giovedì 4 novembre 2010

COPIA CARBONE

la ciminiera e i laghetti
Parlo di Saline Joniche perchè la vicenda la conosco "di pirsona pirsonalmenti", per citare Catarella, non perchè intendo darle una valenza abnorme ma anzi perchè essa è paradigma della normale realtà di tutto il meridione e anzi nazionale: osservo il piccolo per descrivere il grande.
La località si trova poco più a nord di Melito Porto Salvo, 20 chilometri circa a sud di Reggio Calabria, una costa bellissima praticamente in città: mare subito profondo e pertanto spazzato da forti correnti costiere, brecciolino (sabbia formata da minuscole pietruzze) che non sporca il corpo e non intorpidisce il mare (come nelle coste sassose o di solo scoglio, ma comodo come la sabbia vera), spiagge lunghe interrotte ogni tanto da un promontorio a difesa dei venti (come a Capo d'Armi) e larghe che volendo ti ci puoi isolare anche a ferragosto. Un paradiso tuttora poco sfruttato turisticamente e neanche troppo deturpato dalle seconde case (abusivismo e condoni si, ma meno che nel capoluogo, per dire...). Qui, il patto scellerato con cui si chiuse la stagione della Rivolta per il Capoluogo, polo amministrativo a Catanzaro culturale a Cosenza industriale a Reggio, previde la costruzione di due grandi complessi e un porto a servirli. L'Officina Grandi Riparazioni delle FFSS fu ultimata dopo, e lavorò poco, della Liquichimica, che non lavorò affatto: doveva produrre mangimi proteici sintetici per animali, una roba immonda, e non fu mai nemmeno avviata, ma produsse un paio di centinaia di cassintegrati per un paio di decine d'anni (una sorta di win for life antelitteram) ed è lì da allora arrugginita a circondare una delle ciminiere più alte del mediterraneo, con i bacini di riversaggio ricolonizzati dalla natura (flora e fauna di palude, tra cui gli aironi). Il porto, intanto, veniva completato, come quello di Gioia Tauro per il mai costruito Quinto centro siderurgico, ma mentre le dimensioni di quest'ultimo gli avrebbero riservato un destino commerciale (per quanto controverso, tra ndrangheta e mancanza di connessione col territorio), il porto di Saline è servito da allora solo a piccoli pescatori locali, sbarchi forse di immigrati, piccoli traffici, e a trattenere per via del gioco delle correnti il brecciolino di cui sopra. Cosicchè la costa a nord dello stesso si ritrovasse nel giro di pochi anni ridotta drammaticamente: e la difesa con massi per proteggere gli stanziamenti umani e la linea ferroviaria non ha fatto che aggravare la situazione dei tratti limitrofi, in un'assurda catena di interventi tampone.
gli impianti arrugginiti
Un piano di ripristino per il territorio non è stato mai schedulato ("ormai..."), progetti di riconversione industriale dell'area dell'impianto invece si sono susseguiti, più o meno velleitari, negli anni: l'ultimo è il più assurdo e nello stesso tempo il più concreto, realizzare una centrale elettrica a carbone "pulito", dove tra virgolette sta la presa per il culo (leggere bene qui per capire). La cosa più ridicola di questo dramma è che ineditamente tutto il quadro politico locale, da destra a sinistra e dal più piccolo al più grande degli enti territoriali, è fermamente contrario alla decisione del Governo centrale, cosa che i più vecchi di noi sanno che aumenta esponenzialmente la probabilità che l'opera si realizzi davvero... Come pure sospetta questo "fratello di blog"...
il porto insabbiato
Contro la centrale c'è anche, ovviamente direi, il gruppo su Facebook, ma io ricomincio a firmare le petizioni su firmiamo.it quando loro smettono di spammare. Andateci a curiosare, o googleate un po', per i dettagli di una storia che è sostanzialmente quella che vi ho raccontato io, una tipica storia italiana, con un finale all'italiana: l'unica è sperare che il governo cada prima che avvii questo pericoloso spreco, copia in piccolo di quello in arrivo delle centrali nucleari. Tanto ormai è questione di settimane, pochi mesi al massimo... Anche se non è che gli scenari che si prospettano per il postberlusconismo lascino dormire sonni tranquilli...

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