sabato 29 gennaio 2011

QUALUNQUE MENTE

Amo svisceratamente Antonio Albanese dai tempi di Frengo a Mai dire gol, anzi di Alex Drastico a Su la testa, e penso che sia uno dei più grandi attori italiani di quest'epoca, come tutti i davvero grandi sia drammatico che comico e spesso con le due dimensioni a confondersi. E proprio per questa commistione alchemica, tra i suoi personaggi Cetto La Qualunque è stato fin da subito il migliore, per noi calabresi "all'estero" con il plusvalore che può avere per un siciliano leggere Camilleri: che lo capiamo davvero. Questo per togliere di mezzo eventuali pregiudizi tra le cause della recensione negativa che sto per fare del suo ultimo film campione d'incassi.
Qualunquemente, infatti, anzi dovrei dire infattamente, non mi è piaciuto. Si, lo so che se non mi piace sunnu cazzi mei, ma lo dico lo stesso. Certo, non è un brutto film, e ci sono scene di altissimo livello, ma tutto sommato è un po' deludente: era difficile, e non è riuscito, portare a durata cinematografica un personaggio che sguazza con perfezione nei 5 minuti circa di un'apparizione televisiva. Uscendo dal cinema ho pensato che forse erano proprio le mie aspettative troppo alte, come quando vai a vedere un film tratto da un libro che ti è piaciuto molto, oppure che era proprio la mia calabresitudine a rovinare il gusto complessivo facendomi pesare i momenti amari più di quanto mi alleggerissero le risate.
Poi mi sono imbattuto nella polemica di Peppe Voltarelli, un bravissimo musicista calabrese già leader del Parto delle nuvole pesanti, che ho visto numerose volte esibirsi prima e dopo la sua uscita: in cima alla loro parabola artistica, per ora, il disco e relativo tour con Claudio Lolli a ricantare tutto Ho visto degli zingari felici, insuperabile opera del cantautore bolognese. Onda calabra era una tarantella dall'autobiografico e amaro testo che parlava dell'emigrazione calabrese in Germania, mentre nella versione che scorre nei titoli di coda del film è una macchiettistica elencazione dei luoghi comuni che fanno il personaggio Cetto. Ascoltata fuori dal film, si rischia di non capire la satira: ha ragione Voltarelli e torto gli altri del Parto, che si sono invece dichiarati contenti della riscrittura del testo.
E' pensando questo della canzone che mi si è accesa la classica lampadina: siamo sicuri, ma proprio sicuri, che tutti quelli che hanno visto il film ne hanno colto la satira? Queste le statistiche aggiornate: centinaia di sale piene significa decine di migliaia di spettatori al giorno dal 21 gennaio, che significa milioni di euro e nel mirino il record che Che bella giornata di Checco Zalone ha appena strappato dopo 14 anni a La vita è bella di Benigni. Ora, non è che io voglia "aristocraticamente" sostenere che tutto questo successo commerciale implica automaticamente che non tutti possano cogliere il messaggio, e d'altronde gli spettatori televisivi sono sempre di più di quelli cinematografici, ma è proprio il paragone con Zalone che mi consente di dire che con Qualunquemente il rischio c'è eccome. Un successo di questa entità, infatti, si può ottenere solo se il target è tutto il pubblico cinematografico possibile, non solo quelli che ridono a un film di Woody Allen, dunque, ma anche quelli che ridono a un film dei Vanzina. La bravura di Luca Medici in arte Checco Zalone, già vista nel primo film e confermatissima in questo secondo, è di riuscire a far ridere chi prende le distanze dall'omofobia e gli omofobi, chi prende le distanze dal razzismo e i razzisti, ma gli omofobi e i razzisti escono dalla sala con la sorda e sottile consapevolezza che qualcuno li ha presi per il culo. Sarà forse per un livello leggermente inferiore della sceneggiatura, ma temo che questo difficile miracolo con Cetto non succeda: ridono quelli che capiscono che in fondo quel personaggio è un atto d'amore per la Calabria e i leghisti secessionisti intrisi di luoghi comuni antimeridionali, quelli che sono contenti di essere lontani dalla sua cultura paramafiosa e amaramente considerano che purtroppo il film descrive fin troppo bene la realtà della loro terra d'origine e quelli che condividono più o meno consapevolmente quella stessa cultura paramafiosa. Avessi visto il film per dire a Gioia Tauro, insomma, non so cosa avrei pensato alle risate in sala all'esplosione della vettura di De Sanctis, o alla trasformazione del purpiceddu Melu - fatto uomo dal carcere - in perfetto tamarro stile papà. Il rischio, insomma, è che Cetto abbandonando la dimensione sketch abbia preso troppo dal Riina del Capo dei capi, in cui ho visto di persona adolescenti identificarsi.
Non so se il film scritto meglio avrebbe evitato questo rischio, non so nemmeno se era possibile scriverlo meglio. Forse l'unica era non tentare. La cronaca di questi giorni dimostra che i primi a ridere del bunga-bunga sono quelli che ne condividono la sintassi, e che al posto del satrapo farebbero forse pure di peggio, tanto da far insorgere il sospetto che tutto l'ambaradan sia stato messo su dai suoi spin doctor per risollevarne la popolarità: anche per questo motivo qui non ne parlo, vorrei tanto che si parlasse del processo in cui è imputato di essere il mandante delle stragi del 93, invece, ad esempio, piuttosto. Qualunquemente. E che coloro che intendono attaccarlo, anziché utilizzare la chiave moralistica e scandalistica, ospitassero in trasmissione non quindi un'altra escort che ne narra le gesta ma un qualunque andrologo che dica laconicamente: signori, un 75enne operato di prostata certe cose oramai se le sogna e basta, il vostro Presidente del Consiglio è un vecchio impotente. Sai che tonfo nei sondaggi, se si cominciasse a spargere la voce che ci piaci 'u pilu ma non sa più che farsene!

