Siccome però scrivere di musica mi piace, e uno a casa sua fa quello che gli piace, provo adesso a cambiare qualcosa: finora RadioCIxD ha recensito solo album, brano per brano, qui l'album lo prendo solo per pretesto per parlare più in generale di un artista. E nessuno è più adatto di Antonello "corederoma" per un ragionamento del genere: intanto perché i miei concittadini se si parla di Venditti un'occhiata la vengono a dare, e poi perché è molto difficile, volendone parlare, trovare un album tutto bello-bello. Sotto il segno dei pesci è però forse tutto sommato il miglior punto di partenza per ragionare sulla sua parabola artistica, e forse in qualche modo ne è pure il vertice, e lo spartiacque tra il Venditti di prima e quello di dopo. Prima, solo lavori che una volta si dicevano "impegnati"; poi, una volta trovato il successo commerciale, quasi solo una astuta riproposizione per decenni del proprio canone a mo' di marchio di fabbrica. Con rare (ma presenti) puntate di qualità.
E dire che il ragazzo era partito col botto: il primo album Theorius campus, che i discografici gli fecero realizzare assieme all'amico De Gregori (entrambi erano "ragazzi del Folkstudio"), è un mirabile esempio per chi vuole comprendere immediatamente il concetto di "maturità artistica", tanto acerbo è Francesco nella sua metà di pezzi che contagia l'altro anche nei pezzi comuni, tanto già "pronto" è Antonello che i suoi brani sono già perfetti, da Ciao uomo a Sora Rosa, ma anche L'amore è come il tempo e le altre, per non parlare di Roma capoccia che la conoscete tutti (ma sapevate che era una "opera prima"? secondo me non in tanti...).Era inevitabile il suo successo immediato, e solo il suo, e non che l'altro dovette aspettare troppo, ma la disparità non deve essergli andata giù tanto che glielo rimproverò in Piano bar (a cui Antonello rispose con Francesco, che sentirete nel tube qui sotto, chiedendogli letteralmente scusa), avendo allora però torto, o forse conoscendolo talmente bene che sarebbe stato facile profeta. Ancora per qualche anno Venditti avrebbe scritto parecchie cose di valore assoluto: E li ponti so' soli, Le cose della vita e Mio padre ha un buco in gola nel 1973, A Cristo, Marta, Campo de' fiori e Quando verrà Natale nel 1974, Lilly, L'amore non ha padroni e Compagno di scuola nel 1975, Maria Maddalena (la mia preferita in assoluto, ci sono tutti quegli anni lì) e Una stupida e lurida storia d'amore nel 1976, tutte queste canzoni vi consiglio di cliccare sui link a ascoltarle con attenzione. Di Sotto il segno dei pesci, che è del 1978, vi embeddo invece il full album, anche se la title track, Bomba o non bomba e Sara si staccano da una qualità media già elevata e infatti le conoscono tutti ma proprio tutti.
Sono 18 capolavori in sei anni, niente male. Nei successivi quarantadue, fatichiamo a trovarne altri cinque, e abbassando le pretese: Modena nel 1979, Notte prima degli esami (quella del pianoforte sulla spalla, che l'autore ha poi precisato che lo portava Pino Daniele, davvero...) nel 1983, Peppino e Giulio Cesare (quella che Paolorossi era un ragazzo come noi) nel 1986, Dolce Enrico nel 1991. Le altre famosissime che vi vengono in mente proprio no: a parte i testi, la scrittura musicale è talmente standardizzata da consentire a Francesco Baccini nel suo Nomi e cognomi una presa in giro azzeccatissima (che vi invito ad ascoltare perché è davvero gustosa, oltre che tecnicamente illuminante, ma vi giuro che non sono riuscito a trovare il tube, chissà perché, provate da voi con Spotify e simili...), e forse pure affettuosa. Lo stesso potreste dire di questa mia recensione critica, che entra nel merito di alcune tracce per trovare il pretesto di farvele (ri)scoprire senza però avere intenzione di scalfire il monumento. E chi ve lo tocca, amici romani (specie se romanisti, poi)!
Una cosa ancora. Altre volte abbiamo fatto il gioco di indovinare "cosa sentiva da giovane" quell'artista, partendo dalla sua cifra stilistica. Stavolta facciamo il gioco al contrario, ed è facilissimo, anche se a qualcuno potrà sembrare sacrilego. Ultimo. Ultimo da piccolo è cresciuto a pane e Venditti, è il suo erede naturale e lo sanno tutti e due. Facessero una tournée assieme, sarebbe un vero e proprio passaggio di testimone. Con tanto di consegna al giovane sambasiliano del repertorio vendittiano, che gli calza a pennello. Non per abusarne (non è scemo non lo farebbe), ma perché ci sono certe canzoni che devono essere cantate al pianoforte da un romano vero con la voce piena davanti al Circo Massimo pieno che fa il coro.
1 commento:
...la sto via via diradando, perché manco è bello cantarsela e suonarsela da soli o quasi...
nun ce prova', proprio mo che l'ho scoperta?
È piacevole, istruttiva e tanto basta; anche fosse solo un lettore che ti chiede di continuare tu continua (ma sono sicuro che siamo in tanti)
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