domenica 27 aprile 2025

OGNI RESISTENZA È UTILE

Chi non se n'è ancora accorto è perché forse ha il telefonino obsoleto o quasi e nel suo device la funzionalità non appare: da un po' di giorni è comparsa una nuova icona in Whatsapp, una rotellina che incentiva l'interpello dell'Intelligenza Artificiale durante il normale utilizzo dell'applicazione, affiancata dal cambiamento della descrizione dentro la casella di ricerca, in "chiedi a Meta AI o cerca", che significa che anche se non clicchi sulla rotellina le tue ricerche sono automaticamente utilizzate per implementare la mole di dati su cui si basa la cosiddetta Intelligenza Artificiale. La rotellina è qui a sinistra, la dimostrazione dell'ultimo assunto è nelle stesse comunicazioni di Meta ai suoi utenti: qui sotto vi riporto quelle che chiunque voglia può trovare su Facebook.

Dico "cosiddetta" perché, repetita juvant, chi parla di "intelligenza" lo fa a mo' di slogan di marketing, se sa di quel che parla, altrimenti a pappagallo, ma stiamo parlando di un qualcosa che ha a disposizione una mole di dati da incrociare tale che SEMBRA dia risposte intelligenti e autoimparanti, e senza quei dati non sarebbe in grado di fare niente. Ecco perché chi ha in mano il giochino, e si sta arricchendo smodatamente, non fa altro che cercare di accumularli, da un lato prendendoseli a gratis dagli utenti (quasi tutti entusiasti del nuovo gingillo) e dall'altro stivandoli in centri sempre più grandi ed energivori. Una logica che, lungi dall'essere rivoluzionaria, è decisamente reazionaria, se si pensa che i CED erano una necessità elefantiaca degli albori dell'informatica che sembrava essere stata superata per sempre dalla possibilità di condividere informazioni e capacità di loro elaborazione data dall'avvento di Internet.

Ma non è la prima volta nella storia dell'umanità che una concessione potenzialmente democratica, lasciata espandere dai detentori del Potere perché costretti (che so, da un guaio grosso che avevano combinato, tipo una guerra mondiale) e/o perché pensavano di averne molti vantaggi e pochi rischi, viene "ritirata" più o meno gradatamente e riconoscibilmente appena comincia a manifestarsi il suo potenziale "eversivo". Se ci pensate, è successo con quasi tutti i diritti economici fondamentali, con la complicità di chi si è fatto abbindolare dal baratto coi diritti cosiddetti civili (che senza quelli economici valgono zero), perché non doveva succedere con i PC (chissà, forse il destino è nel nome...)?

Fatto sta che persino l'amministrazione pubblica sta tornando alla logica dei Centri di Servizio delle Finanze, che però almeno erano di proprietà dello Stato, dei veri e propri bunker peraltro, mentre adesso mette in braccio a Microsoft tutti i suoi documenti e se non ci sei connesso non solo non vedi quelli ma nemmeno funziona quel trabiccolo portatile che ti da per lavorare, presto unico feticcio di quell'ufficio che persino Fantozzi pur nel sottoscala aveva e che hanno in animo non abbia invece più nessuno. Ma anche il progetto di costruirsi dei data center in casa ha le sue controindicazioni (in primis, energetiche e di impianto ambientale), senza contare che prima di farne di nuovi si poteva scegliere di mantenere e semmai implementare quelli vecchi in possesso delle varie PA, anziché spostare i dati in mano a multinazionali private.

Tornando a noi, l'utente medio non si accorge della rotella o la usa senza pensarci, quei pochi che si rendono conto dell'ennesimo salto di qualità nel "furto di profilo" fanno spallucce e ridacchiano, se glielo fai notare, ricordandoti ("si, come se non fossero anni che sanno tutto di noi!") di tutti i furti precedenti come la rana nella pentola con l'acqua calda e dimenticando che uno tu avevi lanciato l'allarme anche prima e due esiste una temperatura in fisica in cui l'acqua bolle e la rana cuoce.

