lunedì 10 luglio 2017

INTRO 2 - INTERLUDIO 1

Ah, ecco dove l'avevo già vista, sta scena!....
Come qualcuno saprà, ho iniziato a pubblicare a puntate su questo blog il mio romanzo Chi c'è c'è, pubblicato sul finire del secolo scorso. Prima di ogni puntata, come nella migliore tradizione degli sceneggiati Rai, un cappello spiegherà cosa sta per leggere chi fosse capitato per caso in un capitolo diverso dal primo. Per quanto forse non sarebbe necessario, vista la natura estremamente eterogenea dei racconti, che nascono appunto tali per essere accorpati in un unicum che quindi un vero e proprio romanzo non è. Era proprio questo, la genesi del libro, che spiegavo nella prima puntata prima di iniziare con la intro1, in cui incontravamo il pilota di un'astronave raccoglirifiuti che si accorgeva che il relitto che lo avevano mandato a recuperare molto probabilmente conteneva morti freschi di chissà quale morbo, e non avendo a bordo attrezzature per una diagnosi remota mandava, ad esplorare il relitto e riferire, il suo secondo. Che noi quindi incontriamo adesso...
...
INTRO2 - IL SECONDO
Così mi trovo a rischiare la vita per conto di uno stronzo che si prenderà i meriti di tutto. Complimenti! Perché ero finito imbarcato su un rottame del genere? Volevo stare tranquillo, dimenticare i miei numerosi fallimenti in amore e lavoro ficcandomi in una situazione dove al tempo stesso dovevo da un lato avere tanti piccoli compiti manuali da non avere tempo per pensare e dall'altro essere in relazione con il minor numero possibile di persone.
Una nave da rimorchio relitti spaziali: “perfetto”, pensai. Hanno due soli uomini di equipaggio, basta che il comandante non sia troppo stronzo e starò benissimo; e poi i compiti non dovrebbero essere troppo difficili per me!
Ed invece eccomi qua alla prese con un incontro ravvicinato del terzo tipo con una razza aliena. Ma poi è sicuro che questi sono tutti morti? E se fosse una nave da guerra, con tutte quelle scritte fuori? Le armi? Dissimulate, come i passeggeri. Si, va beh, te la immagini una nave da guerra aliena tutta impegnata in questa trappola per catturare uno come me! E comunque oramai è tardi, sono dentro e...
Meno male che ho portato una torcia ionica e gli stivali magnetici: qui non c’è gravità artificiale, ed è proprio buio! E’ una nave ben strana, sembra deserta ma a giudicare dallo spazio interno doveva essere abitata, e gli esseri non dovevano avere dimensioni troppo diverse dalle nostre, forse un po’ più alti, magari. Vediamo un po’... di là si dovrebbe arrivare a qualche snodo di comando; ora ci vado, tanto per capire il livello di tecnologia, anche se a naso si direbbe un po’ più arretrata della nostra. Meglio.
Questi segni somigliano a quelli stampati fuori della nave, non dovrebbe essere impossibile decifrarli, paiono alfanumerici, mi ci metterò con calma, sul mio elaboratore portatile. Ecco, questo dovrebbe essere il loro sistema elettronico, e non sembra affatto fuori uso! Anzi, sembra proprio acceso, e allora com’è che non si avvertiva dalla nave? Vuoi vedere che hanno davvero un dispositivo di dissimulazione? Cazzo, allora sono in pericolo! Ma no, se lo fossi me ne sarei già accorto: sono qua dentro da un pezzo! Andiamo di là... con calma, però.
E se provassi a comunicare? Sarebbe interessante un resoconto fatto in presa diretta, man mano che uno pensa; magari sarebbe apprezzato, anzi io sarei apprezzato e notato e poi... Aspetta, calma, ricordati chi sei, dove sei, e perché. Niente più ambizioni! Sono qui solo per fare un resoconto in subfrequenza ogni tre ore, ed infatti ora faccio subito il primo.
Diario di bordo, primo supplemento, coordinate spazio-temporali 1123H782*542930*00,05. Mi sono inoltrato nella nave aliena, la prima impressione è quella di una tecnologia vicina alla nostra ma non troppo, gli esseri che abitavano questa macchina dovevano essere appena più alti della media geestre, probabilmente per maggiori attitudini al movimento fisico o per una minore gravità sul loro pianeta di origine... A proposito, non ci sono o non sono in funzione meccanismi che assicurino una qualche forma di gravità artificiale sulla nave, io riesco a muovermi solo grazie agli stivali magnetici; non c’è neanche luce, ma tra le poche cose che ho visto sotto il fascio della mia piccola torcia ionica ho identificato un terminale dei dispositivi elettronici di gestione dell’imbarcazione: sulle prime incomprensibili, come il linguaggio, ma l’impresa si potrebbe tentare, visto che sembra usino caratteri alfanumerici. Un momento, mi sembra di sentire il leggero respiro di un’apparecchiatura in funzione, del resto mi era parso subito che il sistema elettronico non fosse del tutto inoperativo, da cui avevo dedotto che fosse attiva anche una qualche schermatura... Ma che dico, se così fosse il rapporto non giungerebbe sulla mia nave! Comandante! Comandante Fulvio, è in ascolto? D’accordo che non sono puntualissimo nell’inizio delle comunicazioni, ma con tutta l’ansia che aveva lei deve essere lì in ascolto, comandante: Mi sente, comandante? COMANDANTEEEEE!!!!
Non mi sente, è chiaro. Sono isolato, e quel che è peggio senza comunicazioni non posso neanche iniziare le procedure per il rientro a bordo. Sono prigioniero di una nave fantasma, sarebbe un bel film, peccato che è tutto vero. Va bene, manteniamo la calma, innervosirsi non serve a niente... vediamo di fare il punto della situazione; ecco, vediamo cosa ho: una torcia ionica, piccola, un comunicatore inservibile, e... un momento! Mi ero detto che non sarebbe stato impossibile tentare di usare quei terminali: bene, ora è il caso che sia possibile proprio, possibilissimo direi.
Dunque, vediamo un po’, se io toccassi un tasto qualsiasi... Niente tasti, doveva avere un attivatore vocale, e io non so la lingua. Bene, ma non può essere così rigido, questo sembra uno schermo bidimensionale, e se non ricordo male..., aspetta, com’era? Ah, . Ci sono! La funzione di comando tattile, se questi esseri erano logici anche solo un po’ hanno dovuto lasciarla, pure se fossero passati al vocale... Infatti: si accende!
Ehi, che bel logo! E’ decisamente un planisfero stilizzato del loro pianeta, e se quella azzurra è acqua quel posto è sicuramente ospitale e credo anche bello. Oh, il sistema si deve essere attivato in tutta la nave, e ci devono essere monitor dappertutto, e, a giudicare dalla quantità di luce che proviene da quell’apertura laggiù, lì ci deve essere una sala con molti schermi, quindi importante. Potrebbe essere addirittura la sala comandi, ci vado subito.

