domenica 16 novembre 2025

BIMASTER

Non uso fare post così, ma stavolta è proprio il caso di ripescare la didascalia di alcune barzellette della settimana enigmistica, quelle che fanno ridere...

SENZA PAROLE



sabato 8 novembre 2025

SPIRAGLI?

Riconoscere a Trump di stare spaiando lo scenario geopolitico internazionale rendendo possibile l'apertura di spiragli in questioni che sembravano chiuse, non significa né essere trumpiani né tantomeno perdere il diritto di criticarne le iniziative. Ad esempio, quelle pessime in Nicaragua, che pure a guardar bene indirettamente danno ragione a Putin, della serie "a ciascuno il suo giardino di casa". Detta in piano, siamo perfettamente liberi di criticare Trump per il Nicaragua, anche se pensiamo che purtroppo sia uno dei pochi ad inquadrare correttamente la questione Ucraina (magari per comodo, ma va bene lo stesso).

Lo dice meglio Agamben in questo post del 2024, io siccome so che siete pigri tento qui un riassunto:

  • l'Ucraina è indipendente solo dal 1990, prima era solo una provincia dell'impero russo prima e uno Stato dell'URSS dopo, entità all'interno delle quali era indifferente quali fossero i confini, tanto che non si contano letterati e intellettuali che si consideravano russi e tali venivano e vengono considerati, nati in Ucraina;
  • se la sua indipendenza fosse maturata da un processo meno traumatico del crollo sovietico, ricordiamo pilotato da occidente con la complicità prezzolata di Eltsin e soci, dai suoi confini sarebbero rimaste fuori le regioni in ballo nel conflitto odierno;
  • queste ultime sono state oggetto di attacchi e discriminazioni da quando un colpo di Stato ha rovesciato il legittimo governo filorusso, nel 2014: chi lo dimentica e parla di aggressione russa del 2022 commette un grave errore che impedisce la ricerca di una pace;
  • quest'ultima quindi comporta la cessione alla Russia delle regioni che chiede per fermare la guerra (una guerra peraltro appositamente non distruttiva come potrebbe essere eccome, basta confrontare con Gaza per capire) chi non lo comprende è lui l'ostacolo alla pace.

Ora, finché queste cose dimostra di capirle solo Trump, è un problema in più per l'Europa. Per questa ragione, la notizia di oggi, che mi ha indotto a titolare questo post come ho fatto, è particolarmente rincuorante. Pare stia emergendo, infatti, un centro di aggregazione in seno all'Europa "altro" rispetto all'ortodossia che ci porta all'Eurosuicidio: Cechia, Slovacchia e Ungheria hanno infatti costituito un "blocco scettico" rispetto alle tre tematiche portanti: la questione Ucraina, appunto, le politiche "green" e la sovranità dei singoli Stati dell'Unione. Leggete qui: si dovesse allargare, sarebbe forse l'alba di una nuova era. Se lo spiraglio si chiude, invece, è di nuovo buio fitto, e poveri noi.

domenica 2 novembre 2025

A CONTI FATTI

Lo vogliamo per sempre così...
La Corte dei Conti ha "bloccato" il Ponte sullo Stretto. Le virgolette sono perché il parere non è vincolante per il governo, ma i rilievi sono concreti ed è difficile che questo abbia la forza politica per ignorarli bellamente. Il wishful thinking è che questo ennesimo stop sia finalmente quello definitivo, ma la torta è talmente grossa che difficilmente i felloni non cercheranno e magari troveranno un'altra strada per cercare di papparsela.

E' perciò utile, anche se l'argomento è uno dei più trattati di questo blog (basta seguire il tag), ricapitolare ancora una volta quali sono tutte le ragioni per cui il Ponte non può e non deve essere fatto, anche perché negli ultimi tempi, grazie anche alla sponsorship governativa (specie di uno a cui del sud non gliene è mai fregato niente, peraltro), gli argomenti a favore, per quanto fallaci, hanno trovato "buona" stampa facendo quindi breccia in una opinione pubblica sempre meno avvezza al pensiero critico.

  1. Fattibilità. Il ponte a campata unica più lungo mai costruito ha una campata lunga la metà di questo progetto. Il doppio più lungo non significa il doppio più difficile, magari: qui parliamo di un fattore difficilmente calcolabile. E certo che i progettisti dicono che si può fare, erano ingegneri, erano scienziati, anche Morandi e quelli del Vajont: non deve decidere chi è interessato. E chi deve decidere deve essere "marcato a uomo" per non essere corrotto.
  2. Terremoti. La resistenza al sisma del progetto attuale è di 7.1 gradi Richter. Ridicola. Nessuno può dire con esattezza quale fu la magnitudo del "big one" del 1908, e quale sarà quella del prossimo. Ma se fosse 7.2 non sarebbe lo zero virgola uno più forte, la scala è logaritmica, si parla di moltiplicare a ogni decimale, un 7.8 sarebbe UNDICI volte più forte del 7.1 per cui il progetto sarebbe tarato. Tutto ciò significa che è praticamente certo che, ammesso che riescano a ultimarlo, al prossimo grande terremoto, in una zona in cui ce n'è uno ogni secolo o due al massimo quindi ci siamo quasi, andrà in macerie (e se anche fosse l'unica struttura a resistere, come si vanta lo stesso Salvini, in assenza di interventi sul patrimonio abitativo dell'area dello Stretto, resterebbe a collegare due cumuli di macerie).
  3. Vento. Ma se un grande terremoto possiamo essere certi che arriverà ma non quando, i venti su quel tratto di mare, a decine di metri di altezza, sono la regola per moltissimi giorni all'anno. Un grattacielo, cioè un oggetto massiccio ancorato a terra e alto centinaia di metri, in cima deve oscillare di metri e metri per non crollare. Il Ponte, una struttura esile coi punti di ancoraggio lontani chilometri, per non crollare deve oscillare tanto da costringere a chiuderlo al transito in ogni giorno di vento. Immaginando che non ci siano più i traghetti, chi deve passare sta fermo agli imbocchi.
  4. Traffico. Si ma chi è che ci deve passare? Per giustificare la costruzione, si ricorre a previsioni di traffico vecchie di venti anni (lo stesso trucco della Torino-Lione), che la stessa CdC ha giudicato irrealistiche visti i tempi. Ma anche fossero giuste, la domanda è: ha senso nel 2025 realizzare una infrastruttura che sposterà ulteriormente i trasporti su gomma (mentre è in corso un'azione concentrica per farci abbandonare le auto, peraltro) da e verso un'isola che logica e ambientalismo vorrebbe fosse invece essere rifornita esclusivamente via mare, semmai investendo su porti commerciali e infrastrutture di trasporto interno?
  5. Tempi e costi di traghettamento. Si parla di un pedaggio di 10 euro a vettura e 20 a mezzo pesante. Ammesso che sia vero, e che si trovi il modo di non creare code agli imbocchi (salvo il vento, rivedi punto 3) risparmiando del tempo, visto che il tempo è denaro e che le code agli imbarchi attualmente si registrano solo per alcuni giorni all'anno (meno di dieci) quanto risparmierebbero gli utenti (escludendo pendolari reggini e messinesi, che se glieli lasciano continueranno a preferire gli aliscafi a 40 chilometri di strada) non ferroviari? 
  6. Treni. Unici mezzi che trarrebbero vantaggio dal ponte, su cui passerebbero dritto anziché fermarsi per essere "smontati" e traghettati. Peccato che anche calcolando, a voler essere generosi, in un'ora o due questo risparmio di tempo, esso deve essere parametrato a lunghe percorrenze col "continente" che includono le ottocentesche tratte siciliane e la tratta Reggio/Salerno per cui è stata appena riesclusa (viene fatto ricorrentemente, ad ogni tentativo di riproporla, perché l'orografia non perdona e costringe a costi altissimi) l'Alta Velocità: un conto è risparmiare un'ora su due, un conto una su dieci, o no? Quanto si accorcerebbero i tempi se si intervenisse sulle tratte a terra? A spanne, molto di più e spendendo molti meno soldi.
  7. Tempi e costi di costruzione finali. C'è mai stata una "grande opera" per cui in Italia alla fine si è speso quanto si era detto e ci si è messi il tempo che si era detto? E perché mai dovremmo credere che in questo caso si sfuggirebbe alla regola della moltiplicazione? Infatti, uno dei rilievi della Corte riguarda proprio la levitazione delle cifre rispetto al progetto in fieri, che non dimentichiamo è di vent'anni fa. E Salvini ha la faccia tosta di parlare di "natura politica" dei rilievi.
  8. Garantito duecento anni!!!! Un'opera che costa quanto una mega-manovra fiscale, e i suoi alfieri si vantano di garantirne una tenuta che magari a loro sembra lunga, a confronto delle loro miserevoli vite, ma che invece andrebbe paragonata non al ponte Morandi ma a ponte Milvio. E la garanzia peraltro è a patto di costi di manutenzione il cui calcolo approssimativo è appunto un altro dei rilievi della magistratura contabile (cosa non si fa, pur di falsare il bilancio costi/benefici!).
  9. Moltiplicatore?  La mistificazione maggiore è il ricatto morale che viene perpetrato ai danni di popolazioni storicamente tagliate fuori da investimenti produttivi (che non convengano a corrotti e corruttori): "retrogradi, osate essere contrari a una pioggia di miliardi che non può non avere enormi effetti moltiplicativi e ricadute sul territorio!" Bugia! Perché agisca, il moltiplicatore keynesiano, occorrono investimenti che insistono, sul territorio dove vengono fatti: piccole opere pubbliche a deficit che diano lavoro stabile a gente del posto o che vi si trasferisce, spendendo i guadagni sul posto e così via fino a che le maggiori entrate fiscali derivate dal maggior reddito non annullino il deficit iniziale. Un circolo virtuoso in cui una megaopera del genere per sua natura non farà sfociare che i rigagnoli, la quasi totalità del flusso ripartendosi tra general contractor, vari livelli di subappaltatori, grandi e piccoli corrotti e corruttori, e maestranze in massima parte straniere che manderanno a casa quasi tutti gli introiti e andranno via appena finito. In altri termini, se gli stessi soldi di questa unica opera gigantesca venissero ripartiti in cento iniziative sul territorio, ci sarebbe si un effetto moltiplicatore enorme; dal ponte, quasi nulla.
  10. Investimenti alternativi. Ferrovie locali, strade, porti, rete idrica, edilizia scolastica, ospedali (basterebbe la riapertura e riqualificazione dei tanti chiusi negli ultimi decenni), salvaguardia idrogeologica di zone a rischio, messa in sicurezza di coste e argini, incentivi diretti alla ristrutturazione edilizia privata (no superbonus in saccoccia alle banche e ai furbi) anche in chiave antisismica, e mi scordo di sicuro qualcosa. In tutta la Calabria, la Sicilia, e perché no il resto del Sud e isole. Con effetti moltiplicatori di molto moltiplicati, ripeto. E resterebbero soldi, rispetto a questo spreco.
  11. Mafia. L'ho lasciata per ultima non per importanza, ma perché è il fattore assieme più indiscusso e meno definibile. Di certo, è quasi impossibile tenerla lontana da pozzi senza fondo come questo. Ma il fatto che sia sul proprio territorio è solo una secondaria facilitazione: la cosa vale per qualsiasi "grande opera" ovunque si faccia. E si, vale anche per le opere più piccole, ma quelle attraggono pesci più piccoli, ed è più facile controllare che vengano ultimate senza eccessive ruberie. Sulla TAV, le privatizzazioni e le megaopere in genere, come diceva Pasolini, io non ho le prove ma so.
  12. Impatto ambientale. Consideriamola un post-scriptum, anche se è una delle carenze più pesanti rilevate dalla Corte. Per chi ama quel territorio, magari perché ci è nato, non è facile digerire lo scempio di due pilastri alti centinaia di metri e larghi decine, poggiati su colline vere o artificiali che siano, più decine di chilometri di raccordi stradali e ferroviari poggiati su altri pilastri non giganteschi ma numerosi, perché l'altezza del ponte (che dovrebbe essere sufficiente al transito delle mega navi, per non fare chiudere il porto di Gioia Tauro) è tale che con le rampe bisogna partire da lontano, coi treni da lontanissimo. Basta questo a chiudere la questione, i dettagli sono tanti ma sono in aggiunta. Tutto questo se lo finiscono e se resta in piedi. Perché visti i punti precedenti la cosa altamente più probabile è che vedremo per decenni un cantiere aperto e poi per secoli i resti di un cantiere chiuso di un qualcosa di mai ultimato o peggio ancora i ruderi di un qualcosa di ultimato e crollato per una delle ragioni di cui sopra, dai terremoti al vento allo scadere dei due secoli di garanzia. Un impatto ambientale colossale, uno scenario che si spera almeno sia da monito all'umanità, ammesso che questa si faccia davvero ammonire da qualcosa a non ripetere i propri errori.

