martedì 17 agosto 2021

LET THE MUSIC PLAY

Non dico niente di originale affermando che di tutte le esperienze della vita adulta quelle che ti restano dentro più a lungo e che ti danno di più sono quelle in cui apparentemente insegni ai bambini, in realtà tornando a imparare la vita da loro che tu purtroppo te l'eri dimenticata. E non parlo dei figli, che quella è una cosa del tutto diversa, pur portando alla fine forse allo stesso risultato. Per me, queste esperienze sono il volontariato all'opera nomadi da ragazzo, e il servizio civile presso il convitto dei Padri Rogazionisti di Matera qualche anno dopo. Ma ciascuno di voi ha certamente le proprie. Pasquale, non so prima, ma in vecchiaia si è inventata sta cosa coi bambini e le percussioni che non dico gli conferisca ai miei occhi un'aura di santità, ma ecco lui da ragazzo mi ricordava un po' Angelo Branduardi, era secco dinoccolato e capelluto uguale, ed ora me lo immagino come il menestrello che canta e balla Vanità di vanità coi trovatelli di Johnny Dorelli - San Filippo Neri nel meraviglioso sceneggiato TV di Luigi Magni State buoni se potete... Come diceva quell'altro capellone, "Lasciate che i fanciulli vengano a me": let the music play.

Giocare con la musica

di Pasbas

Per iniziare riporto di seguito alcuni pensieri relativi al gioco di J. Huizinga, storico olandese ed eminente rappresentante della cultura internazionale, (vissuto e morto durante il periodo buio dei fascio-nazismi europei: imprigionato dai nazi nel ’43 moriva al confino nel febbraio ’45). Il libro importantissimo da lui scritto e di cui riporto alcune frasi, ha come titolo “Homo ludens”. 

“…si dette alla nostra specie, accanto al nome homo sapiens…quello di homo faber – uomo produttore…. Ciò che vale per fare vale anche per giocare: parecchi animali giocano… l’homo ludens , l’uomo che gioca, indichi una funzione almeno così essenziale come quella del fare, e che meriti un posto accanto all’ homo faber.”

Questa idea dell’uomo che gioca per fare non poteva non incuriosirmi, ragion per cui ho pensato di applicarla alla mia passione più importante, la musica. La prima piccola riflessione è come alcuni popoli europei che hanno dato (e danno) un grande contributo allo sviluppo dei vari stilemi musicali, definiscano il rapporto del singolo colla esecuzione strumentale; ed ecco quello che emerge:

Jouer avec la musique            giocare con la musica

Play the music                        giocare con la musica

Musik spielen                          giocare con la musica.

Per noi italiani il verbo è invece suonare, e il gioco così è scomparso! Perché? Che non sia questa una possibile chiave di lettura, per capire le ragioni che hanno spinto i politici (ir)responsabili dell’istruzione pubblica a cassare quasi totalmente l’argomento “educazione musicale” dalle scuole di ogni ordine e grado? Non posso ovviamente affermare che ciò sia totalmente o parzialmente vero, mentre invece affermo che questo fu l’elemento fondamentale che da adolescente mi fece abbandonare lo studio dello strumento per antonomasia (anni ’60-’70), la chitarra elettrica. Ed è proprio da questo punto che è scattata iskra – la scintilla. E poi il grande Bob Marley con la sua frase indimenticabile “La musica è l’unica cosa che quando ti colpisce non ti fa mai male” - "colpire" > "percuotere" ergo “percussioni”: iskra è decisamente accesa. Mescolando i concetti appena esposti, shakerandoli ben bene e aggiungendovi il mio debole per i bimbi, ho deciso: questo frullatone sono certo porterà a qualcosa di positivo.

Ecco quindi lo schema logico-funzionale di questo piccolo progetto, giunto ormai al secondo anno di attuazione:

  1. Scelta dell'età: dai 3 ai 10 anni.
  2. Scelta del quartiere: Primavalle.
  3. Strumentazione: percussioni variegate e colorate.
  4. Scelta dei brani: lo Zecchino d’oro, nei suoi anni d’oro, ci ha dato molto del materiale musicale necessario, ma ci siamo comunque anche spinti in altre direzioni musicali.
  5. Una cassa amplificata con connessione bluetooth, necessaria per riprodurre le canzoni scelte.
  6. Scrittura delle parti percussive.
  7. Esecuzione “Live”.
  8. Costi.
  9. Obiettivi.

Più in dettaglio i singoli punti del progetto.

