domenica 4 aprile 2021

CON-TATTO

Oggi non parliamo di covid19, non direttamente almeno. Parliamo di comunicazione, di come si è trasformata e ci ha trasformati, e poi si magari anche del fatto che senza questa trasformazione tutta la vicenda storica chiamata covid19 non poteva aver luogo, ci sarebbe stato solo un virus un po' più grave degli altri come ricorrentemente ne sono capitati nella storia dell'umanità anche recente, registrato come una increspatura nei grafici cari agli statistici, forse. Ne parliamo partendo da un'altra statistica, quella dei contatti dei post di questo blog: qui accanto ho messo uno screenshot della pagina di authoring che registra non i contatti giornalieri del blog, che sono un po' di più (non tanti), ma proprio i click ad aprire i singoli post. Vedete qualcosa di strano? vi aiuto con un tratto di "penna", maldestro a dimostrare quanto sono scarso nel ritocco delle immagini...

Va bene, ve la metto in piano. La media dei lettori dei miei ultimi post è di una cinquantina. Tempo fa superavo il centinaio, ma da quando mi viene di parlare solo di covid (ma perché, c'è qualcos'altro da dire che non ci abbia a che fare?) e mi sforzo di rompere la monotonia nel modo che so meglio cioè parlando di musica, questi siete. Tanti, per me che sono cresciuto nell'era in cui per parlare a cinquanta persone tutte assieme dovevi farti largo nelle assemblee studentesche, pochi in un'era in cui i mezzi di comunicazione consentono a chi ci sa fare di raccattare contatti a milioni. Non che io invidi o rosichi, infatti non vi cito a proposito la battuta di Woody Allen, che come altre forse era di Groucho Marx, a proposito delle mosche e della merda. D'altronde, ve l'ho detto molte volte e ve lo ripeto, un blog è un diario online, e un diario lo si scrive soprattutto per se stessi, come le poesie peraltro, e poi io faccio un mestiere per cui non posso avere altre fonti di reddito e siccome non voglio guai non ho messo nemmeno un bannerino di AdSense (peraltro, non ne varrebbe la pena: per quanto paga, il mio post più letto mi avrebbe fruttato una trentina di euro, il secondo una ventina e il terzo, di cui parliamo oggi, una decina, ma la media un paio). Quindi, non stiamo parlando di soldi, e ho riscritto tutto in questo capoverso così il prossimo cretino che pensa che io sia un troll interessato a raccattare click, gli linko in risposta questo post e la finisco lì.

Stiamo parlando di comunicazione, e della apparente inspiegabilità di un post che registrava almeno il sestuplo dei contatti della media del periodo, inspiegabilità rafforzata dall'argomento: una recensione musicale di un album di Guccini del 1973. Dopo aver percorso tutte le piste possibili interne al post stesso, vado a controllare sui social: come forse sapete, uso solo WhatsApp e Facebook (anzi quest'ultimo lo uso oramai solo per questo scopo, o quasi: ogni tanto partecipo a una discussione lanciata da un amico, ma mi trovo quasi subito circondato da idioti che mi attaccano prima di tentare di capire, e me ne pento) proprio allo scopo di divulgare in qualche modo le cose che scrivo qui. Di solito con scarsi risultati, anche perché gli algoritmi sono implacabili e ad esempio appena scrivi covid ti propongono subito di iscriverti a un centro informazioni (schedatura? nel dubbio, meglio stare alla larga), appena scrivi culo ti bannano e tu infatti lo scrivi con la k, quindi figurati se non sono in grado, in mancanza di appigli per consegnarti all'oblio digitale, di infognarti in modo che non ti legge più quasi nessuno. Per carità, chissenefrega. Ma qui stiamo parlando del caso opposto, ed ecco qua la soluzione all'arcano, che vi mostro per divulgare come funzionano sti schifo di social, e lo so che è la scoperta dell'acqua calda ma stupirsi non è mai abbastanza.

La frase con cui accompagno il link è di solito tratta dal post stesso. Stavolta invece ho virgolettato una frase che Guccini stesso pronuncia nell'introdurre l'ultimo brano dell'album, per scherzosamente spiegare che era cantato in dialetto. Letta fuori contesto, è una frase oscena. Boom: quattrocento coglioni (veri, o forse no, ma cambia poco) a cliccarci sopra per poi immagino restare delusi dal trovare una verbosa disquisizione su un vecchio disco anziché una procace felsinea che allude alla propria specialità. E ora torniamo alla teoria generale.