mercoledì 26 gennaio 2011

LET THE SUN SHINE

Non partecipo mai alle catene di Sant'Antonio, anche se la mail dice che se non la inoltro a dieci amici avrò tot anni di sventure mentre invece se lo faccio subito tutti i miei desideri si esaudiranno. Se faccio un'eccezione stavolta è per un buon motivo: il Sunshine Award è una lodevole iniziativa di diffusione virale della controinformazione o di altre iniziative editoriali via web. In realtà, non sono nemmeno riuscito a capire se esiste un'organizzazione vera e propria che davvero premia qualcuno, ma il giochino dà soddisfazione in se e accolgo volentieri l'invito a parteciparvi. Arriva dall'amico Diodati che gestisce il bel blog a carattere scientifico Omega centauri, il quale bontà sua (grazie Michele!) mi ha messo tra i 12 blog che il regolamento vuole si segnalino.
Ora, io ho già una sezione in spalla destra che elenca i siti che "controinformano davvero", ma da un lato tra essi ci sono giganti che non necessitano di alcuna pubblicità, dall'altro approfitto volentieri di questa occasione per chiarire perché tra essi io abbia inserito anche alcuni fratelli blog minori e per citare anche altri siti che per natura non sono in quella lista.
Ecco i miei dodici prescelti (*), che come da regolamento mi premurerò di avvisare uno a uno della mia segnalazione, invitandoli a proseguire questo meccanismo forse autorefenziale e ingenuo ma sicuramente a somma positiva: una carezza non fa mai male a nessuno.

  1. Antonino Monteleone - Questo Saviano senza i milioni, già "attenzionato" dalla 'ndrangheta, è un esempio per tutti i suoi giovani concittadini, e direi anche per tutti i meridionali.
  2. Bandafalò - Non contenti di tenere viva culturalmente la loro Cannitello, proprio in quel tratto di litorale che verrebbe scempiato dal Ponte, questi ragazzi sono da quattro anni anche impegnati in una missione umanitaria in Costa d'Avorio. Chapeau, intanto che aspetto il calendario dei concerti estivi.
  3. Carlo Bertani - Lo cito spessissimo nei miei articoli, spesso come utile approfondimento di argomenti che io tratto più superficialmente, sempre con una puntarella d'invidia (positiva). Se da grande divento Capo del governo, lo prendo come Ministro della Pubblica Istruzione (cui ridarei dunque la vecchia etichetta, sottolineando pubblica) o forse come Vicepresidente del consiglio con delega all'Energia.
  4. Liberareggio - Un gruppo di ragazzi di buona volontà, che tra questo sito, un laboratorio e tante altre iniziative, rende possibile una speranza per una terra, la mia terra, a vario titolo disgraziata. Da incoraggiare in tutti i modi possibili, anche (come ho fatto) presenziando quando possibile ai loro eventi.
  5. L'orizzonte degli eventi - La "papera zoppa" non ha peli sulla lingua, e in un'epoca in cui le donne per fare carriera devono averne tanti specialmente altrui si tratta di una dote rara e fuori moda. Catartico e istruttivo.
  6. Malanova.it - Scilla on the web, bellissimo portalino a respiro solo apparentemente locale, con la testata - e non solo quella - in dialetto (significa letteralmente "cattiva notizia", ma è un'imprecazione multifunzione, come il bolognese sòcmel o il romano 'taccitùa).
  7. Michela Murgia - La giovane e brava scrittrice è tra coloro (in testa Loredana Lipperini) che più si sono indignati per la vergognosa vicenda dei libri all'indice in Veneto, come ad esempio in questo articolo dal titolo poetico. Su segnalazione di Gemma Serena.
  8. Net1news - Questa specie di blog dei blog sta dando una mano a tanti di noi, come altre iniziative analoghe. Da incoraggiare e diffondere.
  9. ReteNoPonte - Segnalo questo sito quasi a titolo di rappresentanza di altre decine, uniti nel combattere questa battaglia contro lo spreco e il regalo alla mafia che sarebbe questa regina delle opere inutili di tutti i tempi.
  10. Sbilanciamoci - Ci sono anche economisti che ragionano al di fuori del dogma del monetarismo, e del libro paga delle multinazionali, ed è il loro contributo tecnico che ci serve per ragionare di un futuro diverso. Anzi, di un futuro e basta.
  11. UAAR - L'Unione Atei Agnostici e Razionalisti è un faro nel buio in un Paese in cui la Chiesa detta da sempre e sempre più la linea politica, peraltro ad esclusivo comodo suo: il bestemmiatore che ti fa risparmiare miliardi di ICI è da contestualizzare, il corruttore di minorenni è stigmatizzato quando proprio non si può più tacere ma in cinese e con cautela, ma sia mai istituisci un registro per il testamento biologico o vorresti regolarizzare il tuo rapporto con quel tipo maggiorenne dello stesso sesso che ti scopi col preservativo, allora giù botte con la croce (mina c'a cruci) in pugno.
  12. 19 luglio 1992 - Il giorno che finì la speranza, e inizio dell'era berlusconiana: la Storia dirà se è una coincidenza, se non ci riuscirà prima un tribunale. E' il sito del Movimento Agende Rosse di Salvatore Borsellino, uno che non si arrende. Imitiamolo.

