venerdì 4 luglio 2014

MINCHIA SIGNOR FALETTI

"...ed il gioco si porta via rotolando la vita mia..."
La maggior parte lo ricorderà per Vito Catozzo: DriveIn faceva parecchi milioni di spettatori a puntata, e il suo personaggio era peraltro tra i pochi che si elevavano dal livello macchietta e andavano oltre il tormentone.
Moltissimi si rammenteranno che andò a Sanremo, con una canzone che magari non era La guerra di Piero, ma insomma portare un carabiniere che parla così al Festivalone ci vuole un bel coraggio, e forse era quello che serviva per "scatozzarsi", bravo Faletti pensammo in tanti.
Molti ancora lo amavano scopertosi scrittore, e quasi subito di best seller di genere, una cosa che in Italia prima manco tanto si usava: gialli venduti a milioni di copie che io non ho letto per una forma di snobismo che mi affligge e io chiamo sana diffidenza, che mi ha portato a scoprire persino Il nome della rosa soltanto vent'anni dopo il suo successo, e ora giuro che rimedio e almeno Io uccido me lo procuro.
Insomma era poliedrico, lo hanno detto tutti e si evince da Wikipedia.
Ma non so quanti sanno che oltre a Minchia signor Tenente Giorgio Faletti da Asti ha scritto tante altre belle canzoni, e addirittura un album a quattro mani con Angelo Branduardi, Il dito e la luna, che io ho in CD perché quando si potevano noleggiare e così man mano scendevano di prezzo ne compravo ancora molti. Le canzoni sono tutte belle, i testi di Giorgio splendidi, ma già la tracklist, scorrendola, sembra una sorta di testamento anticipato (il disco uscì nel 98) - inizia con Il giocatore di biliardo (il video è qui sotto, va visto assolutamente e le parole ascoltate con attenzione, le ultime sono in didascalia della copertina qui sopra) e finisce con un omaggio a Neruda (Confesso che ho vissuto), passando per perle come L'uso dell'amore e titoli come La comica finale e L'ultimo giorno del circo - ben più delle "ultime frasi" riportate in tutti i coccodrilli (la più bella delle quali la ricorda Il fatto quotidiano: "qui giace Giorgio Faletti, morto a diciassette anni"). Perché quelli che nella vita giocano sempre, non invecchiano mai.

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