, e comunque nessuno può garantire che la misurazione del 1908 sia stata precisa come quelle che possiamo fare oggi;
  • dichiarare che un tale sisma ha un tempo di ritorno di duemila anni è una supercazzola indimostrabile, anche perché i terremoti catastrofici documentati nell'area in quei duemila anni sono stati almeno una decina e di nessuno di essi è possibile anche solo approssimativamente calcolare la magnitudo (ma solo gli effetti riportati dalle cronache delle varie epoche, mitigati dall'impatto antropico molto minore e comunque gravissimi), supercazzola che si possono permettere di sparare solo perché sanno, e dichiarano esplicitamente senza che nessun commentatore o politico a quel punto si alzi e faccia saltare il tavolo mandandoli a fanculo, che l'opera, con tutto quello che costa, durerà duecento anni (e lo dicono fieri come se fossero tanti, come il buon Morandi faceva coi suoi bellissimi viadotti di calcestruzzo). Avete capito bene: i vostri pronipoti al massimo potranno farsi le foto dal traghetto con le macerie alle spalle, e intanto oggi per farlo spendiamo tanti di quei soldi che invece ci si potrebbe riqualificare il territorio e le infrastrutture di tutta la Calabria e la Sicilia.

A proposito di soldi: il politico in questione, il codazzo che si è creato dietro a questa sua impresa, e la flotta di pesci pilota dell'informazione (tra cui spicca per attivismo becero e feroce una nota testata locale, spero almeno sia per soldi perché altrimenti è peggio), usano come clava l'argomento "enorme investimento pubblico con ricadute importantissime sul territorio", e perciò tocca smontarlo. Perché le opere pubbliche possano avere un effetto moltiplicatore keynesiano, infatti, occorre che si verifichino due condizioni: che i soldi spesi restino nel territorio, e che chi li guadagna ci paghi le tasse e il resto li rispenda nello stesso territorio, eccetera fino al punto in cui l'aumento di reddito prodotto sia tale da generare maggiori entrate fiscali tali da azzerare il deficit iniziale con cui si è fatto l'investimento. Sono cose che ai miei tempi si studiavano all'università e oggi non più, lo capisco, ma con un altro piccolo sforzo si arriva anche alla deduzione (peraltro spiegata bene nel programma dei cinquestelle prima che diventassero il sempre più evanescente "cavalletto" del PD) che queste condizioni si verifichino solo nelle piccole opere pubbliche locali e non già nelle grandi opere pubbliche. In altri termini, spendere miliardi di euro in quelle migliaia e migliaia di piccoli interventi di cui il nostro Paese avrebbe un bisogno vitale (acquedotti, case, alvei fluviali, coste, boschi, eccetera) sarebbe a costo zero e rilancerebbe l'economia (oltre che proteggere da eventi climatici e terremoti), viceversa spenderli tutti in un paio di opere giganti non avrebbe nessuno degli effetti virtuosi di cui sopra, perché il general contractor è una multinazionale, le maestranze spesso straniere, i subappalti vattelapesca.

E allora perché tutta la catena di comando politica (dagli amministratori locali all'ineffabile UE) privilegia le grandi opere, e trova sempre il modo di finanziarle, e per le piccole e indispensabili invece dice che i soldi non ci sono? Andreotti diceva che "a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina": perché legare il proprio nome a una grande opera è un vizio dei potenti fin dagli albori della civiltà, ma almeno i potenti di una volta costruivano opere in grado di resistere al tempo, a questi interessa solo stanziare i soldi e avviare in qualche modo i lavori, poi se non regge, anzi addirittura se non viene ultimata, chissenefrega, tanto lo scopo era un altro. E cioè l'ennesimo travaso di risorse pubbliche nelle tasche di privati, lecitamente o meno che sia a seconda della fase del procedimento di cui parliamo. Più soldi ci sono in ballo, infatti, più è semplice che si creino sfridi invisibili e incontrollabili.

Ricapitolando, un ponte a campata unica lungo quasi il triplo del più lungo mai realizzato costituisce un'impresa tecnicamente tanto ardua da non essere praticamente realizzabile, ma se anche fosse è dichiaratamente progettato per resistere per soli 2 secoli (sottraendo alla collettività enormi risorse) a meno che non arrivi un terremoto di magnitudo superiore a 7,1 (evento possibile, se non probabile) o raffiche di vento superiori a 270 km/h (misura questa almeno nettamente superiore alla media, con un margine che dovrebbe essere adottato anche per i sismi, ma come fa a resistere? come i grattacieli, oscillando, ma vista la lunghezza di metri, probabilmente in misura da consigliarne la chiusura in tutti quei giorni in cui c'è vento forte "ordinario" - eppoi non c'era il cambiamento climatico, la tropicalizzazione? se ci passa sopra un piccolo uragano, che succede?). Poi se uno pensa che un'idea così balzana sia tornata in fase di attuazione solo per poter stanziare il denaro e originare tangenti, mentre conferisce a un politico in crisi una boccata d'ossigeno in termini di visibilità, è un terrapiattista...

lunedì 18 novembre 2024

IL MAESTRO E' NELL'ANIMA

Chi ha la mia età, e forse anche qualche anno in meno, non riesce proprio a chiamare "Nitto ATP finals" quel torneo di fine anno che finché campa resterà il Masters, il torneo dei maestri, quello che alla fine decreta chi è il Maestro dei Maestri dell'anno solare. La circostanza che lo abbia vinto per la prima volta un italiano costituisce inoltre un evento di quelli della serie "pensavo di morire prima", perché gli ultimi decenni per un appassionato di tennis che dopo l'ultimo romano ha tifato uno svedese, un americano, un altro svedese (altri un tedesco), un altro americano, un croato, uno svizzero (altri uno spagnolo) e un serbo non lasciavano non dico immaginare, ma proprio sognare nel sogno più sfrenato, che sarebbe arrivato uno dei nostri, va beh più o meno, ad alzare (a coronamento di una stagione monstre) quel trofeo.

E invece.

Ora, niente di più facile che i giudici lo fermino per qualche mese, anche solo per farsi belli. Ma questo intanto ha accumulato tanto vantaggio in termini di punti che manterrebbe il primo posto anche se non giocasse l'Australian Open, e le posizioni di vertice potrebbe perderle solo se hanno il coraggio di un'interpretazione estremamente restrittiva e severa delle regole fermandolo per un anno intero. Ma per la loro immagine sarebbe controproducente peggio che l'assoluzione piena, ecco perché si inventeranno qualcosa a mezza botta.

