giovedì 3 luglio 2014

LOGICO

Non voglio cercare link di approfondimento, stavolta. Chi ne ha voglia faccia da solo, io vado a memoria. Ero bambino ai tempi dell'attentato di Monaco 1972, il fatto che i palestinesi fossero terroristi era considerato pacifico dai mass media e così mi arrivava e davo per scontato. Dovevo scoprire decenni dopo, studiando, che l'etichetta "terrorista" è la più strumentale di tutte e che praticamente tutti i nemici politici pericolosi di qualunque regime se la sono trovata prima o poi appiccicata sopra, riuscendo a levarsela solo in caso di successo e viceversa mantenendola per l'eternità, per cui tutti i padri di Israele erano stati a lungo schedati come terroristi dagli inglesi quando ancora non avevano deciso di accondiscendere alla creazione di quell'avamposto dell'Occidente nel campo nemico che era e resta Istraele, e la differenza tra Mazzini e Curcio era solo nelle diverse fortune delle rispettive speranze; nei monti tra Trento e Bolzano, ho conosciuto di persona vecchi nostalgici austroungarici che chiamavano terrorista Cesare Battisti.
Quando esplose la prima Intifada, però, plaudìi mentalmente alla scelta palestinese di lasciare le armi per i sassi, convinto che togliendo agli invasori gli alibi li avrebbero gandhianamente (ma non troppo) sconfitti. La strategia portò all'accreditamento politico di Arafat e agli accordi di Oslo, ma è proprio come finì quella stagione di speranze che istruisce sugli accadimenti in cronaca: entrambi i Nobel fecero presto una brutta fine, e se l'avvelenamento di Arafat è ancora materia di cosiddetti complottisti, l'assassinio di Rabin lascia meno dubbi sulla sua natura di inside job.
Da quella volta, ogni volta che i palestinesi si sono dimostrati più ragionevoli chi aveva interesse a che tornassero "fondamentalisti" perché non fosse messo in dubbio il suo diritto a schiacciarli è sempre riuscito ad angariarli e/o provocarli fino alla reazione, o a imputargli azioni nefande, con tempestività sospette. Ecco che basta un po' di memoria per non cascarci neanche un attimo, alla notizia dei tre adolescenti rapiti e (poi si saprà subito) uccisi: inside job. Non che sia necessario: la triste contabilità dei morti resta sempre così tanto enormemente a sfavore dei palestinesi che non c'è dubbio, a chi non sia o scarsamente pensante o in mala fede, su chi sia l'oppressore e chi l'oppresso in quel teatro. Ma ricorrere alla contabilità dei morti è una cosa inumana, e avere cento volte più vittime del tuo nemico non ti giustifica nel rapire e uccidere anche uno solo dei suoi figli, così come però avere sei milioni di morti in una fase storica non ti giustifica a causarne centomila mille o anche uno solo nella fase successiva, in cui sei passato dal denominatore al numeratore della storia. Quindi i conti non contano, anche e soprattutto quando ci danno ragione: lasciamoli da parte, e usiamo la logica. E' stato inside job, è logico. La pace da quelle parti non ci deve arrivare, evidentemente...

Nessun commento:

In evidenza

DEFICIENZA, NATURALE

Dell'argomento AI ne abbiamo già parlato come di uno di quei pericoli gravissimi verso i quali sarebbe opportuno porre argini non appen...

I più cliccati dell'anno