domenica 15 giugno 2025

RESET

A volte, quando la realtà ti sembra avvitarsi su se stessa e non vedi come e dove possano esserci vie d'uscita, può essere utile ripassare la lezione della Storia, nel bene e nel male. Nel bene: la via d'uscita c'è sempre, niente è eterno, finiscono anche gli imperi più organizzati e crudeli figurati le caricature di impero in cronaca. Nel male: una singola vita umana non è una unità di misura sufficiente, in altri termini non è affatto detto che quella via d'uscita si palesi quando tu sei ancora vivo per vederla. Nel bene: ma non è detto, ad esempio basterebbe che si svegliasse sul serio l'Etna o esplodesse un qualche suo fratellone da qualche parte nel globo per azzerare dall'oggi al domani tutte le chiacchiere infondate e tendenziose sul riscaldamento climatico a base antropica, regalandoci almeno qualche decennio di inverni gelidi e estati irriconoscibili come tali, quella che si dice in gergo "piccola glaciazione" e che è occorsa moltissime volte nella cosiddetta storia umana figurarsi nella vita del pianeta. Nel male: non è che sia meglio una piccola glaciazione dei danni che possono fare i guru del cambiamento climatico, o una nuova guerra mondiale del vulnus democratico costituito ad esempio dall'Unione Europea o da quel mostro chiamato Stato d'Israele, che molto probabilmente ne verrebbero spazzati via.

E però consola. Perché non siamo gli ultimi umani sul pianeta, abbiamo figli o nipotini che vedranno il mondo quando noi non lo vedremo più, e il pensiero, illusorio per quanto sia, ci consola. Tutti, perché vivere è un istinto potente che chiama a raccolta di continuo tutto ciò che può servire alla sua causa, anche (e soprattutto) l'autopresa per il culo, laica o religiosa che sia.

I leghisti della prima ora, quando scrivevano sui cavalcavia delle autostrade FORZA ETNA, evocando così un nume in grado di distruggere il meridione (e secondo loro solo quello, poveri mentecatti) prima di capire che un megaappalto mafiofilo era molto più utile allo stesso scopo, senza rendersene conto, e in un modo completamente diverso dalle loro intenzioni, ci avevano preso. Noi riavremo un mondo pieno di futuro come quello che ebbero i nostri padri nel secondo dopoguerra quando sarà successa qualcosa di altrettanto tragico a obbligarci a resettare. Cioè, "noi": quei pochi di noi che sopravvivranno e avranno modo di unire i puntini e dirlo in giro, ammesso che ce ne saranno e quand'anche che saranno compresi da qualcuno.

Perdonate, ma credo sia umano che la follia in cronaca, l'attacco militare a uno Stato sovrano per dichiaratamente impedirgli di dotarsi di armi atomiche, formula ideologica (riportata in quanto tale acriticamente dal mainstream) che nasconde l'intenzione di sollevare un polverone così enorme da poter attuare indisturbati e nascosti la Soluzione Finale del genocidio palestinese, faccia venire questi brutti pensieri...

martedì 10 giugno 2025

QUINDICIMILA VOLTE GRAZIE

Ho aperto il gruppo FB sul libro Le ricette di nonna Carmela quando avevamo esaurito la tiratura, e costruito coi proventi di quella iniziativa, e di quella di cui era figlia e coronamento, una scuola in Guinea Conakry. La storia è raccontata per esteso in una delle pagine statiche di questo blog.

Per una delle insondabili dinamiche del web e dei social, anni dopo la sua creazione il gruppo suddetto ebbe una clamorosa impennata di iscritti, che ho commentato al tempo in un post che oggi potrei riscrivere, anche se la curva della crescita si è addolcita, perché abbiamo raggiunto una cifra tonda e le cifre tonde piacciono agli umani, non si sa perché.

