sabato 9 settembre 2023

LIBERI?

C'è un verso di Giovanni Lindo Ferretti  (che proprio oggi compie 70 anni: auguri!) di una bellezza atroce, nella splendida canzone In viaggio, fa:

Consumano la terra in percorsi obbligati i cani alla catena, disposti a decollarsi per un passo inerte più in là.

I cani domestici sono frutto di selezioni e incroci lungo migliaia e migliaia di anni, ma tutte le razze da qualche parte dentro mantengono qualcosa del lupo o del coyote, che assalivano i gruppi umani per mangiare, prima di imparare a servirli. Così, la stessa bestia che ti implora sotto al tavolo per un ciccetto, e non si sogna minimamente ti saltarci sopra per prenderselo (come farebbe un gatto se solo ti distrai un secondo, ma il gatto ha tutta un'altra storia), se solo gli metti una catena al collo e te ne vai comincia a percepire la limitazione di libertà e valicarla diventa bisogno primario.

Così è per noi (basta bloccare con un abbraccio troppo stretto i movimenti di un bimbo per verificarlo), e chi ha interesse a renderci sudditi lo sa benissimo, per questo le catene nel corso della storia si sono sempre più virtualizzate, dissimulate fino a renderle irriconoscibili. E il fenomeno ha subito un'accelerazione negli ultimi decenni, proprio come la curva della popolazione mondiale: la democrazia è infatti tanto più realizzabile quanto piccole sono le comunità in cui la si voglia applicare, e nella misura in cui esiste un "fuori" da queste comunità (le donne, gli schiavi, i barbari) da sfruttare per accrescere o quantomeno mantenere la ricchezza su cui la comunità si fonda. La globalizzazione (ma i BRICS ne sono una costola o un grimaldello?) questo ha fatto: portato dentro questo fuori, o meglio mischiato dentro e fuori in un recipiente più grande, cosicché l'azione politica che sarebbe stata necessaria (e che io stesso all'inizio ho creduto avrebbe svolto l'UE) cioè blindare il modello di sviluppo eurooccidentale per trasferirlo gradatamente fuori (ad esempio, accettando di commerciare solo con chi concedeva un livello di diritti economici e personali compatibile) è diventata presto impossibile (svelando presto, purtroppo ancora agli occhi di pochi, che non è che si è mancato di difendere il progetto ma invece proprio che il progetto era uno opposto).

Ma la libertà non è soltanto minacciata dall'evoluzione delle catene (l'ultimo modello di catena? lo smartphone, esatto...), è anche vittima di un processo di negazione valoriale, che ha trasferito omeopaticamente nel senso comune l'annacquamento, lo straniamento e lo svilimento del concetto. Così oggi chiamiamo libertà l'accrescimento di possibilità in questioni più superficiali, concesso proprio per farci digerire senza nemmeno accorgercene la diminuzione reciproca in questioni essenziali. Siamo liberi di sposarci tra uomini o tra donne, ma sposarsi o comprarsi casa o fare un figlio diventano sempre più fuori dalla portata di qualsiasi coppia non ricca, etero o gay che sia. Anche perché il lavoro inteso come parte fondamentale e centrale della vita di ognuno e della sua identità, oltre che come mezzo di sostentamento stabile e affidabile, è in via di completa sparizione, e hanno pure la faccia tosta di presentarci la cosa come progresso. Intanto, in cronaca abbiamo l'ennesimo esempio di disastro attribuibile, come causa prima, allo smantellamento del settore pubblico e alle esternalizzazioni: alle FS dei miei avi non c'erano schiavi ma operai assunti dallo Stato e salvaguardati, certo non spinti ad agire in spregio non dico alle norme di sicurezza ma alla più elementare logica. E fuori dalla cronaca l'elenco di episodi simili è talmente lungo da non essere necessario: basta la memoria di ciascuno di voi, anche il più distratto.

D'altro canto, invece, dimentichiamo quanto e come una serie di altre cose a cui teniamo siano stringi stringi da ricondurre proprio al concetto di libertà. Senza una prospettiva di sostentamento economico nel tempo (che non vuol dire necessariamente "posto fisso", ma anche ad esempio "persistente sovrabbondanza di opportunità"), infatti, la libertà di effettuare qualunque tipo di scelta di vita resta mero enunciato teorico. Senza automobili private il diritto alla mobilità torna, dopo una finestra di soli pochi decenni, ad essere privilegio di pochi (mezzi pubblici davvero efficienti e ridondanti, tra cui delle ferrovie statali che non possano abbandonare in quanto antieconomica nessuna tratta o stazione periferica, risolverebbero il problema solo rispettivamente per le grandi città e i centri medio-piccoli, non certo a livello capillare). Senza cultura, o se preferite grazie all'analfabetismo di ritorno progettato decenni fa e realizzato prima tramite la TV commerciale poi tramite i telefonini, anche la libertà di progettazione della propria esistenza viene vanificata, perché chi non sa non può, ma mentre chi sa di non sapere può imparare chi crede di sapere non imparerà mai, e i nostri figli oramai per qualsiasi cosa chiedono a google come prima opzione, come possono non uscirne omologati?

A proposito, racconto un episodio che chiarisce in qualche modo il concetto. Ad inizio "pandemia"  (ma siamo sicuri sia finita? il fatto che fosse statisticamente infondata è piuttosto garanzia che possa venire invocata a piacimento...) vengo invitato ad un webinar da un amico, che poco tempo prima del primo lockdown mi aveva onorato di leggere l'incipit del mio ultimo libro ad un incontro di presentazione, giù a Reggio. Forse presupponeva che condividessi la narrazione dominante, o perlomeno non immaginava che il mio dissenso fosse così totale, fattostà che quando esso emerse l'incontro fu concluso rapidamente, ma non prima che io avessi modo di indurli ad esplicitare uno dei corollari dietro quella narrazione: approfittando del fatto che uno degli altri partecipanti viveva in Svezia, gli chiedo come andavano le cose in uno dei pochi Paesi che avevano impostato le cose in modo diametralmente opposto, alla spirale liberticida che allora peraltro era appena iniziata. Il corollario era "gli italiani non sono svedesi", cioè non sono un popolo di adulti evoluti che possono essere lasciati liberi di decidere ciascuno per se, confidando nel senso di responsabilità e nel sentimento di collettività di ciascuno, ma sono un popolo "bambino" che in quanto tale deve essere guidato, a comportarsi virtuosamente, altrimenti non lo farà. Il luogo comune, che nemmeno si applica bene ai bambini e ai ragazzi veri (i quali invece vengono su responsabili in relazione diretta a quanto si ha il coraggio di responsabilizzarli precocemente), è un sentimento fascistoide che tanto danno ha fatto e che stupisce di aver visto così diffuso in persone sedicenti di sinistra. Per le quali la libertà non è un valore in se, dunque, ma un premio da ottriare a chi se lo meriti.

Finisco qui il mio sproloquio, e vi lascio con un paio di link di approfondimento, in linea con l'ultimo paragrafo:

  1. Stefano Re, ovvero i dossi stradali come metafora;
  2. Maurizio Blondet, ovvero hanno già deciso che dovremo fare a meno di auto, carne e latticini, e sono già passati dalle strategie di persuasione al terrorismo psicologico sul cambiamento climatico, alla fine l'obbligo sarà lo step "naturale".
E che cos'è la libertà, se come al solito piuttosto che chiarirvi le idee ve le ho confuse, ve lo faccio dire da uno che parla bene...

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