Se fosse, il tipo è capace di approfittarne per riposarsi, aggiungere bagaglio tecnico, e ritornare più imbattibile di prima. Ma speriamo di no. Perché il ragazzo ha già pagato fin troppo un errore altrui che non avrebbe avuto modo di evitare, anche per il tipo di ragazzo che è: uno che addirittura attira parodie (viste un paio in TV esilaranti...) per la sua insistita umiltà. Senza peraltro dare adito al minimo sospetto che essa sia in qualche modo una posa affettata. Ecco perché gli dedico una delle mie canzoni preferite, che dà il titolo al post: perché uno così, maestro, lo è dentro prima che fuori, anzi possiamo dire che lo è diventato perché già lo era, nell'anima.

sabato 9 novembre 2024

LA NOTTE DEI LUNGHI CRISTALLI

Della serie "corti circuiti mentali significativi", l'espressione con cui intitolo questo post l'ho appena sentita al TG: il giornalista doveva parlare degli incidenti di Amsterdam in cui sono stati feriti alcuni tifosi israeliani, Netanyahu come al solito ha sciacallato esagerando un paragone con la notte dei cristalli, e a lui gli è risuonata in testa la notte dei lunghi coltelli (una resa dei conti tra nazisti in cui gli ebrei non c'entrano niente), e gli è uscita di bocca "la notte dei lunghi cristalli", che non vuol dire niente ma magari a lui è sembrato che i cristalli lunghi gli consentivano una maggiore enfasi di quelli corti. La cosa potrebbe essere rubricata come un banale lapsus, se non fosse un buon esempio invece di come funziona l'informazione oggi: veline, veline di veline, e uno dei pochi privilegiati che ancora prendono uno stipendio per fare il giornalista che le legge interpretandole con zelo tale che qualche volta gli scappa l'eccesso.

La sintassi però è sempre quella, anche quando gli errori marchiani non la scoprono. Lo abbiamo visto lungo tutta la campagna elettorale americana, conclusasi in questi giorni con l'inattesa (almeno da me, che commentando la candidatura della Harris ho previsto che una donna mezza immigrata e mezza nera poteva raccogliere una marea di consensi grazie alla propaganda modaiola e rimontare il disastro che stava apparecchiando Biden) e nettissima vittoria di Trump: per i nostri media, la democrazia è quella cosa in cui vincono i "nostri", se vincono gli altri è in quanto populisti, autocrati, o imbroglioni (rispettivamente ad esempio il primo Grillo, Putin e Maduro). Stessa cosa per gli atti di ostilità bellica: se li fanno gli altri sono guerre o attacchi terroristici, se li fanno i "nostri" sono azioni di legittima rappresaglia a difesa della democrazia e della libertà. E potremmo allungare la lista degli esempi con la pandemia, il cambiamento climatico, eccetera eccetera.

Tutte queste questioni non le ho citate a caso. Pur ritenendomi di sinistra-sinistra (tanto da aver sempre visto con diffidenza, dichiarata, ogni deriva verso il centro-sinistra, creazione del PD in primis), sono infatti decisamente contento che abbia vinto Trump. Intanto, è sempre meglio un "nemico" dichiarato che un falso amico, e gli schieramenti progressisti di tutto il mondo, con quello italiano a portare la bandiera sindacati in testa, sono decenni che fanno gli interessi "del padrone" fingendo di fare quelli del popolo. Un miliardario che vuole tagliare le tasse ai ricchi lo puoi combattere, quelli che fanno il gioco dei ricchi impoverendoti (mentre ti allisciano il pelo con diritti civili inutili se non si hanno quelli economici fondamentali) no. Ma c'è di più. Il mondo è ancora una volta a un passo dal baratro, e ce lo hanno portato esattamente gli azionisti di riferimento dei partiti sedicenti progressisti, democratici americani in testa. Ci sono loro dietro le primavere arabe, il colpo di Stato in Ucraina che dieci anni fa ha avviato le ostilità nel cortile russo, la leadership israeliana che si sente libera di perpetrare rappresaglie di proporzione più che nazista, il terrorismo climatico e quello pandemico, eccetera. Avergli tolto il giocattolo di mano, anche se chissà per quanto vista l'età del tycoon e l'aria che tira, dà qualche speranza in più al mondo.

Con qualche timore scaramantico, elenco le cose che potremmo vedere nei prossimi mesi grazie all'afflato democratico dei sudditi della periferia profonda dell'impero americano: pace in Ucraina, Israele che si dà una calmata, messa in pausa dei progetti di una nuova pandemia, abbandono dei folli progetti di cambiamento climatico (o come dicono loro del suo azzeramento) tramite misure empiriche che hanno l'unico sicuro effetto (e forse anche il loro vero obiettivo) nell'impoverimento collettivo. E forse anche un cambiamento di equilibri all'interno di quel progetto antidemocratico e antipopolare che chiamiamo Unione Europea, indotto dal cambiamento di linea dell'alleato più potente. Francamente, se si realizzasse anche solo la metà di questo scenario, poco mi importerebbe che sarebbe grazie a uno che mi sta antipatico e che ideologicamente costituisce un mio avversario politico. Che vi devo dire, sarà l'anzianitudine...

Intanto però un primo risultato lo abbiamo: le considerazioni chiamiamole così di speranza che ho appena elencato le ho già sentite qua e là anche in TV da qualcuno, come se stesse già serpeggiando il sentore che adesso finalmente si può di nuovo dare voce a narrazioni alternative da quella monocorde che impera da anni. Magari sentirò pure un giornalista al TG dire che paragonare una scaramuccia tra tifosi a un massacro di proporzioni storiche è una boutade indegna, e che i leader israeliani anziché raccattare qualsiasi cosa buona a giustificare i loro misfatti dovrebbero iniziare a chiedersi quanto dell'antisionismo (l'antisemitismo non c'entra niente, e pure i palestinesi sono semiti) crescente sia magari anche conseguenza della loro azione politica. No, dai, forse chiedo troppo....

venerdì 1 novembre 2024

VALENCIA INFELIX

Le immagini del disastro di Valencia le abbiamo viste tutti. Mentre scorrevano, inoltre, abbiamo tutti sentito i commenti dei cronisti, che quasi senza esclusione hanno intonato il coro del cambiamento climatico. Peggio, oramai il mantra viene recitato en-passant, col tono con cui si riportano le cose scontate, e quale che sia la portata dell'evento. Ad esempio, a proposito dell'Emilia pochi giorni fa, tutti i servizi intercalavano il racconto con l'inciso "ennesimo evento estremo causato dal cambiamento climatico" o simili. Tra un servizio e l'altro, a completare il terrorismo mediatico, l'intervista all'esperto meteorologo di turno, che recita lo stesso copione: temperature eccezionali per il periodo (l'estate di San Martino è un proverbio per caso), in otto ore le precipitazioni di un anno, crescita esponenziale degli episodi estremi, eccetera eccetera. La seconda parte del messaggio (devi comprarti l'auto elettrica e obbedire a tutti gli altri diktat, altrimenti sei complice del disastro che deriva dal cambiamento climatico a base antropica, l'uomo che aumentando la CO2 brutta e cattiva finirà per autodistruggersi) è sottintesa ma quando la tireranno fuori le cronache dalle alluvioni salteranno fuori come tante metonimie a darle il senso voluto.