(* ) L'elencazione è in ordine alfabetico, tranne l'ultimo, che è il più importante.

domenica 23 gennaio 2011

NOTIZIE DIVERSAMENTE ENERGETICHE

La notizia del giorno è che ieri alle 16e35 finalmente è entrato nel luogo di competenza, dove dovrebbe restare per 7 anni, Totò VasaVasa Cuffaro, esponente UdC già presidente della regione siciliana per il centrodestra, condannato per favoreggiamento nei confronti di CosaNostra e violazione del segreto istruttorio. Il personaggio si era segnalato all'attenzione pubblica, ed evidentemente privata avendo praticamente iniziato da lì la sua brillante carriera politica, quando ad una serata contro la mafia organizzata congiuntamente da Santoro e Costanzo cominciò a sbraitare dalla platea contro Giovanni Falcone, non molto tempo prima che i suoi amici lo facessero saltare in aria. Anni dopo, il soggetto era stato capace, poichè in primo grado lo avevano condannato a soli 5 anni escludendo l'accusa di appoggio esterno all'associazione mafiosa, di festeggiare pubblicamente come da foto per lo "scampato pericolo". Il suo capopartito Casini, oggi in poleposition nella corsa a leader del Terzo Polo e magari del centrodestra dovesse finalmente espatriare il Caimano (che nega di averne intenzione, quindi vuol dire che ci sta pensando), a quel tempo ebbe a dichiarare che si sarebbe assunta la responsabilità politica in caso di condanna definitiva del suo uomo: grazie, non è necessario che espatri, basta che si ritiri dalla vita politica, buon uomo, l'Italia ha bisogno di una destra europea moderna legalista e non confessionale né contigua alla criminalità organizzata.
...
Perché partire da questa notizia di cronaca per parlare di energia? Perché è esattamente da quando sono cominciate a girare notizie sugli interessi della mafia nel campo dell'eolico e delle energie alternative (almeno 5 anni, come si può evincere scorrendo gli articoli di Ecoblog sul tema, se non si vogliono fare ricerche più vaste) che si può giurare sulla loro convenienza economica. E perché le centrali nucleari hanno molto più a che fare col Ponte sullo stretto e quindi (il nesso è notorio, lo dimostra da ultimo Wikileaks) gli interessi della mafia, che non con qualsiasi altro modo di produrre energia e di rilanciare l'economia: servono infatti non a questi ultimi obiettivi, ma esclusivamente a creare introiti legali e tangentari ai soliti noti.
Un investimento della portata necessaria alla realizzazione delle quattro centrali nucleari promesse, cioè dell'ordine di una quarantina di miliardi di euro, che se davvero venissero realizzate nei tempi promessi comunque risolverebbero solo una frazione minima del nostro bilancio energetico (tra il 5 e il 10 %), se dirottato nel campo delle energie alternative con forti incentivi alla microproduzione, infatti, sarebbe sufficiente non solo a garantirci per sempre l'indipendenza energetica, ma darebbe una forte spinta alla piccola e media impresa, da sempre motore principale della nostra economia. Chi ha tempo e voglia si legga questo articolo di Carlo Bertani, o l'intervista fatta a Helen Caldicott qualche mese fa da Beppe Grillo, chi no si fidi: da subito, per sempre, con surplus, e eccezionali ricadute sul sistema imprenditoriale su fino alla Fiat. Invece, la scelta nucleare, prima che essere pericolosa, è antieconomica: alla spesa per la realizzazione, l'unica calcolata da chi ne ha convenienza per stabilire il costo del chilowattora nucleare, vanno aggiunte quelle certe per lo smaltimento delle centrali dopo solo pochi decenni di esercizio, chissà perché se ne scordano sempre - saranno sbadati, e quelle eventuali (ma certe da noi: se pensiamo a come vengono trattati i rifiuti ordinari e quelli tossici in Italia, pensare a quelli nucleari dà un certo brividino...) emerse per problemi correlati allo stoccaggio delle scorie, senza nemmeno voler pensare ad incidenti perché lì il costo economico - pur enorme - sarebbe il meno, in un territorio densamente popolato come il nostro.
Con il capoverso precedente stampato in mano, adesso, riguardatevi il vile e truffaldino spot del forum nucleare che sta imperversando a tutte le ore alla TV come al cinema, quello che finge equanimità tra favorevoli e contrari con trucchetti da pagina tre del manuale di comunicazione per fare propendere il popolo bue dalla parte del favorevole (a parte che il semplice asserire così ripetutamente una parità farà si che in qualche modo diverrà luogo comune, mentre abbiamo visto che non c'è nessuna parità: il nucleare è un affare pessimo per tutti e ottimo solo per pochi). Dopo aver mentalmente mandato affanculo l'ex verde Chicco Testa e tutta la palazzina sua del Forum nucleare, ora guardatevi questo qui sotto, di video, dove si capisce che fine sta facendo - e nella civilissima Finlandia! - la centrale nucleare del tipo esatto che stanno cercando di vendere a noi quelle vecchie lenze dei francesi.
E preparatevi a votare in massa e a fare campagna di persuasione uno a uno con tutti i vostri amici e parenti: ci vuole il quorum, e ci vuole il si, ai prossimi referendum per lasciare l'acqua in mano pubblica e rispedire al mittente questo incubo radioattivo.

