venerdì 27 marzo 2015

BIMBA SE SAPESSI...

Uno dei più famosi e belli pezzi degli Stadio, tra l'altro di Dalla e Roversi ("Norisso"), si intitola "chiedi chi erano i Beatles". Tra un po' a volerlo riscrivere attualizzato si potrebbe chiedere "a una ragazza di quindici anni di età" non chi era questo o quell'artista, ma direttamente cos'erano i dischi. E poi magari "attaccargli un pippone", come si dice efficacissamente a Roma per "iniziare un discorso lungo e noioso cui l'altro è in qualche modo costretto a soggiacere", su quello che era la musica "ai miei tempi", magari usando come incipit il titolo caputiano che prendo in prestito per questo post.
Caputo ci azzecca anche perchè è attualissima una sua polemica contro quella che chiama "radiopoli" per via di una sorta di censura di cui sarebbe stato vittima a proposito del suo ultimo attesissimo album. Leggetela, è molto istruttiva: sapevo da tempo, per averlo vissuto in diretta, della deriva delle radio private da strumento di libera espressione ad arma letale (ed autolesionista) in mano ai discografici, ma un punto di vista interno è sempre utile. Sapevo da tempo, e chi non ci crede può rileggersi questo vecchio post su Contrappunti, che vi sintetizzo così: fidatevi, non è colpa della cosiddetta pirateria, è l'industria discografica stessa che prima ha creato le precondizioni per il superamento dell'oggetto "disco" (leggi digitalizzazione delle incisioni) poi ha avviato e combattuto con mezzi sempre più pervasivi una battaglia di retroguardia che non poteva che causare l'inaridimento delle sue stesse fonti di guadagno. La musica si copiava e si ascoltava liberamente, quando c'è stato il boom, e l'ultimo picco di vendite e nascita di nuovi artisti è stato quando si poteva noleggiare. La SIAE è un groviglio di interessi, fino a ieri capitanato da uno che ha avuto il culo di avere vent'anni e un po' di fantasia melodica quando, una breve parentesi nella storia musicale dell'umanità, la cosa poteva renderti ricco per generazioni, e non ha avuto nemmeno il buongusto di pagarci tutte le tasse. In futuro, ma già oggi, chi vuole campare di musica sale su un palco e si suda la paga, ed è giusto così.
Sergio Caputo l'aveva capito subito, e per dodici anni è stato a guadagnarsi la pagnotta negli USA suonando dove ne capiscono, è tornato solo quando un club romano lo ha scovato laggiù, e ha scoperto che quaggiù in tanti non lo avevamo scordato. L'ho già rivisto in concerto due o tre volte, se mi capita quest'anno ci rivado, ma chi non l'ha mai visto cerchi di non perderselo. Qui le date, questo il primo "singolo" del nuovo album:

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