Ci vuole una testa d'asino ben allenata per sfuggire a questa trappola, anche e specialmente quando la tragedia in cronaca ha davvero dimensioni tali da calamitarti davanti al teleschermo. Ma una voce dissonante ti scuote, qualcuno ha parlato di cementificazione, e allora te le ricordi, le immagini della nuova Valencia disegnata dalle archistar sullo sfondo del futuristico circuito motoristico sul mare. E vai a controllare. Salta fuori, ma solo perché la Rete nasconde ma difficilmente dimentica, un articolo del Manifesto del 2006 (quando ancora la sinistra-sinistra non si era allineata alla narrazione ufficiale). Si chiama Valencia infelix, incipit "una regione a cemento libero", leggetevelo. Poi magari leggetevi questo articolo dell'anno scorso in cui invece si elogiava lo stesso modello costruttivo perché "sostenibile", anzi esempio trainante di sostenibilità. Quindi fate due più due. Più altri due, aggiungendoci questo che ricorda l'alluvione del 1957, quando non c'era ancora il cambiamento climatico ma le alluvioni c'erano già, che fece forse ancora più morti di questa (il conteggio purtroppo è aperto) in una Valencia attraversata da un fiume che allora si decise di deviare per farlo scorrere 12 km lontano dalla città.

E la somma (aiutandosi leggendo quest'altro articolo) è: indovinate in quale zona si concentrano la maggior parte dei morti di oggi? Esatto, quella attorno al nuovo corso del fiume, dove una politica sciagurata, annullando gli effetti di uno degli ultimi afflati di una politica virtuosa, ha consentito e incentivato l'urbanizzazione "modernissima", con tanto di autostrada sulla riva (è quella che avete visto al TG). La conclusione logica sarebbe: non sappiamo davvero se ci sia un incremento statisticamente significativo degli eventi estremi dalle parti nostre, ma anche se ci fosse, non è sprecando risorse pubbliche e private per tentare di invertirlo (ammesso che sia possibile, anche se fosse davvero a causa antropica, senza un bel malthusiano suicidio collettivo, e poi bisogna vedere chi deciderà chi ne godrebbe i frutti, altro che "i nostri figli" come recita il sempre più insulso monitore dal Colle) che possiamo affrontarlo, ma investendo massicciamente per arrestare il degrado del territorio e dove serve azzerare gli effetti nefasti del suo stravolgimento degli ultimi decenni. E intanto, visto che ammesso che davvero gli eventi estremi stiano da noi aumentando restano ancora ben lontani di quelli a cui altre parti del mondo sono avvezze da sempre, adottare quei comportamenti. che ad esempio abbiamo visto in Florida pochi giorni fa, che allontanano dal pericolo per tempo le persone.

Ma questa conclusione, per quanto logica ci possa sembrare, con ogni probabilità non la vedremo mai attuata, nemmeno se eleggiamo un governo che promette credibilmente di attuarla. Chi decide davvero, infatti, non lo possiamo eleggere, e da un lato non consentirà mai investimenti in deficit sul territorio e dove altro serve (a noi: a loro e ai loro mandanti si) dall'altro ha tutto l'interesse a che - altro che metterci in salvo - veniamo travolti come topi mentre tentiamo di scappare quando ormai è troppo tardi e poi i TG a reti unificate mandino le immagini con sotto il commentatore che recita il mantra. La pandemia ha fatto scuola.

sabato 26 ottobre 2024

LO SPIRITO DELLE SCALE 2

Il cappello e la conclusione ve li andate a rileggere dal primo post della serie, se vi va. Qui, come promesso, continuo il mio elenco di situazioni in cui ha prevalso l'esprit d'escalier (quando, cioè la risposta giusta ti viene solo quando è troppo tardi per darla, perché hai chiuso la porta e stai già scendendo le scale...) alla prontezza di spirito, troppe, almeno nella mia vita:
  • quella volta che una macchina in coda mi lascia passare ma un motorino che come d'ordinanza si infila tra le auto in coda mi prende sul muso rompendomi una freccia, e la macchina non era mia, io avevo solo il foglio rosa, e non ho trovato di meglio che chiedere al motociclista di vedere la sua patente, senza peraltro nemmeno poi risarcire chi mi stava facendo esercitare con la sua macchina;
  • quella volta che ho rotto le scatole a tutti gli amici e conoscenti per fargli precomprare alcune copie del mio primo libro altrimenti non me lo pubblicavano, e in molti ne hanno ancora da qualche parte, anche tra coloro che non vedo e non sento da anni;
  • quella volta che il mio secondo e ultimo libro di narrativa, venti e rotti anni dopo pubblicato solo perché non mi hanno chiesto di precomprare niente, non avevo una copia da regalare a tutti quelli a cui avrei voluto e alla fine l'ho fatta pagare solo a chi avrei addirittura senz'altro dovuto;
  • quella volta che una mia ex mi fece citofonare da sua sorella che mi chiese di salire a casa per parlarmi, e aperta la porta mi piombarono in casa entrambe per andare a riprendersi le foto (spiegazione necessaria per voi giovani: erano gli anni 80, le foto erano solo stampate) della coppia, e io rimasi a bocca aperta e immobile, sopraffatto dallo stupore, finché non se ne andarono col maltolto, anziché cacciarle a calci dicendo di rivolgersi alla magistratura;
  • quella volta che per non mettermi una cravatta mi giocai la lode alla tesi di laurea (me lo dissero proprio), e almeno avessi avuto il coraggio di vestirmi straccione come mio solito, invece ero anche relativamente (e abbastanza ridicolmente) elegante;
  • quella volta che un amico lontano disse a me e a un altro amico vicino "venite a trovarmi" ma il mio amico vicino aveva una cosa da fare e non andammo, e chi ce lo doveva dire che non l'avremmo mai più rivisto....
Ve l'avevo detto, la maggior parte sono cavolate, i rimpianti e i rimorsi veri possono capitarci ma non sono maggioritari. Questo è un gioco, a cui rinnovo però, e perciò, l'invito a partecipare: me lo allungate, st'elenco?

sabato 19 ottobre 2024

CRIMINALI DI GUERRA

Scoperto il covo di Messina Denaro. Bombardiamo a tappeto?
Si lo so che non è una mia trovata, l'espediente retorico che sto per usare, ma basta notare quanto è insistente e ripetitiva la propaganda della Menzogna in cui siamo immersi per veder svanire tutti gli scrupoli di essere per forza vari e originali noi.