mercoledì 19 gennaio 2011

MONEY MONEY

Non sono un economista, ma i miei lontani studi universitari in quelle materie evidentemente erano abbastanza buoni da lasciarmi una rendita capace di farmi ancora leggere il Sole senza che mi si incrocino gli occhietti santi. Posso parlare di moneta, dunque, con qualche speranza di non dire troppe cavolate, ma nello stesso tempo essendo abbastanza ignorante da farmi capire da chi è ignorante. Si perchè come il calcio è una di quelle cose in cui tutti credono di capirci ma pochi in realtà sono davvero competenti, pochi anche tra quelli che lo hanno giocato e lo giocano, così la moneta un conto è essere capace di guadagnare denaro o di giocare sui mercati finanziari coi soldi propri e altrui un conto è capire cosa diavolo davvero sia e perchè costituisca il reale ricettacolo del Potere. Parliamone allora terra-terra, e pazienza se i tecnici storceranno il musino.
...
Nei cartoni di B.C. gli omini preistorici si scambiavano le conchiglie, perchè già loro intuivano che era più pratico che non andare in giro ciascuno con il frutto del proprio lavoro sul groppone. Immaginiamo allora di fare un gioco di ruolo che consiste nel fondare una società: presto dovremmo dotarla di una qualunque moneta per facilitare gli scambi. La prima domanda allora è: quanta ne serve? La risposta è: un quantitativo sufficiente a tutti gli scambi, sennò qualcuno sarebbe costretto a continuare col baratto, e magari non a tutti quelli esistenti, ma a tutti quelli che confidiamo avvengano nel periodo di riferimento (che so, l'anno prossimo). Il quantitativo di moneta deve essere quello giusto, altrimenti:
  • se è di meno, ci sarà qualcuno a cui ne manca, e chi ne ha in sovrappiù e ne presta potrà alzare il prezzo (l'interesse) come di ogni bene scarso, ed entrambe le cose fanno si che ci siano in giro meno persone disposte a comprare cose ("cala la domanda interna" dicono gli esperti);
  • se è di più, ci sarà più gente disposta a comprare cose che cose da vendere, e i venditori potranno aumentare i prezzi (l'inflazione) il che diminuisce in pratica il valore reale dei soldi in mano a chi li ha, tornando all'equilibrio iniziale dopo un travaso di ricchezza verso coloro che possono aumentare liberamente il loro reddito (un esempio che abbiamo visto tutti: i commercianti all'inizio dell'era Euro) mentre per i percettori di reddito fisso in pratica l'inflazione è una tassa;
e deve essere quello giusto di qualunque tipo sia l'autorità che è tenuta ad emettere la moneta, e qualunque sia il sistema che questa autorità adotta per farlo:
  • L'emittente. Per millenni il potere di battere moneta è rimasto in mano a una persona, dal capotribù al sovrano assoluto, col tramonto dell'assolutismo si è trasferito allo Stato liberale, e recentemente ad entità private sovranazionali. La questione la dice lunga su quale sia la struttura reale del Potere oggigiorno: uno Stato che non batte moneta è solo parzialmente sovrano.
  • Il sistema. La moneta per millenni dalla sua invenzione ebbe valore intrinseco: ogni dischetto di metallo valeva quello che valeva il metallo di cui era composto. Un grosso limite per chi non aveva abbastanza oro, una grande fonte di ispirazione per gli scrittori di storie di pirati e forzieri. Il vincolo fu allentato da un invenzione italiana implementata dai mercanti soprattutto olandesi: la cartamoneta. Geniale: io "banchiere" mi tengo i pezzi d'oro e ti do un pezzo di carta con su scritto che chi lo detiene ha diritto di venire da me a prendersi i pezzi d'oro, e con quello pago un altro e questo magari altri e così via, finché solo l'ultimo della serie ritira forse l'oro ma intanto tanti hanno fatto scambi senza appesantirsi le tasche, e tanti scambi con lo stesso oro, mentre il banchiere magari ha prestato quell'oro a qualcuno che ne aveva bisogno in cambio di un interesse che fa il suo guadagno. Già, ma se anziché l'oro il banchiere prestasse altra cartamoneta, magari troppe volte il valore dell'oro in cassa? Senza un controllo il rischio inflazione, anzi iperinflazione, era troppo alto: occorreva che la funzione di stamparla venisse avocata dallo Stato, che così da allora in poi e per alcuni secoli fa circolare tanta cartamoneta quanto oro ha nei forzieri. Ciascuno Stato. E giù tante belle storie su Fort Knox.
  • Noodles, voglio rapinare la Federal reserve
  • Max, tu sei pazzo!
Col commercio internazionale su larga scala si pensò però che era più comodo fare così: un solo Stato, il più forte, quello con più oro, fa circolare in moneta il corrispettivo di quanto ne ha in cassaforte; per gli altri, si fissa un tasso di cambio con la sua moneta parametrato alla ricchezza relativa. Lo Stato erano gli USA, la moneta il dollaro, i padroni del mondo i capi della banca privata che emette quella moneta, la Federal Reserve. Si, proprio quella che finse di voler rapinare Max per farsi tradire da Noodles in C'era una volta in America. Ai banchieri la cosa bastò fino a quando parve sostenibile il modello di sviluppo basato sulla crescita infinita e sull'inclusione di settori sempre maggiori della popolazione nel grande circo del consumismo, fino a che cioè continuare ad arricchirsi smodatamente per le élite non contrastava anzi veniva aiutato da un sia pur modesto arricchimento delle classi subalterne, che inoltre conveniva sproletarizzare nel quadro della guerra fredda e della lotta al comunismo. Quando fu chiaro a loro, ovviamente qualche anno prima che agli altri, che il mondo aveva risorse finite e quel modello di sviluppo avrebbe presto mostrato la corda, cioè che non c'era più trippa per gatti e il petrolio sarebbe finito entro pochi decenni, il primo atto fu sganciare dall'oro anche il dollaro: era il 1971 e iniziava l'era monetaria contemporanea, due anni dopo sarebbe scoppiata la prima crisi petrolifera e morto il mito dei favolosi anni sessanta.