Ma anziché ri-ragionare sulle dinamiche, e un po' anche per compensare la mia scarsa partecipazione al gruppo social (dopo avervi postato tutte le ricette del libro una a una, ho lasciato che fossero i membri a contribuire con le loro, limitandomi ad approvare le nuove richieste di iscrizione e fare un minimo di controllo sui post impropri e i pochi nuovi membri che provano a usare il gruppo per finalità diverse da quelle proprie, di condivisione a titolo gratuito di cultura culinaria tradizionale), oggi vi racconto qualcosa di nonna Carmela proprio. Anzi, delle storielle di lei bambina che amava raccontare a noi bambini, denotando quella autoironia che è materia propedeutica dell'intelligenza. Storie che ci catapultano nella Calabria ulteriore di oltre cent'anni fa, per dire.

Carmela era una bambina un po' tontolona che aveva una sorella furba, Pasqualina. La madre, consapevole di questa differenza, affidava di solito i compiti più delicati alla sorella, ma talvolta era costretta dalle circostanze ad investire Carmela, di solito avendosene a pentire. Come quando le lasciò in affidamento il pollaio e lei per sconfiggere la noia ubriacò le galline di vino (con tanto di imbuto e bavaglino) divertendosi a vederle barcollare (ma uccidendone alcune). O quando fu mandata a portare un uovo forse alla nonna e lei per strada si mise a lanciarlo in aria scommettendo di riprenderlo al volo con il davanti del suo grembiule, ovviamente non riuscendoci. O ancora l'unica volta in cui fu mandata lei a fare la spesa, con un fazzoletto nuovo pieno di monete per pagare, e lei mentre andava, notata una monetina arruginita su un gradino, memore di tutte le volte che la sorella furba era stata lodata per aver portato a casa ogni sorta di tesoro trovato per caso per strada, si ferma colma di gioia e corre a casa a esibire il trofeo... dimenticando il fazzoletto col gruzzolo su quel gradino, e ovviamente precipitarsi indietro non servì a nulla. Ma questi erano gli abstract, le storie ve le racconto in riggitano, con le parole in cui le ho sentite e risentite oltre cinquant'anni fa.

I JADDHINI

'Na vota me mamma mi lassau mi vardu 'e jaddhini. Ma dopu un pocu, jeu cuminciai mi mi siddhìu. Allura pinzai: s'i pigghiu a una a una, ci mentu na sirbietta nto coddu non mi si llordanu, e ci rugnu a mbiviri u vinu, virimu chi fannu. Siccomu n'o vulivanu, cciù calai pi fforza cu mbutu. Non ti dicu: appena mbivivanu, cuminciavunu mi firrianu tornu tornu chi era nu spassu. Ma poi carivanu ddanterra e parivanu morti, e jeu mi mmucciai. Quandu turnau me mamma, vitti i jaddhini morti e jeu chi non c'era, e pinsau chi era vinuta na faina e cuminciau mi grira e mi chiangi, cusì jeu niscia fora e ci cuntai a virità. Mi mmazzau i tumpulati....

L'OVU

'Na vota me mamma mi rissi "va portici n'ovu a to nonna chi m'u circau". Ma era luntanu e jeu p'a strata non mi mi siddhiu pinsai a nu jocu: "ora u tiru all'aria, poi quandu scindi apru u scossu ra vesta e u pigghiu". Mi mi cumbinciu, u ripitia un pocu i voti: "u tiru all'aria, poi quandu scindi apru u scossu ra vesta e u pigghiu". U tirai, iddhu cariu, apria u scossu, e n'o pigghiai.

A SPISA

Me mamma mi diciva sempri: "malantisa, to soru Pasca quandu a mandu a cacchi parti torna sempri chi truvau cacchiccosa, e tu non trovi mai nenti, pirchì iddha è dritta e tu si babbasuna". E a mia mi fazzu surbizza delicati non mi mandava mai. Ma na vota me soru non c'era e pi fari a spisa mandau a mia. Mi ressi un fazzolettu bellu novu novu tuttu rricamatu cu nu pocu i sordi arruvugghiati dda intra, mi rissi chiddu chi aviva a cattari, e mi mandau. Appena vutai l'angulu, supra nu bizzolu vitti un sordu, bruttu,vecchiu, tuttu ruggiatu. Mi ssittati m'u vardu. E pinsai: "si ciu portu subitu a me mamma non rici cchiù chi l'unica dritta è me soru!". E cusi fici. Quandu rruvai a casa, ciù purgia cu na risata tanta e me mamma mi rissi "e brava a Carmela" e mi stava randu na baciata, ma poi si fermau e mi rissi "e a spisa?" "non ghia ancora" "e u fazzolettu" "supra u bizzolu". Fujimmu, ma ndi truvammu dui, comu ricimu nui pi diri chi certu chi non c'era nenti. Dda vota i mbuscai peggiu i chidda r'i jaddhini...

