giovedì 8 novembre 2012

LA MORTE (DELLA POLITICA)

In una famosa serata sotto le insegne unite di Samarcanda e del
Maurizio Costanzo Show, un giovane Michele Santoro regge il
microfono a un giovane Totò Cuffaro, perché si sentano meglio i
suoi strali contro l'allibito Giovanni Falcone. Per i forti di cuore c'è
anche il video, di questo exploit che sarebbe valso a "vasa vasa"
la carriera politica che ha avuto... Almeno lui adesso è in galera...
Confesso: non ho mai visto un talk-show, al massimo ci sono passato facendo zapping ma la mia resistenza media è di pochi secondi, la massima di 5 minuti. Proprio mai: non dico Porta a Porta o quelli Mediaset che manco so come si sono via via chiamati, dico nemmeno Ballarò, e soprattutto dico nemmeno Costanzo Lerner o Santoro, nemmeno ai loro primi enormi successi. Anzi, quando a sinistra era un coro di lodi per Samarcanda, io non riuscivo a vincere invece il disagio verso un format che dava troppo spazio agli urli della gggente e troppo poco al ragionamento, ne avvertivo insomma la pericolosità diretta e indiretta, attraverso gli indubbi seguaci che il suo successo avrebbe creato (previsione poi puntualmente avveratasi).
Scoprire oggi di non essere stato solo in questo sentimento non può che far piacere, ma è un piacere dolceamaro, perché invece sappiamo dove volano le mosche e nel frattempo l'intera informazione politica televisiva ha preso quel taglio, che evidentemente piace ma i cui effetti sulla democrazia, sia diretti per via del crollo dell'indice di discussione e di comprensione dei problemi reali (si urlano slogan, si recita un gioco delle parti, mai si discute razionalmente di un argomento presentandone le visioni contrapposte), sia indiretti per via della cattiva selezione della classe politica che ne deriva (non bastassero gli altri pessimi canali di selezione già esistenti), sono pessimi. Leonardo ricorda che vengono da questo humus la Lega tutta e la Polverini, io aggiungo almeno Cuffaro e Sgarbi (ma con un po' di mente locale chissà quanti sono...), e concordo che letto così il diktat di Grillo agli esponenti del M5S può essere discusso nei modi (e per la loro eleganza non per la loro efficacia) ma ha il suo senso: quello che Grillo propone (a prescindere poi se sia vero o invece sia solo uno spot per vendere il marchio, questo lo vedremo presto) è un nuovo modo di fare politica, che poi forse è anche molto vecchio, che nei talk-show non si può attuare, punto e basta.
Negli anni 70 tutto era politica, e forse era esagerato. Ma ho continuato sempre a pensare, anche quando era passato di moda (e con ciò mi sono sentito "vecchio" a poco più di vent'anni, a pensare ai decerebrati che avevano pochi anni in meno e molti accessori firmati addosso in più come ai "giovani d'oggi"), che avere un'idea fondata sulle cose che riguardavano la gestione della poleis fosse diritto/dovere di ciascun cittadino, altrimenti la democrazia sarebbe stata non solo priva di senso, ma anche un'arma pericolosissima per tiranni di vario genere. L'aspetto migliore dei grillini, ok oscurato dalla personalità del loro leader (che però è la leva indispensabile per scardinare un mercato come quello politico odierno per come è diventato), è proprio questo, e magari riuscisse a fare breccia a sinistra e perché no anche a destra fosse solo per imitazione: che sono ragazzi che si pongono il problema di cosa servirebbe per far star meglio tutti questione per questione, e mi spiace ma il limite di 2 legislature, il divieto di candidarsi anche solo dopo una condanna di 1° grado, il rifiuto dei rimborsi elettorali e il tetto agli emolumenti, sono tutte misure indispensabili per far si che questi ragazzi non comincino a pensare alla politica come un mestiere, uno strumento per crearsi rendite di posizione per se e i propri discendenti, senza nemmeno parlare di altre utilità meno legali.
Al PD avrebbero dovuto leggerseli, il programma di Grillo e le regole per chi vuole fare politica attraverso il suo movimento, e scopiazzare senza pudore tutti i punti che dovrebbero appartenere alla cultura di sinistra di questo Paese, politici ed etici, anzi non è esagerato azzardare che un Berlinguer oggi non avrebbe esitato a farlo, così lungimirante com'era sulla questione morale e così amato dai giovani e mirante alla loro partecipazione e inclusione. Siccome non solo non lo hanno fatto, ma anzi continuano a proporre buffonate come le primarie tra un berlusconi in minore e uno che si è legato in un abbraccio mortale a Monti, o la nomina ad assessore alla cultura di gente famosa per i suoi strali artistici contro la corruzione (e contro "gli addetti alla cultura") dopo aver "vinto" le elezioni solo grazie all'alleanza con un partito che ha governato in acclarata contiguità al potere mafioso per anni (costola di uno che lo aveva fatto per decenni), allora mi sa oramai che non resta che sperare davvero in un ticket Grillo premier Di Pietro presidente, che magari combini pure un po' di guai ma almeno dia la scossa ad un Paese altrimenti morto.
Quest'ultimo scenario, peraltro, è talmente possibile che i cadaveri ambulanti che dominano la scena politica, e in particolare uno dei loro esponenti più rappresentativi in tal senso, stanno in tutti i modi cercando di accordarsi per riformare la legge elettorale in modo da impedire il suo avverarsi. Bisogna ammettere che peggiorare il porcellum non è facile, ma questi ci stanno provando, e (a meno che sussulti di pudore come questo di Vizzini non abbiano la meglio) avendo l'esperienza che hanno potrebbero persino riuscirci: lo schifo che hanno in mente, infatti, reinserirà un po' le preferenze per dire che hanno risolto una delle criticità della legge vigente, ma mantenendo una quota di nominati sufficiente a imbarcare tutti quelli che devono avere il seggio di diritto, e spostando la soglia di premio a un livello che resti fuori dalla portata di Grillo o del solo PD ma magari dentro alla portata di un inguacchio PD-UdC come quello siciliano, tanto se non scatta si mette in scena il mercato delle vacche di pentapartitica memoria, oppure ci si riaffida ai tecnici (cosa che forse è il vero scopo ultimo di tutta l'operazione). 
Insomma, la colonna sonora di questo pezzo non sarà Aria di rivoluzione di Franco Battiato, ma proprio Samarcanda di Roberto Vecchioni, perché racconta di un soldato che credendo di fuggire dalla morte finisce per fuggire verso di lei, come si spera stia facendo questa classe politica.

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