Voglio chiudere con un ricordo personale, perché questo in fondo è un diario e perché spesso l'ultima parola in questioni serie la ottiene la risata. L'ironia, la satira, possono sgretolare il Potere, anzi spesso sono le sole forze a riuscirci o almeno a incrinarlo.

Mio papà Pepè fu protagonista, nel suo piccolo, dell'epopea delle radio libere negli anni 70. Certo, a Reggio Calabria, anzi nella frazione di Gallina, non a Bologna Roma o Milano, ma basta accontentarsi. Io gli andai a rimorchio, e ancora oggi mi vanto di avere nel curriculum di essere stato DJ, anzi come si diceva di avere "trasmesso in radio", dal 1979 al 1984. Ma nel 1976, ero piccolo, mio padre prese a telefonare a Radio Gallina Sound interpretando in diretta una serie di personaggi, figli credo come ancora oggi tanti di Alto Gradimento di Arbore e Boncompagni ma suoi originali, che gli valsero l'invito a passare dall'altra parte del bancone del mixer (vi sarebbe rimasto per vent'anni). Me ne ricordo bene due, vi giuro esilaranti: Gustavo, un omosessuale appassionato di culinaria col pallino per il pescestocco, e il professore Paolo Missineo, un saccente pieno di prosopopea che chiosava ogni suo intervento, di qualunque argomento si fosse parlato, col suo tormentone: "il ponte sullo stretto sarà fatto!". E raccontava che per sponsorizzarlo si faceva ogni giorno lo Stretto a nuoto andata e ritorno da Cannitello a Ganzirri.

Pontisti, pontofili: una risata vi seppellirà.

sabato 25 ottobre 2025

LO SPORT DEL DIAVOLO

Non so chi abbia definito per primo il tennis come "lo sport del diavolo", ma la definizione piace ad Adriano Panatta tanto che la cita ricorrentemente, e io che ho iniziato a giocare per emulare lui (e tra l'altro l'aspetto migliore del fenomeno Sinner è la torma di ragazzini che ha preso ad invadere i circoli di tennis per la stessa ragione) non posso non farla mia, visto che i suoi commenti tennistici e sportivi in generale mi trovano quasi sempre d'accordo.

La ragione principale per cui la definizione è calzante risiede nel sistema di punteggio. Ce ne sono altre, ma sono comuni ad altri sport individuali "di situazione", come la boxe o la scherma, in cui l'azione è un continuo e veloce miscelarsi di azioni fisiche e pensiero (fin qui come molti altri sport) che però deve adattarsi di continuo e rapidamente alla risposta di un altro che usa lo stesso mix per batterti. Non corri contro un cronometro, non devi centrare un bersaglio, lanciare qualcosa più lontano o resistere in qualcosa a lungo e facendo prima di altri, eccetera eccetera, no: devi "fare punti" contro un altro che deve "fare punti" contro di te, nessuna azione è uguale all'altra, la situazione è in continuo cambiamento, ed è solo tua la responsabilità della lunga serie di scelte giuste o sbagliate che prendi durante un incontro. Gli sport a squadre hanno altri pregi, e anzi anche tutti gli altri tipi di sport hanno ciascuno il suo, non sto facendo a chi ce l'ha più lungo. Ma gli sport "a duello" hanno questo pregio, ed il tennis lo è. Poi però c'è il punteggio.

Ho visto in TV una partita in cui una professionista vinceva 6-0 5-0 e match point, e poi ha perso la partita. E non è che si è fatta male, no. E' che il sistema di punteggio, che non si sa nemmeno bene chi e quando lo abbia introdotto (gli antenati del tennis sono antichissimi, dalla pallacorda indietro, ma il punteggio a 15 potrebbe essere conseguente all'invenzione degli orologi a quadrante), è congegnato in modo che tu non sia mai sicuro di aver vinto finché non hai vinto l'ultimo punto. In altri sport non è così: a pallone se sei 4 a 0 avanti e mancano pochi minuti hai vinto, a basket già è più incerto ma fino a un certo punto (se sei avanti di venti, man mano che si avvicina la fine puoi far giocare i ragazzini), a boxe se sei nettamente sotto ai punti puoi solo sperare di mettere KO il tuo avversario ed è già qualcosa, perché a scherma invece devi rimontare non puoi infilzarlo. A tennis invece... Roger Federer a fine carriera ebbe a dichiarare: "Ho vinto quasi l'80% delle partite di singolare... Ma ho vinto solo il 54% dei punti.". E stiamo parlando di uno dei giocatori più vincenti di ogni tempo, per altri grandi campioni si può dire che i punti vinti restino attorno alla metà, mentre le partite vinte non sono quante Federer ma sempre molte di più della metà. E tutto ciò grazie al fatto che i "quindici" non sono tutti uguali, conta vincere quelli che contano. Infatti, spesso nelle statistiche di fine partita mostrano anche il totale dei punti vinti, e nelle partite combattute molto spesso capita che chi ha vinto il match non sia quello che ha vinto più punti. Faccio un esempio non estremo (che si può capire: se vinco 0-6 7-6 7-6 ho vinto due tiebreak ma solo 12 game su 18, quindi facile che ho fatto meno punti): ho vinto 6-4 6-4, ma i miei game li ho vinti sempre con due vantaggi (quindi 6 punti a 4) e quelli che ho perso li ho persi sempre a zero; come minimo, il mio avversario ha perso facendo 80 punti, mentre io ho vinto essendomi fermato a 72. Non so voi, ma io la vedo come una efficacissima metafora della vita, una cosa che apprenderla sul campo mentre ragazzino ti confronti impietosamente con te stesso prima che coi tuoi avversari non può che far bene.

Sinner dunque sta facendo un grande servizio ai ragazzi italiani. E lo fa anche se ogni tanto salta una convocazione in Davis. Chi ne approfitta per fare polemiche, come l'ineffabile Vespa, dimentica che il paragone non va fatto con le "mezze pippe" per cui la convocazione in nazionale è il massimo della vita, ma coi grandissimi della storia del tennis, cui il nostro roscio appartiene di diritto; ebbene, Federer su 45 convocazioni ha risposto si in 27 occasioni (vincendo peraltro il trofeo solo una volta) e no in 18, Djokovic sta solo un filo più su (37 si e 20 no) e Nadal molto dietro (24 si e 32 no). Sinner, se ancora non cambia idea, è solo al suo secondo no, di una serie lunga si spera quanto quella di titoli slam e settimane al numero uno, i conti li faremo alla fine. Queste semplici considerazioni razionali non impediscono al tifoso di essere deluso e magari sperare in un dietrofront. Magari dettato dalla semplice considerazione razionale che uno sforzo di una settimana in più stavolta non è richiesto quando dopo hai altri tornei importanti, ma esattamente prima delle ferie, che per carità anche vista la giovane nuova fidanzata è pure comprensibile volersele godere un minimo prima di iniziare la preparazione per la nuova lunga stagione, ma insomma non credo che la vittoria all'Australian open (e meno che meno nei tornei successivi) dipenda da qualche giorno di differenza nell'inizio dello "stacco". Diciamo così, ancora con Panatta: io tutto sommato uno sforzo lo avrei fatto.