Un vecchio adagio dice che le persone non muoiono finché i vivi le ricordano. Nonna Carmela secondo l'anagrafe è morta a quasi 95 anni nel 2003, ma è ancora qui e vi ringrazia uno a uno tutti e quindicimila.

lunedì 2 giugno 2025

FUMA FUMA...

... non viri comu ti cumbinasti?! (non vedi come ti sei ridotto?! - modo di dire riggitano che si applica a tutte le situazioni in cui qualcuno ha preso una brutta abitudine, e il sarcasmo è il miglior modo di dissuaderlo.

Sono un asmatico da quando ho memoria: mi hanno riferito che a meno di tre anni dopo una bronchite forse curata male ho iniziato a respirare male specie di notte. Dopo avrei capito che tutti respiriamo peggio di notte, semplicemente perché la posizione orizzontale moltiplica la superficie su cui grava l'atmosfera sopra noi, ma della cosa se ne accorge solo chi ha problemi respiratori. Ricordo lunghe notti seduto quindi in mezzo al letto, con mia zia e mia nonna al capezzale (ho iniziato a dormire da loro per indicazione medica di scarsa salubrità degli ambienti dove abitavo coi miei) a farmi compagnia aspettando che facesse effetto il cortisone (i broncodilatatori non li avevano ancora inventati) e se no i miei andavano ad affittare per la notte una bombola d'ossigeno. Queste notti arrivavano specie se durante il giorno avevo sudato e/o ero stato esposto a correnti d'aria, di conseguenza io non potevo giocare per strada con gli altri bambini (ai tempi, lo preciso per chi ha meno di 50 anni, TUTTI i bambini stavano tutto il giorno a giocare per strada tutti assieme: erano geolocalizzati dalla collettività non dai telefonini...): devo a ciò probabilmente la mia inclinazione alla lettura e ai giochi da tavolo, ma anche il non aver mai imparato a giocare a pallone. Ma tutto ciò non mi impedì di crescere "normalmente", solo favorì la consapevolezza rispetto alla vita (aiutarono molto due periodi in cui per trovare le cause del mio problema fui ricoverato al Gaslini di Genova, durante i quali capii innanzitutto, guardando i bambini che avevo attorno, che io non avevo poi un problema così serio) e ad alcuni meccanismi che gli umani attivano senza pensarci e che invece pensandoci si possono correggere e migliorare, come appunto la respirazione. Mio padre, asmatico a sua volta come mia nonna mio zio e mio cugino e poi i miei nipoti e mia figlia (anche se nessuno grave come me, ma per dire la familiarità...), tentava di insegnarmi a "respirare piano", trasmettendomi una tecnica che poi ho letto in un libro di un professore russo (il metodo "Buteyko") e scoperto essere usato da cantanti e atleti. Ed eccomi sessantaduenne che forse sa già di cosa morirà ma intanto ancora gioca a tennis e fa cardiofitness in palestra (la seconda cosa per poter ancora fare la prima).

