Una delle cose che svela o ricorda Barbero nel podcast, infatti, la riconosco nella mia memoria. Quando ero piccolo io, quindi qualcosa più di 50 anni fa, era da poco che al Sud si era cominciato a festeggiare i compleanni, ma solo dei bambini e coi nonni che erano contenti di avere un'altra occasione per regalare qualcosina ai nipotini ma intanto guardavano perplessi a questa "nuova usanza". Mio nonno, infatti, ci teneva a festeggiare l'onomastico, si, che poi in famiglia era una ricorrenza generale visto che in tre nipoti maschi siamo tutti Luigi come lui e poi il caso ci ha messo il suo aggiungendo mia mamma Luisa, ma il compleanno non gliene fregava niente e anzi a stento sapeva quando era, ammesso che la registrazione all'anagrafe fosse stata effettuata il giorno effettivo della nascita (per mia nonna sapevamo tutti che c'era uno sfrido di giorni, e la cosa era la regola non l'eccezione, figurarsi nei secoli precedenti quando non c'era l'anagrafe e il massimo erano i registri della parrocchia).
Sono certo che in molti vi siete riconosciuti nel primo capoverso, sia in quanto riceventi che in quanto emittenti di auguri social, e se meridionali anche nel secondo, specie se di una certa età come il sottoscritto. Che oggi ha compiuto sessantadue anni, ma mia nonna mi avrebbe detto "trasisti nte sissantatri", sei entrato nei sessantatre, ovvero stai vivendo da oggi il tuo sessantatreesimo anno d'età, che poi sarebbe il modo corretto per contare gli anni, se proprio dobbiamo fare questa cosa che alla fin fine è un pessimo affare.
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