martedì 27 gennaio 2009

LA MEMORIA SELETTIVA E IL NODO DI GORDIO

Il terreno è spinosissimo: oggi è il Giorno della memoria e solo ad azzardarsi a discutere di Israele senza parlare dell'Olocausto si rischia di passare per antisemiti.
Ma siccome il coro è forte e nutritissimo, una voce fuori magari manco si sente... Specie se comincia forte e chiaro affermando di non volere minimamente mettere in discussione la tragedia di cui gli ebrei (e gli zingari, e gli omosessuali) furono resi vittime dai nazifascisti.
Forse è allora il caso di rammentare e precisare alcuni punti che sfuggono alla grancassa televisiva e quindi sicuramente anche al sapere comune nazionalpopolare:
  • le zone sacre agli ebrei si sovrappongono quasi esattamente a quelle sacre agli arabi e a quelle sacre ai cristiani: Gerusalemme antica, e la Cisgiordania;
  • gli ebrei hanno cominciato a trasferirsi in Palestina ai primi del 900, quando era una provincia dell'Impero Ottomano, ed essenzialmente nelle zone a loro sacre;
  • gli occidentali hanno aiutato le rivolte arabe contro gli ottomani durante la I^ guerra mondiale in molti modi (riguardarsi Lawrence d'Arabia, please) e col duplice scopo di accerchiare l'impero di Istambul e approfittare del suo smembramento per colonizzare le terre ricche di petrolio in medio oriente;
  • per le autorità colonialiste occidentali e britanniche in particolare, gli attivisti sionisti fino al 1947 erano considerati veri e propri terroristi, e tra loro gente che ebbe in seguito cariche importantissime in Israele come i primi ministri Begin e Shamir;
  • a fine seconda guerra mondiale, ufficialmente per risarcire il popolo ebraico dalla Shoah, ma essenzialmente per stabilire una testa di ponte occidentale nel cuore del mondo arabo nella prossima ventura era postcolonialista, fu stabilito di assegnare al neonato Stato di Israele il 57% dei territori della Palestina, ma ecludendo proprio quelli sacri in favore di quelli economicamente e logisticamente più appetibili, da cui i palestinesi furono deportati alla fine della guerra breve e dall'esito scontato che si scatenò la notte stessa della sciagurata spartizione (quasi due terzi del territorio assegnato a meno di un terzo della popolazione, e viceversa: a questo si ribellò la polazione araba, chi non avrebbe fatto lo stesso? consideriamo che quel 30% di ebrei era quasi zero pochi decenni prima...);
  • senza entrare nel dettaglio, le guerre che si susseguirono senza soluzione di continuità, pur con episodi-picco come quella dei Sei giorni del 67 e quella del Kippur del 73, nei decenni successivi, hanno costruito quel reticolo in cui è impossibile districare la sequenza di cause ed effetti senza fare come Alessandro Magno col nodo di Gordio.
In tutto questo, l'evidente sproporzione della attuale reazione israeliana a Gaza e la sua presunta causa insistemente riportata (i missili di Hamas, con effetti centinaia di volte meno cruenti dei bombardamenti di rimando) ha fatto breccia persino nel monoblocco comunicativo italico, forse anche grazie al "vento di Obama", di cui la questione palestinese sarà uno dei banchi di prova. Figurarsi nello scenario internazionale, che resta però dominato da un blocco mentale, quel "due popoli due Stati" che figura come slogan persino nei manifesti delle oramai ultraminoritarie organizzazioni di estrema destra (la destra non estrema avendo completato la capriola storica ed essendo nettamente filoisraeliana, cosa forse più significativa del voluto...).
La sciabolata al nodo sarebbe invece solo una soluzione sovranazionale, con democratica convivenza (vigilata internazionalmente per il primo "breve" periodo, diciamo di alcuni decenni...): la posizione, anche se la notizia non ha avuto eco nel "libero" occidente, è condivisa sia dai cosiddetti estremisti arabi che dai loro omologhi ebrei.
Quando finirà il nazionalismo, finiranno (forse) le guerre.

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