Sapete perché è nato il socialismo, e tutto il progresso dell'umanità conseguente alla lotta dialettica tra le sue rivendicazioni e il capitalismo? Le idee comuniste non sono nate nell'ottocento, sono vecchie come l'uomo, e (come scherzosamente dice proprio Guccini nel disco in questione) proprio Gesù ha nella loro organica propugnazione la parte più rivoluzionaria del suo messaggio. La vecchia barzelletta di Marx e Cristo che si incontrano nell'aldilà riscontrando l'identità delle loro teorie non era campata in aria, per questo faceva ridere. Ma gli uomini prima della Rivoluzione industriale vivevano lontani gli uni dagli altri, al massimo raggruppati in borghi rurali o attorno a un castello (città a parte, dove infatti attorno agli artigiani si coagulò fin dal quattrocento la borghesia). Sono le fabbriche ad averli costretti a vivere gomito a gomito, quindi a confrontarsi, per quanto stanchi, la sera, tra di loro, ed è questo il motore delle prime rivendicazioni, da cui parte la lotta dialettica di cui sopra. Che spiega tutta la storia dei secoli successivi, dal colonialismo imperialista alle guerre mondiali, dalla rivoluzione russa al nazifascismo, dalla guerra fredda al boom economico, dalla "fine della storia" al monetarismo reazionario degli ultimi decenni. Questo è solo un post su un blog, quelle sono tutte cose che chi vuole le può studiare. Anzi, chi avrebbe interesse a capovolgere la struttura del potere dovrebbe, farlo, anche perché, state certi, chi ha interesse a mantenerla, anzi ad assecondarne all'estremo la tendenza naturale alla concentrazione, le studia eccome.

Ora, se il socialismo nasce dall'aggregazione fisica delle persone, la sua definitiva sconfitta deve passare necessariamente dalla loro disaggregazione. Una parola, attuarla in poco tempo. Ma loro hanno tutto il tempo che vogliono. Provate ad adottare questa chiave di lettura, e la nebbia si diraderà, mostrandovi in tutta la sua evidenza come prodromiche al covid19 tutta una serie di cose che fino ad ora, se le avevate notate, vi sembravano scollegate. Invece, immaginando una semplice istruzione, "rendere via via gli umani sempre più isolati l'uno dall'altro anche illudendoli del contrario", si spiega perfettamente l'offensiva televisiva (nota in Italia come berlusconismo) prima, quella del web dopo, quella degli smartphone dopo ancora, e infine quella dei lockdown. Crediamo di essere globalizzatissimi e socialissimi, e invece siamo solissimi. E ce ne accorgeremo quando, dopo averci aizzato gli uni contro gli altri, verrà colpita la nostra categoria con nessun altro disposto a difenderci. Quando, dopo tre anni di smartworking, verrà licenziato il nostro collega di due stanze accanto di cui non ricordiamo manco più la faccia (anzi no, quella si, ma sarà solo una finestrella in meno nella videocall), e saremo contenti che non tocca a noi, ma di una contentezza amara perché in fondo sappiamo che è solo questione di tempo.

Quando dopo dodici anni di sonno perso e passione a Gino gli chiudono il blog perché ci scrive che l'obbligo vaccinale è incostituzionale, aberrante e soprattutto illogico (perché delle due l'una: o il vaccino funziona, e chi non si vaccina può far danni solo a se stesso e ad altri come lui, o se questo non è vero allora il vaccino non funziona), non se ne accorgerà nessuno, non certo quei quattrocento che hanno cliccato in cerca di porno, forse quei cinquanta che lo leggono sempre, ma non avranno dove o come protestare, e ci faranno presto l'abitudine. Siamo soli, e con la didattica a distanza i nostri figli li abituano da piccoli e così non dovranno disabituarsi alla socialità del toccarsi: non l'avranno imparata mai. Tanti ex-sessantottini oggi sono ben organici al Potere politico e televisivo, e tutti ben allineati al coro diretto dalla dittatura sanitaria mondiale in vista del Grande Reset, e in fila per la vaccinazione. Ma se negli anni sessanta e settanta gli studenti avessero avuto ciascuno il suo bel device, statene certi, non ci sarebbe stato nessun sessantotto o settantasette, nessuna rivoluzione sessuale o valoriale, e oggi, dico a voi donne, altro che "sindaca" o "assessora", da ragazze a studiare l'economia domestica e il taglio e cucito, e poi a casa per vostro marito e signore e padrone.

La parola contatto si dovrebbe scrivere come nel titolo, per capirla meglio. Avere milioni di contatti virtuali non vale uno spintone a o da un amico in classe. Millanta gruppi su WhatsApp non valgono guardare negli occhi un collega mobbizzato che ti piange e ti sputa addosso abbracciandoti, e tu lo stringi anche se temi che ti attacchi l'influenza. Pretendiamo il ritorno alla normalità, subito, prima che sia troppo tardi, vaccinati e non vaccinati in piena libertà, processiamo con pubblica ignominia chi si è approfittato di questa pandemia per i suoi biechi scopi di potere, potenziamo costi quel che costi per tutto quello che serve la risposta sanitaria pubblica a questa o qualsiasi altra situazione di rischio, e ricominciamo a vivere. Non abbiamo altre possibilità di farla franca, credetemi, e chi vi dice il contrario o mente o non capisce niente, e mentre ve lo ripeto ho ben presente quello che costa, in termini ad esempio di amici persi. E so che non riuscirò a convincere nemmeno tutti e cinquanta voi, figurarsi il gregge di pecore che si sta facendo condurre alla rovina.

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