Il processo avviato a quel tempo doveva per il secondo principio della termodinamica necessariamente concludersi, e infatti si sta per concludere, con il totale controllo da parte di una ristretta élite mondiale di quanta moneta ci deve stare in giro. Le tappe di questo percorso sono ovviamente variamente sfasate nello spaziotempo. Le più recenti in Europa sono state la privatizzazione delle banche centrali e la creazione della moneta unica europea emessa da una banca centrale a sua volta privata. La prima faccenda sottrae al controllo politico, dunque parlamentare, gli istituti di emissione, il che in un Paese tendente alla corruzione come il nostro è anche un bene, se vogliamo, non fosse che almeno i parlamentari li eleggiamo, mentre i banchieri no. Dopodiché uno Stato se vuole moneta deve prenderla a prestito dalla sua banca centrale, ed ecco il famoso "debito pubblico".
Notate l'impennata della curva ai tempi del CAF
C'è qualcuno che sostiene addirittura che il debito pubblico sia integralmente causato dal fatto che lo Stato prende a prestito la moneta che gli serve da una Banca centrale indipendente, ma se così fosse gli Stati a moneta sovrana non avrebbero debito pubblico, invece in Italia il salto da una quota fisiologica a una patologica di debito avvenne sotto il "regno" craxiano, prima della "privatizzazione" della Banca d'Italia. L'Italia del 1992 è stata sulla soglia della bancarotta, e il cambio di paradigma che portò alla stagione di austerità mirante a rientrare nei parametri di Maastricht in vista dell'accesso all'area Euro apparve a molti, che avevano vissuto lo scialacquo e le ruberie senza pudore di un'intera classe politica e di una buona fetta di cittadini a rimorchio, come una necessaria cura da cavallo, ultima ratio peraltro prima della definitiva sudamericanizzazione del Paese. Ora, magari è vero che le bieche politiche monetariste erano già allora la regia occulta del progetto Euro, ma è altrettanto vero che sarebbe stato peggio restare vittime di un modus vivendi insostenibile. Questo perchè la moneta è ciò che ho tentato di schematizzare prima, e se uno Stato che ha la sovranità monetaria la usa per stampare molta più moneta di quanto rappresenti il valore reale degli scambi al suo interno, peraltro avendo come scopo ultimo creare un surplus di benessere da utilizzare da un lato per foraggiare bramosie private di una èlite e dall'altro per comprare il consenso della popolazione consentendo un aumento dei consumi, prima o poi il gioco mostra la corda: a meno di non essere l'unico Stato al mondo, ovvero riuscire a fare del tutto a meno degli scambi internazionali (cd. autarchia), quello Stato vedrà la sua moneta valere meno tendenzialmente fino al punto di equilibrio che ha rotto creandone troppa. Il che è come ribadire che comunque si crei la moneta, il suo quantitativo in giro deve essere quello che serve, nè più nè meno, indipendentemente da chi abbia il potere di crearla. Non è affatto detto che se lo hanno banchieri privati sia peggio che se lo hanno i politici per tramite dello Stato: anche se almeno in quest'ultimo caso in teoria sono soggetti eletti e quindi rimovibili, in pratica in Italia il ceto politico ha spesso trovato il modo di rendersi sostanzialmente immune (da ultimo con una legge elettorale definita "porcata" dai suoi stessi estensori) da una normale dialettica democratica, ed ecco perchè negli anni 90 che questo potere passasse alle istituzioni bancarie europee parve a molti di noi una benedizione celeste.
Il punto è che la promessa era di una unione monetaria che precedesse di poco l'unione fiscale, politicoeconomica, politica: alla fine di questo percorso, si potrebbe e forse ancora si può auspicare una BCE "nazionalizzata" dagli Stati Uniti d'Europa, nuova entità politica in grado, grazie anche alla propria recuperata sovranità monetaria, di competere con Cina India Brasile e (ammesso che reggano) USA e così difendere il proprio modello socioeconomico e culturale che ha consentito ad alcune generazioni dopo l'ultima guerra mondiale di prosperare. La globalizzazione a guida monetarista, invece, decreterà presto la definitiva scomparsa del nostro modello a favore prima di quello statunitense (è in questa chiave che bisogna leggere l'azione di Marchionne: gli operai americani non possono accettare che siano mantenute condizioni migliori ai loro omologhi italiani, adesso che stanno nello stesso gruppo industriale...) e dopo di quello cinese. E quest'ultimo comporta necessariamente, giacché non si possono mantenere masse di lavoratori a condizioni di semi-sussistenza con le buone maniere, la fine anche della sovrastruttura ideologica che chiamiamo democrazia...
Invece non solo l'unica cosa che si è realizzata è l'unione monetaria, ma questa è stata improvvidamente estesa a realtà molto meno compatibili in termini di indici di economia reale di quanto già non fossero tra loro i Paesi dell'area euro originaria, realtà che in pratica si sono consegnate mani e piedi ad un istituto controllato da privati non eletti come la BCE che ragiona all'interno dei suoi interessi e dei suoi dogmi senza minimamente preoccuparsi non dico del benessere ma financo della sopravvivenza fisica dei cittadini europei. Ecco la crisi greca poi quella irlandese e ora chissà quale altra: se la moneta deve rappresentare la ricchezza reale, due Paesi che sono in questa molto diversi tra loro non possono avere la stessa moneta, punto e basta, e se quello più povero ci prova ne esce con le ossa rotte (tecnicamente, i due Paesi tendono a un punto di equilibrio probabilmente molto al di sotto del livello di piena occupazione del Paese più povero).
