domenica 4 febbraio 2018

12. IL PULLMAN (ZERO)

Speed rappresenta, non so nemmeno se consapevolmente, la
migliore metafora filmica del nostro modello di sviluppo...
Mentre proseguo nella pubblicazione dei racconti di Chi c'è c'è, mi accorgo che quelli derivati da un testo di canzone sono forse più di quanto rammentassi. Avanti quindi con l'esercizio di stile di pubblicarli assieme (Sushi Marina ancora si fa attendere...), anche quando, come in questo caso, la "distanza" in senso sia temporale che letterario è piuttosto grande. Il racconto stavolta il "geestre" lo legge nella mente di un'astronauta omosessuale (occulta per le ragioni che scoprirete) giapponese, mentre la canzone da cui è tratto è una rock ballad acustica veloce, dal testo abbastanza attuale da permettervi di invitarvi (come per tutte le altre, peraltro) a chiedermelo per musicarlo.

12 - IL PULLMAN

Questo viaggio non finisce mai. So benissimo di stare su un'astronave, in realtà. Ma non so più da quanto tempo mi sento dentro una specie di pullman, seduta dapprima in ultima fila, e poi… No, non è proprio un sogno, è più che altro una filosofia. Mi spiego.
Qui sopra siamo ventuno persone, all’anagrafe tredici di sesso femminile e otto di sesso maschile. Già questa è bella, eh! Ma non è la sola cosa che hanno giustificato con la "necessità di dare qualche speranza in più alla sopravvivenza della specie": infatti tra noi che io sappia ci sono sì due omosessuali, ma uno è praticamente un pozzo di scienza, e mi gioco la testa che l'hanno preso solo per quello, e l'altra - che sono io - non lo sanno. Se no mi lasciavano a Tokyo, probabilmente. Anche se l'omosessualità femminile è più tollerata, è vista quasi solo come una stranezza, e poi in fondo una donna per copulare non ha strettamente bisogno di coinvolgersi ed eccitarsi: per i loro scopi "genetici" basta che apra le cosce e "riceva il seme".
Inoltre siamo euro-americani quasi tutti per provenienza e tutti per cultura: la differenza di valori tra il mio paese e gli Stati Uniti si azzera sotto il profilo dell'individualismo economico, l'egiziana è figlia di cittadini ricchi e ha studiato in Europa, e la negra tunisina non avrebbe avuto alcuna speranza di essere con noi se al suo paese permanesse ancora il costume dei tempi di sua nonna, e comunque è l'unica donna "di colore" (che brutta espressione) e non rappresenta certo il suo continente. Poi siamo tutti giovani, belli e colti: si dirà che visto l'obiettivo della missione, squisitamente riproduttivo, è questo il mix che ci dà più possibilità.
Ma è davvero così? Ingegneri nucleari, medici, astronauti, biologi su di un'astronave vanno benissimo, ma a parte che noi qui sopra dormiamo sotto il controllo di una specie di Hal 9000 che potrebbe pure "decidere" di non risvegliarci più e nessuno ne saprebbe mai nulla, se dovessimo veramente raggiungere lo scopo della missione e sbarcare da qualche parte, dove sono i carpentieri, le sarte, i cacciatori e i marinai? Perché non un bonghista congolese, una geisha tradizionale, o un intrecciatore di vimini? E perché non quell'astrofisico geniale e famoso anche perché è arrivato dove è arrivato con la sua carrozzella, non sarà proprio perché è un vecchio handicappato?
Insomma, sembra proprio un programma concepito dal nipotino di Hitler, tutto lascia pensare che i valori che hanno ispirato la scelta degli "eletti" siano esclusivamente quelli capitalistici occidentali: individualismo assoluto, libertà di costumi e di religione ai limiti di lascivia e ateismo, democrazia politica. Praticamente i tre quarti dell'umanità tagliati fuori in partenza dalla possibilità di essere scelti, e il tutto autoattribuendosi presuntuosamente il crisma dell'obiettività scientifica.
Così uno potrebbe chiedersi: ma allora perché hai accettato, per puro istinto di sopravvivenza? Ora, a parte che, avendo saputo che tipo di sopravvivenza ci aspettava (e cioè più o meno quella dei vermi da pesca dentro al barattolo in frigo), a nessuno sarebbe mai saltato in mente di accettare, se fosse stato solo per salvarmi il culo non sarei di certo qui. Sarei rimasta a scopare con tutte le mie amiche fino alla fine del mondo, quella sì che è vita. No: è che c'è la storia del pullman.