Ma torniamo a noi. C'è almeno un altro senso per cui vale accostare questo sport a Belszebù, e ha a che fare col dottor Faust. Il tennis, infatti, a differenza di altri sport, si può praticare fino ad età avanzata, come sa bene chi ha continuato a frequentare i circoli nei decenni tra l'era Adriano e l'era Yannik, o ci si affaccia di mattina, gustandosi lo spettacolo di fieri vegliardi che si sfidano e sfottono in doppietti improbabili. Ora, nella mia testa ogni tanto lampeggia il desiderio che se proprio devo morire che sia dopo un punto fortunoso ottenuto con una volée in tuffo, e ancora sono solo un ultrasessantenne (ho conosciuto e conosco molti over 70 80 e oltre che ancora giocano): non so se capita anche ad altri, ma suppongo di si. La vecchiaia, come spiega il grande Massimo Fini in questo articolo, è un pessimo affare, ma avere la fortuna di poterla trascorrere su un campo da tennis la rende meno dura. E più invecchio più capisco mia madre, il cui tennis si chiamava "campagna", che ha continuato a zappare la terra irrigarla seminarla e coglierne i frutti fino a oltre 85 anni, e ha iniziato a morire solo quando un incidente le ha tolto la condizione fisica minima necessaria a poter proseguire.

sabato 18 ottobre 2025

RICORDO CHE LA MONETA...

Come ricorda bene Agamben, il filosofo che durante la psyop Covid fu tra le poche voci dissonanti rispetto alla narrativa di regime, le parole memoria e moneta hanno etimologia comune, e ovviamente non per caso. Senza una sua moneta sovrana, uno Stato non è uno Stato, e infatti gli Stati dell'area Euro non avendo più una loro moneta non possono attuare una loro politica economica e fiscale autonoma nemmeno nell'eventuale presenza di un mandato forte e inequivocabile dell'elettorato (leggi: negli Stati che hanno adottato l'Euro è inutile votare, la democrazia non è nemmeno più un simulacro), e l'Unione Europea avendo una sua moneta ma non essendo questa una moneta sovrana (l'Euro è solo una unità di conto in mano alle élite bancarie, non c'è nessuna autorità politica democratica a poterla manovrare) non è ancora uno Stato e mai lo sarà. Anche perché senza una sua memoria una Nazione non è una Nazione, ed era sul concetto di "nazione europea" (che includeva il mantenimento blindato del modello politico-economico della socialdemocrazia) che bisognava semmai edificare l'Unione, non su fondamenta monetarie che da un lato sono intrinsecamente fragili, e dall'altro hanno contribuito proprio alla demolizione di quella memoria nazionale che è una delle cause dello sfacelo del vecchio continente.

Che l'UE fosse ben altro di quanto dichiarava di essere, e cioè esattamente un trojan horse che permetteva al globalismo turbocapitalista di distruggere il welfare-State attraverso essenzialmente una politica di redistribuzione a danno dei salari e segnatamente a danno di alcuni Paesi e a vantaggio di altri, è oramai dimostrato al limone agli occhi di chi vuol vedere. La grafica in immagine è decisamente eloquente, con numeri e colori che mostrano cosa ha fatto l'Unione (o dovremmo dire la Disunione) negli ultimi 30 anni: lasciare al palo i "mediterranei" a favore del centro/nord e soprattutto est Europa. Nel periodo, infatti, i salari reali, cioè tarata l'inflazione, mentre in Spagna Grecia e soprattutto Italia sono rimasti al palo, sono da raddoppiati a triplicati nei Paesi ex sovietici. Ma se ciò può essere  giustificato dai bassi livelli di partenza, gli aumenti netti dell'Europa centrale e ancora maggiori in Nord Europa possono spiegarsi solo in due modi: per chi non ha adottato l'Euro, da questa saggia decisione, e per chi lo ha fatto (e magari lo "dirige") dalla semplice constatazione che, ben lungi dall'essere uno strumento neutro, esso nasce e cresce come un'arma nelle mani di alcuni per danneggiare altri. Come peraltro è dimostrato ulteriormente da tutte o quasi le sue politiche (da ultima, quella sul "pane", in cronaca).

Chi volesse approfondire, potrebbe andarsi a rileggere questo mio vecchio (è del 2011, la tragica parabola dei cinquestelle non era nemmeno iniziata) post didascalico, a tratti ingenuo ma ancora piuttosto utile a comprendere cos'è sta moneta e come funziona, oppure questo articolo di Blondet sulla cosiddetta "moneta-debito" che è solo uno dei tipi possibili di moneta eppure viene raccontata come fosse l'unico, e sempre col tono di chi da le cose per scontate. Oppure ancora riandarsi a leggere come Cossiga definiva Draghi in diretta televisiva nel lontano 2008, cosa che fa capire molto di tutti i retroscena del delitto. Come, quale delitto? La distruzione della democrazia in Europa occidentale a favore di un "vincolo esterno" che in quanto tale ha creato i presupposti perché il nuovo totalitarismo si affermasse, come tutti i totalitarismi, col consenso popolare.

sabato 11 ottobre 2025

PACE UN CORNO

Non è una ricostruzione di AI, è un fotogramma di un
avvenimento reale, nel 2014 a Piazza San Pietro...
La domenica delle salme
Fu una domenica come tante
Il giorno dopo c'erano i segni
Di una pace terrificante

Fabrizio De Andrè

L'aver imbottito il prosciutto costituito dalla elementare considerazione (qui Blondet) dell'inutilità e anzi controproducenza dei blocchi stradali dei manifestanti proPal tra due fette di pane, una messa in piano che più esplicita non si può nella questione israelo-palestinese inquadrata come colonialismo (sentire Roger Waters) e una condanna netta del piano neocolonialista cosiddetto di pace, non mi ha messo a riparo dalle critiche (la peggiore, di essere voce della maggioranza benpensante: quasi nessun'altra offesa mi ferisce di più) di chi ha voluto guardare solo alla farcitura.

Per sgombrare il campo agli equivoci, e sperando che non si ripetano episodi come quello che ho stigmatizzato io, non riuscendo a ridire ancora meglio la prima fetta, ho deciso di ospitare un altro articolo di Pasbas che mi aiuta a specificare meglio la seconda (mi autocito, la "ignobile soluzione 'di pace' con [...] Trump e [...] Blair al timone [...] tanto somiglia alle paci imposte agli indiani d'America confinandoli nelle riserve dopo averli sterminati").

Il pezzo, com'è facile constatare, è di qualche giorno fa. Nel frattempo, gli accordi sono stati firmati, e persino con qualche piccolo miglioramento (ad esempio, togliendo di mezzo quel bugiardo patentato di Tony Blair). Purtroppo, le criticità evidenziate da Pasquale, come avrete modo di rilevare leggendo, rimangono in buona parte in piedi. E chi c'era quando Rabin e Arafat presero il Nobel per accordi di pace infinitamente migliori di questi, e prima l'uno poi l'altro finirono assassinati (l'ebreo dai suoi) perché le cose potessero ricominciare come prima, sa che volendo si può pure essere contenti, ma con riserva...


Il piano di pace trumpiano

di Pasbas

I punti focali che indicano come il piano non dia alcun beneficio ai palestinesi (mio parere personale - va però affermato che la scelta finale è dei palestinesi e solo la loro):

  • p.to 3) indica la cessazione immediata del conflitto ed il ritiro dell'IDF da Gaza, per tale ritiro non è fissato alcun termine di tempo (mio commento: i sionisti decideranno in autonomia se e quando).
  • p.to 6) Hamas dovrà deporre le armi (i sionisti ovviamente no) e gli sarà concessa l'amnistia (da quale tribunale e per quale accusa?).
  • p.ti 7) e 8) all'accettazione dell'accordo saranno immediatamente forniti aiuti ai Gazaui e rimesse in funzione le infrastrutture distrutte (a spese di chi, sono definiti i danni di guerra inflitti dai sionisti?). Gli aiuti saranno gestiti da organizzazioni dell'ONU che devono essere indipendenti dalle parti in conflitto (l'unica organizzazione attiva dal 1948 e in grado di operare a Gaza è UNRWA definita dai sionisti collusa con Hamas, ergo gli sarà consentito di tornare ad operare?).
  • p.to 9) Gaza avrà (nessun termine di tempo definito) un governo apolitico e tecnocratico supervisionato dal premio Nobel Trump e dal laburista pacifista Blair, già benefattore e promotore degli aiuti esplosivi forniti dal cielo all'Iraq, condannato in GB per le sue bugie. La chicca finale: una volta riformata la AP essa potrà governare Gaza col beneplacito coloniale (persero nel 2006 clamorosamente le elezioni nei confronti di Hamas).
  • p.to 12) qui la bugia, il cinismo e l'ipocrisia raggiungono vette dolomitiche: nessuno sarà costretto ad abbandonare Gaza, chiunque vada via avrà diritto al ritorno (falso dal 1947 in avanti), i Gazaui saranno "incoraggiati a restare" (in un luogo con 50 milioni di tonnellate di macerie e materiali altamente tossici, esplosivi, amianto, prodotti chimici rovesciati dai sionisti sulla Striscia, falde acquifere inquinate).
  • p.to 13) I gruppi della Resistenza Palestinese non avranno alcun ruolo nel governo di Gaza (l'entità sionista, gli USA e la GB si), ogni tipo di arma e di dispositivo terroristico dovrà essere distrutto insieme con i tunnel e le fabbriche di armi sotterranee. Il processo di smilitarizzazione di Gaza sarà supervisionato da non meglio specificati organismi indipendenti.
  • p.to 16) l'entità sionista non occuperà né annetterà Gaza, IDF si ritirerà da Gaza (nessun riferimento a quando, come e fin dove, le fasce definite sono tre). IDF trasferirà il controllo della Striscia ad una forza internazionale di pace (ISF).

