sabato 4 aprile 2020

RADIOCIXD 16: BLUE'S

Adelmo Fornaciari ha una parabola artistica strana. Prima di intraprendere la strada che tutti conosciamo, tenta di affermarsi come melodico, vincendo Castrocaro e facendo apparizioni dimenticate a Sanremo, e anche quando la intraprese, con due dischi piuttosto apprezzabili come Zucchero & the Randy Jackson's band e Rispetto, accompagnati da altri due fiaschi sanremesi con però due canzoni che restano tra le sue migliori: Donne e (secondo me, soprattutto) Canzone triste. Il botto, però, lo fa con quello che resta il suo album migliore, e infatti ne parliamo oggi.
Con Blue's Zucchero diventa una star mondiale, capace di riempire le platee dovunque, e come spesso capita in questi casi inizia anche a calargli l'ispirazione, sfornando uno dopo l'altro album sempre più dimenticabili (mentre alcuni capolavori li consegna a voci del calibro di Elisa Giorgia e Mina), anche se devo ammettere che da La secion cubana in poi il ragazzo ha ritrovato smalto e anche gli ultimi album in studio non suonano malaccio.
In mezzo, c'è stato tempo e modo di conquistarsi tra gli addetti ai lavori una certa fama di - diciamo così - "copione"; e va bene che il genere si presta, coi suoi canoni precisi, ma intanto il blues sta alla produzione di Zucchero come il rock a quella di Vasco (più che altro un abito esteriore a composizioni essenzialmente melodiche cantautoriali), e poi ci sono alcuni esempi "storici" a remargli contro: può aver riprodotto in Per colpa di chi? una schitarrata identica a quella dei Dire Straits di Calling Elvis, può aver vinto la causa con Michele Pecora (con cui peraltro aveva collaborato agli inizi) senza però impedire che l'ascolto di Era lei e Blu (ma forse se dico sere d'estate dimenticate ve la ricordate prima) in sequenza faccia ancora effetto; può aver ripreso pari pari un attacco degli Skunk Anansie (che non l'hanno citato, ma ho visto coi miei occhi la cantante Skin, a domanda precisa, scoppiare in una risata a bocca aperta - quella, bocca! - esclamando "ah, Sssucchero!"), può aver (come da notizie raccolte quasi di prima mano, e come è prassi consolidata nel mondo discografico: occhio ragazzi, prima di mandare un demo a uno famoso registratene i diritti!) scritto Diamante con la collaborazione oltre che di De Gregori di un ingenuo anonimo rimasto tale, ma l'uso di un intero e riconoscibilissimo verso di Piero Ciampi (cui lo aveva introdotto Gino Paoli, che lo affiancò molto agli inizi) per una sua hit, quello lo ha dovuto ammettere e mi sa che lo ha pure pagato...
Chiusa parentesi, torno all'LP scelto, che ripeto è al vertice del suo periodo migliore (i ben informati dicono grazie al fatto che l'ha realizzato durante la crisi del suo matrimonio) ed ho ovviamente in vinile, con la bella copertina ritraente un coro credo gospel, e come al solito vi posto sia il link per l'ascolto completo che i singoli brani affiancati da alcune righe di commento:

1. Blue's Introduction
Vabbé, c'è un coro in copertina, facciamogli cantare a mo' di introduzione lo slogan del sottofinale...
2. Con le mani
Come vi dicevo, nei primi anni Zucchero è stato affiancato più volte da Gino Paoli, che ha pure cantato in Come il sole all'improvviso, mentre qui firma il testo. Non lo sapevate? Sapevàtelo...
3. Pippo
Sempre per la rubrica Sapevàtelo, il testo qui è di Vasco Rossi, e forse si sente, per l'ironia scanzonata che tra l'altro lo allontana dall'inquadramento nella crisi coniugale del Nostro, e che ha fatto del suo verso principale un modo di dire, o meglio un modo per dire una volgarità depotenziandola (aho, sto citando una canzone!...)
4. Dune mosse
Diversamente dal solito, il video qui affianco non è della versione originale del brano tratta dall'album. Com'è come non è, infatti, ne esiste una in duetto con nientemeno che Miles Davis. Roba che se anche non avessi fatto niente altro né prima e né dopo (e solo di duetti stellari può invece vantarne a decine...) puoi morire contento: di aver fatto qualcosa, nella vita...
5. Bambino io, bambino tu (Legenda)
Anche qui c'è lo zampino di Paoli, e si sente. Non ho mai capito il sottotitolo con una sola g, eppure è così che si trova ovunque. Ma ho sempre saputo che l'occhio azzurro e quello blu sono ripresi paro paro da un meraviglioso Vecchioni d'annata, e ascoltando entrambi ho però sempre pensato a David Bowie (perchè? beh, se non lo sapete guardate qui...)
6. Non ti sopporto più
Qui si che ci azzecca la moglie, o chiunque altro gli abbia "preso il blues"... A lui come a noi: quando vogliamo mandare a quel paese qualcuno basta cantargliela, anche solo mentalmente.
7. Senza una donna
Rifaccio l'operazione del brano 4, non certo perché Paul Young valga un'unghia di Miles Davis, ma per aver occasione di accennare a questo bluesman bianco dal successo effimero (Love of the common people, Every time you go away e poco altro) che tentò di rilanciarsi con una cover di questo pezzo, con cui intanto Zucchero aveva definitivamente svoltato. Oltre che perché il duetto è decisamente ben riuscito.
8. Into the groove
Il coro della copertina, o almeno così immaginiamo, torna in un intermezzo ancora cortissimo, ma foriero di allungamenti live, e decisamente più "classico". E no, non c'entra Madonna...
9. Hey Man
Ancora la mano di Paoli, in questo brano più di altri dal vestito blues. Che a me è sempre parsa la risposta emiliana, e minore ma non per questo disprezzabile, a Uè man di Pino Daniele.
10. Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall'Azione Cattolica
Il top dell'album, come lo stesso autore (si deduce dall'intro) immaginava. Molti echi dal passato, ma frullati in una bomba catartica di 5 minuti scarsi. Il tentativo di ripetere il meritato successo di questo pezzo è forse alla base della suddetta maldestra operazione ciampiana dell'album successivo, titolo wertmulleriano compreso.
11. Hai scelto me
Dopo la scarica di adrenalina del brano precedente era logico chiudere con questo: serve, come il defatigamento dopo il tapis-roulant. Infatti dura uguale. Ed è un gioiellino.



5 commenti:

pasqbass ha detto...

Io amo il blues ergo. Molto indegnamente lo suono da anni e lo studio sia da un punto di vista storico, come fenomeno culturale di origini lontane,addirittura provenienti dalla costa ovest africana. Non mi è chiara invece la provenienza di Fornaciari, non credo venga dall'Africa nè dal Delta del Mississippi nè da Chicago. Scherzo ovviamente, la recensione è buona e puntuale, ma il Blues,origine di gran parte dei generi musicali jazz compreso, è tutt'altra cosa. Fornaciari sta al blues come io sto a Jaco Pastorius.

pasqbass ha detto...

Errata corrige: come fenomeno socio-culturale che come stilema di canto e musica molto distanti dalla nostra concezione pccidenta di musica popolare.

pasqbass ha detto...

Pasquale

cugino ha detto...

infatti io dico che "il blues sta alla produzione di Zucchero come il rock a quella di Vasco (più che altro un abito esteriore a composizioni essenzialmente melodiche cantautoriali)" - altra cosa è riuscire a trovare qualcosa di buono persino in Zucchero, e sono i suoi album degli anni 80, che NON sono blues ripeto

Peppino ha detto...

A me piace Zucchero anche se aggiungerei la "vendemmia" a piene mani dai testi di Mogol e di Pino Daniele...

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