sabato 30 aprile 2016

IL SILENZIO DEI NOCENTI

Nella settimana che racchiude il 25 aprile e il 1° maggio, è comprensibile venga da interrogarsi su quel che resta del concetto stesso di "sinistra" in Italia. Prendendo spunto dall'oggetto stesso dei due festeggiamenti, la liberazione dal nazifascismo e la festa dei lavoratori, è infatti possibile seguire un ragionamento che abbia un minimo di rigore.
Facciamo un gioco. Abbiamo una società da organizzare, e la prima scelta da fare è tra due sistemi alternativi per farlo: il capitalismo e il comunismo. Per capire qual'è quello più probabilmente vincente, basta scoprire qual'è quello "naturale", quello cioè che per affermarsi e mantenersi richiede meno "lavoro"; per scoprirlo basta mettere una telecamera nascosta in una stanza piena di bambini con pochi giocattoli. Dopo un po' si creano squilibri nella distribuzione della "ricchezza", che tendono a crescere secondo la concentrazione del potere e le conseguenti linee gerarchiche, eccetera eccetera. Quindi "capitalismo", potresti pensare e rientrare nella stanza dichiarando chiuso l'esperimento. Ma ora immagina di non rientrare, e lasciare i bimbi li: se lo fai abbastanza a lungo, le stesse dinamiche (anche se temporaneamente potrebbero avere la meglio tendenze alla solidarietà portate avanti da soggetti particolarmente coscienti della situazione oggettiva) prima o poi radicalizzano le diseguaglianze, quindi scatenano conflitti e infine fanno vittime e distruggono la scuola.
Fuori di metafora, il senso del "mio" e l'impulso egoistico all'accumulo oltre le soglie del ragionevole governano da millenni ogni società umana, ma è solo con la rivoluzione industriale che il "capitalismo" si impone darwinianamente come modello dominante. Ad esso, da subito, per effetto stesso della inedita coabitazione stretta tra lavoratori e dell'aumento (necessario alla dinamicità dei processi produttivi) dell'alfabetizzazione, si contrappone dialetticamente il "socialismo", con l'obiettivo di attutire gli effetti peggiori del capitalismo redistribuendo quanto più possibile verso il basso la maggiore ricchezza prodotta dal nuovo sistema. Il "comunismo" è una sua derivazione, che ha tentato di imporsi a forza come modello dominante alternativo, alla lunga fallendo, in sostanza per la sua non corrispondenza allo stato di natura umano così come sopra esemplificato. Ma quasi ogni lato del capitalismo che possiamo considerare "buono" (chiedete al liberista più convinto che conoscete di elencarveli, se vi va di verificare questo assunto) deriva dalla tensione dialettica col socialismo. Compreso quel sistema politico che amiamo chiamare democrazia, e infatti quando il capitalismo ha deciso di farne a meno è diventato fascismo, o come cavolo volete chiamare la sua deriva autoritaria.
Ebbene, quello che è avvenuto dagli anni 80 in poi è che prima i partiti sedicenti socialisti, poi anche quelli eredi di quelli che addirittura si dicevano comunisti, hanno man mano rinunciato a svolgere il ruolo per cui erano passati alla Storia. Quello cioè di costituire l'indispensabile contraltare dialettico al capitalismo, senza il quale quest'ultimo (e per le stesse ragioni sistemiche naturali per cui non può non imporsi socialmente) non può non finire per distruggere il sistema di riferimento. Sistema che da quando il progresso tecnologico da esso stesso innescato ha ridotto drammaticamente tutte le distanze, è il pianeta. Ve la dico in piano: o troviamo il modo di resuscitare il socialismo, o appoggiamo qualunque altra cosa capace di svolgere lo stesso ruolo dialettico, o il capitalismo distrugge il mondo. Ed è sulla buona strada di farlo, ormai.
In tutto questo una cosa è certa: dimentichiamo che il PD o i partiti sedicenti di sinistra possano svolgere questo compito. Hanno rinunciato. Hanno aderito ormai senza pudore al sistema di valori che fino all'altro ieri combattevano e fino a ieri dicevano ancora di combattere. Sono troppi gli esempi macro e micro, dalle privatizzazioni all'adozione dei dogmi del monetarismo, dal tradimento del referendum sull'acqua pubblica al jobs act, dal passaggio obbligatorio al mercato libero per luce e gas ai continui (e sempre più ingiustificati) attacchi alle pensioni e a ogni altro istituto di Welfare State (sanità in testa), dalla manomissione della Costituzione finalizzata allo scardinamento di ogni equilibrio e garanza a favore dell'esecutivo (con meccanismi elettorali che lo mettono in mano a minoranze astute) alla salvaguardia della corruzione e dell'illegalità erette a sistema (e sì ha ragione chi ricorda ai 5 stelle i pericoli del fare dell'onestà una bandiera, ma è un fatto che siano gli unici estranei, e per precisa scelta fondativa preliminare, all'andazzo).
In questo quadro, la migrazione e il terrorismo internazionale si rivelano sempre più come attori della stessa rappresentazione, funzionali all'obiettivo sistemico di (ri)proletarizzare il 99% degli esseri umani, mettendoli gli uni contro gli altri per impedire alla radice ogni presa di coscienza. Ancora un po' di queste politiche della cosiddetta sinistra, ancora un po' di questa Europa, e votare per la destra xenofoba apparirà a molti (inconsapevoli di cacciarsi in un cul de sac come pecore spinte dai cani pastori) come l'ultima chance di sfuggire al destino di cui sopra.
Ecco perché le celebrazioni del 25 aprile e del 1° maggio, nelle mani di chi ha finito per togliere ogni senso a quello che storicamente le ha viste affermarsi, suonano stonate in modo offensivo. Ormai, è il senso di vomito la reazione istintiva a qualsiasi piddino, in particolare il premier abusivo ma ormai chiunque altro, che dica qualunque cosa in merito alla resistenza o al lavoro, alla democrazia o ai diritti. Abbiate almeno il pudore di tacere, merde.

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