Raramente vi racconto carrettate di cazzi miei, e quando capita c'è una ragione. Oggi è perché il quadro dettagliato serve a sgombrare il campo da ogni equivoco: non ho mai fumato, perché proprio fisicamente non mi riusciva (e quando ho scoperto che Che Guevara era asmatico e fumava sigari perché non si aspirano era troppo tardi: i vizi si prendono da giovani), e anzi ho vissuto in un'epoca in cui era impossibile non soffrire del fatto di essere costretti al fumo passivo. Infatti, si fumava in casa (memorabili i Natali in famiglia coi vecchi al tavolo delle carte avvolto in una nuvola di Nazionali senza filtro e tu che ti avvicinavi a cercare di imparare e ogni tanto meritarti un paio di giri di "supplenza" che affrontavi con malcelato orgoglio), al lavoro, al cinema (lo schermo era avvolto nella nebbia), nei locali, ai concerti (molte canne), anche ai pochi che ho tenuto dal palco (rovinandomi le corde vocali, anche per via del fumo). La prima legge contro il fumo nei posti pubblici è del 1975, è quella ancora citata in tutti i cartelli, ma fu per due o tre decenni largamente ignorata, come i cartelli stessi peraltro; d'altronde le auto di Formula1 fino a pochi anni fa erano pacchetti di sigarette in movimento. Qualcuno fece allora una vignetta, e quella si faceva notare. Io me la ricordo ancora, e ve l'ho trovata (sta in cima al post).

Detto tutto questo, e mi sono tenuto breve, se uno come me vi dice che trova esagerato e allarmante il provvedimento che vieta di fumare anche all'aperto, il sospetto che ve lo dica per gusti o interessi personali dovrebbe essere tolto di mezzo. Il puzzo di ideologia (in senso marxiano: falsa coscienza, rappresentazione della realtà fasulla appositamente costruita per essere condivisa e così nascondere i veri rapporti di forza) è forte e lo soffro almeno quanto quello di fumo. E quando lo sento mi metto a cercarne le cause. Ho trovato questo, buona lettura. 

domenica 25 maggio 2025

SI PUO' NON VUOL DIRE SI DEVE

Della serie "meno male che non ci devo campare", da qualche settimana i miei post su facebook, che oramai da anni uso quasi esclusivamente a mo' di newsletter di questo blog, sono con ogni probabilità ancora più penalizzati dal famigerato algoritmo di Meta di quanto non lo siano già da tempo per via degli argomenti trattati. Come avevo preannunciato, infatti, ho esercitato (qui accanto le prove) il mio diritto a oppormi all'uso delle mie informazioni "per sviluppare e migliorare i modelli di IA generativa". Che dovrà fare a meno di me, e lo farà senza fare un plissè, come diceva Jannacci: infatti, probabilmente nessuno di voi avrà fatto altrettanto, e sto parlando a qualche decina di persone decisamente fuori dal comune, fosse solo perché hanno ancora il vizio di leggere gli articoli di un boomer che si arroga di dover e poter fare il suo piccolo di controinformazione, non a "gente normale" nella cui platea chi sa che esiste la possibilità di sottrarsi, che la cosa è un suo diritto, e si prende il disturbo di farlo (ovviamente, è tutt'altro che semplice e intuitivo, devi andartelo a cercare tra le impostazioni), ammonterà nella migliore delle ipotesi a uno zero virgola zero qualcosina.

Questa specie di crociata contro l'Intelligenza Artificiale, che bolla chi la pratica come cadavere ambulante (un vecchio che si è rinunciato a convincere tanto presto uscirà dal mondo del lavoro e magari anche dal mondo tout court), non ha alcuna speranza, dunque, di "entrare in terrasanta" figurarsi "prendere Gerusalemme". Ma ciò non toglie legittimità al sentirsi in dovere di combatterla. Al grido di cui al titolo.

Si può, infatti, oramai farsi scrivere i testi col proprio stile di modo che nemmeno un amico fraterno sappia distinguerli dai testi scritti di tuo pugno. Ma si può non significa che si debba, o che sia giusto farlo. E lo stesso paradigma può (e deve) essere applicato a tante altre cose:

  1. si può agire per modificare il clima, magari col nobilissimo scopo di tentare di invertire o rallentare quel cambiamento climatico di cui si è sinceramente convinti, ma non è detto che sia una buona idea, e non tanto perché il cambiamento climatico a base antropica è tutto da dimostrare, o perché finché si hanno risorse sarebbe più saggio spenderle per affrontarne le conseguenze (come sempre gli umani hanno fatto, quale che fosse la causa: basta l'eruzione di un vulcano per regalarci decenni di inverni freddi ed estati mancate, altro che annullare il tanto strombazzato riscaldamento globale), ma perché magari a tentare di farlo questi novelli Frankenstein rischiano di procurare guai più grossi dei problemi che pretendono di risolvere ("potrebbe piovere", cit.);
  2. si possono spingere le aumentate capacità tecnologiche in materia di genetica al punto da "de-estinguere" un pericoloso predatore (manco non avessero visto Jurassic park), ammesso che la notizia che avete persino sentito al TG sia vera e non sia invece una boutade pubblicitaria, ma non è detto che sia una buona idea: sapevate che l'invasione dei cinghiali fino in città (di cui sono pieni i notiziari e sempre più frequenti le esperienze personali di ciascuno di noi) è dovuta a una sciagurata pratica di incrocio di esemplari selvatici coi ben più prolifici maiali da allevamento per fronteggiare la crescente domanda dei consumatori, cosicché è bastato che alcuni esemplari scappassero per ritrovarseli ovunque e fuori controllo? sapevatelo! e con gli orsi in trentino è successa una cosa simile, senza nemmeno la scusa commerciale, ma solo la pretesa scientifica di dovere (ed essere capaci di farlo senza problemi) ripopolare la regione importando esemplari dalla vicina ex-Jugoslavia;
  3. si può digitalizzare qualsiasi cosa, identità moneta lavoro eccetera, ma se non si ha l'accortezza di mantenere ("in back-up") le capacità e le copie fisiche nella misura in cui servono si rischia di legarsi mani e piedi e consegnarsi in mano a chi possiede il controllo dell'interruttore, che spesso non si sa nemmeno chi sia e comunque non è certo li per scelta democratica (sarebbe un guaio lo stesso, ma almeno sotto il formale controllo del "popolo"), cosicché un black-out più serio dell'evento spagnolo recente ci riporterebbe (per parafrasare il famoso aforisma di Einstein sulla quarta guerra mondiale) letteralmente all'età della pietra, costretti a tornare al baratto e a rapporti di forza che altro che il cosiddetto patriarcato di cui ci si riempie la bocca a cazzo come presunta causa dei femminicidi.

Allargando l'alone semantico dell'espressione, l'elenco delle cose che finché si può farle è bene quando si deve farle è male può allungarsi a dismisura: dai vaccini alla procreazione assistita, dal linguaggio politicamente corretto all'acquisto a caro prezzo di autoveicoli sperimentali di dubbia utilità, e il resto mettetecelo voi. Come dice Heather Parisi in questa lettera aperta all'ineffabile Burioni, "La scienza non è mai stata 'io ho ragione e tu devi stare zitto'. La scienza è dialogo, è ascolto. Se invece di spiegare, umili, se invece di convincere, attacchi, allora non stai diffondendo conoscenza.  Stai solo creando un branco. E il branco è pericoloso.

E ora vi lascio a un paio di link di approfondimento, che è da qualche tempo che non lo faccio:

  • Glauco Benigni, una interessantissima digressione sui vari significati del termine Verità;
  • Massimo Mazzucco, una preziosa riflessione sulle origini comuni dei tre peggiori colonialismi della Storia.

domenica 18 maggio 2025

NIENTE TRIPLETE

La parola "triplete" è diventata di moda con l'Inter di Mourinho che vinse scudetto coppa Italia e champions; quella di quest'anno sembrava potesse emularla ma è già fuori dalla seconda a momenti dalla prima (fosse solo per vedere i servizi del tiggì sui festeggiamenti a Napoli) e a quel punto speriamo vinca almeno la terza (perché siamo italiani). Nel tennis non l'avevamo mai neanche sognata. Anzi, chi vi scrive, che come sapete si ostina a calcare la terra rossa nonostante gli acciacchi dell'età, si era abituato a festeggiare, quando (raramente) capitava, un italiano che entrava nella seconda settimana di uno slam, e meno male che c'erano le donne ogni tanto a vincerne uno, anche se a un certo punto pure tra loro sembrava che fosse stata una generazione eccezionale dietro la quale c'era il vuoto.