Ricordo ancora quando gli "occidentali" cominciarono a far breccia nell'etica nipponica. Ero una bambina, e fui molto felice di vedere più spesso i miei genitori sia durante la settimana sia in vacanze sempre più lunghe. Era successo - saprò dopo - che l'integrazione del Giappone nel sistema economico-politico capitalista si era completata. Come era naturale che accadesse, prima o poi. Era iniziata negli anni “80 del secolo scorso con l'invasione di prodotti giapponesi prima, e asiatici in genere dopo, in USA e poi in Europa, ma alla base di quel successo c'erano soprattutto l'etica sociale e del lavoro e, dietro, quella religiosa. Il fatto è che un sistema sociale è esattamente come una bacinella: se ci versi dentro il contenuto di due recipienti più piccoli, uno pieno d’acqua calda l'altro d’acqua fredda, il risultato sarà sempre una bacinella d’acqua più o meno tiepida, non si scappa. Con le persone è solo un po' più complicato che con l'acqua, e si allungano i tempi, e si complicano i modi. Ma la sostanza non cambia. Ecco che in venticinque anni il loro modo di produzione si è andato via via giapponesizzando, e la nostra cultura retrostante americanizzando. Semplice, no? Come mai allora non è successo allo stesso modo dappertutto?
Prendiamo i paesi del cosiddetto "terzo mondo". Prima li hanno colonizzati, per sfruttarne a loro comodo le risorse umane e naturali. Poi, quando la colonizzazione politica è diventata insostenibile all'esterno militarmente e all'interno per le pressioni dell’"opinione pubblica", si è lasciato campo libero a delle classi politiche locali nella maggior parte dei casi corrotte, immature, compromesse, lasciate in pace con la scusa di quel principio di non ingerenza che in realtà copriva la perpetuazione della colonizzazione economica. In altre parole, li hanno tenuti sotto giogo per secoli, poi - da una schiavitù all'altra - li hanno costretti ad emigrare, perché i loro sistemi economici non potevano reggere al contatto con quello occidentale: il più protezionista di tutti i tempi, con la faccia tosta di autodefinirsi "liberista", per giunta. E gli emigrati hanno pure trovato, nell’occidente “democratico”, un’"opinione pubblica" ostile, ipocritamente "per autodifesa"!
Che poi è questa la caratteristica peculiare, il punto di forza delle cosiddette democrazie: l'ipocrisia. Ad un certo punto i filosofi politici marxiani l'avevano pure detto: occhio che sotto la formula "il potere è dei cittadini" si nasconde il solito trucco del Potere, che più è dissimulato più è assoluto. Solo che anche la struttura reale delle società del socialismo reale era ipocrita, ed analogamente, grazie alla formula "il potere è del popolo". Allora meglio i cinesi, che con una bella dittatura franca e sincera hanno iniziato negli anni '80 del secolo scorso uno sviluppo che in questi anni '20 li ha portati alla leadership mondiale.
Sto perdendo il filo dei pensieri. La democrazia, dicevo, si regge su una menzogna. Anzi, su due: la seconda, esterna al sistema, nasconde la verità più amara, direi. Che poi è dimostrata perfino dalla società in cui la democrazia è nata, come cosa e come parola: l'antica Grecia. Ed è: la democrazia è possibile solo all'interno di una minoranza, di un sottosistema quasi stagno che poggia su una massa ad esso esterna di gente in schiavitù, qualsivoglia forma culturale prenda questa sostanza esistenziale.
E' una realtà talmente insopportabile per una persona anche vagamente sensibile, anzi per chiunque creda in qualche modo proprio a quei valori etico/religiosi su cui la democrazia sostiene di fondarsi, che va da sé che tocca renderla totalmente inintelligibile dall'interno del sottosistema. Capisci solo se ne esci, se – come si dice - diventi un “dropout”, ed allora non puoi più fare nulla.
Tornando sotto metafora, noi "sudditi" dei regimi democratici è come se viaggiassimo su un veloce pullman con i finestrini totalmente opacizzati, di maniera che ci rendiamo conto di muoverci solo per il rumore e gli scossoni, proprio come in treno la notte a tendine abbassate.
No, ce lo dicono pure, che siamo in cammino: è l'altra enorme menzogna chiamata "progresso". In realtà è una corsa cieca. Il pullman va da solo, sembra sapere dove, come se fosse vivo, e indistruttibile. Se in qualche modo capisci qualcosa e pensi che non puoi fare altro che sfondare di testa il finestrino e saltare in corsa, che so, diventando un missionario o un anarchico o un tossico, lui lascia fare: il finestrino magicamente si rinsalderà alle tue spalle, e se qualcuno in quell'attimo che è rotto intravedrà qualcosa, è meglio per lui se farà finta di non capire (ed infatti fanno quasi tutti così). E non regge l’obiezione che la gente vede i telegiornali, che mostrano il mondo e le sue rovine: in TV tutto è uguale, film e notizie vere si mescolano, e dopo un po’ nessuno capisce più la differenza.
