martedì 21 giugno 2011

NESSUNO TOCCHI LA BANDA

Una scena di Corpo celeste di Alice Rohrwacher: sullo sfondo lo Stretto
di Messina, in primo piano la "casa in attesa di soprelevazione" (che può
avvenire anche in una sola notte, se il giorno dopo ci si aspetta il varo di un
nuovo condono) edificio tipico del panorama architettonico reggino, e al
centro dell'inquadratura, davanti alla ragazzina, il nuovo Palazzo di giustizia da
decenni in costruzione: si noti a sinistra la rampa per il decollo di Mazinga
Strano posto la mia città d'origine, uno dei pochi dove la settimana scorsa non si è raggiunti il quorum ai referendum, e poco prima uno dei pochi dove è stata confermata una maggioranza di centrodestra, che pure aveva dato pessima prova di se, specie negli ultimi tempi. Il lungomare, ad esempio, uno dei siti più belli del mondo per vista e clima, sistemato dopo trent'anni di lavori dal sindaco della primavera reggina Italo Falcomatà e ad egli stesso intitolato, detronizzando Matteotti, dai suoi successori destrorsi ha avuto prima l'intitolazione della splendida Arena dello Stretto, un odeon affacciato verso la Sicilia, al senatore missino Ciccio Franco, poi il litorale dato in concessione a numerosi lidi che per carità lo hanno reso più fruibile di prima ma per il lucro privato (e di soggetti non sempre forse raccomandabilissimi, a giudicare dai sigilli dell'autorità giudiziaria che periodicamente appaiono all'ingresso di alcuni di essi), infine ne hanno concesso la deturpazione tramite impresentabili (e incomprensibili, e sotto sequestro per anni) gazebo. Stiamo però parlando del litorale sotto il centro cittadino, un paio di chilometri al massimo: se ci spostiamo a nord e a sud lungo la quarantina di chilometri di costa del comune, le spiaggie tenute decentemente, da concessionari privati o meno, sono una esigua percentuale della costa.
Nell'attigua Villa San Giovanni, poi, anche per via della natura meno generosa (spiaggie strettissime, mare freddo con correnti fortissime e non certo immune da problemi di inquinamento per via delle grandi città che vi insistono e del traffico di navi) che ad esempio nell'attigua Costa Viola, con la perla Scilla in testa, l'abbandono del litorale è stato sempre, da che io ne abbia memoria, una regola ferrea. Con un'eccezione, da qualche anno: i pochi metri tenuti benissimo, senza strutture invadenti, con prezzi ragionevoli e non certo in grado di arricchire chicchessia, con un'offerta serale di musica dal vivo paragonabile addirittura ad una delle iniziative minori dell'estate romana (comunque stagliantesi rispetto al panorama culturale del reggino), da ragazzi che se non bastasse utilizzano parte di questi proventi per iniziative a favore dell'Africa, vicino Cannitello. Bandafalò, si fanno chiamare in assonanza credo al gruppo di Enriquez e Finaz, e sono da anni un punto di riferimento per tutti quei ragazzi della zona che non si riconoscono nel modello "mi vesto firmato e vado a fare lo struscio davanti ai lidi della Via Marina poi entro in quello dove Ciccio mi ha messo in lista e fanno il preprecasting di Amici, mi ubriaco mi intontisco di tecno e torno a casa alle cinque".
Ebbene, in una città dove il 90% delle case sono nate abusive, e dopo ogni condono ne nascono o crescono altre - i ferri del piano sopra sempre pronti l'esterno mai completato, dove al Comune c'è un buco in bilancio che manco Hawking riuscirebbe a studiarlo e se qualcuno dei correi vuole cantare finisce pure che si suicida a sua insaputa, dove la costruzione del Centro direzionale ha visto generazioni di politici arricchirsi e andare in galera e quella dell'attiguo Palazzo di Giustizia (un obbrobrio, immortalato in più scene del recente bel film della Rohrwacker brava, che invoca la pubblica gogna per i progettisti) sembra non finire mai, dove il problema immondizia non è esploso più viralmente che a Napoli e a Palermo solo per via della scarsa densità di popolazione in un territorio così aspro e montagnoso che neanche la 'ndrangheta sa quante e dove sono tutte le discariche abusive, in un posto così, dove la legalità al massimo è una parola che ogni tanto appare in uno striscione di un corteo, sequestrano il lido di Bandafalò per irregolarità nella concessione comunale (che dunque i ragazzi avevano chiesto e ottenuto...) e altri formalismi del genere.
Le mobilitazioni si susseguono, ma a prescindere se avranno fortuna o meno (e il nostro "sostegno a distanza" è il minimo che si possa fare, davvero) il caso è davvero un paradigma della regginità, quindi dell'italianità in sedicesimo: il posto dove delle strutture di legno amovibili vengono misurate col centimetro per decretarne l'illegalità, è quello dove in teoria (in pratica forse mai, speriamo) dovrebbe sorgere uno dei pilastri alti centinaia di metri e larghi alla base chissà quanto dell'opera più inutile e costosa della storia dell'umanità, i cui proventi andrebbero ad alimentare fiumi e rivoli di mafie varie.
Ed allora non c'è davvero speranza, per questo estremo lembo di terra, che non venga rappresentata dalla difesa di questi ragazzi e della loro missione.
Il litorale in concessione a Bandafalò: si capisce bene che razza di miracolo sia stato fare di questo spazio angusto e dequalificato uno dei poli culturali dell'estate reggina

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