Perciò, posto che ormai non possiamo fare a meno di questo applicativo di messaggistica per il semplice motivo che ha soppiantato nella quasi totalità dei nostri amici parenti conoscenti persino le funzioni base del telefonino, dobbiamo informarci bene su cosa comporta l'integrazione con metaAI e su come limitarne al massimo l'utilizzo. Ringrazio Pasbas per i link, mentre il suo consiglio di passare ad altra app analoga (magari "cinese" come WeChat o "russa" come Telegram) si scontra con la reale possibilità che una azione dal basso possa avere un impatto significativo nelle abitudini di massa, che per un qualcosa che deve servire a tenerci in contatto con tutti sono decisive. Lui è ancora più veterocomunista di me, e ci crede.

Ma al di là di ogni piccola o grande differenza di posizione tra quelli che sollevano il problema, l'importante è che questi esistano, esistiamo, perché qualsiasi forma di resistenza a qualsiasi cosa che cerca di imporsi in modo pervasivo è da benedire, anche la più effimera e senza speranze. "Ogni resistenza è inutile" era lo slogan dei cattivi più cattivi dell'universo di Star Trek, ma alla fine qualcuno glielo ha ricacciato in gola (leggi questo mio vecchio post per approfondimenti).

venerdì 18 aprile 2025

DOPO IL LICEO CHE POTEVO FAR

Martedi 15 aprile scorso il mio vecchio liceo mi ha onorato di ospitarmi ad un evento diciamo così commemorativo dei vari tentativi di giornalino scolastico che vi si sono svolti negli anni, di cui l'Editoriale Studentesco dei miei tempi fu uno dei primi.

L'iniziativa è accompagnata dalla pubblicazione su un sito, questo Vinci's papers, delle copie scannerizzate che i ragazzi sono riusciti a reperire, con l'aiuto di alcuni di noi (ma non mio: le avrò smarrite in uno dei miei cento traslochi). E la volontà di non spoilerare, unita alla consapevolezza di essere di fronte a un evento "interno", in cui tutti gli interessati alla partecipazione già aderivano, mi ha indotto a parlarne su queste pagine solo dopo. Ma anche a questi patti, e a cose fatte, sento il bisogno di farlo, per sottolinearne la meritorietà, in primis dei ragazzi e degli insegnanti che li hanno affiancati.

Non sono potuto intervenire in presenza, ma oggigiorno la cosa è ordinariamente bypassabile. Mi hanno chiesto conto in particolare di un mio articolo sugli scrittori meridionalisti, che in quel periodo scoprii grazie all'astuzia di un'altra insegnante, la professoressa Quattrone Ferro (mi hanno detto che è ancora in vita - magari la rivado a cercare, come feci nel 1999 in - occasione dell'uscita di Chi c'è c'è - e la cosa non è più vera nemmeno per tutta la nostra classe), che al tempo trovò il modo di avvicinare alla lettura degli adolescenti zucconi e sfaccendati (peraltro, come tutti gli adolescenti di ogni epoca, secondo gli adulti di ogni epoca). La domanda mi ha dato l'occasione di sottolineare una cosa forse risaputa ma a cui spesso non si bada tanto: a scuola, come poi nella vita, uno dei fattori che contano di più è la fortuna di incontrare le persone giuste (nella fattispecie, gli insegnanti giusti) al momento giusto, ovviamente unita alla bravura di saperla riconoscere. E magari è una professoressa di italiano, a spingerti nella direzione opposta rispetto a quella che ti aspettavi essendoti iscritto allo Scientifico, ma capita benissimo che uno che si iscrive al classico venga invogliato a diventare un matematico, per dire. Avrei voluto dirgliela bene, sta cosa, ai ragazzi, anche per fare indirettamente un complimento ai professori presenti, ma noi invitati avevamo cinque minuti a testa e verso la fine siamo anche stati invitati a una maggiore sintesi, perciò gliela scrivo qui e poi gli mando il link.