INTERLUDIO 1
So bene che questa parte potrebbe avere l’effetto che ha la spiegazione di una barzelletta, ma qualche dritta a questo punto al lettore occorre proprio. Non erano gli schermi del computer che illuminavano la stanza che il nostro Secondo, di cui peraltro ancora non conosciamo il nome, stava per raggiungere. Il suo tocco aveva provocato la riaccensione delle luci minime in tutto il sistema , ivi compresa la parte più delicata dello stesso, cioè i sarcofagi trasparenti in cui veniva mantenuto in animazione sospesa l’equipaggio terrestre della nave “aliena”.
Eh sì, oramai è chiaro: è sì vero che sono entrate in contatto due razze tra loro aliene con linguaggi reciprocamente incomprensibili, ma è chi legge adesso che non avrebbe dovuto capire nulla fin qui, se non avessi tradotto segni e pensieri dei due geestri, salvo la scritta letta dal comandante Fulvio (a proposito, chissà come si chiama davvero!) sulla fiancata della nave terrestre:
EXODUS 0021 2025 1225 ONU,
invece perfettamente comprensibile.
A questo punto sarebbe legittimo sospettare di essersi imbattuti nel solito racconto, stiracchiato a romanzo, di fantascienza, di quelli che per intenderci vengono meglio agli sceneggiatori di Star Trek. Legittimo, ma sbagliato. In quel caso, infatti, il nostro eroe alla fine scoprirebbe il modo di decifrare il linguaggio dei terrestri, li sveglierebbe dall’ibernazione per comunicare con loro, poi ci sarebbero due o tre colpi di scena, dei pericoli scongiurati per un pelo non prima però di aver fatto due o tre vittime tra i personaggi secondari, ed infine magari si scoprirebbe che i geestri (a proposito, viene da Gea, la madre terra degli antichi greci: notata la cultura?) non sono altro che i terrestri tra qualche secolo o millennio, e che gli esemplari imbarcati dall’ONU il giorno di Natale del 2025 per salvare dall’estinzione una razza che aveva così malamente amministrato il proprio pianeta da distruggerlo, ebbene erano ritornati su una terra nel frattempo ripopolata di un’umanità solo un poco diversa.
Solo che questo è invece un libro di racconti. Contenuti in un racconto poco più grande degli altri, quello del comandante Fulvio e del suo secondo senza nome e con tante domande, che ora ci lascia con un’ultima, indispensabile finzione: visto che le due razze non comunicheranno mai, che forse la nave aliena si perderà alla deriva nello spazio con dentro un atterrito ospite prima che possa arrivare qualcuno capace di svegliare i dormienti, ci serve che i geestri abbiano sviluppato una capacità straordinaria, che magari costi loro fatica e sofferenze fisiche e psichiche e quindi venga riservata a situazioni estreme come quella in cui si trova appunto il nostro amico senza speranza: quella di leggere mediante fortissima concentrazione e contatto visivo il pensiero di altri esseri viventi. E i nostri 21 terrestri sono sì ibernati, ma appunto viventi ognuno la sua bella vita al rallentatore, coi suoi sogni e pensieri e ricordi al rallentatore. Cosicché, sentitosi perduto nello spazio, il nostro, in ciò molto umano, decida almeno di sapere, e contattando a turno ciascuno di loro ci legga 21 storie diverse. Così diverse che non si sa se ognuna di esse sia il ricordo di una cosa successa, la sua distorsione in un incubo, la proiezione di un sogno inerente al futuro o di un’opinione sceneggiata.
Non sapremo mai, cioè, com’è che la razza umana ha distrutto il pianeta e si è ridotta a mandare ventuno campioni nello spazio profondo per tentare di proseguire se stessa. O meglio, queste storie non ce lo dicono: speriamo di non doverlo scoprire nella realtà.

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