mercoledì 2 marzo 2016

IT TAKES LOVE...

E' come quando sei arrivato a casa e hai messo sul piatto del tuo rack (una roba che dopo 35 anni ancora funziona alla grande) il nuovo lp dei Dire Straits Love Over Gold, in particolare la lunghissima prima traccia Telegraph road, e, mentre una manfrina di suoni rarefatti sembrava darti il tempo di rilassarti e maneggiare incuriosito la copertina col fulmine, è partita quella schitarrata a tradimento che ti ha strappato le frattaglie dalla bocca dello stomaco tipo Alien, e tu che eri già un knopfleriano dagli inizi quella sensazione non te la saresti più scordata.
Come quando hai cominciato a pensare, appena adolescente, che qualcosa non quadrava nei raccontini di cui ti avevano riempito la testa fin da piccolo, che quel Gesù se era esistito davvero doveva essere stato molto lontano dall'immagine oleografica che ti presentavano, e che la spiritualità è nell'uomo e non fuori o sopra di lui, e si presenta in molte, moltissime forme.
Come quando hai cominciato a sentire la macchina come un estensione del tuo corpo, e forse era facile visto che avevi una Fiat 500, e a compatire quelli che invece di dominarla ne sono dominati, e maledizione sono la maggioranza perché bisogna vendere le auto e quindi regalare le patenti.
Come le cose inventate per sbaglio, magari senza manco arricchirsi, come il Das o il Post-it ad esempio, o le persone incontrate per caso. O come quelle invenzioni che possono fare del bene a tutti, tanto costano poco, o quelle amicizie gratuite ed eterne.
Come le idee quando riescono a realizzarsi, e resistono per decenni all'assedio, lasciando un esempio al mondo anche se e quando si arrendono. Come la Cuba di Fidel.
Come quando hai iniziato a fermarti e seguire le partite di calcio solo quando le commentava quel gran genio di un telecronista, al secolo Beppe Viola, che maledizione poi è morto giovane, anche se cantava che "il cuore è a posto".
E' come tutte queste cose e molte altre, quando vedi le cose belle, la qualità in azione e la quantità in castigo. Come quando ti capita di vedere partite come quella tra la Radwanska e la Vinci, chissenefrega chi ha vinto e chi ha perso, a Doha 2016.

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