Prima del monetarismo la funzione della moneta era, e speriamo dopo tornerà ad essere, proprio esattamente consentire che in un economia si possano svolgere tutti gli scambi necessari a che tutti lavorino e abbiano un tetto e da mangiare, più poi magari pure qualcos'altro, eventualmente. Per tornare a questa funzione, quindi, occorrerebbe che si diffondesse una conoscenza politica di questi temi tale che riemergano prima e diventino maggioritarie o comunque incidenti poi forze politiche che si pongano come obiettivo una Unione Europea ristretta e a moneta sovrana che difenda la piena occupazione dei propri cittadini, o in subordine uno Stato nazionale a moneta sovrana che tenti la stessa cosa. Il secondo scenario è più semplice da tentare ma con molti maggiori pericoli, sia in assoluto perchè di dimensioni insufficienti a reggere l'urto internazionale (sarebbe classico il vaso di coccio tra i vasi di ferro) sia perchè in Italia si dovrebbe fare i conti con l'innata propensione all'irresponsabilità (eh si, basta guardarsi allo specchio) che ci contraddistingue specie nella dicotomia tra morale pubblica e utile privato e immediato.
Anche ammesso che questo movimento di idee nasca e si rafforzi, però, a complicare la faccenda interviene il fatto che non è solo la Banca centrale a creare moneta, ma anche il circuito bancario e quello finanziario, e negli ultimi decenni questi hanno sempre più agito in maniera autoreferenziale ed incontrollata:
  • il giochino delle banche di riprestare più volte gli stessi soldi (tecnicamente si chiama "riserva frazionata", in pratica le banche sono obbligate a tenere in cassa solo una frazione dei soldi che fanno girare dopo averli presi in prestito dalla banca centrale pagandole un interesse basso chiamato "tasso di sconto"), che se svolto con misura è un volano per l'economia e la trasmissione della politica economica, costituisce un fattore di rischio in caso di cortocircuiti nel sistema di controllo (il controllore controllato dai controllati) come quelli in vigore (ricordo che sono le stesse banche a dividersi la proprietà delle banche centrali privatizzate e queste ultime quella della Banca Centrale Europea). Così, col tempo la frazione si è ridotta al minimo: oggi è al 2%, significa che ogni 100 euro prestati dalla banca centrale alle banche private si crea moneta per 5000 circa (chi non si fida si legga i conti qui);
  • il circuito finanziario è infinitamente più complesso: vediamolo, anche se correndo il rischio di schematizzare troppo. Le borse nascono per convogliare direttamente alle imprese i soldi dei risparmiatori, e fino a che hanno fatto solo questo il loro ruolo aveva effetti ciclici funzionali. Se la mia azienda ha bisogno di soldi, infatti, o li prendo a prestito dalle banche oppure la quoto in borsa, e saranno i risparmiatori a darmeli in cambio di azioni, poi se l'azienda va bene la quotazione delle azioni sale e viceversa. Moltiplicando il ragionamento, dovremmo avere tanta moneta finanziaria in giro quanto è il valore in termini reali del totale delle imprese quotate, salvo oscillazioni attorno a questo valore che danno misura dell'andamento finanziario e costituiscono la linea attorno a cui si collocano quelli che ci perdono e quelli che di guadagnano dal giochino. Chi di voi si ricorda di quando negli anni 80 cominciarono a girare i consulenti finanziari? Si trattava dei primi (a ricordarli oggi "teneri") soggetti che avevano capito che la lontananza di quel mondo da quello della concretezza poteva consentire un certo margine per guadagni troppo spesso legati a schemi detti "di Ponzi" o "catene di Sant'Antonio". Tanti, anche quelli che giurano di no. Soprattutto quelli. Pian piano, l'economia finanziaria si è trasformata fino ad essere rappresentata in massima parte da titoli che inglobano titoli che inglobano titoli e scommesse sull'andamento di altri titoli eccetera. Ecco che i prezzi delle materie prime, ad esempio il petrolio, o delle case, sono determinati dalla domanda e offerta non più di di quei beni sul mercato ma dei titoli che scommettono sull'andamento dei loro prezzi. Ecco che può capitare di essere spinti ad accendere un mutuo e ritrovarsi dopo pochi anni a non poterlo più né pagare né estinguere, perché la casa ormai vale molto meno delle rate ancora da pagare.
Ed ecco che non c'è più nessun modo realistico per uno Stato sovrano di controllare la quantità di moneta circolante sul suo territorio, ad esempio quella che basterebbe alla piena occupazione dei suoi cittadini: decidono i mercati finanziari e le autorità monetarie internazionali che tipo di fase deve attraversare questo o quel Paese, se una in cui ci sono soldi per tutti (sempre di più per pochi, ma un po' anche per tutti gli altri) o una in cui i molti finiscono alla fame per consentire ai pochi di continuare al livello di prima. Tanto è vero che in quest'ultima crisi finanziaria internazionale quasi mai si sono trovati i soldi per consentire di salvare la pelle ai cittadini, quasi sempre ce ne sono stati - e tanti - per tappare i buchi alle banche, e sto parlando si soldi pubblici quindi anche miei e vostri. Quegli stessi soldi che un governo democratico non monetarista avrebbe potuto usare per garantirvi servizi ottimi più o meno gratuiti e lavoro. La provocazione di Cantona dunque sarà anche stata una boutade senza effetti pratici, ma ci ha preso su quale dovrebbe essere il nemico politico di chi voglia ancora porsi l'obiettivo di una società (capitalistica, per carità: qui non ci sono nostalgici della DDR) che assicuri pane lavoro e possibilità di crescita personale ed economica ai suoi membri.
Alle prossime politiche, quindi, diamo il voto a chi dovesse inserire nel suo programma un radicale ridimensionamento della finanziarizzazione dell'economia, il ritorno alla proprietà pubblica degli istituti di emissione (a livello europeo se possibile, se no nazionale), e una politica monetaria basata sulla funzione primigenia della moneta come strumento ad emissione sovrana a servizio dell'economia reale, cioè circolante nella misura ad essa funzionale. Se nel frattempo gli scandali avessero travolto e disintegrato sia il PdL che di riflesso il PD, avremmo qualche speranza di trovare un tale soggetto politico sulla scheda elettorale.

