martedì 4 luglio 2017

TOCCA A LEI, VENGHI!

Essendo certo che le mille sfaccettature ed aneddoti sulla vita di Paolo Villaggio saranno a quest'ora già state ampiamente sviscerate da tutto il mainstream e da mezza informazione alternativa, e ad esempio ora tutti sapete che ha iniziato sulle navi da crociera assieme a Berlusconi e De Andrè, rinuncio in partenza. Ma a un saluto al grande attore genovese non posso rinunciare, per un motivo preciso, che poi è il mio piccolissimo contributo alla comprensione, del perché e percome mi e vi dispiace così tanto.
Il professor Kranz intubato e infracchettato che parla tetesco ti cermania correndo giù per le scale di uno studio Rai e tentando giochi di prestigio che non gli riuscivano mai, è uno dei miei primi ricordi di spettatore televisivo. Poco dopo, se non mi confondo, c'era Giandomenico Fracchia che al cospetto di un immenso Gianni Agus rotolava miseramente su una poltrona alla moda, in una scena che era il simbolo perfetto dell'impossibilità di adattamento alla modernità che si presentava inesorabile. Comunque, il punto è questo: Villaggio, prima di ogni giudizio adulto articolato e ragionato (specie su Fantozzi, feroce satira specie nei primi libri e film), mi ha fatto ridere da bambino, prima di Totò, come e più di Stanlio e Ollio. E chi fa ridere i bambini ha già conquistato la sua fetta di immortalità. E lui lo sapeva, infatti aveva giocato tante volte a prevedere la data della sua morte, e mai si sottraeva al gusto di discettare del suo funerale e dintorni. Con una dose di autoironia che solo chi è in possesso di intelligenza e sensibilità mostruose può permettersi.
Tra tutti i commiati più o meno sentiti e sinceri, però, ce n'è uno che va segnalato, e quindi preso a prestito, per la sincera galante commozione che esprime. E' quello di Anna Mazzamauro...



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