Invece, come saprete, gli ultimi tempi ci hanno viziato e anche tanto: numero uno a parte, che campeggia sullo sfondo di queste pagine da luglio scorso come un tempo era toccato solo a un certo Roger, ce n'è sempre qualcuno che si segnala, maschio femmina singolo doppio o livello di torneo che sia. Tanto che, visto che qui il tennis è solo uno dei tag e nemmeno di quelli centrali della "linea editoriale", a un certo punto la cosa ha smesso di "fare notizia". A meno che...

A meno che non ricapiti un qualcosa di eccezionale a riempire le caselle rimaste vuote delle cose eccezionali capitate negli ultimi tempi: primo italiano in finale a Wimbledon, primo titolo slam maschile dopo 48 anni, poi primo italiano a vincere tre slam, primo oro olimpico italiano nel tennis, e primo bronzo, coppa Davis dopo 48 anni, poi doppiata l'anno successivo in accoppiata con le ragazze, primo italiano a vincere un Master, due italiani in top ten contemporaneamente. Cosa mancava? ah si, che una azzurra vincesse singolo e doppio a Roma nello stesso anno dopo la Seles nel 1990, che un azzurro rivincesse a Roma dopo 49 anni, e che le due cose assieme giustificassero un titolo di questo post con quella sola parola. Invece, niente.

Razionalmente, anche a usarli per il meglio come ha fatto, tre mesi di stop avrebbero giustificato anche una sconfitta in uno dei turni precedenti, figurarsi in finale. Ma intimamente rode, di doversi vedere una premiazione per il secondo posto, che comunque mancava da 47 anni, che quella per il vincitore. Non si può però essere tristi, ce lo impedisce il sorriso di Jasmine Paolini, vista sollevare il trofeo di vincitrice per due volte in due giorni. Per i maschi, facciamoci ancora bastare il coro in memoria: AADRIAANO! AADRIANO!

domenica 11 maggio 2025

SE NE FA UN ALTRO

Non essendo credente, non parlo di questo argomento per interesse diretto. Ma l'influenza enorme che una figura dominante come quella del capintesta della Chiesa cattolica ha sull'opinione pubblica, e non solo di credenti (il bisogno di salvare dalla condanna almeno uno della cricca dei potenti è intimamente umano, e la figura del Papa pare fatta apposta), suscita il mio interesse indiretto, e spero anche il vostro.

Da quando fu fatto fuori Luciani, per aver minacciato esplicitamente di voler fare chiarezza nell'intrigo di soldi e potere in cui era coinvolta la Chiesa, il soglio di Pietro infatti è stato ininterrottamente occupato da personaggi con scopi politici precisi, e ben diversi dalle dichiarazioni pubbliche per le quali hanno raccolto entusiasmo e venerazione. Volendo semplificare estremamente, Wojtila era li per consentire all'Occidente di vincere la Guerra fredda e demolire l'URSS, Ratzinger per consolidarne i risultati (quando un Papa "regna" abbastanza a lungo da aver nominato quasi tutti i cardinali che dovranno eleggere il suo successore non ci si può attendere diversamente) ma "se ne dimenticò" e non seguì il destino di GP1 grazie alle quasi inedite dimissioni, seguite dall'immediata elezione di Bergoglio. Uno che era stato pappa e ciccia con la dittatura argentina, e che si dimostrerà pappa e ciccia con la cricca che sta imponendo l'Agenda 2030 e ideologie connesse, il resto è solo facciata.

Il teorema tra parentesi poche righe indietro rema contro questa ipotesi, ma la speranza adesso è che "lo spirito santo" abbia suggerito ai votanti che effettuare uno scarto rispetto a questa subalternità al Potere fosse l'unica, forse l'ultima, speranza di mantenere per la loro istituzione un ruolo di potere autonomo. Prevost ebbe comportamenti opposti a "el Papa" durante la cosiddetta pandemia, e il suo evidente immediato (fin dal vestito, fin dalla scelta del nome) distanziarsi dall'affettata "vicinanza agli ultimi" del suo predecessore lascia sperare che lui invece non si scordi dei "penultimi", senza salvare i quali gli ultimi perdono ogni speranza di promozione.