Approfondimenti:

    giovedì 13 gennaio 2011

    VOTATE VOTATE VOTATE

    Immagine da The Seks Report
    In attesa che si pronunci sulla costituzionalità del legittimo impedimento (*), la Corte ha giudicato ammissibili quattro referendum, tra cui proprio quello sull'abrogazione integrale della legge che lo prevede. Gli altri tre riguardano due la privatizzazione dell'acqua e uno il ritorno al nucleare, argomenti per il futuro di tutti noi decisamente più incidenti delle sorti processuali di un tipo così borderline con la legge da vantarsi in un'intervista di avere anche redatto in gioventù tesi di laurea altrui a pagamento.
    Sul primo tema, raccomando una visita al sito del comitato per i referendum record credo ogni tempo di raccolta firme, e un passaparola capillare per votare SI all'abrogazione delle norme che consentono di fare mercato anche del bene primario per eccellenza (dopodiché mancherebbe solo l'aria), sperando che le consultazioni vengano accorpate alle elezioni amministrative della primavera ventura.
    Sul secondo, leggetevi Carlo Bertani, che di energia scrive sempre benissimo. Siamo in una posizione geografica tale da poterci garantire l'autosufficienza energetica tramite le fonti rinnovabili, che peraltro farebbero da volano a tante nuove piccole e medie imprese, e finirà che su quel terreno ci faremo superare anche dagli ultimi arrivati, mentre noi immoliamo milioni di euro in pericolosi  totem antieconomici e copiose tangenti sicuramente correlate.
    Intanto che attendiamo di votare per questi referendum, e magari pure per le elezioni politiche, ci sono votazioni cruciali dentro una fabbrica a Torino. Dove c'è un tizio che ha fatto un piano industriale fantascientifico (tutte quelle macchine non le venderebbe mai, nemmeno se domani uscisse con dieci nuovi modelli tutti indiscutibilmente migliori della concorrenza, figurarsi in una realtà che è l'opposto) e vuole darci a bere di poterlo attuare semplicemente riportando gli operai a condizioni di lavoro ottocentesche, mentre in Germania ad esempio fanno esattamente l'opposto e infatti vendono un sacco di ottime macchine. In breve (ma se avete più tempo leggetevi il gustosissimo resoconto di Lameduck) il tizio in questione minaccia, se il referendum/ricatto lo vedesse sconfitto, di andarsene in Canada, in pratica di abbandonare del tutto la fabbriche italiane di un gruppo che diverrebbe tutto americano, ma non è tanto questo lo scandalo. Lo scandalo è un Presidente del Consiglio che dichiara che se lo facesse farebbe bene, dimenticando che senza lo Stato italiano e i mille modi sonanti in cui il suo contributo è stato essenziale al suo sviluppo e alla sua stessa sopravvivenza Fiat avrebbe chiuso da un pezzo, mentre la cosiddetta opposizione del PD si è pronunciata a favore dei padroni non solo nella persona dell'ex segretario e candidato sindaco Fassino, ma persino nel nuovo che avanza, il Sindaco più amato degli italiani (successore in questo dell'attuale Governatore della Calabria Scopelliti) Renzi, già noto per essere andato in pellegrinaggio ad Arcore prima ancora di avere un ruolo alla guida nazionale del partito (gli altri hanno cominciato il lecchinaggio in una fase successiva), che ha dichiarato di stare dalla parte di Marchionne senza se e senza ma. Come dire, siamo senza speranza.

    (*) nel frattempo la Corte Costituzionale ha sostanzialmente demolito l'impianto del provvedimento, al punto che è incerto si possa svolgere il referendum relativo (deciderà la Cassazione), riaffermando l'elementare principio che è il giudice che deve decidere di volta in volta la sussistenza dell'impedimento e la sua legittimità, e chi se no? la cosa era scontata anche per gli estensori della legge, se non anche per gli ispiratori: poteva mai il supremo organo accettare che un qualunque cittadino, per quanto con una carica importante, decidesse lui che il suo compito gli impedisse una volta per tutte di presentarsi a giudizio (ma non, ad esempio, di organizzare festini con nipoti di capi di Stato esteri?)? ma soprattutto, quanti sanno che il legittimo impedimento era già sufficientemente regolato dall'ordinamento, e vale per tutti noi, salvo che di volta in volta è appunto il giudice a valutare nel merito se sussiste davvero e per motivi davvero validi? il fatto è che questi si muovono meglio di tutti solo nel polverone, e quindi non resta che attendere quale sarà il prossimo che solleveranno...

    lunedì 10 gennaio 2011

    IL TESTAMENTO DI FABER

    Chi mi segue sa quanto amo la musica dal vivo, quella che sempre di più - e giustamente - sarà l'unica cosa a dare da vivere ai musicisti, quando avremo seppellito per sempre le forme più retrive del diritto d'autore. Ne Il testamento di Faber dieci sessionmen affermati sono riuniti in un progetto davvero interessante: riproporre le canzoni di Fabrizio De Andrè nei loro arrangiamenti originali, sia live che studio. Una vera cover band, insomma (le tribute band invece reinterpretano in misura più o meno pesante i pezzi dei loro emuli), ma senza quell'eccesso di dilettantismo che spesso si riscontra nel settore: se fai i Dire Straits devi avere almeno un mostro della chitarra, se fai i Genesis anche uno con dieci anni di conservatorio al piano. Se fai De Andrè devi avere uno con la voce bassa e piena (che non si incavernisce e depotenzia scendendo di tono) che quando sale si asciuga e picchia netta (senza andare di naso o peggio infalsettirsi): questi non solo hanno il cantante giusto, come raramente mi era capitato con altre band analoghe, ma sono davvero tutti quanti bravi. L'effetto del concerto, cui ho assistito ieri al Teatro Golden a Roma, era per certi aspetti più sorprendente dello stesso tour meritatamente trionfale di Cristiano De Andrè, anche se ovviamente non può ambire a quel livello sia per i mezzi in campo che per la magica presenza del figlio/clone (senza offesa per la sua autonomia artistica: è che la somiglianza fisica e vocale impressiona...).
    Dalla loro pagina Facebook mi avvisano che saranno il 17 al Teatro Ghione in una serata evento gratuita dedicata a Gaber e Faber: se potete andateci, non ve ne pentirete.

