venerdì 26 luglio 2013

SMENDAMENTO

La nostra Carta Costituzionale è ritenuta a ragione una delle più avanzate del mondo dal punto di vista della riduzione della distanza tra democrazia formale e democrazia sostanziale. Deve questo pregio a un aspetto della sua genesi che però è anche all'origine dei suoi difetti: la radice estremamente eterogenea di chi la scrisse e la approvò, che li costrinse ad acrobazie logiche giuridiche e lessicali per conciliare l'inconciliabile. Tra i suoi difetti, il maggiore è l'estrema flessibilità, o vogliamo dire "eccessiva deviazione verso l'enunciazione di principi a danno della praticità"?, che ha fatto sì che restasse a lungo e resti ancora per troppe parti inattuata o tradita. Esempio gigantesco è l'articolo 11, disatteso da oltre vent'anni grazie a un espediente linguistico, chiamare pace la guerra, robetta... Tra i suoi pregi, essere stata in grado di difendere da ogni attacco alcuni fondamentali della democrazia, come la separazione dei tre poteri di matrice liberale, la sottrazione della materia fiscale alla disponibilità referendaria, o se stessa.
Quest'ultima missione l'ha adempiuta grazie a un suo articolo che oggi bisogna ricordare per intero, il 138:
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Si tratta di un meccanismo talmente barocco che garantisce una cosa fondamentale in democrazia come nel gioco leale: le regole si cambiano assieme, almeno quasi tutti assieme non a maggioranza semplice. Il "barocchismo" è fondamentale perché se è abbastanza facile mettersi d'accordo tutti oggi, lo è molto meno mantenere l'accordo in un lasso di tempo meno che breve, e se non lo si mantiene è segno che è stato giusto non aver consentito la modifica costituzionale al primo voto, coi parlamentari che ne so magari sotto effetto di un'onda emozionale eterogena. Inoltre, per sgombrare il campo anche dalla possibilità che i parlamentari abbiano un motivo qualunque per accordarsi su un qualcosa che è inviso alla maggioranza degli elettori, è previsto un congruo lasso di tempo per chiedere un referendum confermativo. Grazie a quest'ultimo istituto, ad esempio, è stato possibile per gli italiani bloccare il progetto presidenzialista/federalista berlusconiano/leghista, giusto pochi anni or sono. L'ultimo punto, quello che esclude il referendum in caso di maggioranza parlamentare estremamente qualificata, si è verificato nella storia repubblicana una sola volta, due anni fa, quando PD e PdL hanno inserito in fretta e furia il pareggio di bilancio in Costituzione, così cedendo definitivamente la sovranità economica agli istituti monetari non eletti da nessuno in sede europea.
Questo brillante successo, questa sorta di prova generale dell'inciucio che stiamo vedendo adesso, non basta a quelli che stanno governando gli italiani contro la loro volontà (o pensate che i milioni che hanno votato il PD in quanto alternativa al PdL siano contenti?), forse perché, a dispetto della perdita di senso della realtà che è uno degli effetti collaterali del Potere, hanno come una sorda consapevolezza che qualcosa è sul punto di sfuggirgli, forse proprio il terreno sotto i loro piedi, magari se davvero le teorie in cui credono così fermamente sono sbagliate come certi disfattisti urlano da tempo, e arriva davvero il patatrac a dimostrarlo. E allora eccoli che si affrettano a garantirsi di non avere più bisogno, per il futuro, di un accordo miracoloso come quello del 2011 per modificare la Costituzione in fretta e senza rischiare schiaffoni popolari. Il colpo di genio (oltre che di Stato) è dunque questo: se l'argine per 65 anni è stato l'articolo 138, diamine!, gli basta ripetere il miracolo una volta sola, e snaturare quello, e dopo la Carta sarà emendabile, anzi per dirla in riggitano smendabile, sfregiabile, ogni volta che si vuole.
La difesa della Costituzione, che in passato aveva visto il centrosinistra e tutta la sua stampa dalla parte giusta contro il cattivone di Arcore, stavolta è lasciata all'unica vera opposizione rimasta (i radical-chic di SeL fanno solo finta, hanno una Presidenza da onorare, capiamoli!) e all'unico organo di stampa che non li attacca quotidianamente, che con una piccola eco nel solito mondo della controinformazione (qui l'appello di Megachip) lancia una raccolta di firme. Che forse non servono a nulla ma se sono tante sono di un bel conforto a chi, ultimo baluardo della democrazia in Italia (mi spiace tanto per i miei amici che proprio non riescono a prenderli in simpatia, ma è proprio così), ha messo in atto un estenuante ostruzionismo parlamentare finché non ha ottenuto il rinvio a settembre della discussione delle modifiche costituzionali, che è già una cosa. Da qui a settembre chissà che succede...

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