Immaginate di avere sentito una di queste notizie, poi capirete:

  • Spagna, dopo l'attentato dell'ETA a Madrid, il più grave per bilancio delle vittime del terrorismo basco, l'aviazione spagnola, grazie ai suoi bombardamenti mirati su Bilbao, è riuscita a decapitare l'organizzazione criminale uccidendo tutti i suoi capi. Migliaia le vittime collaterali, usate come scudi umani dai terroristi e ad essi complici.
  • Stanato il terrorista Cesare Battisti a Trento. L'invasione di terra della città da parte dell'indomito esercito asburgico, grazie alla tecnica di arderla al suolo isolato per isolato, ha consentito l''uccisione del capo degli irredentisti italioti. L'esecuzione sommaria è stata eseguita dal soldato Sinner della Val Pusteria, per questo insignito di medaglia al valore.
  • Ieri, scaduto l'ultimatum ai palermitani, che da decenni permettevano a Matteo Messina Denaro e ai suoi luogotenenti di vivere tranquillamente tra loro, come già fu per Totò Riina, è iniziata l'operazione "mille droni per una cupola", in cui vengono per la prima volta utilizzati i nuovi velivoli equipaggiati, oltre che delle videocamere di ordinanza, di mitragliette di precisione. Quelli che non hanno lasciato la città nei tempi concessi hanno implicitamente accettato la correità e il poter essere considerati legittimi bersagli della Ritorsione Antimafia.

Certo, il tono sarcastico non aiuta. Ma se ci pensate bene, la sintassi è la stessa identica a quella che vi hanno raccontato i telegiornali da un anno a questa parte. E in questi giorni in particolare si è arrivati al ridicolo di sentire (magari mentre scorre pure il video, intanto) più o meno che "ora che l'ultimo capo di Hamas è stato ucciso in una incursione, la pace è più vicina". Non credevo alle mie orecchie, ma l'hanno detto e forse l'avete sentito anche voi. Dopo aver sentito per mesi, peraltro, che siccome un commando aveva preso prigionieri in un'operazione in cui c'erano state molte vittime, uno Stato sedicente democratico aveva diritto di sterminare una popolazione ritenuta complice, bambini compresi, di quel commando, e attaccarla sia nel territorio da cui proveniva il commando (già una prigione a cielo aperto di suo) che negli altri Stati sovrani dell'area che si riteneva dessero "asilo ai terroristi".

D'altronde, vi hanno dato da bere già 23 anni fa che siccome il capo degli attentatori arabi alle Torri gemelle era rintanato in Afghanistan, era giusto invadere quel Paese, che rifiutava di consegnarlo. E anche sequestrarvi il dentifricio e le forbicine delle unghie dopo una fila estenuante ai controlli: le persone vanno abituate pian piano agli abusi, magari facendogli credere che sia per il loro bene, così poi sarà più facile all'occorrenza rinchiuderli ciascuno nella propria prigione. Se lo fai tutto d'un botto, invece, ti si ritorce contro la scelta di avergli fatto credere di essere in democrazia, e si ribellano.

Che la democrazia sia, invece, non molto di più di una foglia di fico ideologica, è dimostrato una volta di più anche proprio dall'argomento di oggi. Ci dicono che c'è un'etica anche in guerra e chi la viola è un mostro da condannare ed etichettare tale per l'eternità, tipo Hitler per intenderci. Poi vai a vedere chi quell'etica l'ha calpestata e ricalpestata nella Storia sono proprio "i nostri", da Lipsia a Hiroshima e Nagasaki, dal Vietnam al Medio Oriente. Troppe volte per poter fare la morale a chicchessia.

Tacere, non ribellarsi alle notizie che presentano i crimini di guerra israeliani come azioni legittime, quello si che ci renderebbe complici.

mercoledì 9 ottobre 2024

SONO UN PO' STANCHINO

Qualcuno, spero ma temo di no, se ne sarà accorto, che da un po' di tempo scrivo con frequenza minore, e quando lo faccio è spesso di cose distanti dal core di questo blog fin dal titolo, la controinformazione. Capita, quando si invecchia: mentre quello dietro si amplia fino alla perdita d'occhio, l'orizzonte davanti si riduce di (almeno) altrettanto, e mano mano ti sembra sempre più vano lottare per affermare un punto di vista che, diciamocelo francamente, si spegnerà con te qualunque cosa tu faccia, e lavorare per i posteri non è altro che un modo come un altro di prendersi per il culo da sé.

Vecchioni la canta benissimo, in Sogna ragazzo sogna: "la vita è così grande che quando sarai sul punto di morire pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire". Ma la vera prepotente bellezza di questo verso è che si può leggere in entrambi i sensi: sia come tributo al meraviglioso egoismo di un vecchio che ci mostra come si fa a vivere, sia come monito contro l'illusoria proattività di un poveretto che non saprà mai se li sarà mai cresciuto un albero. E questo, in molti lo sapete e chi non lo sa mi creda sulla parola, è ancora più atroce se hai una qualche discendenza su questa terra.

La stanchezza deriva dal dover assistere senza avere alcun potere reale di contrastarlo al dominio della menzogna, e anche se non fosse tale fa lo stesso: la grancassa della propaganda suona dappertutto la stessa canzone, e tu che non sei d'accordo su nulla sei sempre più frustrato dal non sentire una voce che dica le cose che pensi tu se non da palchi ristretti, emarginati al limite dell'irrilevanza. Ben oltre il quale si trova anche questo blog, creato ben sedici anni fa e rotti da uno che era "nel mezzo del cammin" della sua vita, quindi aveva orizzonti ben diversi.

Allora non ti resta che spegnere del tutto, dopo averne ridotto l'utilizzo al tempo di un caffè doppio la mattina presto, l'informazione mainstream, che non è che sia mai stata sto granché ma da qualche tempo è una fogna a cielo aperto di bugie su bugie declamate col tono con cui si passa un luogo comune condiviso, e la faccia di tolla che ci vuole per riuscirci. Per cui ogni volta che ne sento una l'impulso sarebbe imbracciare un megafono, arringare le folle, fondare un partito, passare porta a porta con un secchio di acqua gelida, ed è frustrante ogni volta doverlo reprimere o rompere i coglioni a chi vive con te ed ha ancora lo stomaco di sopportarti, con le tue verità alternative che non condivide nessuno.