    venerdì 7 gennaio 2011

    QUIDOPO

    Soltanto un Maestro in gara per la top-ten all-time poteva affrontare un tema come l'aldilà (hereafter lo splendido termine inglese che traduco letteralmente nel titolo) mantenendosi in perfetto equilibrio su una lama di coltello con di qua e di là i baratri della irrisolta religiosità e del paranormale hollywoodiano. Clint Eastwood potrà qui non avere raggiunto le vette di Million Dollar Baby o Gran Torino, ma il tema era decisamente e drammaticamente più difficile da trattare, almeno mantenendo un garbo e uno stile tali da non offendere la sensibilità di nessuno: né di chi abbia una fede né di chi non ne abbia, né di chi ama i film che escono dalla traccia della logica né di chi (come me) invece solitamente inorridisce quando il suo filo viene anche solo stiracchiato troppo (strappato, esco dal cinema, a meno che non fossi stato avvertito preventivamente dalle indicazioni di genere: adoro la fantascienza, ad esempio, ma deve essere dichiarata).
    Oltre che girato benissimo, il film è scritto magnificamente, coi fili che si riannodano in maniera naturale senza necessitare di colpi di scena o "sospensioni dell'incredulità". Così, l'ennesima scommessa riuscita dell'eroe-erede di Sergio Leone lascia semplicemente lo spettatore inchiodato alla poltrona per tutta la pellicola, e poi dopo ad interrogarsi sui titoli di coda cosa diavolo stia progettando adesso sto ragazzino di ottant'anni. Un'età, tra l'altro, in cui il pensiero della morte deve farti un bel po' di compagnia, eccome.
    Se ci pensate, la consapevolezza di dover morire è esattamente ciò che distingue l'uomo dagli altri animali, ciò che scandisce l'inizio dell'Adulto dentro ogni Bambino. Gestire questa consapevolezza senza impazzire è talmente difficile che su questo affare sono nate e hanno prosperato tutte le religioni costituite e molte altre cose, dalla filosofia all'industria del divertimento, passando per l'identificazione con la squadra di calcio o altra cosa più lunga di una vita e per le precipuità umane del rapporto con la filiazione. E' qui che Clint si rimette il poncho e col sigaro a mezza bocca con molta calma ci prende dal bavero e ci sibila puntandoci addosso i suoi "occhi di ghiaccio" che la Morte, signori e signore, è niente più niente meno che la condizione logica necessaria per apprezzare la vita. La vita, o dovremmo dire il Quiadesso.
    LUNEDI' 10 GENNAIO alle ore 10:30, presso il TEMPIETTO EGIZIO del cimitero del Verano in Roma (entrata di via Tiburtina - Piazzale delle Crociate, dopo 200 metri sulla destra) si terrà il commiato laico a Giancarlo Fornari. Interverranno molte persone per cui lui è quidopo, e lo sarà per sempre...

    sabato 1 gennaio 2011

    BUON ANNO, OGNUNO A CASA SUA!

    Se non bastasse la crisi economica a sconsigliare le spese tutto sommato superflue, da oggi è in vigore a Roma la tassa di soggiorno, il cui intento è fare un po' di cassa nel presupposto che non sarà in grado di incidere sulla domanda di turismo nella Capitale (altrimenti sarebbe un cazz'e tutt'uno, per dirla come usano a Oxford).
    Mentre gli apocalittici suggeriscono che il kerosene sarà il primo derivato del petrolio a cui dovremo rinunciare dopo il picco, e quindi i viaggi aerei torneranno ad essere pochi e cari come prima degli anni ottanta, i pratici cominciano ad attrezzarsi. Stelio Fantani ci racconta cosa succede nel Regno Unito.

    WikiLeaks: tra Usa e Uk al Fisco il ruolo del terzo incomodo
    di Stelio Fantani

    In onda, su WikiLeaks, uno scambio di note riservato, tra Londra e Washington, su due temi lontani e, al contempo, vicini. Ovvero, fisco e viaggi. In particolare, in tema di transiti, e di spostamenti, si discute di voli dal Regno Unito fin dentro il cuore degli States e viceversa. In lontananza, invece, le opinioni che transitano tra i diplomatici statunitensi impegnati a contemplare le distanze aeree che si restringono attraverso l’Atlantico si soffermano, d’improvviso, su di una scelta di politica economica, e cinicamente fiscale, decisa dall’Esecutivo britannico. Si tratta d’una tassa sui voli aerei che, da quasi un ventennio, risale ai primi anni ’90, si applica con rigore sulle partenze dagli aeroporti del Regno Unito, senza esclusioni.
    La scalata della tassa sui voli irrita Washington
    Il prelievo, imposto sui viaggiatori che lasciano il Regno Unito prenotando un volo aereo, ha una lunga storia di dissapori fiscali alle spalle. Fino al novembre scorso però gli scontri erano stati interni alle diverse lobby britanniche. In pratica, compagnie aeree e Confindustria britannica su di un versante critico, Governo e ambientalisti sul banco opposto. Risultato, una crescita continua negli anni del prelievo. Al debutto, infatti, cioè nel ’94, il balzello predisposto per gli spostamenti aerei è pari a 5 sterline su ogni singolo biglietto venduto. Si sale invece a 10 sterline, ma soltanto se il volo è di prima classe, riservata al business, e la destinazione oltrepassa i confini dello spazio economico europeo. Quindi, nel ’97 la tassa sperimenta una prima revisione verso l’alto, di fatto raddoppiando. L’epilogo coincide con il 1 novembre dell’anno in corso, quando l’Esecutivo britannico dà il via libera definitivo ad un ulteriore aumento. Sotto il profilo contabile, ora la tassa, strettamente relazionata al chilometraggio, varia all'interno d’un intervallo la cui base minima è pari a 85 sterline, mentre la soglia limite si ferma a 170 sterline. Penalizzati, naturalmente, i voli su distanze extra-Europa. Usa in primis. Da qui l’origine del malessere fiscale registrato da Wikileaks e certificato negli scambi di note tra i diplomatici Usa e il Dipartimento di Stato, cioè il Ministero degli Esteri statunitense.
    La tassa che assicura entrate
    D’altra parte, le obiezioni sia delle lobby interne sia di attori esteri, si son sempre dovute scontrare con la realtà contabile d’una tassa il cui gettito, nel corso degli anni, non ha mai conosciuto crisi. Nell'anno d’esordio, per esempio, assicurò ai conti pubblici britannici, già allora in cerca di maggiori risorse, un gettito pari a 1 miliardo di sterline. Entrate che, nel corso del tempo, hanno visto accrescere il loro peso fino ai 2miliardi del 2009. Ma con l’inasprimento in vigore dal 1 Novembre 2010, entro il 2014-2015 il gettito stimato dovrebbe risultare pari a 3,5miliardi di sterline. Un raccolto prezioso, soprattutto in tempi di Crisi.

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