lunedì 14 novembre 2016

DIPINTO DI BLU

Questo è il mare. L'altro chiamatelo come volete.
Questo non è un coccodrillo. Oggi su Majorca ne avrete letti e sentiti tanti, ma un blog fa un altro mestiere, è un diario personale e filtra sotto questa lente anche gli eventi pubblici. Al massimo, vedrete, è un delfino.
...
Da bambino ero affetto da una forma di asma bronchiale cronica particolarmente insistente: in pratica, pagavo con una notte insonne attaccato alle bombole d'ossigeno (per evitare l'abuso di bentelan, unica cosa efficace quando non c'erano ancora ventolin e simili) qualunque sudatella all'aperto, cioè tutte le attività tipiche dei miei coetanei. I miei giochi erano quindi essenzialmente casalinghi e solitari, specialmente d'inverno. D'estate no, perché respirare l'aria di mare riduceva enormemente la frequenza degli episodi di broncospasmo, ragion per cui, vivendo a Reggio Calabria, mi portavano al mare dai primi di maggio alla fine di ottobre, e ho continuato a considerare quella la stagione balneare finché ho vissuto lì (ma ho degli amici per cui durava - e dura - dodici mesi, giuro). In seguito, la durata della stessa si è progressivamente ridotta in proporzione inversa agli anni di lontananza, ma è rimasto immutato il mio concetto personale di fischio d'inizio della stagione balneare: un tuffo di testa dal bagnasciuga senza indugiare, ad immergermi interamente ed improvvisamente nell'altromondo che va dal pelo dell'acqua in giù. Una cosa impossibile nei fondali bassi e/o sabbiosi con l'acqua variamente torbida, del mare che si raggiunge facilmente da dove vivo.
Con queste premesse, la passione per il mare avrebbe potuto forse portarmi a diventare uno di quelli che amano esplorarlo per mestiere, o per hobby "serio". Ad impedirmelo non è stata però l'asma, anzi: quella, a conviverci, ti aiuta ad avere un atteggiamento consapevole nei confronti della respirazione che poi ti torna utile negli sport in genere e in quelli in cui bisogna controllarla in particolare. E' stato un episodio di quelli che se li vivi in certe fasi della vita, anche senza avere costituito per te un trauma grande e diretto, ti fanno semplicemente imboccare il bivio dall'altra parte, quella in cui nella fattispecie ti piace ancora sempre da morire andare sott'acqua ma non hai mai imparato a farlo davvero bene e ormai non imparerai più. Avevo un cugino acquisito simpaticissimo, la cui immagine che ho più impressa nella memoria è quella in cui si rotolava coi figli a terra nel soggiorno, professore di matematica e sub espertissimo, con in casa conchiglie raccolte di persona nei sette mari del mondo. E' morto a 33 anni, uno dei tot che muoiono ogni anno, quando io ne avevo 13 e i suoi figli erano due bimbetti, durante un'apnea vicino Messina, pare (ma cosa cambia?) mentre aveva a che fare con una murena.
Erano gli anni in cui Enzo Majorca e Jacques Mayol si strappavano a vicenda i record di immersione, si faticava a tenere il conto, ostentando inoltre una - alla fin fine forse solo apparente - radicale differenza di approccio "filosofico" alla disciplina. Per un ragazzino che amava il mare era comunque come per Coppi e Bartali, anzi meglio per un ragazzino italiano era come tifare Bartali contro "i francesi che si incazzano"... Majorca, poi, era pure siciliano, li capivi benissimo, certi colori del suo carattere che ad altri magari non piacevano....
Il respirare è, col comunicare, ciò che non si può non fare se si è vivi: entrambe le azioni iniziano col primo vagito e finiscono con l'ultima esalazione (due eventi tra l'altro che se vi assisti non te li scordi più), tanto che potrebbero essere sinonimi di vivere. Ebbene, entrambe le attività la stragrande maggioranza delle persone le svolge nella quasi totalità dei casi inconsapevolmente, solo minoranze sempre più piccole salgono i gradoni della piramide per vendere qualcosa o fare footing, parlare in pubblico o fare uno sport agonistico, diventare un leader politico o fare i record di immersione in apnea. Non ci si pensa, ma ci vogliono minuti e minuti, quasi 8, per scendere a 150 metri e risalire, Otto minuti con un solo fiato (e c'è chi stando fermo resiste molto di più): si potrebbe dire che chi lo fa è capace di visualizzare mentalmente ogni singolo atomo di ossigeno che ha immagazzinato nei polmoni mentre lo "spende" per sopravvivere, uno ogni quanto allenandosi ha calcolato che ci vuole perché gli bastino a fare quello che deve fare.
Forse Enzo è ancora li nel blu, a trattenere il fiato, risparmiandosi l'ultima particella, per l'eternità.

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