giovedì 3 maggio 2012

SORRISI E CANZONCINE

A Roma può anche capitare di decidere all'ultimo momento di uscire la sera, e scovare su Internet un concerto di jazz classico in un locale che si chiama Cotton Club. La cosa attira la tua attenzione perché la cantante del gruppo che si esibirà si chiama Minnie Minoprio, e la cosa ti evoca ricordi di quando eri bambino. Sarà un'omonima o sarà lei? Nell'era di Internet dubbi come questi durano pochi secondi, il tempo di trovare informazioni aggiornate: ha la bellezza di settant'anni, gestisce il locale di cui sopra assieme al marito, e ogni tanto ci canta pure, assieme alla Black & White Charleston Band.
Come potete vedere dai video, è la conferma vivente che chi ha il dono della bellezza quella vera lo mantiene sia in gioventù che in vecchiaia. E senza aver bisogno di nessun aiuto chirurgico. Inoltre, come potete sentire, la Minoprio ancora oggi ha una voce incredibile e canta divinamente, infinitamente meglio, oltre che con infinitamente maggior personalità, di tutte le ragazzine che vengono fuori dai talent show, tutte fatte con lo stampino, distinguibili solo per tratti studiati a tavolino e talmente forzati da stufare al terzo ascolto (quella che gratta la gola, quella che urla, quella che sfiata, i nomi non li dico nemmeno: questo post parla di Musica). Eppure questa signora, che da giovane spopolò per alcuni anni nella televisione italiana, vive da decenni lontana dai riflettori. Magari è anche una sua scelta, non sappiamo, come non sappiamo cosa abbia passato in questi anni nel bene o nel male, ma di sicuro quello che i suoi occhi e il suo sorriso restituiscono a chi abbia il privilegio di vederli, e basta recarsi nel suo locale di corso Trieste per farlo, è un'inspiegabile sensazione di felicità. Guardare per credere, qui è alle prese con due classici del jazz, quelli che lei con tipico understatement anglosassone introduce come "canzoncine":





Alla fine, viene voglia di andarla a rivedere com'era quando la vedevi in tivvù, tu bambino con tuo padre affianco che se la guardava visibilmente estasiato. Questa è la sigla finale di un programma di cui era la soubrette, lei, attorno a un ingessato Fred Bongusto, ridicolo nell'intepretare il maschio-da-night-anni70, sgambetta e miagola impersonando la bona decerebrata prevista dallo stesso copione. Ma guardatele gli occhi: stava prendendo per il culo tutti i maschi che sbavavano e le femmine che stigmatizzavano. Il suo progetto di vita era dentro di lei, aspettava di fiorire. Tutte le volte che tu sorridi io mi innamoro di più.

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