martedì 24 maggio 2011

VERO DURO FUTURO

Ho quasi quarantott'anni e da qualche mese un'angoscia nuova: quando ti arriva un figlio improvvisamente si sposta in avanti di parecchi decenni la finestra di tempo "interessante". Pensare che a vent'anni nemmeno credevo di arrivarci, al 2011, almeno così dicevano un paio di amiche da cui mi ero fatto leggere la mano a scopo rimorchioide: Maggie la deejay di TRM, sarebbe una bella coincidenza se oggi mi leggessi, ho ancora la musicassetta in cui mi registrasti La pianta del te di Fossati, uno dei più begli album della storia della musica italiana, con una margherita a mo' di firma/dedica tua...
Sapete qual'è il segreto del successo di robe senza senso come la fantascienza o il campionato di calcio? Ti consentono di proiettarti col pensiero oltre la durata della tua vita. La coscienza della cui limitatezza temporale è il solo vero unico specifico umano, da cui tutti gli altri derivano. Sappiamo di dover morire, ecco perché ci identifichiamo in una squadra che c'è dal 1900 e ci sarà dopo di noi, o ci piacciono i viaggi interstellari del capitano Kirk, o stiamo a sentire i sacerdoti di qualsiasi religione. O ci illudiamo che quella metà di patrimonio genetico che mandiamo avanti nel tempo in qualche modo ci farà vivere oltre il nostro tempo, almeno nel duplice senso che fino alla fine faremo piani per un tempo in cui noi non ci saremo più ma i nostri figli si, e che almeno loro sicuramente porteranno finché vivranno un ricordo di noi che ci terrà in qualche modo in vita.
Per tutta la storia dell'umanità, tutto ciò ha significato tentare di lasciare ai figli in eredità la nostra posizione sociale, l'arte la casa il campo o quello che era. Dalla rivoluzione industriale, all'inizio drammatico brutale arretramento delle condizioni materiali della plebe che allora divenne proletariato, e fino a 20 anni fa, almeno qui in occidente, grazie alla dialettica capitalismo/socialismo, e salvo gli strappi dovuti agli eventi bellici, ha significato perlomeno sperare fondatamente di vedere i propri figli in una posizione sociale migliore della propria, lo studio i soldi la città o quello che era. Oggi viviamo con la quasi certezza che i nostri figli saranno fortunati se il loro destino individuale si discosterà un tantino da quello di tutti i figli altrui, che è di certo e pesante arretramento delle condizioni materiali rispetto alle nostre.
I manuali dicono e io mi ripeto che non devo pensare così lontano, che tanto anche a limitare il proprio sguardo ai problemi materiali quotidiani prossimi venturi i neogenitori hanno un bel daffare. Ed è vero, anche la maratona si corre un passo per volta. Ma anche a non pensarla la situazione resta quella che è, e adesso chi vuole si legga dei contributi duramente chiarificatori:
  • Massimo Fini in questa intervista a beppegrillo.it, ovvero la democrazia è un inganno, il modello di sviluppo che la sottintende è in via di crollo definitivo, e alle porte ci sono un nuovo feudalesimo e un bagno di sangue;
  • Giulietto Chiesa ovvero Il declino dei partiti, ovvero il nostro modello di società, socialismo compreso, è stato possibile solo rapinando il resto del mondo, che ora giustamente non ci sta più e lo dimostra in modi disparati, dalle nuove tigri economiche al terrorismo;
  • a proposito di terrorismo, Lameduck come al solito si segnala per il commento più graffiante in merito all'ennesima dimostrazione di supinità dei due Angela, ovvero come ti riracconto la favoletta delle torri che si accartocciano su se stesse a velocità di caduta libera;
  • Mentecritica a proposito delle rivolte spagnole, ovvero il modo anarchico di dire quello che Odifreddi ha detto benissimo in modo matematico (la teoria dei sistemi ci dice che il processo di livellamento delle condizioni di vita è tendenzialmente inarrestabile salvo che per poche e ristrette élite con moltissimi mezzi e pochissimi scrupoli): "chi avrà la ventura di vivere abbastanza morirà cinese".
E rieccomi ai discorsi con cui avevo iniziato: l'angoscia per mia figlia e la più bella canzone di Fossati, che ci ricorda che leggere il futuro dalle foglie di te è tanto difficile quanto piccoli sono i frammenti dei fondi che si interrogano. E forse è il caso di dire "meno male"...

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