giovedì 12 agosto 2021

RADIOCIXD 44 - VAI RROUGE

La generazione di Spotify non mi potrà mai capire, e forse nemmeno tutti quelli della mia: io quando "scopro" un cantante o un gruppo nuovo (e ne scopro ancora oggi, tanto da stupire un mio nipote del settore per avergli citato nomi che non pensava mai che un vecchio come me poteva conoscere) per farmi un giudizio ponderato mi vado a cercare tutta la discografia fino a quel momento e la ascolto tutta, poi continuo con quella futura finché ancora lo trovo interessante. Per questa ragione, quando faccio asserzioni sulle "curve" delle carriere dei musicisti di solito è a ragion veduta, e chi mi segue avrà già letto di curve a picco e curve piatte, parabole meste o iperboli o zig zag tipo ecg, anche se forse non proprio in questi termini. Enrico Ruggeri ha fatto una marea di album, per quattro decenni e passa. E tutta la sua discografia è disseminata di brani di buona qualità, anche recenti. Ma il primo periodo è talmente più ricco di ispirazione che se non hai mai sentito un suo disco e vuoi farti un'idea di lui, ti basta ascoltare un solo album, questo doppio dal vivo di fine anni 80, che fa da best of del decennio precedente.

Ho il vinile, e meno male: la durata ha costretto la produzione a togliere un paio di brani per la versione in CD, e per almeno uno dei due è un vero peccato. Il disco vendette parecchio, perché uscì subito dopo il trionfo sanremese del trio Morandi-Ruggeri-Tozzi con una di quelle canzoni che conoscono tutti ma proprio tutti e di cui poi il titolo diventa un proverbio. Ma io avevo notato Ruggeri alla sua prima apparizione sanremese, con gli occhiali di plastica bianca e i Decibel attorno, a suonare un punk elettronico piuttosto interessante, e promettere bene. Infatti, da lì a poco il suo successo fu notevole, soprattutto come autore (di Bertè e Mannoia soprattutto, ma non solo), cosa che rende paradossale che la sua consacrazione festivaliera avvenisse invece proprio solo come interprete (di un brano scritto da Tozzi).

Ma eccovi la playlist commentata, come al solito.

1. Contessa
Il live comincia con una versione strumentale del brano che il giovane Enrico e la sua band portarono a Sanremo da piccoli, che ha due obiettivi: depurare il brano da un testo che, essendo una specie di risposta a un brano politicissimo di Pietrangeli, che vi faccio sentire nella versione dei MCR (pare invece che i riferimenti a Renato Zero siano una voce infondata), la datava troppo, e soprattutto fare sentire bene che qui siamo accompagnati dalla Filarmonica di Alessandria, mica cotica.
2. La canzone della verità
"La verità è che noi non abbiamo mai verità": bisognerebbe ricordarlo ai sedicenti suoi detentori che la brandiscono divinizzando Lascienza, e ogni volta ci presentano un provvedimento salvifico che poi si dimostra puntualmente non esserlo, e loro anziché andarsi a nascondere rilanciano con quello dopo (chiudiamo tutto così il contagio si ferma, e non si ferma, vacciniamo tutti così si ferma, e non si ferma, ghettizziamo i dissidenti eccetera).
3. Confusi in un playback
"E ognuno lascia un segno nelle persone più sensibili, e il fiume cambia il legno mentre lo trasporta via"
4. La donna vera
Il brano è uno dei due scartati nel CD, e come dicevo è un peccato. Non so se Ruggeri ha ancora il coraggio di portarlo in concerto, ma di questi tempi non è consigliabile, e se passa il DDL Zan rischia la condanna. Di sicuro, il testo non passerebbe le policy linguistiche ormai imperanti in qualunque Pubblica Amministrazione.
5. L'ultimo pensiero
Chissà, forse aveva già iniziato a litigare con la prima moglie, comunque tira fuori un brano, sulla pur trita tematica delle storie che finiscono, dal taglio piuttosto originale.
6. A mia moglie
Presente solo su LP, è la cover di un brano di Aznavour, e si sente. D'altronde una vena "francese" attraversa tutta la carriera del Nostro. E no, la prima moglie l'aveva sposata mentre incideva queste canzoni, non solo non ci stava litigando, forse le stava dedicando questa.
7. Nuovo swing
Questo brano è giustamente molto noto. Ci partecipò a Sanremo, e vabbè con pessima classifica, la prima volta da solista. Gli amori finiscono si, ma come le canzoni ne deve finire una perché possa cominciare l'altra.
8. Il mare d'inverno
E qui siamo al capolavoro. La prima e più nota versione l'ha portata al successo Loredana Bertè, ma io la preferisco cantata da lui, perché dove lei sale lui scende un'ottava sotto, forse perché non ce la farebbe, ma forse anche perché così rende meglio la necessaria tristezza di fondo.
9. La carta sotto
C'è sempre una carta nascosta che ti potrebbe rovinare la partita. E spesso ce ne dimentichiamo.
10. Rien ne va plus
Ancora Sanremo, stavolta premio della critica, e ancora francesismi. "Qualcuno poi sutura le ferite, c'è qualcuno la fuori che ci aspetta alle uscite, come un giocatore sconfitto che si allena per nuove partite".
11. Poco più di niente
Quando due si lasciano, fanno proprio come è descritto in questo brano. Matrimoni a parte, il ragazzo doveva avere comunque una certa esperienza, o sennò è ancora più bravo.
12. Non è più la sera
Questa lui l'ha scritta quando stava crescendo, o invecchiando fate voi. La profezia sui lockdown è sicuramente involontaria.
13. Il portiere di notte
Altro capolavoro assoluto, ispirato forse (sicuramente per il titolo) da un vecchio film della Cavani e forse dalla vita da zingari che si fa in tournée. Già lui la interpreta benissimo, in qualunque arrangiamento, ma poi c'è una versione di Mina che fa letteralmente venire la pelle d'oca.
14. Il futuro è un'ipotesi
"Tu quando mi metto a parlare non capisci mai, oppure mi prendi alla lettera e sbagli risposta. Sì, lo so che starmi accanto molto spesso costa, ma sai quante volte mi costa restarmene qui." Mai capitato?
15. Quello che le donne non dicono
Questa invece è talmente più bella nella versione della interprete di turno (Fiorella Mannoia, ma potevo non dirlo), che per questo album la chiama sul palco, la accenna soltanto e le lascia la scena. Una cosa simile avviene per Sally con Vasco, ma meno evidente. Di recente ho scoperto che oggi se un playboy (cosa?) indirizza un complimento a una donna passandole accanto con la macchina fa cat calling, e per il momento è disapprovato ma vedrete che presto sarà reato. Per cui no che non c'è chi ve li fa più.
16. Non finirà
Spesso il sottofinale è in tono minore, per dare maggior risalto al botto seguente. Qui un testo ispirato da When I'm 64 dei Beatles, o se preferite 64 anni dei Cugini di campagna, è accompagnato da una linea melodica tradizionale che passa liscia liscia.
17. Si può dare di più
Il brano come dicevo è di Tozzi, e Morandi a Sanremo lo ricanta da vincitore senza sorriso, perché poco prima hanno dato la notizia della morte di Claudio Villa, suo amico e compagno a dispetto della lontananza di generi. Ma a un certo punto Gianni introduce Enrico con quel "vai Roouge" che da il titolo a questo disco. 

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