L'Espresso qualche settimana fa, evidentemente avendo avuto da qualche gola profonda l'anticipazione dello scoop della separazione tra gli spazi web del moVimento e del suo fondatore, aveva inteso, magari eseguendo una disposizione del suo editore o magari anche solo interpretandone un desiderio, presentare la notizia come una presa di distanza politica di Beppe Grillo dalla sua creatura, costringendo quest'ultimo a una lunga e articolata smentita. Di tutto ciò non vi linko niente perché è francamente poco interessante, tanto chi vuole trova tutto, la Rete in questo è tremenda. Ma anche se non è, come non è, credibile la lettura dei dipendenti di De Benedetti, è ugualmente piuttosto singolare che Grillo senta l'esigenza di recuperare una sua voce, uno spazio che gli consenta di spaziare tra tutti gli argomenti a cui tiene, proprio alla vigilia delle elezioni più importanti della vita del movimento 5 stelle. Vero è che è proprio in questo periodo che il blog doveva concentrarsi sulle tematiche inerenti la campagna elettorale e quindi lasciava ben poco spazio ad altro, ma è vero anche che probabilmente l'esigenza di Beppe è probabilmente annosa e comunque poteva aspettare un altro mese e mezzo per essere soddisfatta. Non può dunque essere un caso, e se pure rigettiamo con sdegno le maldicenze piddine, può essere percepito come un dovere cercare una spiegazione alternativa, per chi sostiene apertamente seppur dall'esterno il movimento grillino fin da dicembre 2012 come fa questo blog.
Non essendo nella testa di Grillo, provo a ragionare con la mia, hai visto mai la perplessità che mi viene sia anche la sua, e sennò comunque l'ho detta. Quando Virginia Raggi cominciò a correre per sindaco di Roma, la mia opinione esplicita fu che i grillini erano caduti in una trappola: Roma era infatti un buco nero di proporzioni tali, ben oltre il dichiarato e ancora oltre quanto scoperto in questi anni, che nemmeno un supereroe ottenuto mischiando Cristo Buddha Gandhi e Roosevelt avrebbe avuto una chance di otturarlo. Infatti, gli altri stavano evidentemente correndo a perdere. Adesso hai voglia a ripetere sul blog i risultati ottenuti, mentre tra l'altro tutto il mainstream sguazza su quelli non ottenuti magari anche mentendo ma comunque tacendo sul fatto che non erano umanamente ottenibili, il vulnus iniziale è ancora lì a pesare come un macigno: non si può governare una metropoli coi problemi di Roma, creati e aggravati da altri quanto si vuole, se non hai in mano la leva della sovranità monetaria nazionale per trovare le risorse con un fiat e la leva della giustizia per mettere fuori gioco i corrotti e disincentivarne l'ulteriore proliferazione. Cioè, se non vai prima al governo nazionale. Questo lo scrissi allora, e anche se avrei preferito avere torto, purtroppo avevo ragione. Ora la cosa si ripresenta.
Di Maio infatti è stato eletto candidato premier con una votazione che, per quanti aspetti discutibili abbia, è di gran lunga la più democratica del panorama politico, le primarie del PD essendo null'altro che una pagliacciata talmente colossale da far rimpiangere le tessere della DC delle correnti, e gli altri partiti essendo tutti verticistici nessuno escluso (vedi bacchettate di Grasso alla Boldrini, ad esempio). Ed è stato scelto probabilmente proprio perché, se l'obiettivo è portare il moVimento dal 30 per cento alla quota che serve per, e dall'isolamento all'apertura che serve per, governare, è lui probabilmente il personaggio più adatto. Con ogni probabilità, infatti, riuscirà nel miracolo di mantenere quasi tutti i voti dei grillini della prima e della seconda ora, me compreso, e però magari raccogliere dei voti da dove senza di lui non arriverebbero mai, sinistra forse destra probabilmente astensione magari (che è da li che possono arrivare le vere sorprese, e questo ad esempio un volpone come Silvio lo sa benissimo sennò si godeva la vecchiaia alla finestra). Quello che non si sa, e non si saprà fino al 5 marzo, e se ciò avverrà in misura sufficiente a costringere Mattarella a conferirgli l'incarico, e a far bastare a Di Maio l'appoggio di una formazione piccola per avere la fiducia del Parlamento, il che agevolerebbe non poco le consultazioni (leggi: le trattative). Se le cose stanno così, però, qual'è il problema, allora?
Il problema è che Giggino, per ottenere ciò, ha concesso, tra le tante cose che poteva concedere, una cosa che non poteva, perché comporta darsi un limite pratico invalicabile. Lo stesso con cui è andata a sbattere Virginia. Non si può, infatti, attuare neanche una frazione del programma espansivo che è necessario all'Italia adesso, e infatti gli elettori vogliono (al punto che anche tutti gli altri schieramenti ne hanno uno, sennò chi li vota?), quindi nemmeno i 20 punti di Giggino, senza riprendersi la sovranità monetaria. Le coperture di cui parla Giggino non si allontanano abbastanza dalle consuete fesserie che rabberciano i politici di ogni tempo, e massimamente quelli dell'era Euro, per pigliare per il culo i gonzi che vogliono credere alle loro promesse elettorali. Io lo voto, e voi dovreste votarlo, per due ragioni:
- perché spero vivamente, anche nel timore che il mio sia solo un wishful thinking, che abbia detto quello che ha detto sull'Euro (più o meno: non è più tempo di uscirne, l'asse franco-tedesco si è incrinato, noi rinegozieremo i parametri UE e solo come ultima ratio ricorreremo al referendum) soltanto per da un lato raccattare qualche voto anche tra i tanti terrorizzati dagli scenari apocalittici agitati ad arte dai propagandisti di regime (e del tutto irrealistici) e dall'altro perché l'unico fattore che può effettivamente favorire quegli scenari è annunciare con largo anticipo di voler uscire, da un sistema di cambi fissi - si tratta invece di una cosa che va fatta e basta, magari nottetempo, e smentendo con fermezza l'intenzione fino alla sera prima;
- perché uno degli argomenti forti a favore della cessione di sovranità era che ciò avrebbe creato un ambiente sfavorevole alla corruzione in politica, considerata da noi fenomeno endemico - l'argomento è ormai da tempo sputtanato, se è vero come è vero che in trent'anni di avanzi primari, cioè di sottrazione di ricchezza netta ai cittadini, l'unica voce che non ha conosciuto crisi è la corruzione, i soldi per riparare un binario non ci sono, quelli per le mazzette, connesse o meno a grandi opere, si trovano sempre, e in questo, ancora e fino a prova contraria, i grillini sono gli unici a distinguersi.
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