Sono partita per il Kenya il 16 dicembre 2009. E’ stato un viaggio pieno di aspettative. Prima della partenza cercavo di immaginare ciò che avrei potuto vedere e quanto peso avrebbe avuto sulla mia vita futura. Di certo era un viaggio diverso… ero emozionata. Durante il volo per Mombasa mi guardavo intorno, nell’aereo c’erano famiglie, coppie, amici, tutte persone che appena atterrate si sarebbero velocemente trasferite in qualche resort 5 stelle per chiudersi in un acquario virtuale, passando tra la realtà del posto velocemente: veloci nei loro bus ovattati con aria condizionata, veloci per non vedere la realtà, veloci per non sentire quell’odore acre. L’odore dell’Africa, dei corpi sudati e sporchi, dei mercati affollati di quella massa eterogenea di gente che parla, urla, cammina si sposta come un fiume in piena… Come un flusso che non si ferma mai, sempre in movimento, sempre: macchine, clakson, persone, animali, bici… Caos, tanto caos: “Dov’è l’interruttore?” - ti verrebbe da dire – “Fermi, fermi un attimo, non mi strattonate, per favore un po’ di spazio, un po’ di aria, non respiro, cos’è questa puzza, perché tutti mi osservano?” E poi: “poverino quel bimbo…”, stupore, meraviglia, emozioni contrastanti che corrono… lo stesso fiume in piena ora è sulla mia pelle, sudata e calda, nei miei occhi, nel mio sangue, nello stomaco, dentro, profondamente dentro… L’Africa degli infiniti spazi, delle grandi distanze, delle grandi mancanze! L’Africa, quella vera, ti entra dentro, prepotente, come una forte spinta… E quei bimbi: un pugno dritto allo stomaco, un colpo secco, e la gola si chiude, si chiude perché non vuoi piangere… È ridicolo, non posso piangere, sono appena arrivata!… Ma questi bimbi sono così soli!… Questa è l’Africa appena la senti, la annusi, la vedi, la tocchi, è questa, e come per tutte le cose, belle o brutte che siano, prima o poi ti abitui.
Come è iniziato? Perché io in Africa, in Kenya, a costruire un pozzo? Flavia… è iniziato tutto da Flavia: Flavia Sconti, il presidente di TerraMama ONLUS, la nostra associazione. Flavia la nostra amica, la compagna di avventure, di risate, Flavia con la sua inseparabile collana dell’Africa, Flavia che crede, che vuole fare, che insiste, che si arrabbia, che a volte non si capisce, ma che vuole capire, che a volte si rassegna, che piange ma che insiste, che ama, che non vuole piangere… E’ Flavia che ha iniziato. Lavora per i vigili del fuoco di Roma e questa è la terza volta che viene in Kenya. La scorsa volta ci è stata 3 mesi: ha preparato la tesi e ha fatto un stage all’orfanotrofio di Salvation Army, il Mombasa chilrden’s home. Tornò con l’idea di costruire un pozzo nel villaggio di Shimba hills, e per farlo ha mobilitato i colleghi e la famiglia. Ma dopo il terremoto in Abruzzo i suoi colleghi ovviamente hanno tralasciato quella che era la sua causa e si sono impegnati in questa dolorosa e triste emergenza. Allora noi amici abbiamo organizzato un mercatino con tutte le nostre vecchie cose e così facendo siamo riusciti a raccogliere altri soldi per quello che ormai era diventato anche il nostro progetto, accompagnato dallo slogan di Flavia “senza di te non pozzo”. La decisione di fondare un’associazione è venuta quasi da sé, e fu così che il 22 ottobre 2009 nacque TerraMama Onlus, piccola e inesperta come tutti i neonati.