P.S. - La decisione se trattare su questi punti ed eventualmente accettare la proposta spetta ovviamente in modo esclusivo ai Gazaui, i miei sono solo dei commenti personali basati sulle notizie che sono riuscito a reperire durante questi due anni di genocidio.

domenica 5 ottobre 2025

CUI PRODEST

Mezz'ora fermi solo a questo incrocio, se mi credete...
Ho in canna un pezzo sulla moneta, ma siccome questo è un diario on-line e mi è successa una cosa, che peraltro ci azzecca con la cronaca e con lo scorso post, ve la racconto e vi invito a una riflessione.

Posso farlo, perché in questo stesso sito ci sono infinite testimonianze in ormai diciassette anni di quale sia la mia posizione riguardo alla questione palestinese; per chi ha voglia di approfondire ci sono i tag Israele e Palestina, per gli altri la riassumo così: per me il diritto di esistere di Israele è poco più di una pecetta ideologica appiccicata sopra l'esigenza dell'Occidente di mantenere un presidio coloniale in una regione cruciale finché dura la civiltà del petrolio, altrimenti se proprio glielo si doveva concedere (a risarcimento dell'Olocausto, questo dice la bugia ufficiale) doveva essere a patto di restarsene buoni buoni nei confini dei trattati, non succedendo la qual cosa doveva essere la comunità internazionale ad imporgliela e in mancanza ogni iniziativa palestinese è da considerarsi Resistenza e non Terrorismo. Non credo si possa essere più espliciti.

Chi vive a Roma considera normale, quasi un prezzo da pagare per il privilegio di essere cittadino della Città eterna, immolare un paio d'ore in media al giorno della propria esistenza per raggiungere il luogo di lavoro e tornare a casa. Se lo "smart" working rispettasse la sua etichetta renziana (quindi accattivante ma menzognera, tra un po' l'aggettivo entra nel dizionario) sarebbe stata una cosa "intelligente" che tutti i datori di lavoro avessero disposto, in vista di un blocco delle strade, la sua adozione in tutti i casi in cui la cosa era praticamente possibile. Invece venerdì scorso nemmeno uscire dall'ufficio in permesso (cioè a proprie spese) alle 15.30 poteva salvare dai guai temuti. Io, che conosco la città come le mie tasche e trovo sempre una scorciatoia per risparmiare tempo, uscendo a quell'ora sono tornato a casa alle sette, e sono uno di quelli a cui è andata meglio: a Roma, se blocchi la tangenziale est, blocchi subito tutto il quadrante e pian piano tutta la città. Perché ad ogni incrocio di una strada totalmente intasata con una che ancora scorre c'è un deficiente come quello in immagine che si piazza in mezzo e intasa la strada che scorreva, eccetera eccetera.

Con questo non voglio lamentare una violenza subita, anche se tale é stata e da decine di migliaia di persone tutte assieme e questo come giustificazione basterebbe. No, voglio sottoporvi una riflessione. Se uno protesta un po' di fastidio lo deve dare se no che protesta sarebbe. Ai miei tempi, ogni scusa era buona per fare sciopero e non entrare al liceo, intasando la prospiciente via Possidonea per la gioia degli automobilisti in transito. Ma noi avevamo uno scopo: fare "filone". E infatti dopo un po' sciamavamo ciascuno verso la propria occupazione alternativa (la mia erano interminabili tornei di ping pong all'Orchidea). Seriamente, i ferrovieri che fanno sciopero bloccando il traffico dei treni hanno uno scopo: mostrare agli utenti imbufaliti la loro importanza e il fatto che sono stati costretti a protestare per fare ascoltare le loro istanze. Idem per qualsiasi altro servizio, e tu utente danneggiato sei indotto a una riflessione, a metterti in qualche modo nei panni degli scioperanti, perché un giorno potrebbe toccare a te dover fare come loro e vorresti che i tuoi utenti ti capissero. Il diritto di sciopero è una cosa seria, e toccarlo al di fuori di leggi rigorose è sempre una operazione discutibile, anche quando non la compie Salvini pensate un po'.

Ma uno sciopero pro-Pal somiglia più agli scioperi nostri a scuola che a quelli legittimi delle categorie danneggiate e inascoltate. Quale sarà il suo scopo indiretto, visto che direttamente ai palestinesi gli rimbalza? Forse, tentare una trasfusione di consensi all'esangue centrosinistra, per una volta che ha un buon pretesto per dare fastidio al governo di centrodestra? Può darsi, e sarebbe ancora un tentativo legittimo per quanto inutile: col centrosinistra al governo non finirebbe l'ambiguità di coniugare lo storico sostegno alla causa palestinese con l'altrettanto storica retorica filoebraica (ma la Segre sta bene? com'è che non la intervistano più?), così come non è finita col centrodestra (ma i fasci non erano filopalestinesi? che ci fanno pappa e ciccia con Israele e i suoi mandanti americani?). Può darsi, ma il blocco stradale che c'entra?

Secondo voi, ve la butto lì una domanda, c'è stato uno, uno solo, dei romani bloccati per ore nel traffico (e idem per i guai nelle altre città a cominciare da Milano), con la giornata rovinata sia che fosse tempo libero che lavoro, che facendo uno sforzo ha potuto comprendere le ragioni dei manifestanti? uno solo, conquistato alla causa palestinese?

Al massimo, è aumentato il consenso alla ignobile soluzione "di pace" con Donald Trump e Tony "lui è peggio di me" Blair al timone, che tanto somiglia alle paci imposte agli indiani d'America confinandoli nelle riserve dopo averli sterminati. Bella mossa, pro-Pal dei miei...

domenica 28 settembre 2025

MA TU L'HAI FATTO LO SCIOPERO?

Questo è un blog, cioè una sorta di diario personale online: il fatto che vi si parli di vari argomenti è nella sua natura, e spesso la scelta non è dettata dall'importanza. Voglio dire, il fatto che non parli tutti i giorni di Palestina non significa che invece tutti i giorni io non ci pensi, non mi girino i cabbasisi ogni volta che ascolto un telegiornale, e non sia continuamente e fermamente indignato dal massacro quotidiano. Solo, per parlarne devo avere qualcosa di personale o interessante da aggiungere, altrimenti un blog sarebbe solo un inutile altoparlante dell'ego, e per questo ci sono già i social (che infatti non frequento, fatta eccezione per FB che però uso solo per veicolare i link dei nuovi post sul blog, e poco altro).

Per l'interessante ci ha pensato Pasbas, da cui ricevo e volentieri pubblico l'articolo che segue, come sempre puntuale e rigoroso. Per il personale aggiungo un episodio, che peraltro è congruo con un passaggio dell'articolo di Pasquale: no, non ho partecipato allo sciopero generale pro-Pal, e a domanda ho risposto perché. Gli è che trovo, ormai, che il valore di queste manifestazioni sia quasi esclusivamente autoreferenziale e consolatorio. Della serie: "ho partecipato, sono un vero attivista di sinistra, sto a posto così". Invece Pas propone cose più concrete, come il sostegno ai portuali e il boicottaggio diretto e mirato (qui una guida de l'Indipendente, qui un articolo de Il fatto alimentare), anche se nulla sarebbe più utile dell'esercizio della leva elettorale democratica, peccato che non ci sia all'orizzonte uno schieramento che prometta credibilmente (qui un bel test di Lameduck) di eseguire un tale mandato specie disobbedendo all'UE se (com'è probabile) servisse. In questo contesto, risulta una presa in giro persino il riconoscimento dello Stato palestinese, e la cartina qui sopra è utile a capire perché, la formula "due popoli due Stati" non rappresenti più, dopo decenni di colonizzazioni ulteriori, un'alternativa praticabile. Infatti, è ora di iniziare a pensare a Israele come al Sudafrica, ai sionisti come ai bianchi colonizzatori, ai palestinesi come ai neri schiavizzati e ghettizzati, e a un Mandela che emerga (e guidi un Paese riconciliato sulla base del principio "una testa un voto", senza distinzioni di razza o religione - qui Moni Ovadia) come unico orizzonte, per quanto oggi possa sembrare utopico, che risolverebbe le cose.

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F35 - Sumud flotilla - Manifestazioni pro Palestina 

di Pasbas

Continuo a seguire giornalmente da due anni l'evolvere della situazione nell'Ovest Asia per cercare dei punti fermi su cui basare una analisi almeno parzialmente corretta e credibile. Come per chiunque, opinion leader o semplici osservatori come me, le informazioni su cui lavorare sono poche, arrivano spesso dopo diversi passaggi e sono difficilmente verificabili. L'unico modo che ho trovato almeno parzialmente efficace è quello di incrociare tra loro fonti che hanno referenti diretti sul campo e che ho riscontrato riportare notizie, confronti, analisi e dibattiti tra persone di alta levatura e riconosciute a livello internazionale per competenza e serietà (prof. Marandi, prof. Mersheimer, Jeffrey Scott ex CIA, Laith Marouf giornalista libanese, prof. Ilan Pappè e tanti altri). Ho ovviamente evitato, come si evita la peste bubbonica, qualsiasi fonte che riporti le veline governative del cosiddetto mondo civile e democratico.