E che mi trovo, dico loro un altro paio di cose che avevo in canna e gli ho solo accennato:

  • oltre alla fortuna, conta che una volta che hai capito cosa sei poi non te lo scordi mai di esserlo: io, ad esempio, ho studiato comunicazione quando ancora non c'era la facoltà, e mi sono trovato a fare il comunicatore per mestiere dopo decenni, quando oramai non me l'aspettavo più, proprio perché dentro non avevo mai smesso di esserlo - l'episodio è significativo: credendo di partecipare a un colloquio selettivo, capitai invece nel bel mezzo di una riunione operativa per il varo di un sito Internet, e da comunicatore cercai di dire cose sensate, evidentemente riuscendoci al punto che, scoperto l'equivoco, mi fu detto che il colloquio era superato;
  • oltre alla fortuna e all'essere se stessi, conta il modo con cui ti approcci alla narrazione della realtà: meglio uno strafalcione, meglio rischiare di essere "iscritto tra i complottisti", che accettare supinamente i fatti per come ti vengono raccontati - e più il racconto è monocorde, più il dissenso è nascosto o peggio ancora perseguitato, più vi si deve accendere una lampadina nel culo a farvelo muovere per andare a cercare i racconti alternativi: solo così alla fine avrà senso che la vostra voce esista, e avrete la possibilità di esercitare l'arte di raccontare (notizie o storie poco importa) e non il mestiere che tanto oramai non ci campa più quasi nessuno e tra un po' le macchine faranno al posto vostro. D'altronde, come peraltro è emerso dagli interventi di molti, quei ragazzi di decenni fa, con la loro iniziativa editoriale, questo volevano fare: dire le cose dal loro punto di vista, sottraendosi ai luoghi comuni che pretendevano di incasellarli da direzioni opposte.

Vi lascio, in omaggio al taglio dei ciclostile di cui parliamo (in cui spesso si parlava anche di musica), con la canzone da cui ho preso a prestito il titolo, che poi è proprio di quell'epoca li. Grazie, compagni di liceo vecchi e nuovi.

P.S. (ma davvero): mio nonno me lo diceva sempre "stai attento che a forza di dire fesserie finisci sui giornali...Eccomi qua, nome e cognome.

domenica 13 aprile 2025

SE NO, SON DAZI

I miei 30elode in economia politica e internazionale li ho presi quando si studiavano liberamente tutte, le teorie economiche, cioè prima che l'ultraliberismo finanziario multinazionale imponesse il monopensiero monetarista al punto da far silenziare temo anche all'università ma son certo nel mainstream l'esistenza di alternative alle ricette presentate come "naturali" e "scientifiche" senza contraddittorio. Dai miei studi è passato tanto tempo che ho poco di che vantarmi, avrò dimenticato quasi tutte le formule e i dettagli, ma ricordo abbastanza bene che, ad esempio, tra l'apertura incontrollata di tutte le frontiere e un mirato protezionismo la partita del calcolo costi/benefici era aperta, e andava giocata di volta in volta con piglio empirico da ciascun governo e magari col consenso dei propri cittadini.

Perciò quando ascolto (basta accendere la TV, ce n'è in qualsiasi programma) i commenti irridenti al personaggio Trump, che magari se li merita tutti, mi viene lo schifo. Perché nessuno ricorda che sta li perché è stato più che regolarmente eletto e tenta di fare le cose per cui è stato eletto, ha un mandato e lo rispetta, tra le goffaggini sue naturali e gli stop&go che a volte la politica richiede. Chi avesse davvero a cuore la democrazia, parola che riempie la bocca ma troppo spesso senza senso, dovrebbe sapere che la cosa peggiore che possa fare Trump è più legittima della cosa migliore che possa fare la VonDerLeyen: più esplicita non la riesco a dire.

