mercoledì 9 settembre 2015

MAGARI POI VINCI

Roberta ha 32 anni e la faccia di una ragazzina delle medie che ha già capito che non sarà mai bella come una di quelle sue compagne che già camminano col codazzo di quelli delle superiori che le aspettano all'uscita e che a 45 non riuscendo a farsi una ragione della sua sparizione progressiva hanno già arricchito qualche chirurgo con effetti tragicomici.
Roberta gioca a tennis, uno sport che per parafrasare Gaber che parafrasava Shaw non è che per praticarlo con costanza bisogna essere psicopatici ma aiuta, perchè sei solo come in una partita a scacchi, solo come di fronte alla vita e soprattutto di fronte alla morte (e le religioni ci campano, col business di farti credere il contrario), e Il settimo sigillo con un tre set su cinque a Wimbledon avrebbe funzionato lo stesso ma essendo molto più divertente.
Un frame dell'incontro tra Serena Williams e Roberta Vinci
Ma non basta. Roberta infatti si ostina a giocare il tennis in un modo che pian piano è stato abbandonato da quasi tutti, in quanto meno redditizio in termini di risultati, e anche a livelli amatoriali dove in teoria i risultati dovrebbero contare meno. Ma è quel modo, e lo so bene perchè è anche (a un livello infinitamente inferiore, ovviamente) il mio, che poi vai a dormire e ti sogni quei due o tre punti che sei riuscito a inventarti, e allora i risultati se arrivano bene sennò chissenefrega.
Che poi è un fenomeno diffuso in tutti gli sport il progressivo prevalere della forza fisica sulla tecnica pura (o se preferite della quantià sulla qualità), figlio dell'accorciamento dei termini di valutazione della bontà di un investimento nella società in genere, e si vede, perchè in realtà, al contrario di quello che può sembrare, si tratta di uno stile di gioco meno logorante, che quasi sempre ti allunga la carriera (e infatti io l'ho sempre saputo, e detto, che nonostante fosse più giovane Nadal sarebbe "caduto" prima di Federer, e visto il livello di genio di quest'ultimo ci sta, ma credo che Rafa si sogni di poter arrivare ai quarti di uno slam a 34 anni come il suo connazionale Feliciano Lopez, il tuttotalento che non ha fatto capire niente al nostro bombarolo Fognini che aveva appena eliminato appunto Nadal). Dunque è tutt'altro che scontato che questa scelta, che condiziona le scuole e quindi alla fine seleziona i giocatori a tutti i livelli, sia quella giusta, per cui speriamo che anche dagli eventi sportivi in cronaca passi il seguente messaggio: forse anche per arrivare ai vertici, ma sicuramente per avere una carriera amatoriale piena di soddisfazioni, è meglio imparare il gioco al volo e prima ancora il rovescio a una mano così da poter usare lo slice, fidatevi.
Certo se hai due metri e rotti e servi dal secondo piano è logico puntare sul servizio, e se hai il fisico di Tyson (e i tendini di una ballerina: l'avete vista in spaccata centrale?) picchiare come un mulo su ogni palla ti può portare alle soglie di un meritatissimo Grande Slam. Ma se c'è un Dio del tennis, e ha deciso che Serena Williams deve fermarsi a un passo dal vincerlo, è giusto che sia per mano di una delle ultime sue sacerdotesse: Roberta Vinci da Taranto, per anni numero uno del mondo di doppio e tra le prime cinquanta (ma spesso sfiorando le prime dieci) nel singolo, sopraffina interprete dei gesti bianchi, e quando è in giornata capace di umiliare chiunque.
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ULTIM'ORA - Flavia forse invece era una di quelle col codazzo, non so. Ma della sua conterronea e quasi coetanea, se non ha lo stile, ha la qualità, e la forza mentale. A tratti anche lei, peraltro. Sicuro, grazie all'exploit di Flavia Pennetta da Brindisi ora abbiamo due italiane, anzi due pugliesi, tra le quattro semifinaliste agli US open. Magari perdono, contro avversarie di tanto più quotate ci sta. Ma magari no...

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