  1. Scelta dell’età: ho pensato e deciso che dai 3 ai 10 anni sia il giusto intervallo di età per iniziare a coltivare una passione che potrebbe durare una vita. Cosa fondamentale per me è il concetto di inclusione, nessun musicista in erba deve essere escluso, a partire da bambini problematici, portatori di handicap o bimbi figli di extracomunitari. 
  2. Scelta del quartiere: perché proprio Primavalle e non – che so - i Parioli? Semplice, perché ai Parioli le scuole sono meglio attrezzate, i genitori possono permettersi di pagare lezioni private di musica per i loro figli, molte famiglie possiedono collezioni di dischi in vinile e impianti da migliaia di euro per ascoltare la musica e farla ascoltare ai loro figli, con una fedeltà per noi mortali inimmaginabile. A Primavalle (come in tante borgate romane) i mezzi economici sono insufficienti a coltivare e sviluppare questo senso innato del ritmo che hanno i bambini. Le scuole in qualche caso sono completamente abbandonate o dismesse, in altri casi la manutenzione praticamente non viene fatta, muri e soffitti pericolanti, palestre malconce, piante nate negli sciacquoni ecc. Quanto poi agli impianti di riproduzione sonora raramente si va oltre gli smartphone.
  3. Strumentazione: percussioni in disuso recuperate in locali abbandonati di scuole anch’esse in disuso, bacchette recuperate da stampelle di una boutique, birracas (maracas fatte con lattine di birra, sassolini, riso), mestoli in legno per i più piccoli, bacchette autocostruite per timpano e tamburi. 
  4. Scelta dei brani: ad esempio “44 gatti”, “il ballo del qua qua”, “Fra’ Martino”. In preparazione, “Il tempo di morire”, “Bolero” di Ravel. Con Fra’ Martino abbiamo anche provato l’esecuzione a canone a tre voci, ma in fase di saggio siamo scesi a due a causa delle difficoltà esecutive incontrate. Dopo ogni sessione di prova era d’obbligo lo spazio Jam Session, con i bambini scatenati ed i timpani di tutti messi a dura prova.
  5. Cassa amplificata: la catena di riproduzione dei brani ridotta all’osso, un cellulare, la cassa e pedalare!
  6. Scrittura delle parti percussive: ho cercato di immaginare, per ogni brano, una batteria completa di cassa, rullante, charleston e timpano e di suddividere i percussionisti in gruppi che eseguono rispettivamente le parti dei quattro strumenti. Scritte quindi le parti, si prova gruppo per gruppo ogni singola parte senza musica; quindi uniti i gruppi si prova l’insieme. Quando l’insieme risulta soddisfacente si passa all’esecuzione con la traccia musicale.
  7. Esecuzione “Live: alle fine dei corsi abbiamo realizzato un piccolo concerto per genitori, amici e parenti, riscuotendo sempre buoni consensi.
  8. Costi: tutta l’attrezzatura (la cassa era già disponibile) intorno ai 10 Euro una tantum per i mestoli, 5-6 euro di nastro adesivo e forse altri 10-20 euro di materiale di consumo (carta, pennarelli, matite etc.), contro un numero medio di bambini per ogni sessione pari a 18-20. Impiego di un paio di volontari del centro estivo per ogni sessione. Tanta creatività, fantasia e voglia di condivisione. Quest’anno con gli stessi costi abbiamo coperto addirittura i centri estivi di due scuole. Per quanto riguarda me, ho rifiutato qualsivoglia tipo di compenso, tranne ovviamente le energie e l’affetto avuto di ritorno dai bambini ed il piacere del lavoro di gruppo cogli animatori.
  9. Obiettivi: stuzzicare l’appetito di piccoli e piccolissimi; sviluppare il loro naturale senso del ritmo; lavorare in gruppo e condividere difficoltà e soddisfazioni per i risultati; non mettere sotto stress le capacità di attenzione di ogni bimbo; farli “divertire con impegno”.

In ultima analisi promuovere la curiosità dei piccoli senza bisogno di sottoporli a noiosissime sessioni di teoria (io ai tempi resistetti due lezioni di solfeggio e poi scappai via); farli imparare divertendosi, sia loro che gli istruttori, incuriosendo e stimolando il loro senso del bello e le loro propensioni individuali. Fargli apprendere lo spirito di squadra e di condivisione. In ultima analisi: non è questo il viatico per la felicità?

Non puoi essere felice se tutti non sono felici”. Che Guevara.

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