lunedì 11 febbraio 2013

NON POSSUMUS

Eh si: un Papa si può dimettere, e può
essere eletto Papa chiunque, anche un
frate eremita o un politico meritevole.
Secondo voi chi sotto sotto, almeno in

sogno, ci sta facendo un pensierino?...
La notizia è di certo epocale, e dunque questo post verrà buon ultimo nel mare di notizie e di commenti che affollano la Rete (e il mondo dell'informazione in generale) dalla tarda mattinata, come può esserlo una cosa che accade per la seconda volta in oltre duemila anni. Tanto che a molti suonerà nuovo, oggi, scoprire che già una volta, secoli addietro, vi fu un Papa dimissionario, e per questa buona ragione tutti i commenti di cui sopra citano, a margine della notizia delle dimissioni di Benedetto XVI, la storia di Celestino V, alias Pietro Morrone, eremita abruzzese eletto da un conclave in cerca di un Papa di transizione che "molla" dopo soli 4 mesi, e quindi il libro di Ingazio Silone che la riportò all'attenzione dei contemporanei, "L'avventura di un povero cristiano".
Il titolo di questo post non c'entra niente con questa rinuncia, riferendosi invece storicamente a una ferma presa di posizione di un suo tristo predecessore a chi metteva in discussione il suo potere temporale (i suoi successori furono politici più abili, e riuscirono ad ottenere molto più potere di prima...). Ma la locuzione è così fortunata che è stata usata e abusata da tanti, e a me piace pensare che Ratzinger si sia reso conto di non potere più fare  con dignità un mestiere così impegnativo, in ciò dimostrandosi molto migliore di chi ha rimpiazzato, un tipo sopravvalutatissimo che ha oscenamente mostrato la sua malattia prima di ricorrere a una morte dolce (eutanasia, in greco) ma nascosta, sia mai venga in mente a noi mortali qualunque che è una cosa che si può fare.
A commento della notizia oggi molti citano il recente bel film di Nanni Moretti, che speriamo non sia stato così profetico anche ne Il Caimano, in cui un eccezionale Michel Piccoli rinuncia al trono appena eletto, dandosi "alla macchia" nei meandri della Capitale. A me invece è venuto in mente un episodio del bellissimo Signori e signori buonanotte, in cui uno strepitoso (come spesso era, sempre quando era diretto da Magni) Nino Manfredi simula una malattia terminale abbastanza a lungo da convincere il conclave fosse perfetto per una breve parentesi durante la quale gli equilibri politici avrebbero avuto il tempo di sbloccare l'impasse, per poi rivelarsi "guarito" e iniziare il pontificato con la condanna a morte dei cardinali maneggioni. Non lo so, mi sembra di buon augurio, ve lo posto tutto.

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