mercoledì 11 marzo 2009

DELL'INUTILITA' DEL PROIBIZIONISMO

In questi giorni alle Nazioni Unite si discute di uno studio di Harvard, sottoscritto da 500 economisti inglesi e americani, che dimostra che cambiare radicalmente strategia nei confronti della droga sarebbe probabilmente in grado di sconfiggerla definitivamente. Il fatturato del narcotraffico ammonta infatti, pare, a circa 320 miliardi di dollari l'anno, praticamente il PIL di uno Stato come la Svezia, al ventunesimo posto al mondo. Sottratte queste risorse alla criminalità, dalla vendita legale e statale di una droga peraltro non tagliata male a individui identificati e perciò eventualmente curabili verrebbero risorse esorbitanti, sufficienti non solo a finanziare una strategia di recupero dei tossicodipendenti, ma anche che so la lotta all'Aids o alla criminalità organizzata in genere. Senza contare che togliere interesse economico a questo settore prosciugherebbe in pochi anni la sua alimentazione: i nuovi clienti nascono perchè c'è qualcuno che ha interesse a che nascano, e ciò vale per tutte le droghe. Solo che perchè una strategia capovolta rispetto a quella in atto da decenni, di dispendiosissimo quanto inefficace proibizionismo, funzioni bisognerebbe che fosse adottata a livello planetario e con coraggio e determinazione. E già i dubbi in seno all'Unodc dimostrano che purtroppo siamo ancora lontani da questa saggia scelta, che peraltro sarebbe poi osteggiata dalle chiese varie, e da tante anime pie più o meno in buona fede dentro e fuori il business dell'antidroga e quello del recupero.
L'antiproibizionismo, che fra l'altro e detto per inciso non è una cosa di sinistra ma semmai decisamente liberale, è però l'unica cosa che paga quando ad essere coinvolte sono pulsioni umane. Lo dimostrano, con buona pace sempre dei credenti e di tutti quelli che pensano che la propria morale sia superiore a quella altrui, le statistiche sugli aborti, drasticamente ridotti grazie proprio a quella normativa che li ha "consentiti" (leggi qui una vecchia intervista a Livia Turco), oppure l'immensa letteratura sugli anni del proibizionismo americano sugli alcolici, che ha creato dal nulla una enorme economia sommersa e un'intera generazione di leggendari gangsters (come Al Capone e gli altri Intoccabili).
In queste cose, insomma, non sarebbe male una dose supplementare di pragmatismo: il moralismo se non crea il problema, certo non aiuta a combatterlo. Se non per salvare i nostri figli da una piaga sociale, quand'è che possiamo rinunciare ad un po' della nostra teorica integrità morale? Legalizzare la droga vuol dire fermarla: dobbiamo agire adesso, smetterla di essere solo "chiacchiere e distintivo".

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