Lo vorrei fare, uno specchietto facile facile con in due colonne quello che ci raccontano e quello che invece molto più probabilmente è, riga per riga parlando di Russia e Ucraina, Israele e Palestina, clima e ambiente, Europa e moneta, pubblico e privato, diritti fondamentali negati e diritti fasulli concessi, eccetera eccetera. Ma mi sembra così tanto vana, come fatica, che alla fine non scrivo di niente, e rieccoci all'inizio. Così, ho deciso intanto di parlarvi della mia stanchezza. La tabella, il quadro sinottico che illustra la distanza tra il punto di vista ufficiale e dominante e quello di questo boomer e di altri quattro gatti, prima o poi arriverà. Forse.

Accontentiamoci per ora di condividere il giramento di cabbasisi per la ricorrenza del 7 ottobre, in cronaca, presentato allo stesso propagandistico modo da tutti i canali come un massacro terroristico che giustifica ampiamente (e invece nemmeno, anche quando) un anno di ritorsioni israeliane, e invece nato con ogni probabilità come tentativo da parte di una milizia di un popolo oppresso da decenni di procurarsi ostaggi per avere merce di scambio col nemico, tentativo da un lato riuscito solo per imperizia o complicità militari e dall'altro divenuto sanguinoso proprio per le modalità di reazione (e solo in questo senso il parallelo con l'11 settembre è corretto, non in quello nelle intenzioni di chi lo ha proposto). Senza considerare, poi, che le ritorsioni sono diventate un anno di rappresaglie sempre più ad ampio raggio (e il coro sempre a parlare di "attacchi" a proposito delle legittime, e attentamente moderate, reazioni ad esempio iraniane, e di "legittime reazioni" a proposito delle continue escalation israeliane), tanto da arrivare a proporzioni che fanno invida a quelle naziste tipo Fosse ardeatine o Sant'Anna.

Ora, e questo vale per tutto, non è che io pretenda che il mio punto di vista "altro" sia quello giusto, ci mancherebbe, io pretendo "soltanto" che in questa come in tutte le altre questioni ci sia spazio per proporre un punto di vista "altro" qualsiasi, permetterne il confronto ad armi pari davanti all'opinione pubblica, e a quel punto vinca il migliore. Non è una questione da poco: su di essa si gioca purtroppo il poter dire o meno di essere in democrazia. Senza aver consentito ciò, chi ti parla di democrazia ti sta solo prendendo in giro. Ti fa cascare le braccia, e lo sta facendo pure apposta.

martedì 1 ottobre 2024

IL CARROZZONE VA AVANTI...

Neanche un mese fa, al termine di un come al solito tortuoso post che parlava di doping di varia natura, non rinvenendo nel concedere a chi ha di natura testosterone fuori scala di sconfiggere chi non lo ha nessuna differenza col consentire di assumerlo, chiudevo con l'ennesima facile previsione nella lunga vita di questo blog: l'antidoping è un carrozzone che non poteva perdere l'occasione della visibilità che gli avrebbe dato portare alle lunghe il caso Sinner, dato che (come purtroppo capita anche di molte associazioni benefiche) la sua principale ragione sociale non è altro che giustificare la propria esistenza e i soldi che costa tenerlo in piedi.

Stavolta almeno in Italia - e te credo, si direbbe a Roma, con tutto quello che vale l'indotto del sudtirolese! - le voci si sono allineate al "pensiero complottista". Persino Pietrangeli ha dismesso i panni del rosicone per unirsi al coro anti-WADA, e ho detto tutto.

La cosa più inspiegabile perciò non è il prevedibile accanimento strumentale contro la star, bensì la contraddittorietà delle argomentazioni con cui è stata accompagnata la decisione: da un lato dichiarano non condivisibile la sentenza di assoluzione del tribunale indipendente adito dalle istituzioni tennistiche, poi però si affrettano a precisare che nessuna altra perdita di trofei e punti oltre ai 500 già patteggiati dagli avvocati di Sinner (forse l'unico errore tattico commesso: se sei innocente non patteggi, costi quel che costi) è prevista, ma allora se dovessero vincere il ricorso, e la condanna fosse quella prevista per i casi di doping da negligenza (se c'è intenzione le pene sono molto più dure) che va da uno a due anni di stop, avremmo una sentenza che contraddice le richieste stesse del ricorrente (in caso di stop retroattivo, che però pare sia escluso - pare...) oppure (in caso di stop a partire dalla sentenza) un numero uno fermo fino a uscire delle classifiche per una dose non solo non assunta volontariamente ma talmente infinitesima da non essere in grado di dopare niente e nessuno?

Insomma, non posso che ribadire che delle istituzioni sportive serie e sane dovrebbero approfittare della eco di questa vicenda per una riforma copernicana di tutto l'apparato. I due pesi e due misure, da tanti invocati come vulnus in favore di Sinner, dovevano essere il grimaldello per applicare quelli usati per Sinner a tutti gli altri da ora in poi, non per una recrudescenza inquisitoria malriposta e assurda, che comunque vada avrà effetti aberranti. Anche solo fosse favorire gli avversari del nostro campione se stavolta non gli dovesse reggere la capoccia. Ma io temo di peggio.

domenica 22 settembre 2024

POSSIBILE? CERTO...

Il mitico Totò la sintetizzava con "poi dice che uno si butta a sinistra", io potrei sintetizzare questo post parafrasandolo con "poi dice che uno diventa complottista", ma per vostra (s)fortuna non sono Totò. Tra le tante vicende in cronaca che meriterebbero un approfondimento, che siccome io faccio un altro lavoro lascio ad altri (ci sono, magari non nel mainstream ma ci sono...), una solletica il velopendulo più di altre: le uccisioni e ferimenti ottenuti da Israele agendo a distanza prima sui cercapersone e poi sui walkie-talkie del nemico. Sulle vittime civili è inutile soffermarsi, tanto gli assassini trovano sempre un nesso logico per associarle ai "terroristi" (tutti i patrioti di qualunque patria nella storia sono stati chiamati terroristi dai loro nemici, se non lo sapete già sapevàtelo) e non avremo mai una stima precisa dei morti innocenti a meno che non assumiamo che un popolo che resiste a un invasore nonché sterminatore è tutto combattente ed è tutto innocente allo stesso tempo. Sto giro parliamo delle modalità.

