Tra parentesi, della serie "la lingua ha sempre implicazioni nel pensiero", il gioco di parole è agevolato dalla radice comune dello Stato balcanico e del sostantivo/aggettivo "servo", come d'altronde pure tra "slavo" e "schiavo" ("slave" in inglese...): si possono assoggettare "gli altri", e gli altri più vicini erano loro, prima di andarli a cercare in Africa per portarli in America.
La Jugoslavia di Tito era considerata un'anomalia nel mondo comunista, al punto da farne partner commerciale e industriale dell'Occidente (con tanto di fabbriche di automobili di progettazione nostrana). Il "dittatore" (per noi, per loro era colui che li aveva liberati dalla morsa nazifascista: nelle foibe i nostri ci sono finiti dopo, prima ci buttavamo noi loro, ma non è di moda ricordarlo) teneva uniti popoli di etnia e religioni diverse, localizzando le varie attività produttive, da buon collettivista, dove era più conveniente per lo Stato: le fabbriche al nord, vicino ai grandi porti e le direttrici europee, l'agricoltura al sud, per dire. Morto lui, e caduto il Muro, se l'Occidente fosse stato una frazione di quello che si riempie la bocca di essere, avrebbe dovuto scoraggiare le naturali istanze divisive, e se no indirizzarle a una transizione il più possibile indolore. Invece, quando Slovenia e Croazia, con i vecchi fiancheggiatori dei nazifascisti tornati a galla, dichiararono l'indipendenza da Belgrado, Germania e Città del Vaticano non attesero neanche l'alba del giorno dopo per riconoscere i nuovi Stati, seguiti a ruota da tutti gli altri. Innescando una guerra tra le più feroci mai viste in Europa, alla faccia di chi ce l'ha così di tolla da continuare a ripetere a pappagallo che l'Europa ci ha regalato 80 anni di pace.
Pochi anno dopo, per giunta, non si perse l'occasione di indebolire ulteriormente i serbi cavalcando le pretese di indipendenza del Kosovo, guidato peraltro da personaggi destrorsi nonché di dubbia moralità, arrivando a bombardare Belgrado, destituire e processare un leader democraticamente eletto, e lasciare che i serbi di quella regione venissero vessati da lì in poi, fino ad oggi compreso, sia mai si ribellino, riescano a fare intervenire in soccorso la madre patria, e possa quindi ripetersi il paradigma visto in Ucraina con le regioni russofone e Putin da li in poi chiamato invasore.
La storia nei dettagli ve la racconta meglio di me il vecchio Fulvio Grimaldi. Ricordarla, serve, anche se purtroppo ancora solo a quei pochi che si ostinano a ragionare con la propria testa. E che sorridono increduli alla notizia, rimbalzata un po' ovunque in questi giorni, della distribuzione di un kit UE di resistenza per 72 ore, in caso di guerra. Sembra una battuta di Crozza, ma la dicono seri, come se avesse senso dotarsene (e se l'attacco dura 4 o 5 giorni anziché 3?) e come se non fosse un rischio creare allarmismi (pensa se la gente ci cascasse - per ora per fortuna pare di no - gli assalti ai supermercati per fare le scorte per 3 mesi, le scene di isteria collettiva, e alla fine gli scaffali vuoti) e una precipua responsabilità di un buon governante invece evitarli finché si può. Poi smetti di ridere, perché pensi che questa cosa l'hai già vista, purtroppo, di recente, nome e cognome Terrorismo di Stato.
E' un classico della criminologia: chi è che può prevedere con maggior esattezza tempi e modi di un assassinio? Esatto: l'assassino. Quindi aumenta la probabilità che gli annunci di improvvido esagerato e iniquo riarmo dell'Unione non siano, come a molti di noi era sembrato in un primo momento, il patetico tentativo di un governo non democratico di un'entità che conta come il due di coppe quando la briscola è a denari di darsi un tono mentre le briscole fanno la Storia, leggi la pace, ma piuttosto il prodotto di una precisa e ferma volontà politica: quella di trascinarci in guerra, fosse anche solo per il più classico degli obiettivi di qualsiasi guerra, insabbiare le magagne (gli impicci coi bilanci vanno in cenere con tutto il resto, e poi c'è da ricostruire, che diamine, vorrai mica fare il disfattista).
E subito la mente va a quando Guglielmino Cancelli "predisse" una pandemia che puntualmente si verificò. Oggi, leggendo le sue profezie a proposito di Intelligenza Artificiale, non si può non rabbrividire.