Lo so che in questo agosto su questo blog si parla un po' troppo di morti, ma non è colpa mia se l'8 è sempre quella ricorrenza e hai voglia di affiancarla non puoi affrancarla, se un principe dei padroni ha preceduto di qualche giorno il cantore dei proletari, e se un sistema malato ha buttato giù un ponte uccidendo 43 persone, cosa di cui ancora non riesco nemmeno a scrivere. Lo faccio allora, ora, dell'immenso Claudio Lolli, che ci ha lasciato giorno 17.
Il cantautore bolognese, autentico must degli anni 70 specialmente nella sua prima uscita, la cui copertina vi mostro in immagine così ci capiamo al volo (se la ricorda chiunque l'abbia vista, anche tra i dischi del fratello maggiore o del padre), a differenza di quasi tutti i suoi colleghi (Guccini compreso), che sono riusciti a transitare le loro carriere attraverso gli anni 80 e 90 fino a ritrovarsi vecchi milionari dell'era euro, non ha mantenuto universale notorietà. Ha però mantenuto un inattaccabile nocciolo di estimatori, al punto che una delle sacche di resistenza della canzone d'autore più solide e capienti (prima col sito, poi specialmente con la pagina Facebook) d'Italia si chiama da sempre proprio Brigata Lolli. La ragione di entrambi i contrapposti fenomeni è la stessa: è l'unico a non avere mai fatto concessioni al Mercato, l'unico che davvero non si è mai preoccupato di altro che della qualità e della somiglianza al loro autore delle sue opere. Uno così non poteva arricchirsi, e non poteva che raccogliere il consenso grato e fedele di chi lo amava. Magari seguendolo nei piccoli teatri di periferia quando riusciva a sapere che ci si esibiva.
Forse proprio perché la curva della sua notorietà ebbe l'apice all'inizio della carriera, il suo stereotipo è rimasto quello del cantautore tutto concentrato sulla profondità e la letterarietà dei propri testi senza badare affatto alla confezione del loro vestito musicale, "abito" di moda che a quell'epoca calzarono tutti e tutti poco dopo abbandonarono radicalmente, seppur con accenti e stili diversi. Proprio per questo, ho deciso di confezionarvi una playlist che esclude tutti i brani che seguono quello stereotipo, invitandovi ad ascoltare (o a riascoltare, per qualcuno) alcuni dei tanti pezzi che invece hanno un arrangiamento musicale di prim'ordine, dal jazz di Ho visto anche degli zingari felici all'elettronico di Extranei (da ascoltare per intero) passando per vari generi musicali. Insomma, canzoni vere, non poesie musicate appena, tutte bellissime. Buon ascolto, col cervello e il cuore accesi, mi raccomando.
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