Ma torniamo nel merito. Non sappiamo ancora come le mosse trumpiane si posizionino nel continuum tra boutade estemporanea irrealizzabile e infatti subito rientrata e inizio della fine della globalizzazione ultraliberista, ma anche nella peggiore delle ipotesi sono da salutare come una boccata di aria fresca nello stagno putrido della politica economica internazionale, un segnale che forse un altro mondo è possibile, che non è vero che quello che ci stanno preparando è ineluttabile, c'è ancora un posto nel mondo dove gli elettori possono mettere in condizione un vecchio rincoglionito a rimettere in discussione qualcosa. La globalizzazione può essere, fin dall'inizio, efficacemente descritta con la fisica dei sistemi: è l'accelerazione tecnologica che ha portato con curva iperbolica il mondo a essere un sistema unico, a cominciare dai trasporti per finire alle criptovalute con tutto il resto in mezzo, non ci si può fare molto. Ma questo, lungi dal rappresentare un argomento per l'abbattimento di ogni tipo di frontiera come se davvero il risultato fosse certamente utopico e non distopico come è sotto gli occhi di tutti (ma si sa, chi non vuole vedere non vede), è un motivo in più per propugnare una più attenta e mirata azione degli Stati nazionali a limitarne perlomeno gli effetti più deleteri. Ma questa forse va spiegata meglio.

In economia ci sono essenzialmente tre mercati: merci, capitale e lavoro. Fin dagli inizi della rivoluzione industriale e tecnologica, gli economisti classici ebbero modo di osservare che se tra due Paesi vengono unificati due di questi mercati, il terzo si unifica automaticamente. Precisamente, mi pare fosse un certo Ricardo. Ma fu un certo Marx a inserire questa teoria in un quadro teorico orientato dal punto di vista della gente comune, per non usare termini sputtanati ideologicamente. Diventato il mondo un sistema unico per quanto riguarda le merci, era chiaro che se si consentiva la stessa cosa ai capitali si doveva dare per scontato che sarebbe successa anche al lavoro, con le differenze di velocità e resistenze connesse per natura a ciascuno dei tre ambiti. Gli economisti classici sostenevano che esiste sempre un punto di equilibrio automatico cui tende il sistema economico lasciato libero di agire secondo le sue logiche, peccato che questo punto possa essere tranquillamente al di sotto della sussistenza dei lavoratori, e averlo dimenticato costò al mondo l'entrata in auge dei nazifascismi e una guerra mondiale. Dopo la quale, fu solo l'interregno dei keynesiani che salvò il capitalismo da se stesso, propugnando l'intervento pubblico nell'economia: lo Stato doveva fare tutto quello che poteva per evitare che il mercato lasciato a se stesso portasse alla rovina i suoi cittadini. Il fatto che tra le cose che fecero gli Stati ce ne fossero molte di storte diede modo al liberismo di riprendere piede, col cosiddetto monetarismo (chiamato così perché l'unica leva che concedeva allo Stato era un moderato governo della quantità di moneta in circolazione), ma l'unificazione dei mercati finanziari figlia dei progressi tecnologici informatici completò la globalizzazione, rendendo solo questione di tempo l'unificazione mondiale del mercato del lavoro.

