martedì 29 settembre 2015

LA BRM DEL POPOLO HA UN PSS NELLA MMM

Beh, la hit è tale che bisogna proprio riascoltarla
Nell'era di Internet tutti possono sapere, e quindi tutti i giornalisti che hanno voluto hanno potuto aggiungerlo come cappello storico ai commenti di attualità, che la Volkswagen nasce per una scommessa (persa per sopraggiunta guerra) dell'ingegner Porsche a Hitler: riuscire a produrre un'auto robusta e comoda per tutta la famiglia a un prezzo accessibile agli stessi operai. Ma io questa storia la conoscevo fin da bambino perchè me la raccontava mio padre, a commento del fatto che suo cognato, mio zio, passava da un Maggiolino usato all'altro, perchè all'epoca di fuoristrada c'era solo la Fiat Campagnola, praticamente un camion, e di auto da città capaci di affrontare le pietraie dei torrenti, che nel reggino sono l'unica strada che risale alle poche campagne coltivabili, non ce n'erano altre.
Così, dopo che dovetti seppellire - per via di un incontro un po' troppo ravvicinato con un'Alfetta corazzata (che non era delle forze dell'ordine, fate due più due e saprete perchè l'assicurazione gliela feci io anche se avevo ragione....) - la mia prima macchina, una Fiat 500L blu che nessun'altra auto mai sarebbe riuscita a superare nel mio cuore di amante della guida, fu quasi ovvio per me investire il mio modestissimo budget di poche carte da centomilalire nell'unico ferro affidabile che ci si poteva comprare: un Maggiolone bianco panna. Era un 1300 (motore più grosso e potente di quello del Maggiolino, ecco perchè cambiava il suffisso), consumava come una Ferrari ma alla velocità massima di un tir, che però compensava con una coppia ai bassi regimi tale da far sospettare avesse potuto tirarne il rimorchio. E aveva una semplicità e robustezza meccanica da far pensare (come per il "cinquino" peraltro, con cui inoltre condivideva anche l'impostazione tecnica di massima: "tutto dietro" e raffreddamento ad aria) potesse durare una vita, senza incidenti (appunto: defunse contro una delle poche auto più robuste di lui, una Volvo 244).
Ho poi avuto altre due VW, una Polo seconda serie e una Golf quinta serie, entrambe a gasolio, ma la sensazione di qualità, pur ancora maggiore che nelle altre auto, è andata calando, e pur avendo superato con entrambe i 250mila chilometri la mia certezza di aver fatto un affare a comprarle è andata decrescendo, tenuto conto del costo iniziale, dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria, e dei guasti occorsi.
I fatti in cronaca (sintetizzo: auto patentate a certe soglie di basso inquinamento grazie a un dispositivo elettronico che interveniva a ridurlo riconoscendo quando venivano sottoposte ai test), seppure i miei modelli fossero precedenti a quelli incriminati, mi hanno fatto rammentare di aver avuto in realtà qualche perplessità subliminale, quando passavano senza problemi i test del bollino blu e della revisione pur avendo io notato in qualche condizione una fumosità diciamo così non inesistente. Magari mo' sono suggestionato e mi immagino tutto, ma è esattamente questo, che succede quando si perde la fiducia in qualcosa...
Ora, magari ha ragione chi coltiva sospetti sullo strano tempismo dell'esplosione dello scandalo proprio in occasione del sorpasso della casa di Volfburg ai danni di Toyota in testa alla classifica di produzione mondiale, ma resta il fatto che gli interessi in ballo sono talmente grossi che i vertici della casa tedesca se anche avessero avuto una sola speranza di cavarsela invocando il complotto ci si sarebbero infilati a capo fitto, mentre invece il fatto che abbiano subito ammesso il tutto significa solo una cosa: gli impicci ci sono stati, e belli grossi.
Altro discorsi sono: chi ci guadagna dalla faccenda (e perchè e percome), e quanti degli altri costruttori ne hanno fatti di simili o meno simili (o semmai se se ne salva qualcuno). Dal combinato disposto di questi interrogativi, si possono trarre un paio di deduzioni interessanti:
  1. gli americani non si arrendono tanto facilmente: vogliono il TTIP (una vera arma letale delle multinazionali contro gli Stati) e tenteranno di spazzare via con ogni mezzo chi in qualche modo vi si oppone;
  2. la teoria secondo cui è l'animo profondo di un popolo a deciderne il grado di onestà deve registrare una sconfitta almeno parziale nei confronti della teoria opposta, secondo cui il grado di onestà è invece determinato in ogni campo dalla sussistenza o meno in quel campo di regole scritte (sanzioni efficaci comprese) in modo da favorirne il rispetto effettivo.
Ma soprattutto, tutta la vicenda pare confermare, per vie nemmeno troppo traverse, la crisi del modello di sviluppo occidentale, basato tra l'altro sulla totalmente libera mobilità personale garantita in teoria solo dall'automobile. Che, se vorrà salvarsi, dovrà necessariamente puntare su propulsioni alternative (chi se lo ricorda Grillo vent'anni fa sul palco a farsi i suffumigi con lo scarico di un'auto a idrogeno?), e nelle problematiche situazioni urbane cedere il passo al car sharing e a un trasporto pubblico ripensato. Certo, che se pensi a questo mentre stai sulla Metro a Roma, la depressione è assicurata...
Forse, ancora una volta, la visione profetica è stata di un'artista: il poeta bolognese Roberto Roversi nel 1975 scrisse questa poesia, poi rimaneggiata e al tempo stesso esaltata con l'interpretazione da Lucio Dalla:



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