Finito il "pippone introduttivo" passo ad affrontare i temi accennati nel titolo, cercando di spiegare il nesso tra i diversi elementi:

  • F35. E' di un paio di giorni fa la notizia di una ennesima violazione dello spazio aereo di una nazione sovrana (Yemen) da parte dei criminali sionisti della IAF (Israeli Air Force). E fino a qui nulla di nuovo sotto il cielo; la novità e grossa però c'è e riguarda la fine infausta di questa ennesima violazione sionista del diritto internazionale: il jet è stato abbattuto dalla difesa aerea di Ansar Allah e con azione coordinata e estremamente rapida catturati i due piloti; piloti che con tutta probabilità, una volta localizzati da IAF, in ottemperanza alla famigerata "Hannibal Directive", sarebbero stati assassinati dalla stessa IAF per non farli cadere in mano nemica. Anche su questo Ansar Allah ha dimostrato di avere delle efficienti e preparate FFAA, capaci di anticipare le azioni della potenza imperiale e della loro mano armata sionista. Va ricordato che lo Yemen è sotto sanzioni pesantissime dal 2015, che ha subito un genocidio sistematico con bombardamenti continui che in sette anni hanno ucciso oltre 300 mila civili, il tutto sotto la criminale direzione dell'impero usraeliano e eseguita dai lacchè di Saudi Arabia e monarchie del Golfo, che hanno usato armamenti, aerei, cannoni e bombe fornite dall'impero. Nonostante questo, nonostante la povertà endemica resa estrema dagli embargo imperiali, nel panorama dell'Ovest Asia le FFAA di Ansar Allah sono riuscite a respingere due attacchi aerei usa, hanno fatto fuggire due portaerei che minacciavano le loro coste, hanno bloccato nello stretto di Ab El Mandeb diversi cargo diretti o provenienti dall'entità sionista. Insieme colle altre forze dell'Asse della Resistenza sono stati gli unici ad opporsi in modo sistematico al genocidio dei palestinesi attaccando gli obiettivi sensibili sionisti con droni e missili ipersonici "Palestine 2" sviluppati e realizzati localmente. La loro è davvero Resistenza armata fino alla liberazione dei popoli oppressi dall'impero, palestinesi in primis.
  • Global Sumud Flotilla. In un paio di mesi di duro ed encomiabile lavoro, gli organizzatori della coraggiosa iniziativa sono riusciti a formare una unità marittima di oltre 40 navigli provenienti da ogni parte del Mediterraneo. E' la prima volta che viene dispiegata una forza civile di pace di tale dimensione, questo anche grazie al supporto fattivo dei portuali europei. Un insieme di 16 paesi (Irlanda, Spagna e Slovenia per l'Europa) hanno firmato un accordo che intima ai sionisti di "non attaccare la flotilla e di non torcere un capello" agli attivisti a bordo delle barche. Qui mi sorge il primo interrogativo: in caso di abbordaggio piratesco dei sionisti questo gruppo di dichiarati difensori della Flotilla cosa vorrebbero fare? Organizzare una flotta multinazionale da mandare nel Mediterraneo per contrastare e/o combattere contro INF (Israeli Navy Force)? Oppure elevare una ennesima "vibrante protesta" in un'Assemblea ONU? C'è inoltre da considerare una singolare coincidenza, nello stesso periodo e nella stessa zona Egitto e Turchia hanno organizzato delle manovre militari congiunte tese a rafforzare le rispettive sicurezze nazionali sotto il profilo marittimo. Come si comporterebbero queste due flotte se dovessero intervenire in soccorso delle barche della Flotilla? Non ho ovviamente alcuna idea a riguardo, l'unica è aspettare lo svilupparsi degli eventi. Chi invece si è opposto con atti concreto e dal 2021 a fare attraccare le navi che trasportano armi, bulldozer e altro, allo stato sionista sono i portuali italiani ed europei. Respingendo queste navi tengono sotto pressione i loro governi complici del genocidio. Per ultimo ma non meno importante, sempre loro hanno preannunciato un blocco totale dei porti nel caso venisse attaccata la Flotilla. Visto però lo scenario e i precedenti anche recenti, mi chiedo che possibilità hanno gli attivisti di attraccare sulle coste di Gaza. Da ultimo mio fondamentale interrogativo, qual è il reale obiettivo della iniziativa, arrivare a Gaza o farsi respingere per testimoniare al mondo la ferocia sionista (lo sappiamo da oltre 100 anni)? Aprire un corridoio umanitario confrontandosi colle navi di INF? Richiedere l'intervento diretto dei 16 e magari anche degli stati nei quali le barche sono immatricolate?
  • Manifestazioni pro Palestina. Dopo quasi due anni di prese di posizione dei governi, accampamenti universitari, manifestazioni imponenti in tutto il mondo, repressione blanda o feroce dei militanti dei cinque continenti, dopo tutte queste energie messe in campo nulla si è mosso, non si è avanzati sulla strada della pace giusta neanche di un centimetro. Anzi gli "usasreliani" hanno massacrato il Libano, distrutta la Siria, attaccato l'Iran, bombardato più volte lo Yemen, intensificato il massacro dei Palestinesi sia a Gaza che nel W.B.; mi chiedo allora e chiedo a chi legge: se tutto quanto sopra detto è vero, qual è la funzione di questo genere di opposizione "non violenta"? Non intendo che non sia giusto manifestare, voglio dire che più che una questione ideale qui si tratta di salvare fisicamente un popolo da un feroce mostro a tre teste, USA-Israele-Europa.

Tento a questo punto di tirare le conclusioni di quello che ho prima trattato, eventi, riflessioni e dubbi compresi.

Si riscontrano livelli diversi di reazione al genocidio in corso che hanno effetti e obiettivi diversi. L'Asse della Resistenza ha scelto la strada del contrasto commerciale e militare allo strapotere di "usraele", bloccando navi, lanciando missili e droni, resistendo con armi progettate in loco ed autocostruite, con tunnel irraggiungibili e quant'altro a disposizione di popoli martoriati da decenni di violenze ed embargo perpetrate dall'Occidente democratico. Popoli che nonostante la ferocia genocida di cui sopra non cedono e rimangono attaccati alla propria terra con una determinazione incrollabile.

Dall'altra ci siamo noi, le nostre manifestazioni, i movimenti, le roboanti dichiarazioni, i riconoscimenti (l'italietta si dimostra però coerente fino in fondo non aderendo) ormai "postumi" dello stato palestinese, in una cornice di due Stati per due popoli, cosa assolutamente ridicola e non più realizzabile vista la pervasività degli insediamenti coloniali.

Anche qui però vedo degli spiragli tenuti aperti da lavoratori dei trasporti, soprattutto operai ma non solo, disposti a rischiare in prima persona pur di non consentire il transito di navi e aerei diretti allo stato sionista, che trasportano armi utilizzate per continuare l'azione genocidaria. Credo che oltre che un sostegno ad operazioni di sicuro successo da un punto di vista mediatico (Greta Thumberg docet) dovremmo sostenere quest'ultimo tipo di boicottaggio attivo, appoggiarlo con manifestazioni in loco coordinate con gli aeroportuali, finanziare la loro lotta, proteggerli da ritorsioni dei datori di lavoro e da repressioni poliziesche. Fare diventare inoltre di massa le attività di boicottaggio di BDF e non solo, andando davanti ai supermercati, ai mercati rionali e ad altre attività commerciali che vendono prodotti sionisti. Continuare la controinformazione per sbugiardare chi definisce le forze della Resistenza col termine "terroristi", rovesciandogli addosso tutto quello che i loro amici stanno facendo colla loro vigliacca copertura Internazionale. Parlare di Hamas, Jihad, Hezbollah, milizie irachene, siriani e iraniani spiegandone la storia, le motivazioni e la legittimità.

Per ultimo ma non meno importante dobbiamo partecipare al movimento popolare sì ma cercando di dargli una prospettiva politica di più lungo respiro, che gli consenta di continuare la sua azione fondamentale anche quando la carica emotiva e l'entusiasmo attuale saranno sostituiti alla devastante "assuefazione" a quanto di peggio vediamo accadere da noi e nel mondo.

La lotta ed il conflitto sono secondo me l'unica strada per sconfiggere il neocolonialismo imperialista.

giovedì 25 settembre 2025

87 ANNI DI BELLEZZA

No, non ho intenzione di violare la regola autoimpostami originariamente per questo blog che mi vieta di accodarmi al mainstream a meno che non abbia qualcosa dal taglio personale da aggiungere.

Perciò, per ricordare chi era e cosa ha fatto Claudia Cardinale, me la cavo con un link a un articolo che mi è sembrato sopra la media dei coccodrilli in cronaca.

Io invece ne parlo perché ogni volta che vedevo la Cardinale in TV, in una delle sue memorabili interpretazioni da giovane come in una delle sue sempre più rade apparizioni da vecchia, io non potevo fare a meno di pensare a mia madre. Che le somigliava, a tutte le età. E chissà, non avesse avuto un fratello geloso a portarla via di forza dal Lido comunale, avrebbe avuto tutta un'altra vita accettando la vittoria alle selezioni cittadine di Miss Italia. Con la non trascurabile ricaduta che io non starei qui ad affliggervi. E mo' che ci penso, anche la Cardinale ha avuto un fratello geloso, ma nella finzione: Ferribotte ne I soliti ignoti.

Si, le somigliava, a tutte le età, tenuto conto che stiamo parlando da un lato di un'attrice di (meritatissima) fama mondiale e dall'altro di una maestra d'asilo tenuta (fino praticamente alla stessa età) in vita dopo la pensione da una tenace passione per il lavoro agricolo. Le somigliava, e per dimostrarvelo ho dato fondo alle mie (scarsissime) capacità di photo editing realizzando (col materiale fornitomi da mia sorella Carmen) un collage simile a quello trovato sul web per la Cardinale.

Quindi anche stavolta mentre i telegiornali mostravano Claudia io ho pensato a Luisa, e ora ne approfitto vigliaccamente per mostrarvi le sue foto e, che mi trovo, anche una mia da piccolo (si, lo so, mi sono rovinato crescendo).

E per una volta questo pensiero è diventato pubblico, ad uso sia di tutti coloro che la conoscevano, che di tutti quegli altri cui ho fatto andare il pensiero alla loro, di mamma.


sabato 20 settembre 2025

NON UCCIDERE

Non credo in nessun dio, ma se ricordo ancora bene dopo oltre mezzo secolo alcuni precetti del catechismo, i comandamenti non erano formulati in modo da dare spazio ad interpretazioni: ad esempio, "non rubare" non può essere tradotto "non rubare a meno che non sia per il partito", come faceva uno che ha rovinato l'Italia ma riguardandolo alla luce della statura di quelli che sono venuti dopo era un grande statista.

Poi un non credente può anche non riconoscerli, o un credente violarli, i comandamenti, ad esempio desiderando la roba e la donna d'altri o non santificando le feste o mandando affanculo i suoi genitori, ma se ti dici credente allora è troppo comodo abbondare coi "si ma". Hanno ammazzato uno stronzo? si ma era uno stronzo, sentite cosa faceva e diceva: era tra "i responsabili del clima di odio" che lo ha ucciso... (letta sui social, e vabbè, ma sentita pure in TV...). Ebbene, si tratta di una capriola logica che sentita in chi si percepisce e dice di (centro)sinistra è se possibile ancora più odiosa e ingiustificabile che altrimenti.

