sabato 29 gennaio 2011

QUALUNQUE MENTE

Amo svisceratamente Antonio Albanese dai tempi di Frengo a Mai dire gol, anzi di Alex Drastico a Su la testa, e penso che sia uno dei più grandi attori italiani di quest'epoca, come tutti i davvero grandi sia drammatico che comico e spesso con le due dimensioni a confondersi. E proprio per questa commistione alchemica, tra i suoi personaggi Cetto La Qualunque è stato fin da subito il migliore, per noi calabresi "all'estero" con il plusvalore che può avere per un siciliano leggere Camilleri: che lo capiamo davvero. Questo per togliere di mezzo eventuali pregiudizi tra le cause della recensione negativa che sto per fare del suo ultimo film campione d'incassi.
Qualunquemente, infatti, anzi dovrei dire infattamente, non mi è piaciuto. Si, lo so che se non mi piace sunnu cazzi mei, ma lo dico lo stesso. Certo, non è un brutto film, e ci sono scene di altissimo livello, ma tutto sommato è un po' deludente: era difficile, e non è riuscito, portare a durata cinematografica un personaggio che sguazza con perfezione nei 5 minuti circa di un'apparizione televisiva. Uscendo dal cinema ho pensato che forse erano proprio le mie aspettative troppo alte, come quando vai a vedere un film tratto da un libro che ti è piaciuto molto, oppure che era proprio la mia calabresitudine a rovinare il gusto complessivo facendomi pesare i momenti amari più di quanto mi alleggerissero le risate.
Poi mi sono imbattuto nella polemica di Peppe Voltarelli, un bravissimo musicista calabrese già leader del Parto delle nuvole pesanti, che ho visto numerose volte esibirsi prima e dopo la sua uscita: in cima alla loro parabola artistica, per ora, il disco e relativo tour con Claudio Lolli a ricantare tutto Ho visto degli zingari felici, insuperabile opera del cantautore bolognese. Onda calabra era una tarantella dall'autobiografico e amaro testo che parlava dell'emigrazione calabrese in Germania, mentre nella versione che scorre nei titoli di coda del film è una macchiettistica elencazione dei luoghi comuni che fanno il personaggio Cetto. Ascoltata fuori dal film, si rischia di non capire la satira: ha ragione Voltarelli e torto gli altri del Parto, che si sono invece dichiarati contenti della riscrittura del testo.
E' pensando questo della canzone che mi si è accesa la classica lampadina: siamo sicuri, ma proprio sicuri, che tutti quelli che hanno visto il film ne hanno colto la satira? Queste le statistiche aggiornate: centinaia di sale piene significa decine di migliaia di spettatori al giorno dal 21 gennaio, che significa milioni di euro e nel mirino il record che Che bella giornata di Checco Zalone ha appena strappato dopo 14 anni a La vita è bella di Benigni. Ora, non è che io voglia "aristocraticamente" sostenere che tutto questo successo commerciale implica automaticamente che non tutti possano cogliere il messaggio, e d'altronde gli spettatori televisivi sono sempre di più di quelli cinematografici, ma è proprio il paragone con Zalone che mi consente di dire che con Qualunquemente il rischio c'è eccome. Un successo di questa entità, infatti, si può ottenere solo se il target è tutto il pubblico cinematografico possibile, non solo quelli che ridono a un film di Woody Allen, dunque, ma anche quelli che ridono a un film dei Vanzina. La bravura di Luca Medici in arte Checco Zalone, già vista nel primo film e confermatissima in questo secondo, è di riuscire a far ridere chi prende le distanze dall'omofobia e gli omofobi, chi prende le distanze dal razzismo e i razzisti, ma gli omofobi e i razzisti escono dalla sala con la sorda e sottile consapevolezza che qualcuno li ha presi per il culo. Sarà forse per un livello leggermente inferiore della sceneggiatura, ma temo che questo difficile miracolo con Cetto non succeda: ridono quelli che capiscono che in fondo quel personaggio è un atto d'amore per la Calabria e i leghisti secessionisti intrisi di luoghi comuni antimeridionali, quelli che sono contenti di essere lontani dalla sua cultura paramafiosa e amaramente considerano che purtroppo il film descrive fin troppo bene la realtà della loro terra d'origine e quelli che condividono più o meno consapevolmente quella stessa cultura paramafiosa. Avessi visto il film per dire a Gioia Tauro, insomma, non so cosa avrei pensato alle risate in sala all'esplosione della vettura di De Sanctis, o alla trasformazione del purpiceddu Melu - fatto uomo dal carcere - in perfetto tamarro stile papà. Il rischio, insomma, è che Cetto abbandonando la dimensione sketch abbia preso troppo dal Riina del Capo dei capi, in cui ho visto di persona adolescenti identificarsi.
Non so se il film scritto meglio avrebbe evitato questo rischio, non so nemmeno se era possibile scriverlo meglio. Forse l'unica era non tentare. La cronaca di questi giorni dimostra che i primi a ridere del bunga-bunga sono quelli che ne condividono la sintassi, e che al posto del satrapo farebbero forse pure di peggio, tanto da far insorgere il sospetto che tutto l'ambaradan sia stato messo su dai suoi spin doctor per risollevarne la popolarità: anche per questo motivo qui non ne parlo, vorrei tanto che si parlasse del processo in cui è imputato di essere il mandante delle stragi del 93, invece, ad esempio, piuttosto. Qualunquemente. E che coloro che intendono attaccarlo, anziché utilizzare la chiave moralistica e scandalistica, ospitassero in trasmissione non quindi un'altra escort che ne narra le gesta ma un qualunque andrologo che dica laconicamente: signori, un 75enne operato di prostata certe cose oramai se le sogna e basta, il vostro Presidente del Consiglio è un vecchio impotente. Sai che tonfo nei sondaggi, se si cominciasse a spargere la voce che ci piaci 'u pilu ma non sa più che farsene!

1 commento:

di emanuele davide scimone ha detto...

Sono assolutamente certo che Berlusconi non cadrà neanche questa volta. Ma quando mi sento dire che quest'ultimo scandalo può rappresentare la goccia che fa traboccare il vaso mi incazzo sul serio. Non posso credere che per questo paese sia più grave (che poi grave lo è veramente) che il presidente del consiglio sia un ricco puttaniere che organizza festini a luci rosse elargendo centinaia di migliaia di euro anche con minorenni (ed anche per questo ricattabile come Marrazzo) e non le sue passate e presenti ombre e certezze sui fatti criminali di corruzione, falso in bilancio, evasione fiscale e mafia.
Negli ultimi 20 anni la televisione (soprattutto quella commerciale) ha per così dire innalzato il limite di decenza oltre cui un uomo pubblico può arrivare. Ci hanno educato che infondo se anche al Grande Fratello succede allora...
E' una strategia da MinCulPop che durante il fascismo propagandava e censurava ogni cosa al fine di infondere i valori della dittatura.

Albanese è un grande ma era quasi inevitabile che un geniale personaggio come Cetto non riuscisse a "tenere" la distanza di un lungometraggio (neanche un intero film su alex drastico ci sarebbe riuscito).
Sono però contento che questo film sia stato fatto e seppur consapevole che molti lo andranno a vedere pensando di ridere di un comico che fa solo ridere, tralasciando l'aspetto però più importante, quel messaggio che tutti gli artisti (quelli veri) nei momenti di avversità culturale dovrebbero impegnarsi a lanciare. Ognuno a suo modo, ognuno con i propri mezzi, ma tutti dovremmo sentirci uniti in questa battaglia culturale, civile e sociale.
Sentirsi soli lascia spazio al sentimento di resa.

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