venerdì 21 novembre 2014

TORSAPIE'

Parlare di Tor Sapienza ha per me un significato particolare, sia perchè ci ho vissuto per quattro anni nei primi 90, sia perchè il mio capufficio di allora, un pugliese simpaticissimo, affettuosamente mi aveva affibbiato il nomignolo di cui al titolo per fare una sintesi tra la mia residenza e la mia tendenza naturale a fare il saputello.
Abitavo allora in un palazzone anni 70 che pareva nato per ospitare un ospedale o un albergo della DDR, tali erano i lunghi corridoi interni su cui si aprivano i portoncini degli appartamenti. Accanto c'era un piccolo centro commerciale, uno dei primi ad aprire a Roma. Oggi non c'è più: i grossi centri hanno ucciso anche i loro fratellini, non solo i piccoli esercizi in strada. Lo stabile era brutto e grigio (ora l'hanno ridipinto mattone e salmone - vedi foto 1), ma era una reggia a confronto degli edifici di via Morandi (vedi foto 2) teatro degli episodi oggi in cronaca. Quelli, ogni volta che ci passavo, come ogni volta che passo per Tor Bella Monaca o Corviale (e tutte le zone simili della cintura romana), mi sorprendo a pensare che non ci sarei mai voluto crescere dentro, e non ci avrei mai fatto crescere mio figlio: sembra quasi che sia proprio l'architettura a spingere alla droga o qualsiasi altra piaga sociale...
Sul perché e percome Roma sia piena di periferie degradate come e più di questa bisognerebbe riguardare e mandare a memoria una vecchia puntata di Report (che ho già commentato), ma la sintesi è: in Italia l'unica vera molla di ogni opera pubblica è arricchire più o meno lecitamente qualcuno, nella fattispecie i palazzinari di ogni fazione politica, e se ci sono ricadute positive sulla popolazione sono del tutto incidentali come quelle - più probabili - negative.
Di fatto questi quartieri dormitorio sono raggiunti male dai mezzi pubblici (ai miei tempi se eri senza macchina dopo le otto di sera per rincasare la cosa più veloce era farsi quattro chilometri a piedi dribblando le prostitute, e la situazione non è migliorata mentre la popolazione vi è cresciuta) e non hanno nessun "centro" fisico, per cui i volenterosi (e ce n'è tanti) per organizzarvi un minimo di vita sociale devono fare le acrobazie.
In questo contesto la crisi economica interviene come una bomba a grappolo: ci sarebbero problemi anche se tutti avessero un reddito sufficiente per una vita dignitosa, figurarsi così. E le bombe a grappolo colpiscono a caso: quelli che hanno un qualche grado di cultura e quelli che non ce l'hanno, quelli che hanno un minimo di autocoscienza di classe e quelli che non ce l'hanno, e due decenni di berlusconismo hanno adempiuto benissimo la loro mission di riportare quelli che non ce l'hanno alla maggioranza assoluta. Quindi era assolutamente da prevedersi da un momento all'altro reazioni non inquadrabili nel "politically correct". Il miracolo era stato il 30% del moVimento alle politiche, che fa capire bene quanto importante è stata e potrebbe ancora essere (?) la funzione democratica del grillismo (e quando a sinistra questa cosa verrà capita, ammesso che lo sarà mai, sarà sempre troppo tardi), ora siamo nella normalità, con la guerra tra poveri senza coscienza di essere sulla stessa barca  (i capponi di Renzo: la metafora migliore della letteratura manzoniana) e con la destra che strumentalizza e fomenta la protesta in chiave anti-immigrati e in funzione di un suo ritorno al desco dove ha magnato per troppo poco (ma abbastanza per capire che non c'è differenza, anzi essendo affamati si strafocano).
Per disinnescare le mille Tor Sapienza pronte ad esplodere servirebbe una politica monetaria espansiva (con al centro il reddito di cittadinanza o il lavoro (si, anche statale) garantito per tutti - eccome, caro Adinolfi - e case popolari all'europea anziché all'italiana) gestita da una classe dirigente onesta. Per qualche decennio. Cioè l'uscita dall'Euro (si, anche se conviene al Dollaro) e un governo a 5 stelle senza bastoni tra le ruote esterni o cedimenti interni alla linea del rigore (tipo eccezioni al divieto di ricandidatura dopo due mandati). Cioè, mi rendo conto, una rivoluzioneun'utopia. Ma l'alternativa è proseguire su questa china come una valanga in una valle senza fondo, lo vedrete. Anche con trovate senza capo nè coda come questa per il ritorno alla terra dei giovani: come dire, in riggitano, che il governo ha risposto alla richiesta di lavoro dei nostri ragazzi con un "va zzappati u favu", un modo come un altro di mandarti a quel paese (il film è scarso ma il plot è attualissimo...).

 

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