Un po' come quando leggi quello che ha in mente di fare l'ineffabile UE con la nostra sfera privata: approvare un regolamento che consente agli organi di polizia di poter scansionare senza alcuna autorizzazione tutti i messaggi e le foto delle chat private a livello continentale. Alla faccia della privacy. Immaginate ora che una norma del genere avesse tentato di introdurla un Berlusconi: sentite oggi l'uno per cento delle proteste che sentireste da sinistra in tal caso? Ma già (com'era?), noi siamo il giardino del mondo, la culla e il baluardo della democrazia... Possiamo pure fomentare una guerra che senza UE sarebbe già finita, con la legittima restituzione alla Russia delle zone russofone dell'Ucraina finite indebitamente e inaccortamente dentro i suoi confini sotto l'Unione Sovietica.

Basta raccontarsi solo la mezza messa, come ad esempio fa Elina "MissSimpatia" Svitolina intervistata in quanto tennista: "non si può restare neutrali di fronte a guerre e atrocità" va bene se lo applichi tu a quello che ha fatto Putin dal 2022, meno se uno lo applica a quello che ha fatto l'Ucraina (dopo un colpo di Stato, occorre sempre ricordarlo) ai territori russofoni dal 2014 al 2022. Che poi è lo stesso paradigma condiviso dalla maggioranza degli israeliani (no, non è tutta colpa di Bibi...): i terroristi sono loro, la nostra è rappresaglia legittima a prescindere dalle sue proporzioni. I potenti sono i responsabili delle guerre, ma è il consenso dei popoli la loro benzina.

Ora, se in guerra è accettabile (ma per tutti) la sospensione del giudizio (le uccisioni non sono assassini, le etichette "strage" "eccidio" o "genocidio" verranno applicate nel tempo secondo proporzioni e secondo chi ha vinto), in tempo di pace no. Per cui bisogna guardarsi allo specchio e rispondere: l'omicidio politico è ammissibile? E a chi si sente democratico/liberale/progressista e si risponde di si non resta che usare lo specchio per sputarsi in faccia. Questo, in breve; per esteso leggetevi questo articolo da Linkiesta che mette letteralmente all'angolo, fin dal sottotitolo: "Visto che tutti rappresentiamo per qualcuno un’inaccettabilità ideologica, non sarebbe più prudente stabilire che, se le mie ti sembrano idee di merda, comunque eviterai di spararmi?".

venerdì 12 settembre 2025

L'UOMO-CANNONE

Non so se è originale, probabilmente no, ma in questi giorni, alle prese con gli acciacchi dell'anzianitudine che mi mandano continui ultimatum di resa che continuo a fingere di non ascoltare, mi è venuta in mente una metafora dell'esistenza, peraltro collegabile a una vecchia barzelletta.

Se uno viene sparato da un cannone abbastanza potente da assicurargli una parabola lunghissima, in ogni singolo istante in cui questa parabola si svolge può legittimamente sembrargli di stare volando, anzi addirittura può raccontarsi di saper volare. Il suo in effetti è, un volo, solo che la propulsione che glielo consente non sta nei muscoli che gli fanno muovere le ali, o nel carburante che alimenta i suoi motori, ma solo nella spinta iniziale del cannone, che magari lui ha già dimenticato. Fino a che gli effetti di tale spinta durano, in effetti, egli può godersi il viaggio, osservando il paesaggio o facendo capriole poco importa. Ma verso la fine di quegli effetti, comincerà ad avvertire la perdita di velocità e il cambiamento di angolazione; può allora iniziare a pensare alla ineluttabile conclusione della sua traiettoria, l'impatto al suolo, e a come non ci sia assolutamente modo né di evitarla né di minimizzarne le conseguenze, oppure proprio per questo decidere che pensare all'atterraggio avrebbe come unica conseguenza sprecare gli ultimi tratti di volo, concentrandosi sui modi che gli consentono invece di goderseli tutti nel modo che gli sarà possibile.

A questo punto la vecchia barzelletta sarà tornata in mente anche a voi. Per chi non avesse l'età, dato che il politically correct oggi impedisce la circolazione di certe cose, è più o meno questa: a un tizio che si sporge dal parapetto del belvedere di un grattacielo gli urlano di non sporgersi che se cade muore, lui si sporge, cade, e durante la caduta a ogni piano si dice 'visto? sono ancora vivo!'.

L'antifona, per chi non l'avesse ancora capita, è questa: la vita non è quello che sembra. Non è un volo, è una caduta. La morte non è il suo contrario, è il suo indispensabile complemento. E l'unico modo di non conoscerne la parabola discendente è morire prima, durante la fase orizzontale se non nella parabola ascendente. Nascere è, cominciare a morire. Ma questo solo dal punto di vista diciamo così personale e filosofico. Perché la morale di queste storielle ha anche un altro risvolto diciamo così storico e sociale.

Avrete sentito anche voi, impossibile non sia così dato il martellamento mediatico, la storia dei droni russi abbattuti sui cieli della Polonia e del conseguente appello all'articolo tot della NATO nonché ammassamento di truppe al confine con Russia e Bielorussia. Puzza di false flag lontano un miglio, di quelli che prima o poi la Storia gli rende giustizia, come l'11 settembre per intenderci, o Tonchino. Come ha ricordato Barbero alla festa de Il fatto quotidiano, nella storia ogni volta che c'è stato un riarmo prima o poi un pretesto per fare scoppiare una guerra lo si è trovato. Pretesto falso, perché in ogni guerra la prima vittima, perché comincia a morire prima ancora che inizi la guerra stessa, è la verità. Falso, e noi in Italia dovremmo saperlo benissimo, pieni come siamo nel recente passato di stragi e attentati raccontati in un modo che invece avevano tutt'altra genesi e natura.

Ebbene, stiamo precipitando verso la guerra, guidati da una classe dirigente europea che se c'è una giustizia passerà alla storia come l'accozzaglia di criminali che è, eppure non ci crediamo, non ci possiamo credere, e anzi continuiamo a credere alle storielle che ci raccontano su quanto è cattivo Putin. Ogni passo che viene compiuto verso il baratro, ci sembra una conferma che forse allora non arriverà mai. E invece.

Invece o chiudiamo questo baraccone chiamato UE con annessi e connessi, o ci precipiterà verso la povertà con tutti gli strumenti a sua disposizione, compresa una bella nuova guerra mondiale. Magari non riusciremo a impedirla, questa guerra, ma almeno come sottolinea Cardini in questa sua lodevole iniziativa, facciamo che non sia in nostro nome.

sabato 6 settembre 2025

PRO-METEO

I miti greci ci appassionano ancora in tanti per molte ragioni, la più importante delle quali, forse, è che raccontano ancora, incredibilmente per qualcosa scritto 2500 anni fa circa, tutte le sfaccettature dell'animo umano e dell'esperienza di vivere. Quasi come se il fatto che non venga più attribuito il valore religioso al politeismo ne potenzi anzichenò il valore metaforico.

Prendiamo Prometeo (ve la racconto in breve, i dettagli su Wikipedia): già dal nome è "colui che ci pensa prima", e ha un fratello che si chiama Epimeteo ("colui che ci pensa dopo") e fa un sacco di guai, ad esempio donando doti a caso agli animali (ecco che molti sono più forti veloci e resistenti di noi, nuotano meglio e volano) prima che il fratello in corner ci attribuisca le doti rimaste, intelligenza e memoria, a dispetto di Zeus che temeva le avremmo usate contro gli dei. Poi la fa ancora più grossa: ruba il fuoco agli dei e lo consegna agli umani. Ciò gli varrà una punizione orrenda. Mentre gli umani avranno qualcosa da custodire (ancora per i Romani il fuoco sacro aveva un ruolo di fulcro sociale) di simbolico e di utile per affrancarsi dal giogo degli dei. Guaio a cui Zeus rimediò in parte donando a Pandora, moglie di Epitemeo quindi cognata di Prometeo, un vaso con tutti i mali del mondo, che la sciagurata aprì per curiosità lasciando che fatica malattia vecchiaia pazzia passione e morte si propagassero.

Non sembra anche a voi che i migliori sceneggiatori di Hollywood non potrebbero inventarsi qualcosa non dico di meglio, ma anche di un minimo vicino all'efficacia di questa rappresentazione della condizione umana? E infatti, si potrebbe dire che quando trovate una storia efficace scava scava potreste scoprire che "pesca" in un mito greco e che dopo Omero non ci siamo inventati più nulla. Ma senza divagare, tornando a dove volevo andare a parare all'inizio, il mito di Prometeo è simbolo della presa di distanza dell'uomo dagli dei in entrambe le direzioni possibili: nel bene, perché il fuoco rappresenta l'archetipo di tutta la tecnologia via via padroneggiata (moltiplicando ogni volta il rendimento delle risorse naturali quindi la possibilità del pianeta di sostentarci), e nel male, perché ogni volta che saliamo un gradino apriamo un vaso di Pandora da cui fuoriescono e imperversano problemi che non siamo in grado di controllare.