Ecco che Marx mentre veniva cacciato dalla porta (la caduta del blocco comunista fu una questione di soldi) rientrava dalla finestra: il mondo era un immenso "esercito industriale di riserva" che veniva usato per re-impoverire i popoli risarciti della guerra mondiale da trent'anni di keynesismo. Alla fine, si spostano le persone, e prima di loro si sposta la produzione. E intanto la retribuzione del fattore lavoro crolla. A chi tocca fermare questo scempio, o perlomeno tentare in qualche modo di limitarne gli effetti più deleteri, se non agli Stati democratici, quando gli elettori democraticamente eleggono qualcuno dandogli mandato perché lo faccia? Peccato che nel frattempo i padroni del vapore della globalizzazione finanziaria abbiano partorito il mostro chiamato Unione Europea, molto ben mascherato dall'ideologia finto pacifista/progressista, inducendo per tale via gli Stati a cedergli sempre più sovranità. Per cui se noi oggi (è già successo più volte, peraltro, da Berlusconi alla Meloni passando per Grillo) eleggiamo qualcuno per affidargli il compito di cui sopra, questo semplicemente non può. Gli americani (ma non solo loro, ad esempio leggete questa sui messicani), ancora, si. Che invidia...

sabato 5 aprile 2025

BISOGNA TORNARCI A FREDDO

Che la percezione dello scorrere del tempo sia una cosa alquanto stranuccia è cosa risaputa. Ad esempio, in questi giorni cade il terzo anniversario della fine dello stato di emergenza Covid e ci sembra ieri, mentre lo stato di emergenza stesso è durato poco più di due anni e ci è sembrato, e ci sembra ancora a pensarci, una infinità. Ecco perché è il caso di tornarci adesso: da un lato è passato abbastanza tempo da poterci dire le cose da una distanza che consente forse di fare la tara alle tifoserie, diciamo così, dall'altro è ancora abbastanza attuale da provocare al pensiero il classico brividino alla schiena (anche se per ragioni diverse tra fedeli e non fedeli del Verbo Pandemico); in mezzo, o se preferite di lato, c'è che a prescindere se sia stato fatto apposta o meno il paradigma collaudato in quel periodo è ancora qui tra noi e minaccia di essere riutilizzato per ragioni (apparentemente, si dimostrerebbe) diverse.

Ecco dunque una serie di punti che potremmo dare per consolidati, su quanto è successo nel fatale biennio:

  1. non era la peste bubbonica, e nemmeno l'Asiatica o la Spagnola, ma un'epidemia con uno scostamento della curva delle "normali" vittime delle influenze annuali che può essere giudicato grande (guardando ai valori assoluti; guardando alla persone anche una sola in più è una tragedia) o meno (guardando alle serie storiche percentuali da abbastanza distante da vedere che è stato solo un increspamento della curva), ma di certo non ha niente a che vedere con le grandi pandemie della Storia;
  2. l'affermazione secondo cui il punto precedente sarebbe vero solo per effetto delle contromisure prese, tra cui i cosiddetti vaccini, è priva di fondamento, dal momento che né restrizioni né somministrazioni di sieri hanno fermato i contagi prima del naturale declino della curva, e se lo hanno agevolato è stato in misura non verificabile e non rilevante, e i protocolli di cura e profilassi alternative ai vaccini sono stati per volontà politica precisa praticamente inesistenti (e quelli esistenti, sorti spontaneamente qua e là, o fermati o privati di eco);
  3. la relativa inefficacia e la documentazione invece di nocività (per quanto proditoriamente e insistentemente insabbiata) dei sieri sperimentali sono talmente autoevidenti da rendere francamente imbarazzanti le giustificazioni posticce subito strombazzate (e indimostrabili) della serie "si però hanno ridotto i sintomi", e alla fine da aver fatto pessima pubblicità a un concetto, quello di vaccinazione, che è un altra cosa e ha avuto storicamente ben altri risultati (pur avendo storicamente un margine naturale di pericolosità tale da avere storicamente scoraggiato, fino a pochi anni prima del Covid con la Lorenzin, l'obbligatorietà delle somministrazioni);
  4. la proclamazione dei cosiddetti lockdown (terminologia carceraria: lapsus o autodenuncia?), sia generali che in zone denominate "rosse" sulla base del rapporto tra positivi (a tamponi non in grado di identificare i malati ma solo a evidenziare la presenza di anticorpi - o non ricordate nemmeno la differenza tra "sieropositivi" e "malati di AIDS"? eppure quest'ultimo, proprio come il Covid, è una "sindrome", cioè un insieme di sintomi, non una "malattia" in senso stretto) e posti letto in terapia intensiva disponibili in ogni area territoriale, è stata un esperimento sociale frutto come minimo della precisa volontà politica di agire sul numeratore di quella frazione (implicante la libertà personale di tutti i cittadini e la rovina economica di intere categorie di essi) diminuendolo piuttosto che sul denominatore aumentandolo (attrezzando costi quel che costi, cioè facendo ricorso ad indebitamento pubblico, nazionale o europeo non importa, tutti i presidi ospedalieri che servivano), nascondendosi dietro quei vincoli di bilancio (che ci hanno impoveriti tutti) di cui ci si sarebbe dimenticati in sede di PNRR e quel tabù degli eurobond che fa particolarmente rabbia vedere messo in discussione oggi invece per le armi;
  5. visto quanto sopra enumerato, la messa in discussione delle libertà individuali fondamentali, subordinandole a un concetto così facilmente manipolabile come quello di "salute pubblica" come peraltro i costituenti (freschi degli abusi del nazismo) avevano attentamente evitato di fare (ma con una Corte costituzionale a nomina politica, non c'era da sperare nella sua azione di salvaguardia), fino ad in pratica revocare l'habeas corpus, si rivela per quello che è: una prova generale di un nuovo modello di sudditanza, utile a definitivamente superare i concetti non più utili di democrazia e libertà - dello stesso novero è l'istituzione del Green Pass a soppiantare la libertà di circolazione e assieme il diritto ad esercitare la propria professione in qualunque modo lo si sia guadagnato: fummo in pochi a comprendere che era la fase di test di un impianto che una volta accettato poteva essere riutilizzato per qualsiasi altra ragione, e lo vedremo presto con l'ambiente e magari pure con la guerra.

