mercoledì 4 settembre 2019

RADIOCIXD 2: AMERIGO

Risultati immagini per amerigo gucciniProbabilmente uscì / chiudendo dietro a se / la porta verde.
Amerigo probabilmente non è l'album migliore di Guccini, né il più importante. Ma rientra nelle precondizioni predichiarate per meritarsi un post tutto suo perché è un'opera compiuta, con forse solo un episodio dimenticabile. Su 6. Si, perché in un vinile non ci stava, fisicamente intendo, tanta musica, e quindi nel realizzare un album bisognava scartare molti più brani di quanto poi si fece in era CD, infarcendolo di roba di seconda scelta solo magari per poter dire che ti avevano venduto un disco caro e amaro si, ma con dentro oltre un'ora di musica. In un 33 giri un'ora di musica non ci stava, massimo tre quarti d'ora; non era un caso che il formato più venduto di musicassette fosse di 90 minuti: ci registravi un album per facciata. Ma spesso si restava sotto. Amerigo dura 35 minuti. Ma almeno 30 sono memorabili: io, ad esempio, li so letteralmente a memoria. E so di essere in nutrita compagnia.
Quando mettevi su un ellepì, negli anni 70, era una specie di rito. Si, lo so, questa cosa l'ho già detta, ma vi avviso che la ridirò, perché è troppo importante: è enormemente diverso sentire in giro una canzone e poi scaricarsela sul telefonino, che aspettare l'uscita del nuovo album dell'artista che segui, comprarlo o prenderlo in prestito, portarlo a casa e metterlo su, venendo investito dalle prime note. Infatti, se il disco manteneva le promesse o meglio ancora le soverchiava, la sensazione dell'ascolto dell'incipit non l'avresti mai più dimenticata.
Qui ve lo potete ascoltare tutto, poche righe più giù vi faccio la tracklist ragionata. Ma ora devo darvi un'altra ragione per cui con Guccini inizio proprio da questo disco. Tutti i precedenti, infatti, sono carichi di capolavori anche famosissimi. Ma sono vittima del vezzo cantautorale tipico di quell'epoca, che voleva arrangiamenti scarni ed elementari, in quanto vedeva la musica come accompagnamento del messaggio veicolato dal testo. Pochi gli sfuggivano, perché principalmente musicisti come Battisti e Dalla, o perché abbastanza intelligenti da capire che dovevano farsi affiancare da musicisti veri come presto fece De Andrè, gli altri ci arrivarono per sopravvivere, ma erano già gli anni 80 e i risultati non furono sempre entusiasmanti. Guccini ci arrivò (per restarci, riproponendo poi dal vivo i suoi classici col vestito nuovo...) proprio con Amerigo, il suo primo album "suonato", e da gente di primo piano tra cui alcuni resteranno sempre con lui: leggete la lista, c'è chi prima suonava col Banco chi con gli Area, per dire...
Ma questi sono tutti ragionamenti postumi. Invece immaginate ora un ragazzo che mette su il disco e sente, subito prima di una chitarra acustica ossessiva (poi accompagnata da basso batteria e synt, ma sempre dominante), il Maestrone che intona, a secco, il verso succitato: Probabilmente uscì / chiudendo dietro a se / la porta verde.
  1. Amerigo - Poco più di sette minuti, e capisci l'emigrazione. Tu, terrone, che senti uno dell'appennino toscoemiliano che racconta di un suo vecchio zio erniatico, reduce da una lunga esperienza americana, conosciuto da bambino. Cioè quarant'anni fa racconta un ricordo di almeno settant'anni fa. Ma il brano è ancora enormemente attuale, e tu lo sai ancora tutto nonostante la lunghezza.
  2. Libera nos Domine - Giaculatoria atea, anch'essa di estrema attualità. Forse voi avete sentito un titolo simile di Ligabue: probabilmente quando lo ha scritto pensava a questo brano, magari senza rendersene conto (essendoci nato dentro, anche se poi fa il rocchettaro, a queste ballate e ancora di più a quelle di Bertoli).
  3. 100, Pennsylvania ave. - E' il pezzo dimenticabile. O forse dico così perché ai tempi non me lo registrai nemmeno in cassetta. A sentirlo oggi si capisce perché Guccini ragazzo scrisse per i Nomadi, e poi ci cantò assieme nel celeberrimo live, un pezzo come Statale 17, e poi battezzò un suo live solista Tra la via Emilia e il West (che poi è un verso di Piccola città): questi facevano i comunisti, ma erano imbevuti di sottocultura beat americana.
  4. Eskimo - Con la logica di oggi, lo chiameremmo "secondo singolo dopo la title track". Oltre 8 minuti per raccontare in apparenza una separazione ma in realtà una intera generazione, anzi forse più d'una. Oltre 8 minuti, e anche questa dopo oltre 40 anni la so a memoria, anche se qualche volta mi confondo e mischio le strofe.
  5. Le cinque anatre - Una parabola dell'esistenza, in una filastrocca dalla struttura tradizionale, "numerica", come quelle che si raccontano ai bambini per farli crescere, impaurendoli un po'.
  6. Mondo nuovo - Una rivelazione, per almeno due ragioni. Una: il verso centrale è "...e non sappiamo perché e come siamo di un'era in transizione tra una civiltà quasi finita ed una nuova inconcepita"; il problema è che ci siamo ancora, forse ci saremo sempre, e questa canzone sarà sempre attuale, anche se parla di computer con le schede cifrate che devi avere almeno sessant'anni per averne visto uno. Due: il titolo è preso da un capolavoro assoluto della fantascienza distopica, e l'ascolto del brano fa venire voglia di leggerlo. La terza mettetecela voi.

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