Questo paradigma è in grado di farci comprendere l'odierna "moda" del "cambiamento climatico", mantra ripetuto a ogni piè sospinto per giustificare ogni tipo di politica redistributiva verso l'alto attuata e da attuare nel prossimo futuro. Zeus non si è mai rassegnato al furto del fuoco; allora usa i suoi superpoteri per convincerci a restituirlo, e il bello è che sembra pure che con molti ci stia riuscendo. Quando invece dovremmo usare il fuoco per fare quello che alla specie umana è riuscito meglio sin dai suoi albori e a cui deve il dominio sul pianeta: adattarsi al cambiamento. E, ad esempio, pretendere un piano massiccio di salvataggio del territorio dal rischio idrogeologico, che avrebbe risultati più certi e rapidi che abbassare di un grado le temperature medie riducendo le emissioni di CO2, ammesso che ci si riesca, a costi molto inferiori. O un piano integrato nazionale di riqualificazione degli acquedotti e riduzione al minimo delle enormi perdite della rete idrica, anziché tentare a ogni piè sospinto di annullare i risultati di un referendum popolare privatizzando l'acqua così poi manca solo l'aria. Tra l'altro, entrambi i progetti assieme costerebbero meno del famigerato ponte sullo Stretto, e a differenza di quest'ultimo (che per sua natura non ne avrà, e chi sostiene il contrario o è in malafede o non capisce Keynes) avrebbero fortissimi effetti di moltiplicazione del reddito, tali da azzerare a stretto giro il deficit acceso dagli investimenti (per il ponte invece un vero e proprio buco nero). E non ho citato gli indispensabili, in Italia, interventi di recupero del patrimonio abitativo in chiave antisismica, che costino quello che costino costano sempre meno delle interminabili e mai complete ricostruzioni a posteriori, e che lo stesso Salvini non si accorge di sponsorizzare quando dichiara che se venisse un nuovo terremoto tipo 1908 il ponte sarebbe l'unica cosa a restare in piedi (sic!). Al posto dei quali invece aderiamo agli assurdi diktat europei sulle cosiddette "case green", in pratica un esproprio parziale se non una confisca in quanto a carico dei proprietari. E chi osa protestare, come per la bufala senza mezzi termini delle auto elettriche, viene rintuzzato come antiambientalista che non vuole arginare il cambiamento climatico.

E torniamo a Prometeo, stavolta stravolgendo l'etimo del suo nome, come se fosse "a favore del meteo". Le previsioni, che una volta erano un rito preserale quasi sacro presieduto dal "sacerdote" colonnello Bernacca, oggi sono dovunque e comunque consultate di continuo, senza rendersi conto che: uno, ci pigliano a stento (e nelle 24 ore, quelle a giorni essendo solo probabili, e con forte decrescenza, quelle oltre la settimana equivalenti all'oroscopo); due, sottintendono di continuo il teorema "cambiamento climatico" cavalcando opposti allarmismi con capriole logiche spettacolari per acchiappare click da un lato e dall'altro obbedire al padrone che quel teorema vuole imporre. Così, ogni ondata di caldo è eccezionale, ogni acquazzone evento estremo: le oscillazioni normali del tempo non esistono più. E questi sedicenti scienziati, di una materia così complessa che i loro stessi modelli matematici mostrano (a chi lo vuol vedere, purtroppo anche qui funzionano le trappole mentali dell'oroscopo, per cui ricordiamo solo quando raramente ci piglia e non quando quasi sempre toppa) di non funzionare nelle previsioni, asseriscono di poterli usare per addirittura modificare il clima: riduco la co2 di un tot, diminuiscono le temperature medie di un tot, e rallento o azzero il cambiamento climatico. Altro che Prometeo, qui siamo al dottor Frankenstein, e pure Junior, cui bisogna sempre rammentare che le variabili in gioco sono troppe e con dinamiche troppo complesse per poter tentare di governarle, magari con una battuta: "potrebbe andar peggio, potrebbe piovere!". Erutta il Fuji, ed ecco che le temperature medie del pianeta calano al punto di innescare una mini-glaciazione, altro che riscaldamento globale...

venerdì 29 agosto 2025

IL SANTO

Tra le decine di messaggi di auguri che ho ricevuto per il mio compleanno, su faccialibro molti da sconosciuti, moltissimi da gente che non sento da anni e che si fa viva solo in queste occasioni in cui peraltro è il social network stesso che glielo ricorda, e alcuni da amici e parenti tra cui quelli che ci tenevano mi hanno contattato anche diversamente, il più strano è quello della mia banca, che mi ha mandato una mail con il podcast che vi linko, per cui oltre che il più strano è stato anche il più utile. Spero anche a voi: ascoltatelo, perché è interessante. Tanto che mi ha innescato una serie di ricordi, quindi questo post.

Una delle cose che svela o ricorda Barbero nel podcast, infatti, la riconosco nella mia memoria. Quando ero piccolo io, quindi qualcosa più di 50 anni fa, era da poco che al Sud si era cominciato a festeggiare i compleanni, ma solo dei bambini e coi nonni che erano contenti di avere un'altra occasione per regalare qualcosina ai nipotini ma intanto guardavano perplessi a questa "nuova usanza". Mio nonno, infatti, ci teneva a festeggiare l'onomastico, si, che poi in famiglia era una ricorrenza generale visto che in tre nipoti maschi siamo tutti Luigi come lui e poi il caso ci ha messo il suo aggiungendo mia mamma Luisa, ma il compleanno non gliene fregava niente e anzi a stento sapeva quando era, ammesso che la registrazione all'anagrafe fosse stata effettuata il giorno effettivo della nascita (per mia nonna sapevamo tutti che c'era uno sfrido di giorni, e la cosa era la regola non l'eccezione, figurarsi nei secoli precedenti quando non c'era l'anagrafe e il massimo erano i registri della parrocchia).

Sono certo che in molti vi siete riconosciuti nel primo capoverso, sia in quanto riceventi che in quanto emittenti di auguri social, e se meridionali anche nel secondo, specie se di una certa età come il sottoscritto. Che oggi ha compiuto sessantadue anni, ma mia nonna mi avrebbe detto "trasisti nte sissantatri", sei entrato nei sessantatre, ovvero stai vivendo da oggi il tuo sessantatreesimo anno d'età, che poi sarebbe il modo corretto per contare gli anni, se proprio dobbiamo fare questa cosa che alla fin fine è un pessimo affare.

sabato 23 agosto 2025

ANOTHER BRIC IN THE WORLD

Non mi dite che ci sono cose reali, altre realizzabili e altre ancora soltanto da libro dei sogni. E non lasciatevelo dire, specialmente se siete giovani. La Storia, infatti, non procede di moto uniforme e nemmeno regolare, ma a strappi quasi sempre imprevedibili: non lo capiamo, perché la guardiamo a posteriori, e immersi in una ideologia (sempre: da sempre la Storia la scrivono i vincitori) dedicata a rappresentare ciò che è accaduto come inevitabile e consequenziale successione di eventi. Vale per la vita sul pianeta (dal punto di vista probabilistico una botta di culo pazzesca, eppure gli umani non possono fare a meno di vederci il disegno di un dio) figurarsi per i rigagnoli di quel fiume che chiamiamo eventi storici.

Prendete l'Unione Europea: chi poteva prevedere nel 1944 che nemmeno sette anni dopo sarebbe nata la sua prima incarnazione (la CECA)? Il nazifascismo aveva appena iniziato a perdere la guerra che fino a un paio di anni prima sembrava destinato a stravincere (e se lo avesse fatto, tutta la narrazione che diamo per scontata non esisterebbe, e ne daremmo per scontata un'altra di segno opposto: coi terroristi filoamericani e filosovietici al posto dei partigiani, le plutocrazie a matrice ebraica sconfitte al posto delle democrazie liberali e liberatrici, ben altri Padri della Patria, eccetera), giusto alcuni privilegiati prigionieri politici confinati in un piccolo paradiso potevano immaginare e scrivere il Manifesto di Ventotene, che se fosse andata al contrario sarebbe stato un libercolo dimenticato e invece oggi è universalmente considerato la prima pietra della costruzione europeista (luogo comune rappresentato benissimo in quanto tale da Virzì nel sequel di Ferie d'agosto), e infatti addirittura lo è anche nel senso deteriore, dal momento che anticipa anche quelle infauste cessioni di sovranità che rappresentano il lato oscuro e antidemocratico della UE.

Oggi, chi sostiene che sia ampiamente dimostrato che la parabola politica della UE sia conclusa, viene immediatamente rintuzzato da chi invece è convinto che la sua curva sia una iperbole (sono tutti così, i "fedeli": pensano al loro credo come alla "fine della Storia" riscrivendo quest'ultima come tutta una premessa all'Inevitabile e Definitivo da quel credo rappresentato) come reietto, antistorico, disfattista. Se ci pensate, è esattamente come veniva descritto chi pensava che la parabola politica del fascismo fosse breve e magari lo dava in qualche modo a vedere (memorabile, ed efficace più di mille trattati, la scena di Troisi che cerca di piazzare le sue lozioni contro il dolore e la perdita di capelli...). Ebbene, era breve: vent'anni. Quella di Hitler durò ancora meno. Il socialismo reale, una settantina. La "prima repubblica", meno di cinquant'anni dalla Costituente a tangentopoli. Il grillismo, una decina in tutto dalle promesse di rivoluzione antiEuro all'abbraccio di Ursula a Gigino, calata di braghe pandemica compresa. Persino della mafia, che pure è talmente elastica da riuscire a reincarnarsi sotto qualunque regime (da quello latifondista borbonico ai piemontesi del Gattopardo, dalla dormienza sotto il Prefetto di ferro fascista alla decisiva collaborazione con gli Alleati, dall'andreottismo al berlusconismo passando per la stagione delle stragi e della Trattativa), si può dire come diceva Falcone che essendo un fatto umano ha sicuramente una fine. Perché non si può dire lo stesso dell'Unione Europea? Perché non si può immaginare che nei libri di Storia del futuro ci sia a mo' di lapide il trattato di Roma come nascita e un altro evento settant'anni dopo come morte?

Si perché qui non si tratta di Italexit o meno (cogli araldi del Potere, tra cui i più temibili sono quelli inconsapevoli di esserlo, che già si esercitano con la Brexit a descrivere come disastri i normali problemi intanto dimenticando i benefici), si tratta di distruggerla, l'Unione.