Accettando anche solo la metà, ed anche solo in parte, di questi ragionamenti come plausibili, si potrebbe e dovrebbe mettere in stato di accusa una intera classe politica (e non dite che non si può fare, con tangentopoli si è potuto), e comunque chiedere scusa e giurare "mai più". Invece, come abbiamo appena delineato alla fine del punto 5, siamo pronti per il Green pass 2.0: sull'inseparabile telefonino, una patente a punti di sensibilità ambientale per togliere dalla circolazione chi non si riesce a convincere a disfarsi della macchina a gasolio (perché razionalmente pensa che è buona e ancora nuova, consuma poco, e impatta meno tenerla che comprare due tonnellate nuove di metalli cristalli plastiche e minerali rari, ma contro l'ideologia la razionalità ha sempre vita dura), non accetta di dover rifare il mutuo quasi estinto per adeguare la propria casa alle assurde normative europee o non avendone la possibilità non accetta di disfarsene svendendola e finendo i propri giorni nei loculi in affitto di stile europeo che stanno fiorendo in ogni dove, non smette di fumare o di adottare un qualsiasi stile di vita che potrebbe ricadere come spesa sanitaria sulla collettività, è meno che zelante nella raccolta differenziata, o magari di nuovo non sottostà a un trattamento sanitario obbligatorio pseudovaccinale o di natura diversa.

Con l'Intelligenza Artificiale che, lungi dall'essere imbrigliata (solo i vecchi brontoloni come me ritengono indispensabile che lo sia), entra oramai anche nelle applicazioni di uso più frequente e generalizzato di ogni device, a sedurre ogni recalcitrante magari anche solo titillando la più banale pigrizia, e intanto a perfezionare esponenzialmente la grande raccolta di dati personali sensibili e caratteristici iniziata da tempo, nessuno potrà sfuggire. E purtroppo, a questa velocità, nemmeno noi sessantenni abbiamo speranza di morire prima di vedere questa oscena distopia realizzata, a meno di morte prematura ovviamente.

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