habeas corpus) non viene certo negato giuridicamente, cosa che solleverebbe proteste tali da imporre un dietrofront, no: viene semplicemente vanificato, come quello al lavoro con l'attacco ventennale culminato col jobs act, per capirci, e come per il jobs act, anzi più facilmente vista la natura delle tematiche (più emozionali e implicanti bisogni meno primari), la spoliazione viene coperta da una sapiente narrazione falsa ripetuta fino a sembrare vera fino alla scontatezza.
Per comprendere la portata del fenomeno occorre un rapido tratteggio storico. L'uomo, per quasi tutta la sua storia millenaria, è rimasto legato indissolubilmente alla (quasi "prigioniero della") terra dove era nato. Quando, e ciò capita da sempre, è stato costretto a spostarsi, era uno sradicarsi, e per ragioni profonde e a costo di sofferenze immani per il singolo e la specie, sempre: dalla diffusione dell'homo sapiens dall'Africa al resto del globo fino ai migranti di oggi, travasi enormi e lenti, per compensare squilibri economici e ambientali difficilissimi da gestire altrimenti, o al massimo spedizioni pioneristiche e/o marginali, che comunque coinvolgevano l'intera vita degli interessati. Per viaggiare per piacere, e voler tornare a casa e raccontarlo, ci vuole un margine economico individuale e/o sociale, e infatti i primi a farlo furono i romantici dell'ottocento, e i primi del ceto medio nelle prime società di massa degli anni 20 del novecento, ma era il ceto medio/alto: i miei bisnonni e probabilmente quelli di ciascuno di voi lettori se lo sognavano, di andare in vacanza, i nonni praticamente pure (il maggiore, forse l'unico, viaggio dei miei nonni fu a Roma per cercare
di avere ragioni al ministero del mancato ricongiumento pensionistico
di lui - non l'ebbero: per le pensioni la finestra dei "privilegiati" è
ancora più piccola), e solo i padri con molta moderazione cominciarono. Insomma, non avendo la combinazione minima necessaria di accesso ai mezzi di trasporto e tempo libero, il proletario non può viaggiare, solo eventualmente migrare.
Dunque, visto il destino di generale neoproletarizzazione cui sono stati destinati, ai nostri figli non resterà (non resta, perché il fenomeno è già significativo) che partire per l'estero per cercarvi un lavoro qualunque. In concorrenza con gente che si accontenta di sempre meno, peraltro.
Ma siccome qualcuno ancora si ostina a non voler rinunciare a quello che gli hanno insegnato era un suo diritto, ecco una serie di provvedimenti ad accerchiarlo fino a fargliene perdere la voglia. Ad esempio, l'auto, se proprio insisti a volerne una, con autovelox, tutor e vergilius, varchi elettronici, puntatori laser, app sparamulte per smartphone, presto droni, ti conviene rinunciare a usarla. Da altre parti si è raggiunto lo stesso risultato rendendo via via il servizio pubblico talmente più concorrenziale da rendere logico non usarla: dilettanti! in Italia, e a Roma in particolare, ti costringono a prendere mezzi pubblici che continuano a peggiorare. Magari con provvedimenti raffazzonati e miopi (adesso persino postumi) che danneggiano tutti tranne quegli eletti che ancora possono mantenersi una casa al centro (o quei rampanti che rubando o meno se la sono fatta o si permettono di farsela ora, o quei pochi fortunati che l'hanno ereditata).
Che questi siano i veri scopi di tutto il complesso normativo/filosofico imperante, e non invece quelli dichiarati di salvaguardia dell'ambiente e della sicurezza delle persone (fino a mostri giuridici inutili e dannosi), è facile da dimostrare logicamente: se gli scopi dichiarati fossero reali, basterebbe rammentare che guidare un'auto è un'attività oggettivamente rischiosa, più ancora se vogliamo che pilotare un aereo, e quindi va lasciata solo a chi superi un percorso formativo serio e degli esami discriminanti (com'era agli inizi, ed è stato fino ai primissimi anni 80, peraltro), per limitare il parco auto (coi criteri in vigore ancora nel 1981, quando ho preso la patente io, oggi l'avrebbe un quinto di chi la "compra" alle autoscuole, ma io sarei ancora più restrittivo) al punto di rendere superfluo tutto il corpus di provvedimenti e attività repressive tanto di moda. Compresi gli assurdi limiti di velocità generali. I quali, però, se anche volessimo continuare a considerarli essenziali, basterebbe NON omologare vetture che li superino significativamente (lasciando un 10% di margine per i sorpassi). Come dite? danni all'industria? e non era la sicurezza la vostra preoccupazione? e poi perché? date i limiti all'industria (nessuna auto che superi diciamo i 150 all'ora può essere omologata per la circolazione sulle strade) e lei si industrierà a cercare altri fattori di appeal per vendere i suoi prodotti: scommettiamo che non avrebbe difficoltà? D'altronde, non è quello che hanno già fatto con gli accessori per la sicurezza (quasi tutti inutili quanto costosi) e i limiti di inquinamento (unico scopo: costringerti a cambiare macchina - abbiamo visto quanto interessa davvero l'obiettivo dichiarato)? Non è quello che stanno finalmente facendo con l'automotive infotainment?
E già ma poi come farebbe il politico o il calciatore a comprarsi il SUV coupè da 100mila euro e 250 all'ora (tanto le multe non le paga o non sono un problema, e i punti patente pure quelli si comprano)? E la casa automobilistica a vendere gli alti di gamma che fanno tanto margine (abbastanza anche per creare lo sfrido per le unzioni - o credete che solo la VW giochi sporco?), come farebbe?
Insomma, l'avrete capito, sono uno che gli piace guidare. E detesta doverlo fare con l'occhio strabico all'autovelox o rischiando il colpo di sonno per rispettare limiti assurdi. Ma non mi sono mai più divertito come quando guidavo una Fiat 500 L blu (battezzata Luchinella in onore al campione mondiale classe 500 delle moto), e il mio massimo sogno (irrealizzato) sarebbe stato possedere una DS (il geniale "ferro da stiro"): non due fulmini, ma una vera "city car" e una vera "dea". Ma costruite per durare una vita, e dovevi saperle guidare. E il tutor eri tu.
sabato 17 ottobre 2015
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