sabato 28 novembre 2015

RUSSIANS

ooops...
"In Europa and America there's a growing feeling of hysteria..." cantava Sting nei primi anni 80 nel più famoso singolo del suo primo e insuperato album solista, The dream of the blue turtles. L'ho imparata a memoria, come molta della musica che ascoltavo a vent'anni (e, come molti, senza farlo apposta), ma si tratta di uno di quei casi in cui il senso delle parole passa meglio ascoltando il brano (l'attacco, memorabile, è preso da Prokofev), per cui vi posto il video in fondo. Se avete meno di 40 anni, però, per apprezzarla appieno vi serve qualche informazione di contesto: per noi ragazzi di fine anni 70 inizio anni 80 la guerra fredda fu davvero un incubo. La corsa agli armamenti innescata da Reagan (con l'intento preciso di sfiancare l'economia sovietica, si sarebbe capito presto - perché riuscì perfettamente - ma allora ancora non si vedeva) con l'escalation degli Euromissili fece si che in poco tempo l'Europa fosse sede di una tale quantità di testate atomiche da poter distruggere, in caso di conflitto, il pianeta decine di volte. La drammaticità del momento (bastava una disattenzione per scatenare la fine del mondo, ci aveva già avvisati Kubrick) non poteva non sollecitare gli animi artistici, ed oltre al citato brano di Gordon Sumner non possiamo non ricordare almeno il bellissimo cartoon When the wind blows (con colonna sonora di Roger Waters appena uscito dai Pink Floyd, Genesis, David Bowie e Paul Hardcastle - ho il vinile!!!), il video di Dancing with tears in my eyes degli Ultravox (anche se il loro brano più bello era Vienna), e il film War games ingenuo quanto volete visto oggi ma visto allora mica tanto... Persino il Vostro blogger ai tempi sentì l'urgenza di partorire il testo de L'equilibrio, una canzone (che poi, abbandonato definitivamente il sogno di una carriera musicale, diventò un racconto della sua prima e finora ultima opera di narrativa) in cui prima raffiguravo tutta la faccenda come un gioco delle parti, una recita in cui i protagonisti Giorgio Albertazzi e Carmelo Bene lasciavano che le tensioni derivanti dal modo diverso di concepire il teatro deflagrassero davanti al pubblico, e poi mi immaginavo a conflitto nucleare esploso rifugiarmi in Aspromonte, inutilmente visto che la vicina Comiso era un obiettivo primario e la stessa montagna ospita una base americana, ammesso che ci sia differenza tra morire subito sotto un'esplosione atomica o dopo per uno dei suoi numerosi "effetti secondari".
Questo il quadro, sempre che io sia riuscito a dipingervelo decentemente. L'Unione Sovietica non poteva sostenere lo sforzo economico di un riarmo così esponenziale (che invece alle economie capitalistiche fa sempre bene, e infatti praticamente ogni grande crisi si è risolta solo con una grande guerra - capito l'antifona? preoccupatevi...), e infatti crollò di li a poco, col tentativo Gorbaciov di salvare il salvabile del socialismo sabotato dagli interlocutori occidentali fingendo di discuterne mentre già si accordavano con quelli che già parlavano la loro lingua (la mafia e i suoi pupi, a cominciare da Eltsin). Caduti il Patto di Varsavia e ciò che visivamente lo rappresentava, il Muro di Berlino, sembrò a molti fosse finita la Storia e potesse iniziare una nuova età dell'oro, di nuovo solo gli artisti si accorsero subito che invece era iniziata, per citare il più grande di tutti, "una pace terrificante" con il Quarto Reich come scenario incipiente.
Un altro genovese, infinitamente più in basso per statura artistica (e di ciò consapevole) ma non così tanto se ha potuto addirittura invitare Faber a cantare insieme in un suo brano, ebbe una visione profetica pochi anni dopo: il pezzo è Rifacciamo il Muro di Berlino e ai tempi lo sottovalutammo in tanti. Ma è da sentire e leggere e pertanto vi linko sia il video sia il testo commentato dal sito antiwarsong (non so se mi spiego), riporto solo un passo:
Non ritengo che il Muro di Berlino sia stata una bella cosa. Tutt'altro. Però ho anche sotto gli occhi quel che è venuto dopo la sua caduta, e neppure questa è una bella cosa. Uno dei primi atti della “Grande Germania” riunificata di Helmut Kohl è stato quello di soffiare un bel po’ sul fuoco per crearsi un orticello economico; e sono state le guerre jugoslave...
Si lo so che ora "si porta" l'Isis e le guerre qui dietro casa (con D'Alema che forniva i caccia) ce le siamo scordati. Ma non riesco a dare torto a chi vede dietro il progetto Euro proprio "la scimmia del Quarto Reich", e se è vera quella storia del pelo e del vizio, e fa ancora ridere la battuta di Woody Allen (auguri Maestro!) su Wagner (non posso ascoltarlo, mi viene subito voglia di invadere la Polonia), questi ci hanno conquistato stavolta senza bisogno di usare la forza, avendo capito che senza è più efficace quanto meno riconoscibile. E una volta che ci si trova coi "corsi e ricorsi storici", sarebbe bene non dimenticare che invece i Russi, questi dannatissimi Russi, se salvano anche stavolta il mondo dalla tirannia (e non ho in mente solo il Califfato, penso alla ricostruzione di un nuovo equilibrio basato sulla multipolarità, che il dominio statunitense degli ultimi 25 anni ha fatto troppi danni persino anche agli USA stessi), dopo essere stati il vero "motore immobile" della socialdemocrazia e delle conquiste del Welfare State in occidente, ed essere stati decisivi nel fermare Hitler e prima di lui Napoleone, è la quarta in due secoli, la terza in uno. Poi Putin può anche essere antipatico, ma intanto forse sarà per quello che ci raccontano di lui sul nostro mainstream, e poi meno male che c'è: nella situazione attuale, coi turchi nel ruolo dei sicari maldestri e chissà fornitori del prossimo capro espiatorio, siamo ridotti a dover fare il tifo per lui.


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