venerdì 19 novembre 2010

TUBULAR BALLS

La decisione di investire parte della propria esistenza in un progetto di aiuto concreto nei confronti di popolazioni meno "fortunate" di noi, raccontata su questo blog in post come quello di Terramama o nella pagina Adottocondiletto, acquista valore non solo se maturata in omaggio a valori autoformati piuttosto che in adesione a una missione religiosa, ma soprattutto se si svolge nella consapevolezza che questo genere di cose si fanno innanzitutto e soprattutto per se stessi. Consapevolezza, questa, che ho sentito ammettere francamente anche da parte di persone che peraltro si dicono mosse da una fede: in quel caso, a spingerle non è certo l'attesa di una qualche ricompensa da parte del loro dio, quanto invece l'insopprimibile urgenza di "fare qualcosa" una volta sentita la quale senza obbedirle risulta impossibile godersi la propria vita.
Vivere esperienze del genere nel proprio privato, e/o dare eco (se se ne ha la possibilità, e nei limiti di questa) a quelle e a tutte le altre di cui si viene a conoscenza, non deve però esimerci dal mantenere anche (ebbene si, possiamo pensare molte cose contemporaneamente...) una visione prospettica delle cause delle situazioni di bisogno (siano esse lontane maree estese o vicine sacche locali) tra cui abbiamo scelto quella su cui versare il nostro modestissimo contributo personale. Ciò perchè è solo se da questa parte del mondo quella visione si fa opinione di massa che i nostri piccoli autoconsolatori (per quanto utilissimi) cucchiaini verranno affiancati da efficaci autopompe nello svuotamento del mare della sofferenza.
Bisogna sapere, ad esempio:

  • che questo governo ha fatto precipitare al penultimo posto tra i Paesi OCSE il già scarso apporto in termini di aiuti contro la povertà nel mondo: anche fosse solo per questo, bisogna augurarsi che questa (sciagurata anche per molti altri versi) esperienza politica volga davvero al termine, e pentirsi nel caso la si abbia in qualche modo sostenuta o lasciata prosperare nell'indifferenza;
  • che l'ultimo magheggio del commercialista che da quindici anni si atteggia a genio della politica fiscale (dicendo tutto e il contrario di tutto: memorabili i suoi argomentatissimi articoli sui danni provocati dai condoni fiscali poco prima di vararne una serie da record mondiale, o i suoi discorsi da no-global tra uno scudo fiscale e l'altro) ha praticamente derubato le organizzazioni no-profit di gran parte dell'ammontare del 5x1000 (già di suo un'elemosina, specie se paragonato al truffaldino 8x1000);
  • che tutta la fame del mondo è nipote amatissima del colonialismo, prima del quale le condizioni di vita normali (in senso statistico, ma anche modali o dell'ultimo decile) nel mondo erano apprezzabilmente simili (d'accordo, in basso), e figlia voluta del neocolonialismo, prima del quale ancora le differenze erano parecchie (decine? centinaia?) volte più basse di adesso: e dunque si può senz'altro affermare che per qualunque confort ciascuno di noi si possa dotare c'è qualcuno nel mondo che muore in diretta conseguenza.

Leggiamo con attenzione questo pezzo di Cardini, che inquadra perfettamente la questione: siamo colpevoli di genocidio. Questo sistema capitalistico mondiale a guida finanziaria va smantellato prima che finisca di distruggere il pianeta. Le alternative ci sono, i popoli più coraggiosi hanno cominciato a praticarle, ad esempio gli argentini e i sudamericani in genere, forse forti dei decenni di sofferenze subite per essere il cortile di casa, the backyard, dell'imperialismo statunitense. Ma bisogna cominciare a pensarle, ste cose, tutti, perchè sia tra noi che si selezioni chi prenda il posto dei cosiddetti leader che dalla morte di Berlinguer stanno costantemente dilapidando l'idea stessa di sinistra. Per poi spacciare per tale una lista di luoghi comuni recitati in prima serata, peraltro male: ignorando l'abc della comunicazione, che per il mestiere che si sono scelti (e quanto ben retribuito!) è come voler fare l'idraulico senza capire un tubo.

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