Intanto abbiamo scoperto che esistono ancora i cercapersone e i walkie-talkie, che pensavamo fossero rispettivamente un oggetto superato e un giocattolo vintage come la maschera di zorro e la pistola da cowboy. Esistono perché chi vuole comunicare senza essere tracciato oggi deve letteralmente rinunciare allo smartphone. Dunque, quando noi vecchi brontoloni dicevamo che questo che sembrava uno strumento di libertà era in realtà una catena e mettendolo in mano ai nostri figli ne facevamo degli schiavi ignari e contenti, non dicevamo poi una cacchiata. Ci serve, ok, ma usiamolo consapevoli di quello che è, tanto non dobbiamo fare resistenza armata a un nemico. Almeno, per ora. Ma averlo fatto non è bastato, alle vittime di questa ennesima impresa israeliana, perché anche dotarsi di quegli strumenti "primitivi" ha comportato comprarli, magari una bella partita all'ingrosso (la povera gente ha il vizio di voler risparmiare), e ai loro carnefici è quindi bastato manometterli prima della consegna per renderli docili ordigni al loro comando se e quando gli fosse servito. Sto riportando letteralmente quello di cui si sono vantati pubblicamente, non sto elucubrando una teoria.

A questa ci ho pensato subito dopo, grazie a uno di quei siti che leggo tutti i giorni anche se ho mollato un po' l'abitudine di citarveli di continuo che lo so che sono pesante. Noi esseri pensanti, quando abbiamo visto crollare in caduta libera le torri gemelle, abbiamo subito pensato a una demolizione controllata. E potete star certi che i libri di storia dei secoli a venire, sempre se ce ne saranno sia degli uni che degli altri, riporteranno quella che oggi è ancora considerata una teoria del complotto come la versione acclarata, e la versione ufficiale come una menzogna patentata: è successo infinite volte sarà solo una in più, l'unica incertezza è su quando sarà lo switch e se faremo in tempo a vederlo, com'è successo ad esempio per JFK o il genocidio dei nativi americani.

Se vi volete fare un ripassino di tutta la vicenda c'è sempre il meritorio lavoro di Mazzucco, il regista televisivo e giornalista che per potere fare il suo mestiere come andrebbe fatto è dovuto uscire dal mainstream, dove infatti non c'è più uno che lo fa. A me per la vicenda in cronaca basta una piccola parte: dove si ricorda che poco tempo prima alle twin towers avevano fatto dei lavori di ristrutturazione. Uno degli argomenti preferiti dei sedicenti debunker è questo: non è possibile coinvolgere nella menzogna gruppi grandi e complessi di persone senza che prima o poi la menzogna emerga. Ma avete visto: dalla fabbrica all'utilizzo, c'è forse stato qualcuno, dal CEO al singolo operaio, che ha avvisato mezzo stampa occhio che abbiamo fatto delle modifiche a ics partite di cercapersone per renderli idonei a esplodere a comando? Migliaia di soggetti, tutti omertosi nel complotto? no, basta che chi lo ordisce non riveli a nessuno se non la microscopica parte del piano che lui deve attuare senza poter nemmeno lontanamente evincere che faccia parte di un piano e di quale piano. I complottisti (perché tali sono quelli che i complotti li fanno non quelli che cercano di svelarli) anche del complotto più grande e complesso possono anche tranquillamente, anzi direi devono, essere in pochi, pochissimi. Chi ha installato il girofaro nei grattacieli non sapeva cosa fosse, chi lo ha fornito pensava di fornirlo come al solito ad un aeroporto, eccetera, e chi ha messo le cariche esplosive in ciascuna colonna di acciaio non sapeva che lo fossero, chi ha azionato il telecomando chissà che ordine ha ricevuto e cosa credeva di fare. Fattostà che le torri sono state colpite da aerei pilotati, ammesso che lo fossero, da gente non capace di farlo figurati di centrarle, e che il danno inferto non sarebbe mai stato sufficiente a farli crollare. Quindi chi diceva che sono stati i servizi segreti israeliani, peraltro citando i tanti ebrei assenti al lavoro quel giorno, forse lavorava di fantasia ma era più credibile di chi per avvalorare la versione ufficiale (che dava il via all'invasione dell'Afghanistan e di fatto alla terza guerra mondiale a pezzi tuttora in corso) non trovava di meglio che rinvenire il giorno dopo in mezzo alle macerie i documenti di identità cartacei degli attentatori, che avevano resistito a fiamme in grado di fondere l'acciaio.

sabato 14 settembre 2024

LO SPIRITO DELLE SCALE

No, la traduzione letterale dei modi di dire non funziona quasi mai. L'esprit d'escalier è infatti quel fenomeno per cui la risposta giusta non ti viene quando sarebbe tempo di darla, ma solo quando tu, o il tuo interlocutore, avete chiuso la porta e imboccato le scale per andar via, e tornare indietro è peggio che impossibile, è altamente inopportuno in quanto quasi certamente inefficace se non controproducente.

Di regola l'espressione si associa ad un torto subito (un palliatone incongruo di un superiore, ad esempio), ma funziona anche nel caso opposto, quando ti fanno un favore o anche solo un complimento che non ti aspettavi, o quando sei tu a fare un torto senza volerlo e senza accorgertene se non quando è troppo tardi.

Non so perché mi è venuto di parlarvi adesso di questo, ma forse è giusto che anch'io usi ogni tanto lo strumento "blog" per il suo scopo originario, quello di "diario sul web", laddove di solito invece lo uso come testata personale per sfogare la mia grafomania e realizzare in minore il sogno di un bambino che da grande voleva fare il giornalista. E a un diario si confidano i propri segreti intimi, no? Dunque, eccoci qui, a confessare i peccati pur non essendo ancora in punto di morte, almeno credo e spero (ma non si sa mai, e ciò vale per tutti a prescindere dell'età - e si, possiamo grattarci..).

