mercoledì 18 novembre 2015

BUONO, IL BAGNETTO CALDO?

Ho già citato la favoletta della rana bollita, voglio accorciare la metafora.
In questi giorni va in onda, interrotta dalle varie edizioni straordinarie da Parigi, la nuova puntata della soap opera dal titolo "La Buona Scuola", serie di provvedimenti con cui si prepara sotto mentite il definitivo smantellamento della scuola pubblica, "soap" anche nel senso "metaforico" (le virgolette indicano un terzo livello di gioco di parole che però mi vergogno di esplicitare) del prodotto che potrebbe rendere meno doloroso l'atto "contronatura" di cui sono vittima gli italiani odierni.
In questa puntata si assiste al "consolidamento" di alcune migliaia di precari della scuola, spesso (anche se non sempre - ma il 10% circa dei casi, a cui bisognerebbe aggiungere tutti coloro che per paura di questa eventualità la domanda non l'hanno presentata proprio, è spesso eccome) a grande o enorme distanza dalla residenza attuale. Costringere persone di 50 o anche 60 anni a emigrare per "passare di ruolo", anticipando così il momento (che comunque sarebbe arrivato con le pensioni da fame che li attendono) in cui dovranno imparare a vivere in povertà, dopo che per decenni di supplenze di vario genere e varia pendolarità non è che avessero fatto pochi sacrifici, è già di per se crudele. Farlo passare per una coraggiosa riforma, grazie a una ridondante campagna di comunicazione svolta con la collaborazione compiacente della stampa di regime e condita da una prolissa mail autocelebrativa, è un vero capolavoro di arte del raggiro. E, come avrete appreso studiando, o anche solo guardando uno dei tanti film ispirati dall'arte della truffa, nessun raggiro è mai possibile se non in presenza di una potente pulsione del raggirando ad essere raggirato: il raggiratore è come spegnesse una sete, è un "benefattore" occasionale come un altro...
Fuori metafora, se è vero che il PD raccoglie ancora la maggioranza relativa dei consensi (anche se il m5s è in tale rimonta nei sondaggi che ora la legge elettorale truffa che hanno appena approvato siccome potrebbe farli vincere forse la ricambiano...), è probabile che - manifestazioni a parte - la "buona scuola" riscuota ampi consensi non solo tra i maggiori beneficiati ma anche tra quel dieci per cento di espiantati tardivi con ricatto, mandati a rifarsi una vita in tarda età con uno stipendio da fame, perchè è sempre meglio che niente.
Si badi bene che questa è una tecnica, e pure consolidata, che fa leva sulla natura umana per ottenere che persino lo schiavo arrivi ad amare le proprie catene. Abbiamo una vita, tutti, e chi non vuole impazzire deve trovare il modo di farsi piacere quella che gli è toccato vivere, magari dopo aver sfruttato tutte le oggettive possibilità di miglioramento che gli si offrono e aver realizzato di non averne altre: questo principio vale a qualsiasi livello assoluto, mentre quello che conta è il livello relativo a quelli accanto. In virtù di questo assunto, ad esempio:
  • i dipendenti pubblici sono senza contratto da anni ma non fiatano, visto che ciascuno di loro è circondato da gente che ha perso il posto o non ha mai trovato lavoro - e peraltro sono da questi ultimi guardati con livore e invidia crescenti, in quanto la loro condizione di pieno diritto è vista come ingiusto privilegio;
  • i ragazzi non sanno nemmeno che esiste un "diritto al lavoro", figurarsi del suo rango costituzionale, e crescono e invecchiano arrabbattandosi e cercando di sfruttare, nella misura in cui chi ce l'ha ce l'ha, la rendita di posizione dei genitori;
  • i sottoccupati, i precari, e simili, si tengono stretto finchè possono il loro lavoretto, magari credendo pure alla favola del "tempo indeterminato" raccontata dal "jobs act" (che fosse in realtà "determinato a capriccio del datore di lavoro" si poteva immaginare sulla carta da subito, non servivano i riscontri sperimentali), e sono troppo impegnati a difendersi da chi (i disoccupati) li invidia e guarda in cagnesco, mentre l'unica cosa logica sarebbe che "ultimi e penultimi" uniti se la prendessero con chi rinunciando al governo politico dell'economia ha causato l'attuale situazione di tutti.
Ciò a cui stiamo assistendo, inermi e spesso inconsapevoli, è nientemeno che la cancellazione di fatto di uno dei diritti fondamentali del nostro ordinamento. E il paradigma vale anche per tutti gli altri: quanti di voi sono disposti, dopo i recenti fatti in cronaca, a farsi ridurre "per la sicurezza" la libertà di espressione, di privacy nelle comunicazioni interpersonali, di movimento? In quanti avete fatto eco ai proclami di guerra (tra parentesi, eccovi una lezione), prendendovela coi "buonisti" e con gli immigrati, come se negli ultimi 25 anni noi fossimo stati sempre colombe e solo ora che questi esagerano tocca finalmente lasciar fare ai falchi, quando invece la guerra è stata finora l'unica opzione praticata dall'Occidente (ah, indovinate chi tra i partiti che potrebbero vincere le prossime elezioni è l'unico a proporre qualcosa di diverso?) ed è stata questa la causa della nascita e della crescita di tutti i vari terrorismi islamici?
Aprite gli occhi: c'è un progetto preciso, di annullamento di tutte le conquiste di cittadini e lavoratori. Hanno in mente un mondo in cui una ristretta élite di superricchi governerà senza alcun controllo su una massa di "nuovi schiavi". E vi stanno facendo abituare pian piano all'idea, senza nemmeno farvene rendere conto. Nessun complotto, nessun "grande vecchio": il capitalismo funziona così, è intrinseco alla sua natura creare strumenti o usare quelli che trova (terrorismo compreso) per realizzare le proprie tendenze sistemiche, senza alcuno scrupolo etico. Tutto quello di "civile" che abbiamo conquistato è stato nella misura in cui abbiamo voluto e potuto "irregimentare" questa sua natura. Ed è esattamente da quando ci hanno "convinti" che invece "privato" è buono (a proposito, l'ultima rapina è alle Poste) e tutto il male viene dal "pubblico" (indovinate chi è rimasto solo a difendere la sanità pubblica?) che è iniziata la nostra progressiva rischiavizzazione.
Svegliamoci subito, ammesso che siamo ancora a tempo, o siamo cotti.

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