martedì 18 giugno 2013

SETTANTA

Quando ero piccolo in TV imperavano due dualismi che a noi sembravano almeno del livello del Coppi/Bartali che ci raccontavano i padri: uno era il tutto canoro Morandi/Ranieri, l'altro era il soubrettistico Carrà/Goggi. La prima evidenza della importanza dei dualismi è proprio nella inadeguatezza degli attributi: come sia Gianni che Massimo presto si sarebbero rivelati ben più che cantanti, così sia Loretta che Raffaella erano già ben più che la bella star dello show. Confesso che allora preferivo la Goggi, che era oggettivamente più brava a cantare, e resta forse la più grande imitatrice italiana di tutti i tempi (memorabile un suo show con l'inarrivabile Alighiero Noschese, altamente consigliata una full immersion nei video d'epoca). Anche perché Raffaella Carrà si imbarcò presto, ben prima di passare al Nemico, nella (dis)avventura commerciale, tanto che si può quasi dire che sia responsabile della invenzione di una certa televisione per famiglie minorate mentali che da allora impera, fagioli o meno. Ma dalla giusta distanza non si può negare che il suo impatto nel costume degli anni settanta fu molto più rivoluzionario di tanti sedicenti movimenti: insomma, un bel po' della crescita culturale italiana è dovuto al suo ombelico (qui con Sordi) e agli strabilianti (giuro, è che uno non li ha mai sentiti con attenzione...) testi delle sue canzoni (Tanti auguri, Rumore, A far l'amore comincia tu, E salutala per me, eccetera) che magari lei non scriveva ma a cui dava coraggiosamente (o inconsapevolmente) il volto. E allora auguri, Raffa! sappi che il pezzo dedicato a te è l'unico di Tiziano Ferro che ascolto volentieri...
Per una Carrà che sfondava il (dopo che sul) nazional-popolare, gli anni settanta della musica italiana hanno visto però un fermento culturale e di idee di tale portata che da un lato si è concretizzato nell'ultima grande rivoluzione musicale (i grandi cantautori stanno invecchiando e morendo uno a uno, ma tutta la musica seguente è figlia loro, non c'è più stato un segno di vera rottura), mentre dall'altro ha lasciato, nella memoria di pochi, alcuni momenti di eccellenza a livello mondiale. Uno di questi è stata l'intera carriera degli Area di Demetrio Stratos, una meteora di fulgore inimmaginabile, un altro il periodo progressive di Claudio Rocchi, che salutiamo con un suo memorabile brano dal titolo peraltro azzeccatissimo.

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