Perciò ad un certo punto della mia vita io ho deciso che era meglio restare dentro, e studiare se ci sono brecce nel sistema, se cioè c'è il modo di entrare in cabina e non dico pilotare, ma almeno influenzare in qualche modo le scelte di rotta e/o velocità. Cosa dovevo fare "da grande", allora? La carriera politica? No, quelli sono solo degli schiavi pagati bene, la politica attiva è il destino che il sistema riserva ai suoi figli intelligenti ed ambiziosi ma non rigorosi, ancora troppo sensibili ai beni materiali per rifiutare un contentino di agi e notorietà in cambio della possibilità di incidere seriamente. Questo, per quelli che valgono qualcosa: vanno a raggiungere i tanti mediocri la cui più grande ambizione era “fare il politico”. Lo stesso vale per giornalisti, cantanti, e altri "opinionisti".
Dove cercare allora il “posto guida”? Facile: è dai tempi dei geroglifici dell'antico Egitto e dei primi ideogrammi cinesi che il potere è nel sapere. Dovevo diventare qualcuno nel campo dell'informatica. Il mio paese era da decenni all'avanguardia nelle applicazioni industriali dell'elettronica, ma il monopolio della programmazione era americano: Microsoft e IBM, soprattutto. Non avevo 28 anni quando inventai il mio sistema operativo, alternativo ai prodotti su base MS-DOS, enormemente più semplice da utilizzare e dalle applicazioni talmente più vaste che apriva nuove frontiere verso l'intelligenza artificiale e la comunicazione globale. Modestia a parte, un salto di qualità secondo solo a quello dell'invenzione della scrittura.
E' noto infatti che il maggior merito dei Greci, e ciò che rese possibile l'instaurarsi della democrazia e del dominio culturale ellenico, fu rendere l'alfabeto semplice da imparare e duttile. Il buon tentativo di Gates alla fine del secolo scorso sta a quest'operazione come l'alfabeto fenicio, se poniamo che i primi computer andavano a geroglifici. Il salto epocale, l’alfabeto con le vocali, fu il mio NIP-OP: dopo tre anni la mia società era la più dinamica sulle borse di tutto il mondo, e aveva già sottratto più del 60% delle quote di mercato alla concorrenza su base mondiale, e il 90% in Giappone.
Se esiste ancora il pianeta Terra, non è più lo stesso, ed è merito mio. Ma non è più un mio problema, questo. Ho accettato all'inizio come un onore di essere prescelta per Exodus: per l’"opinione pubblica" la mia candidatura era imprescindibile, e la scelta obbligata. Troppo tardi ho subodorato la fregatura: ma che destino è mai questo? A cosa vale sopravvivere, e per chi, per cosa? Non è che mi hanno solo buttato giù dal pullman?
ZERO
Con tutti questi zero a zero che ci sono in giro,
non vorrei costituire un’inversione di tendenza
perdendo sette a cinque da una squadra giovanile,
ché loro si divertono a giocare in confidenza.
Quando veniamo al mondo ci guardiamo in giro
e presto ci adattiamo al nuovo ambiente,
e la valutazione di noi stessi gli fa riferimento
e il resto conta niente…
Sembra da studi assai recenti fatti nel mio buio
che ogni democrazia da sempre debba fare fondamento
su di una maggioranza esterna di minori o schiavi
di cui si è più o meno a conoscenza, o peggio
con la diffusa convinzione che sia tutto giusto
e con vistosi afflati di beneficenza,
ma la democrazia ha un recinto di privilegiati
a base della sua esistenza.
Crollano con gli anni anche i miti più - radicati
Crollano con gli anni anche i miti più - solidi
Crollano con gli anni anche i miti più - irriconoscibili
Crollano con gli anni anche i miti moderni.
Con tutti questi missionari che ci sono in giro,
che non puoi più distinguerli da Sting e Bono Vox,
l’alternativa che rimane, oltre alla lotta armata
dalla parte degli altri quattro quinti del mondo,
è l’accettarsi senza ipocrisia nel ruolo di chi è accomodato
all’unica tavola imbandita del mondo,
mangiando come solo un morto di fame potrebbe,
morendo di crepapanza.
Crollano con gli anni anche i miti più - esagerati
Crollano con gli anni anche i miti più - scientifici
Crollano con gli anni anche i miti più – filosofici
Crollano con gli anni anche i miti più - escatologici
Crollano con gli anni anche i miti più - familiari
Crollano con gli anni anche i miti moderni.
E allora ho un posto come tutti su di un pullman veloce
coi vetri scuri scuri che esiste solo ciò che è dentro,
ho finalmente capito che nessuno sa dove va
e che il mio posto giusto no, non è qui dietro.
Senza riguardo per nessuno tenterò di andare
a prendere la guida o a sedermi avanti:
con tutti questi zero a zero che ci sono in giro, io
vorrei segnare tanto – e il resto conta niente
vorrei segnare tanto – e il resto conta zero
vorrei segnare tanto – e il resto conta niente
vorrei segnare tanto – e il resto conta zero
vorrei segnare tanto – e il resto conta niente
vorrei segnare tanto – e il resto conta zero
vorrei segnare tanto – e il resto conta niente
vorrei segnare tanto – e il resto conta zero

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