Gli è che, da sempre, mi capita di conservare memoria di episodi insignificanti (mentre magari dimentico alla grande cose ben più significative - come cantava Guccini in Antenor: "quante volte per altri è vita quello che per noi è un minuto"), di cui il danneggiato se fosse interpellato non saprebbe cosa dire, perché davvero per lui o lei è come se non fossero successi. Quindi, mi sono detto, lasciarli ad una pagina web forse è proprio la scelta migliore, perché nella rarissima eventualità che l'interessato ci incocciasse e li riconoscesse avrei fatto una sia pur enormemente tardiva ammenda, e in tutti gli altri casi ciccia. Li elenco così, quasi impersonalmente, così ciascuno di voi se vuole allunga la lista nella propria mente, o magari in commento al post, tanto il giochino può essere intrigante:

  • quella volta che non ho dato la bomboniera della laurea proprio a chi mi aveva aiutato di più nell'organizzazione della festa, perché le avevo finite (senza riservargliene una);
  • quella volta che non ho fatto il regalo di compleanno proprio a chi se lo meritava di più, approfittando dell'amicizia per giustificarmi con l'interessato di non avere i soldi, anziché cercare di procurarmeli;
  • quella volta che non ho capito di essere stato proprio io a beccare la multa con la macchina che avevo preso in prestito, e dire che il proprietario mi aveva chiesto di accompagnare il suo anziano padre al commissariato a presentare la patente per farsi decurtare i punti al posto suo (che però era il mio);
  • quella volta che non ho compreso per tempo di stare tirando la corda, e quindi ho dovuto assistere alla rottura di un'amicizia ultraventennale di cui ancora peraltro a distanza di altri anni non ho capito il motivo, e devo convivere con la consapevolezza sorda della mia parte di errore, senza maledizione sapere in cosa consista;
  • quella volta, o forse sarebbe il caso di usare il plurale, che non ho saputo come fermarmi prima di accettare attenzioni unilaterali forse dettate solo dal timore, forse dalla pietà, da parte di persone che non avrei mai più rivisto;
  • quella volta che mi è venuta in mente la risposta giusta a chi mi stava ferendo quando oramai era troppo lontano per dargliela, e poi l'ho tenuta sulla punta della lingua per anni, finché poi non l'ho data a chi però non mi stava ferendo affatto, ferendo gratuitamente io;
  • quella volta che maledizione quante sono le cose che non ti ho detto, belle e brutte, e che ora posso dire soltanto al te che è rimasto dentro di me, perché tu non ci sei più.
No, non mi sento meglio, adesso. Sarà che non c'è il prete, sarà che comunque io a un dio non ci credo, pensavo di provare un sollievo e invece no. Magari devo uccidere Antenor, lo sconosciuto che mi trovo davanti e che non ricordo proprio i torti che gli avrei fatto e che mi vomita in faccia, o morire. Che poi, se fossi davanti a uno specchio, sarebbe la stessa cosa. Ma magari devo solo provare ad allungare la lista, vediamo che succede. Per ora, passo.

domenica 8 settembre 2024

NE PARLIAMO DOPING

Non guardo le paralimpiadi. Nonostante nutra una grande ammirazione per chi si impegna a travalicare i propri limiti, a giocare al meglio con le carte che ha anziché lamentarsi di quelle che non ha, di cui chi ha a che fare con menomazioni di qualunque origine è un formidabile esempio, e quindi le paralimpiadi possano essere intese come una testimonianza utile a tutti su come vada intesa la vita, non ce la faccio. E non è per emotività, è proprio che un conto è arrivare col ragionamento a capire l'importanza di una cosa, un conto è essere attratti da uno spettacolo oggettivamente avvincente.

Viviamo tempi complicati, per avventurarsi in ragionamenti come questo: il rischio è che ti ritrovi immediatamente abile e arruolato nei retrogradi razzisti sessisti insensibili, come nei complottisti se osi discutere i dogmi del cambiamento climatico o della pandemia. Ma pazienza, perderò un altro paio di lettori, come sapete tutti col blog non ci faccio un centesimo altro che camparci. Il tennis è un buon esempio di partenza: lo pratico da una vita, è una delle poche cose che guardo in TV regolarmente, e le rivendicazioni di stampo femminista sulla retribuzione delle atlete risalgono agli anni settanta (riguardare La guerra dei sessi, storia vera di come tutto cominciò) e sono in buona parte state accolte. Ma giustamente: da qualche decennio, una partita di tennis femminile di alto livello può essere altrettanto godibile e anche esprimere contenuti tecnici di pari livello se non superiore (a volte tirare troppo forte è un limite da questo punto di vista). Prima, però, e anche adesso lontano dal vertice, non era così: se non giocava la Navratilova, rischiavi di annoiarti, come oggi con la Osorio, per dire, a furia di lunghi scambi fatti tutti di mezzi pallonetti.

Sul tennis torno dopo, parliamo di basket e pallavolo. Perché la pallavolo femminile è altrettanto spettacolare di quella maschile, e invece la cosa non è vera per la pallacanestro? Perché le donne nel volley giocano con una palla diversa e la rete più bassa, e in questo modo riescono ad eseguire quasi tutti gli stessi gesti tecnici dei maschietti, mentre nel basket a parte la palla leggermente più piccola è tutto uguale, e la differenza di fisicità si traduce purtroppo in un livello tecnico nettamente inferiore. Pensate un po', secondo me nel calcio il ragionamento si capovolge: la tecnica si vede meglio e più nelle donne, talmente esasperato è l'aspetto fisico negli uomini (ma se ne accorge solo chi ha l'età di ricordare il calcio di prima del pressing e del gioco corto).

Spero che questi esempi bastino, a sgombrare il campo da equivoci. Poi, magari arriveremo a stabilirlo per legge, che gli atleti diversamente abili devono percepire gli stessi emolumenti degli altri, ma questo non basterà a rendere le loro competizioni ugualmente attrattive per telespettatori e quindi sponsor. E anche per me: ci capito, penso le migliori cose di ciascuno degli atleti, poi però cambio canale. Ma cambiamo discorso.

Qualche tempo fa un corridore con le protesi ai piedi, tale Pistorius, prima di finire in galera per aver ammazzato la fidanzata, arrivò a competere a buon livello coi normodotati. La sua parabola interruppe l'esperimento, voglio sperare sia perché le autorità sportive abbiano compreso l'enorme rischio sotteso alla cosa: con il progresso tecnologico, quanto ci vorrebbe a realizzare delle protesi tali da battere regolarmente chi corre con piedi umani? E anche quando si imbrigliasse la tecnologia con delle regole, quanto potrebbe reggere questa briglia a cospetto del sospetto interiore di ciascuno sportivo costretto a confrontarsi con chi potrebbe partire avvantaggiato?

Questo semplice ragionamento dovrebbe fare premio su altre tematiche "di moda". Oramai è rimasta quasi sola, la creatrice di Harry Potter, chissà forse avere immensi patrimonio e popolarità aiuta ad avere coraggio, a dire fuori dai denti che no, non può essere ammesso a gareggiare con le donne chi prima gareggiava (e pure con successo) da uomo, solo perché nel frattempo si è sentito di dover cambiare sesso. E no, non per sessismo, semplicemente per salvaguardare la possibilità di competere delle donne "vere". Lo stesso ragionamento doveva essere utilizzato per escludere la pugile algerina: è donna, per carità, ma avere cromosomi e livello di testosterone da uomo le dà un vantaggio. O estromettiamo lei e tutte quelle come lei, o aboliamo l'antidoping e magari riabilitiamo le atlete della DDR (anche questa per capirla devi essere anzianotto...).