Lo vedremo, il tipo è relativamente giovane e dovrebbe avere il tempo di lasciare un suo segno, anzi come ha detto un mio amico sto giro non è nemmeno più detto che noi si viva più a lungo di lui: nd'a jucamu, ce la giochiamo. Magari, a tennis...

sabato 3 maggio 2025

BLACKOUT

Nell'album Metropolis di Guccini, un gioiello uscito quando avevo 18 anni, c'è un brano di cui ho preso a prestito il titolo, che racconta il lato romantico di un avvenimento ricorrente in quegli anni di austerity e crisi petrolifera, che minaccia di tornare tale in questi anni di Agenda 2030 e terrorismo climatico ed energetico di regime.

La cronaca spagnola, cioè, potrebbe ripetersi, e si: anche da noi. O perlomeno così si potrebbe dedurre da un'analisi seria delle cause. Esatto, quella che non c'è stata nella cronaca mainstream, che ha preferito buttarsi subito sull'evento climatico estremo ("ha stato il cambiamento climatico!": e come ti sbagli?!) o sul classico dei classici, l'attentato terroristico, magari di hacker russi. Lo sciacallaggio mediatico, sempre esistito per carità, è diventato la regola, la prima opzione.

Bisogna andare a spulciare nella rete per trovare chi ricordi che l'evento che ha paralizzato la penisola iberica e zone limitrofe, ivi compreso il torneo di tennis a Madrid, è stato preceduto di soli pochi giorni dalla celebrazione in pompa magna del raggiungimento da parte della Spagna dell'obiettivo 100% di energia da fonti rinnovabili. Peccato che la maggior parte di queste ultime sia soggetto a sbalzi naturali di produzione tra l'altro non sincronizzati, anzi spesso in contrasto, con gli sbalzi naturali di consumo, creando i presupposti per delle strozzature per cui eventi estremi da estremamente improbabili divengano sia pur raramente possibili, il che per la nostra società è troppo.

Già perché, rispetto al 1981 cantato dal Maestrone in cui pure la dipendenza della società dall'approvvigionamento elettrico costante era un fatto acquisito, sono successe un pochino di cose che hanno peggiorato la situazione. Al punto che uno scenario in cui un evento durasse più di qualche ora, diciamo almeno qualche giorno, diventerebbe tale e quale a un b-movie catastrofico. Avendo tutto sui telefonini, infatti, quando si è scaricata anche l'ultima power bank restiamo tutti non solo senza possibilità di comunicare, ma anche: senza notizie, senza soldi, senza amici, e chi ha meno di cinquant'anni senza alcuna capacità di orientamento. Per farla breve. Senza intrattenimento e col problema di consumare tutto il cibo nel freezer, prima, e di trovarne altro, poi, si era già 45 anni fa.

Un "covid della tecnologia", insomma, come ebbe a profetizzare qualche tempo fa il re dell'Etiopia (uno dei posti in cui la Storia, a saperla studiare, ha sfatato il mito di "italiani brava gente" di cui troppo spesso ci riempiamo la bocca), da una posizione in cui evidentemente riesce ancora a mantenere un punto di vista realistico. Ce ne sarebbe abbastanza per apprendere la lezione, che forse è: non affidare mai tutta la tua libertà (felicità, ricchezza, quello che vuoi) a una unica fonte, sennò rischi di perderla tutta d'un botto.

Insomma, qualsiasi "integralismo" è foriero di sventure, anche quando è lastricato di buone intenzioni (come la strada del diavolo, si diceva una volta), e anche (e direi soprattutto) quando non si riesce neanche a vederle, all'orizzonte o dietro l'angolo. Secondo questo assunto, quindi:

  • incentivare l'approvvigionamento di energia da fronti rinnovabili è una buonissima idea, ma affidarsi a loro al 100% è una pessima (specie se ci si dimentica, come colpevolmente si fa in Italia, Paese eminentemente montuoso, che la migliore tra esse resta l'idroelettrico, che funziona anche di notte e quando non c'è vento);
  • fidarsi della scienza è giusto, specie quando è tale cioè mette qualsiasi protocollo a disposizione di ripetizione o smentita da parte di chiunque, ma affidarsi dogmaticamente alla Scienza nelle decisioni specie politiche è non solo pericolosissimo ma anche una contraddizione di termini che automaticamente dequalifica la scienza a fede pseudoreligiosa o credo politico;
  • disinquinare il massimo possibile è giusto, ma elevare il cambiamento climatico di origine antropica a luogo comune, implicante il corollario (del tutto infondato, e pericolosissimo) che sia possibile invertirlo, cioè ingegnerizzare delle azioni che abbiano degli effetti e che questi siano quelli desiderati e controllati, è una bufala col botto, giustificata dal business che sottintende, e avente scopi politici e di redistribuzione della ricchezza verso l'alto.