Ed eccoci in Africa, ci ospiterà Kadija, una pimpante ed energica signora keniota dalla risata dirompente che abita per gran parte dell’anno in Italia, nell’appartamento al piano di sopra della famiglia Sconti. Nel villaggio dove si dovrebbe realizzare il pozzo abita suo fratello, ed è lei il nostro aggancio, il lungo filo che ci lega al Kenya. La sua casa in Africa si trova in Mtwapa, un quartiere molto popolato a 20 km da Mombasa. Mi vengono a prendere all’aeroporto e mi portano in quel fiume di corpi e macchine in fila, nel sempre intenso e chiassoso traffico di Mombasa, in quella che per un mese sarebbe stata la mia quotidianità.
E così, grazie all’aiuto di tante persone che si sono appassionate al nostro progetto, siamo riuscite a costruire un pozzo e mezzo… cioè, uno l’abbiamo ultimato ed è in uso, l’altro l’abbiamo lasciato a metà per mancanza di soldi!… Anche perché in parte li utilizziamo per sostenere il Mombasa chilrden’s home, l’orfanotrofio di Salvation Army, dove pure siamo andate. Al nostro ritorno ci siamo ripromesse che avremmo comprato loro una lavatrice: uno non ci pensa, ma lavare tutti i giorni a mano i vestiti dei bimbi e la biancheria da letto è davvero impegnativo per le “mamme”, le signore che si occupano con amore dei piccoli ospiti dell’orfanotrofio. Intanto abbiamo “adottato” per ora quattro bimbi, pagandogli la scuola privata, i libri, le scarpe e le divise. Il nostro obiettivo futuro è quello di ultimare il pozzo lasciato in sospeso, perchè ci credevamo e ci crediamo molto sia noi che la gente del vilaggio.
Già sull’aereo mi sentivo in fuga, in colpa per il fatto di tornare nel mio mondo “facile”, nella mia vita superacessoriata. Qui, quei bimbi mi mancano, e quando penso a loro mi convinco ancora di piu che non ci possiamo fermare e far finta di non vedere, perchè è piu facile vivere senza troppi pansieri!… Anche se credo fortemente che si può iniziare a salvare se stessi anche solo cercando di essere comprensivi e amorevoli con il vicino di casa, il collega, l’amico in difficoltà, perché no lo sconosciuto, cominciando col sorridere loro di più, ma per davvero: con gli occhi e col cuore. Sono piccoli gesti che noi che viviamo nella parte “sazia” del mondo non usiamo più, ma non sono né facili né tantomeno scontati. L’Africa mi ha insegnato anche questo, a non dare nulla per scontato! E’ iniziando un cammino verso gli altri, da percorrere passo dopo passo, che noi possiamo cambiare le nostre vite.
Simona Verlengia
Dal mio diario di viaggi:
“L’avventura è finita, ho capito che a volte ci si abitua anche al peggio, ho capito che la generosità parte dal cuore e che deve andare nella giusta direzione perché bisogna essere prudenti, ho capito che sono fortunata e che devo gioire piu di quello che già faccio per tutto quello che ho. Ho capito che bisogna parlare e osservare le persone per capirle, camminando al loro fianco e nelle loro scarpe per un po’. Se fai bene… in genere… ricevi bene, ma non è sempre scontato! Ho capito che con poco possiamo fare tanto e DOBBIAMO FARLO. Ho capito che negli occhi di un bambino c’è tutta la sua storia perché gli occhi di un bambino non mentono mai. Ho capito che a volte le persone sbagliano per superficialità, per ignoranza, per insicurezza, per paura… e se tu non hai di questi “problemi”… devi capire… prima o poi faranno i conti con se stessi e non con te. Le persone vanno prese per quello che sono. Ho capito che se una qualità ti può rendere la vita più difficile non devi cercare di cambiarla. Ho capito che il viso di una persona e i suoi occhi parlano piu di tante lingue conosciute: se penso alle “mamme” dell’orfanotrofio credo davvero che non avevano bisogno di parole… Ma questo non è un motivo per non imparare bene l’inglese!”
Nessun commento:
Posta un commento