domenica 12 giugno 2016

DI RE IN RE

Ho visto la luce, ho visto Mohammed Alì combattere...
Non posso avere ricordi diretti, di quella notte di sport, non tanto per l'età, che li ho vaghi per la sconfitta contro il Brasile di Mexico 70 ma netti per la debacle dei vecchietti di Valcareggi in Germania 74, ma perché la Rai al tempo per via dell'austerity chiudeva le trasmissioni a mezzanotte e Telecapodistria a Reggio non arrivava e ne ignoravamo persino l'esistenza.
Ma Mohammed Alì era uno che quando lo incrociavi lo incrociavi ti andavi subito ad informare, presso testi e testimoni, chi fosse mai, anche chi lo avesse visto la prima volta ad Atlanta 96, accendere tremante la fiaccola olimpica.
Così si apprendeva che era oro olimpico a Roma 60 e poco dopo campione del mondo professionisti, corona, anzi cintura, che si riprese altre due volte, unico di sempre mi sa. Avendolo perso sul ring solo una volta, perché la prima glielo hanno tolto in quanto si era rifiutato di andare a combattere in Vietnam, e peraltro già dichiarato mussulmano. Ai tempi, ci bastava per eleggerlo GOAT; oggi, avete Wikipedia, per capire perché il docufilm del 96 che racconta il mitico match di Kinshasa, con tanto di megaevento musicale incorporato (con B.B. King, queen Miriam Makeba, e bishop James Brown, scusate se è poco) si doveva intitolare Quando eravamo re.
Poi certo, vi dovete accontentare di un bischeruccio che ci aspira, a farsi re, stravolgendo la legge fondamentale dello Stato in un modo che spalanca le porte, purtroppo per noi se non lo fermiamo, a gente ancora più pericolosa di lui. Col beneplacito di troppi, persino di chi della santificazione della Costituzione ne aveva fatto un marchio di fabbrica, e vabbé non aver imbroccato più un film dopo l'Oscar ma almeno in queste cose un po' di coerenza non guasterebbe, così è come se domani ci raccontasse Dante come un poetastro dialettale semisconosciuto...
Ma siccome qui qualcuno vi vuole bene, eccovi il filmato integrale in streaming, in cui vedrete il concerto e il contorno, e poi uno che si era fatto un nome, anzi due, sul fatto che, da peso massimo, usava pungere come un ape e volare come una farfalla, stupire il mondo facendosi menare, sfinendo così il suo fortissimo avversario fino a che fosse facile finirlo con una rapidissima sequenza.


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