Nata in un contesto in cui l'Europa veniva da secoli di guerre le ultime delle quali immani ed estese a tutto il mondo, anche perché figlie di quel colonialismo che è (anche se molti se la raccontano diversamente) il padre della globalizzazione, l'Unione nelle sue varie incarnazioni deve il suo successo intanto alla promessa iniziale di fare da disinnesco alle ragioni economiche profonde dei conflitti tra gli Stati, poi alla promessa (che lo stesso Prodi ebbe a dichiarare illusoria, in un pentimento tardivo e di facciata) di fare da argine alla globalizzazione consentendo di fare massa critica in grado di difendere il modello di sviluppo europeo (in cui vanno compresi il welfare e i diritti economici, sociali e civili ad esso connessi). Ma già la sua espansione ad est mostrò che la guida era ultraliberista, preoccupandosi dell'unificazione dei mercati di merci e capitali noncurante del fatto che ricardianamente sarebbe conseguita anche quella del mercato del lavoro, con delocalizzazioni (a partire dalla 126 polacca) ed immigrazione interna al continente a fare da volano all'inevitabile livellamento salariale. Molti allora (tra cui, lo ammetto, il sottoscritto) hanno creduto che fosse un prezzo da pagare alla possibilità invece di proteggersi da unificazioni di mercato ben più devastanti, ma è sotto gli occhi di tutti (a Roma basta entrare in un bar, o cercare casa in certi quartieri) che fosse una pia illusione, e innescata da una colossale menzogna. La vera missione della UE è infatti togliere gradatamente ai suoi cittadini quei privilegi che si è dovuto accettare di concedergli come risarcimento ai disastri bellici, perché nell'ottica del capitalismo globale è inaccettabile che permangano, ma non è possibile levarli dall'oggi al domani, bisogna aspettare che muoiano quelli che li detengono e nel frattempo impedire che la democrazia nei singoli Stati costituisca un ostacolo portando al potere partiti o movimenti che intendano opporsi alle politiche economiche decise dalla UE, anzi al di sopra della UE stessa. Solo un artista visionario come De André ebbe la capacità di vedere e il coraggio di esprimere sotto metafora cosa stava succedendo, nel verso de La domenica delle salme che recita: "la scimmia del quarto Reich ballava la polka sopra il muro e noi che eravamo sotto le abbiamo visto tutti il culo", a crollo di Berlino fresco fresco, citando poi quella nuova piramide di Cheope che è il paradigma del Ponte sullo Stretto.

Anche a chi è convinto, o accettando il confronto fattuale si convince, della correttezza di questa analisi, il cosiddetto "vincolo esterno" appare spesso comunque ancora un male necessario, soprattutto vista la radicazione di malcostumi autolesionisti nell'animo italico, che avendo origine in secoli di dominazioni esterne non sono azzerabili con qualche decennio di virtù sempre eteroimposta. A questi, a voi se siete tra questi, è difficile opporre convintamente che ce la possiamo fare da soli, che avevano ragione Mattei e Pasolini, e quando ci ho provato a parole ho dovuto arrendermi. Come a quel webinar cui fui invitato a inizio pandemia in cui, quando citai l'esperienza svedese che intendeva risolvere la faccenda con dissuasioni e convincimenti piuttosto che con divieti e obblighi antidemocratici, mi venne risposto che "purtroppo gli italiani non sono svedesi" (sic!). 

Ma oggi mi imbatto in questo post de L'Antidiplomatico, che mi suggerisce una soluzione: pensiamo di aver ancora bisogno di un vincolo esterno? cambiamo vincolo esterno! Ce n'è uno molto più giovane della UE, che offre rispetto alla stessa tutta una serie di vantaggi:

  • è molto più grande, quindi come massa critica molto maggiore;
  • molti dei suoi Paesi sono destinati a dominare l'economia mondiale prossima ventura;
  • alcuni di essi sarebbero quelli da cui l'UE diceva di volerci difendere, mentendo o comunque fallendo;
  • a differenza della UE, non contempla istituzioni sovranazionali in grado di imporre agli Stati membri di disattendere più o meno completamente il mandato elettorale democraticamente affidato ai rispettivi governi, al punto di consentire, senza particolari problemi, a qualsiasi stato membro di uscire, come ad esempio (per sua disgrazia, ma questa è solo un'opinione) all'Argentina;
  • include lo Stato europeo più ricco di materie prime e risorse naturali, che è meglio avere come alleato che come nemico (in una guerra raccontata quotidianamente con selve di bugie, a cominciare dalla data di inizio che è in realtà quella dell'inizio di una reazione a una offensiva occidentale partita anni prima).

Della serie: meglio essere un altro mattone di un muro nuovo solido e in crescita, che una pietra fondativa di un cumulo di macerie. Come dite? si tratta di una posizione diciamo così largamente minoritaria, senza alcuna speranza? Eh, ma - dicevamo - la Storia non procede di moto uniforme e nemmeno regolare, ma a strappi quasi sempre imprevedibili...

domenica 17 agosto 2025

CIAO PIPPO

Avrete le scatole piene di coccodrilli su Baudo, da ieri sera, con tanto di interviste su interviste (questa di Heather Parisi degna di grande attenzione) ai tanti VIP che lo conoscevano, molti dei quali vantando, non si sa quanto sinceramente ma è matematicamente impossibile che sia vero per tutti, una stretta amicizia col dipartito, e molti dei quali ipocritamente dichiarando una sorpresa impossibile per un uomo di quasi novant'anni da qualche tempo peraltro assente dalle scene. Non avendo nemmeno un episodio con un qualche riflesso sul mio privato, non posso aggiungerne uno mio come talvolta ho fatto con altri personaggi famosi venuti a miglior vita.

Riflessi no ma riflessioni si, però, perché il presentatore, che ci teneva a questa etichetta anche se nel suo caso era più che mai riduttiva, ha accompagnato tutta la mia esistenza, fin da bambino, come quella di chiunque abbia una certa età, al punto da percepirlo come superato fin dall'adolescenza. Era insomma assurto allo status di Entità: sapevi che c'era, in qualche modo era un parametro, e come tale ha permesso di scartare mentalmente tanti che hanno provato senza successo a emularlo o addirittura superarlo nel mestiere, della serie "se questa è la novità, aridatece pippobbaudo!".

Insomma, avrebbe meritato interesse da un qualche studioso, come fu per Bongiorno, e chissà se non ci sia da qualche parte un qualche saggio che renda giustizia al suo "sottrarsi" come metodo per far risaltare ospiti e scoperte. Alla generazione di mia figlia, che non l'ha mai visto in azione e non può capire, farebbe bene leggerlo, se mai leggesse qualcosa.

Il saluto del titolo glielo faccio fare da uno (Lucio Dalla) a cui il coccodrillo personale a suo tempo lo feci, che a un certo punto nel finale di una canzone quel saluto lo fa, e chissà se quel Pippo era proprio Baudo o meno. Tra l'altro, è uno dei pezzi contro la guerra più efficaci mai usciti, quindi è di estrema attualità.

domenica 10 agosto 2025

HIC SALTA

Il modo di dire, che forse se lo ricorda solo chi ha l'età mia e ha fatto le scuole in un certo modo, eoni prima delle nefaste prove Invalsi, è tratto da una favola di Esopo in cui un atleta sborone sosteneva di essere stato capace di saltare da una gamba all'altra del Colosso erto all'ingresso del porto di Rodi, ma gli veniva risposto "hic Rhodus hic salta", qui è Rodi qui salta, ovvero dimostra adesso coi fatti quello che dici di valere.

Mi è venuto in mente, anche se non c'entrava nulla, mentre saltavo dalla barca nella finta baia di San Giorgio, ma questa ve la spiego dopo. Gli è che mi concedo, una delle rare volte, un post leggero, la condivisione di un paio di riflessioni di viaggio, prima di riprendere con i miei post di argomento serio e tono incacchiato. Rodi, chi ci era stato venti o anche dieci anni fa me l'ha raccontata come bellissima, per cui attribuisco le mie impressioni a una deriva recente. E sono:

  • un posto pieno zeppo di turisti quasi tutti italiani e di locali tutti uguali per fare mangiare quasi sempre le stesse cose o bere idem o noleggiare auto o moto o farsi mangiare la pelle morta dei piedi da pesciolini o stonarsi di musica assordante e di alcol magari davanti a una nuda che balla - l'ho scritto senza punteggiatura perché rende meglio l'idea non perché mi atteggio a Saramago;
  • un posto dove tutto quanto sopra costa come in Italia (e mica so fessi, questi che ti dicono una faccia una razza mentre ti abbracciano, campano di questo e i fessi siamo noi);
  • un posto dove se possono ti danno la sòla, come diciamo a Roma, e qui veniamo alla spiegazione promessa qualche riga indietro.

Un'escursione in una settimana ce la vogliamo permettere? e permettiamocela! La migliore: verso la coloratissima isola di Simi, ultimo avamposto dell'Unione Europea così vicina alla costa turca che l'operatore telefonico ti fa pagare il roaming. Ma come scegliere tra decine di offerte in ogni angolo di strada e spiaggia? Barca lenta veloce o velocissima, con sosta e bagno nella impareggiabile baia di St. George raggiungibile solo via mare o senza, con passaggio davanti al monastero di nonmiricordochi dall'altra parte dell'isola o senza, con due o tre ore di sosta nell'abitato principale? Dei venditori prescelti, una coppia, il marito aveva provato a dirci, in un italiano incomprensibile, che in quella baia le barche grandi non possono entrarci quindi tanto valeva scegliere una combinazione che non prevedeva il tuffo, ma la moglie, in un italiano perfetto, con un gesto che dava ad intendere non ascoltate quel poveretto qua la baracca la porto avanti io, ci ha venduto il tour completo. Quando abbiamo realizzato che quel mucchio di sassi lungo venti metri dove avevano attraccato era solo adiacente alla bellissima baia promessa, che da li peraltro manco si vedeva, eravamo tutti già in acqua a sbollire la rabbia assieme al calore accumulato nella traversata. Io, pensando, più che al cavaliere Antonio Trevi che vendeva a un turista americano la fontana di famiglia, alla settimana bianca organizzata fuori stagione dal fido Filini per l'ufficio sinistri al completo. Vadi lei, Fantocci!

Ah, e a parte un paio di calette deliziose e una spiaggia che appare solo in bassa marea a separare la parte con le onde a quella col solo vento peraltro fortissimo e quindi piena zeppa di vari tipi di surfisti, niente che sia all'altezza delle coste sicule sarde o della jonica reggina. Della serie "n'atra vota, statti aa casa!".

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