E torniamo al tennis, parlando del caso che riguarda il tipo che vedrete sullo sfondo di questo blog fino a luglio prossimo (cambio grafica una volta l'anno, ormai è tradizione), che oggi si gioca il titolo agli US open. Ieri sembrava che scadessero i termini per l'appello avverso alla sua sentenza di assoluzione, ma vista la giungla di norme sigle e gente che ci campa con questo carrozzone non si sa mai. E mi trovo a ribadire un concetto che espressi addirittura in uno dei primissimi post di questo blog, oltre sedici anni fa: bisogna smetterla di ragionare nello sport professionistico di doping e antidoping, ma parlare di medicina dello sport e fare tutto alla luce del sole. Gli atleti in genere, figurarsi se di vertice, hanno bisogno di essere trattati con una attenzione dedicata che non sia clandestina, e pazienza se certe sostanze o pratiche che fino a un certo punto si pensava innocue e benefiche poi si scopre che facevano male, quando succede si vietano e si cerca altro. Che poi è la stessa cosa che si fa correntemente: nella medicina, che sono più i farmaci tolti dal prontuario perché nocivi dopo essere stati di uso comune per anni di quelli in prontuario al momento, come nello sport, che è zeppo così nella sua storia di autentici miti che si prendevano più o meno di nascosto cose che poi sono state vietate e per cui magari altri sono stati squalificati. E parlo di giganti, di mostri sacri, che non voglio nemmeno nominare, ma la lista è lunghissima e vi sorprenderebbe scoprirci dentro proprio quel vostro idolo di gioventù. Per cui quelli che fanno la fine di Armstrong, o peggio di Pantani, sono vittime di un sistema che fa enne pesi ed enne misure per sua natura.

Il caso Sinner è assieme un cattivo e un buon esempio, di tutto ciò. Cattivo, perché il ragazzo è stato trovato con in corpo una quantità di farmaco vietato così infinitesima da indispettire Avogadro, altro che conferirgli un vantaggio sportivo, e per dosi così il processo non dovrebbe nemmeno iniziare. Buono, perché il fatto che il ragazzo non sia stato sospeso, o magari crocifisso, prima di assolverlo magari a stagione o a carriera compromessa, non deve essere usato, come hanno fatto tanti rosiconi e moralisti del piffero, per rinfacciargli un trattamento di favore, ma semmai per, al contrario, pretendere che da ora in poi le autorità competenti si comportino allo stesso modo per tutti. E cioè: se la dose di qualsiasi cosa è così bassa da non poter influenzare le prestazioni, il processo non cominci nemmeno. Se è più alta, si sospenda non solo il giudizio sportivo ma anche quello personale e sociale fino a istruttoria conclusa, facendo inoltre in modo che la stessa sia breve. E a regime, si faccia confluire il carrozzone dell'antidoping e quello del doping in una unica struttura che sperimenti alla luce del sole cosa si può fare per aiutare a competere gli atleti senza danneggiarli. Di modo che non ci siano vantaggi comparativi di nessuna natura, nemmeno ad esempio dall'avere un medico bravo che si inventa l'autoemotrasfusione: se e finché la medicina dello sport non comprende che fa male, la si fa a tutti. E nemmeno dall'avere un livello di testosterone che fa si che io sviti la testa con un cazzotto a chi quel livello non ce l'ha: non importa se lo assumi o ce l'hai di natura, sei fuori, o devo ammettere anche chi se lo inietta. Con buona pace dei benpensanti di vecchia e nuova maniera.

P.S. Se avevate ancora dubbi sul fatto che si tratti di un carrozzone che deve giustificare la sua esistenza, ecco le imprese dell'antidoping aggiornate a dopo la strepitosa vittoria di Jannik allo US Open...

domenica 1 settembre 2024

IN UN GIORNO E UNA NOTTE

Della serie "non condivido appieno quello che dici ma ti rispetto e ti pubblico lo stesso", che poi è una versione complicata di uno dei principi base della democrazia (che passa per essere di Voltaire), pubblico di seguito una serie di considerazioni di Pasbas, che sarebbe meglio accompagnare alla visione di questo video.

Si parla ancora di Palestina, ora che Israele ha gettato l'ennesima maschera attaccando anche la Cisgiordania, e se già prima si poteva parlare di genocidio e "soluzione finale" figuriamoci ora. La tesi è che a guardare bene questa escalation sta danneggiando anche l'economia israeliana, e a chi osservasse che si tratta purtroppo di qualcosa di troppo solido e foraggiato da fuori per poter sperare che crolli Pasquale risponde che tanti regimi sono crollati nella Storia, "improvvisamente" solo per chi non aveva saputo leggere i segni.

A me viene in mente Atlantide, e la meravigliosa canzone di Battiato che ne racconta in due minuti o poco più la parabola, da cui estrapolo il titolo di questo post (e di cui vi mostro il video in fondo). Ma non posso esimermi dal ribadire che a me tutto questo sembra un wishful thinking, e uso l'espressione anglofona solo perché la sua traduzione italiana "pio desiderio" ha una sfumatura negativa di significato che non mi piace e non si addice agli argomenti di Pasquale.

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Riflessioni sulla economia di guerra sionista.

di Pasbas

  1. 350 mila riservisti non possono lavorare e le ditte sono in crisi.
  2. 100 mila lavoratori palestinesi non hanno più ingresso in Israele. 
  3. 40 mila piccole attività hanno chiuso.
  4. I lavoratori dall'estero non arrivano più in massa a causa della guerra.
  5. La El Al continua a cancellare voli.
  6. 1 milione e più di israeliani col doppio passaporto sono tornati ai paesi d'origine.
  7. Il settore Hi-tech perde continuamente finanziatori anche israeliani.
  8. La Elbit, industria bellica multinazionale, ha perso gli investimenti della città di Bristol (sede di molte industrie belliche britanniche).
  9. Lo stato sociale si sta riducendo sensibilmente. 
  10. Israele, stato razzista, lo è pure nei confronti dei suoi cittadini non benestanti. I non abbienti stanno subendo pesantemente la crisi. 250 mila coloni sono stati spostati e non lavorano da ottobre.
  11. La presunzione e l'arroganza stanno subendo colpi pesantissimi internamente e a livello internazionale.

P.S. Anche altri regimi coloniali sono improvvisamente collassati (anche chi aveva il potere dei diamanti). Io osservo e studio, secondo una analisi marxista (secondo le mie poche conoscenze), quella economia imperiale-capitalistica che è ora piena di dirompenti contraddizioni. La sua esistenza non è più così garantita.


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