Il governo, infatti, ha varato quella che con una delle solite etichette ingannatrici hanno chiamato "autonomia differenziata", la cosa più vicina alla secessione che si può oggi ottenere, anzi meglio, che il sud non ne potrà nemmeno ricavare i vantaggi che potrebbe da una secessione vera. Se pensiamo che la Meloni dieci anni fa proponeva, con una iniziativa che se avesse mantenuto (magari assieme al no-euro degli esordi) forse gli avrei dato il voto anch'io, l'abolizione delle nefaste Regioni, abbiamo una ulteriore misura di quanto la coerenza conti in politica. Sicuramente meno del do ut des. Ma torniamo a bomba sul Ponte.
La notizia è che sono venuti fuori i documenti ufficiali della società che lucra da decenni sull'utopico progetto, parecchi decenni, e sta al Ponte come l'oste al suo vino, il che rende ancora più preoccupanti i passaggi cerchiati in immagine: è come se l'oste dicesse "comprate il mio vino, è fatto con le bustine" o giù di li. Non che fossero segreti, no, è semplicemente che la stampa mainstream si guarda bene da farli uscire, e stiamo parlando di un argomento in cui non è nemmeno tutta allineata (magari il Manifesto avesse usato lo stesso zelo ai tempi della "pandemia"...), figurarci quelli in cui la sinistra è più di destra della destra. Certo, bisogna saperli leggere:- dichiarare che il Ponte è in grado di resistere a un sisma di grado 7,1 Richter significa che NON è in grado di reggere a uno di grado 7,2 (non fatevi ingannare dallo 0,1: la scala è logaritmica), figurarsi a uno di 7,8 ritenuto possibile da esperti non interessati agli affari, che genera un'energia pari a undici volte tanto un 7,1;
- dichiarare che l'area dello Stretto non è in grado di produrre terremoti superiori a quello del 1908 ha lo stesso grado di attendibilità di un oroscopo, e comunque nessuno può garantire che la misurazione del 1908 sia stata precisa come quelle che possiamo fare oggi;
- dichiarare che un tale sisma ha un tempo di ritorno di duemila anni è una supercazzola indimostrabile, anche perché i terremoti catastrofici documentati nell'area in quei duemila anni sono stati almeno una decina e di nessuno di essi è possibile anche solo approssimativamente calcolare la magnitudo (ma solo gli effetti riportati dalle cronache delle varie epoche, mitigati dall'impatto antropico molto minore e comunque gravissimi), supercazzola che si possono permettere di sparare solo perché sanno, e dichiarano esplicitamente senza che nessun commentatore o politico a quel punto si alzi e faccia saltare il tavolo mandandoli a fanculo, che l'opera, con tutto quello che costa, durerà duecento anni (e lo dicono fieri come se fossero tanti, come il buon Morandi faceva coi suoi bellissimi viadotti di calcestruzzo). Avete capito bene: i vostri pronipoti al massimo potranno farsi le foto dal traghetto con le macerie alle spalle, e intanto oggi per farlo spendiamo tanti di quei soldi che invece ci si potrebbe riqualificare il territorio e le infrastrutture di tutta la Calabria e la Sicilia.
A proposito di soldi: il politico in questione, il codazzo che si è creato dietro a questa sua impresa, e la flotta di pesci pilota dell'informazione (tra cui spicca per attivismo becero e feroce una nota testata locale, spero almeno sia per soldi perché altrimenti è peggio), usano come clava l'argomento "enorme investimento pubblico con ricadute importantissime sul territorio", e perciò tocca smontarlo. Perché le opere pubbliche possano avere un effetto moltiplicatore keynesiano, infatti, occorre che si verifichino due condizioni: che i soldi spesi restino nel territorio, e che chi li guadagna ci paghi le tasse e il resto li rispenda nello stesso territorio, eccetera fino al punto in cui l'aumento di reddito prodotto sia tale da generare maggiori entrate fiscali tali da azzerare il deficit iniziale con cui si è fatto l'investimento. Sono cose che ai miei tempi si studiavano all'università e oggi non più, lo capisco, ma con un altro piccolo sforzo si arriva anche alla deduzione (peraltro spiegata bene nel programma dei cinquestelle prima che diventassero il sempre più evanescente "cavalletto" del PD) che queste condizioni si verifichino solo nelle piccole opere pubbliche locali e non già nelle grandi opere pubbliche. In altri termini, spendere miliardi di euro in quelle migliaia e migliaia di piccoli interventi di cui il nostro Paese avrebbe un bisogno vitale (acquedotti, case, alvei fluviali, coste, boschi, eccetera) sarebbe a costo zero e rilancerebbe l'economia (oltre che proteggere da eventi climatici e terremoti), viceversa spenderli tutti in un paio di opere giganti non avrebbe nessuno degli effetti virtuosi di cui sopra, perché il general contractor è una multinazionale, le maestranze spesso straniere, i subappalti vattelapesca.
E allora perché tutta la catena di comando politica (dagli amministratori locali all'ineffabile UE) privilegia le grandi opere, e trova sempre il modo di finanziarle, e per le piccole e indispensabili invece dice che i soldi non ci sono? Andreotti diceva che "a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina": perché legare il proprio nome a una grande opera è un vizio dei potenti fin dagli albori della civiltà, ma almeno i potenti di una volta costruivano opere in grado di resistere al tempo, a questi interessa solo stanziare i soldi e avviare in qualche modo i lavori, poi se non regge, anzi addirittura se non viene ultimata, chissenefrega, tanto lo scopo era un altro. E cioè l'ennesimo travaso di risorse pubbliche nelle tasche di privati, lecitamente o meno che sia a seconda della fase del procedimento di cui parliamo. Più soldi ci sono in ballo, infatti, più è semplice che si creino sfridi invisibili e incontrollabili.
Ricapitolando, un ponte a campata unica lungo quasi il triplo del più lungo mai realizzato costituisce un'impresa tecnicamente tanto ardua da non essere praticamente realizzabile, ma se anche fosse è dichiaratamente progettato per resistere per soli 2 secoli (sottraendo alla collettività enormi risorse) a meno che non arrivi un terremoto di magnitudo superiore a 7,1 (evento possibile, se non probabile) o raffiche di vento superiori a 270 km/h (misura questa almeno nettamente superiore alla media, con un margine che dovrebbe essere adottato anche per i sismi, ma come fa a resistere? come i grattacieli, oscillando, ma vista la lunghezza di metri, probabilmente in misura da consigliarne la chiusura in tutti quei giorni in cui c'è vento forte "ordinario" - eppoi non c'era il cambiamento climatico, la tropicalizzazione? se ci passa sopra un piccolo uragano, che succede?). Poi se uno pensa che un'idea così balzana sia tornata in fase di attuazione solo per poter stanziare il denaro e originare tangenti, mentre conferisce a un politico in crisi una boccata d'ossigeno in termini di visibilità, è un terrapiattista...
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