E l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Meglio salutarci con Guccini, poi fate voi.

domenica 27 aprile 2025

OGNI RESISTENZA È UTILE

Chi non se n'è ancora accorto è perché forse ha il telefonino obsoleto o quasi e nel suo device la funzionalità non appare: da un po' di giorni è comparsa una nuova icona in Whatsapp, una rotellina che incentiva l'interpello dell'Intelligenza Artificiale durante il normale utilizzo dell'applicazione, affiancata dal cambiamento della descrizione dentro la casella di ricerca, in "chiedi a Meta AI o cerca", che significa che anche se non clicchi sulla rotellina le tue ricerche sono automaticamente utilizzate per implementare la mole di dati su cui si basa la cosiddetta Intelligenza Artificiale. La rotellina è qui a sinistra, la dimostrazione dell'ultimo assunto è nelle stesse comunicazioni di Meta ai suoi utenti: qui sotto vi riporto quelle che chiunque voglia può trovare su Facebook.

Dico "cosiddetta" perché, repetita juvant, chi parla di "intelligenza" lo fa a mo' di slogan di marketing, se sa di quel che parla, altrimenti a pappagallo, ma stiamo parlando di un qualcosa che ha a disposizione una mole di dati da incrociare tale che SEMBRA dia risposte intelligenti e autoimparanti, e senza quei dati non sarebbe in grado di fare niente. Ecco perché chi ha in mano il giochino, e si sta arricchendo smodatamente, non fa altro che cercare di accumularli, da un lato prendendoseli a gratis dagli utenti (quasi tutti entusiasti del nuovo gingillo) e dall'altro stivandoli in centri sempre più grandi ed energivori. Una logica che, lungi dall'essere rivoluzionaria, è decisamente reazionaria, se si pensa che i CED erano una necessità elefantiaca degli albori dell'informatica che sembrava essere stata superata per sempre dalla possibilità di condividere informazioni e capacità di loro elaborazione data dall'avvento di Internet.

Ma non è la prima volta nella storia dell'umanità che una concessione potenzialmente democratica, lasciata espandere dai detentori del Potere perché costretti (che so, da un guaio grosso che avevano combinato, tipo una guerra mondiale) e/o perché pensavano di averne molti vantaggi e pochi rischi, viene "ritirata" più o meno gradatamente e riconoscibilmente appena comincia a manifestarsi il suo potenziale "eversivo". Se ci pensate, è successo con quasi tutti i diritti economici fondamentali, con la complicità di chi si è fatto abbindolare dal baratto coi diritti cosiddetti civili (che senza quelli economici valgono zero), perché non doveva succedere con i PC (chissà, forse il destino è nel nome...)?

Fatto sta che persino l'amministrazione pubblica sta tornando alla logica dei Centri di Servizio delle Finanze, che però almeno erano di proprietà dello Stato, dei veri e propri bunker peraltro, mentre adesso mette in braccio a Microsoft tutti i suoi documenti e se non ci sei connesso non solo non vedi quelli ma nemmeno funziona quel trabiccolo portatile che ti da per lavorare, presto unico feticcio di quell'ufficio che persino Fantozzi pur nel sottoscala aveva e che hanno in animo non abbia invece più nessuno. Ma anche il progetto di costruirsi dei data center in casa ha le sue controindicazioni (in primis, energetiche e di impianto ambientale), senza contare che prima di farne di nuovi si poteva scegliere di mantenere e semmai implementare quelli vecchi in possesso delle varie PA, anziché spostare i dati in mano a multinazionali private.

Tornando a noi, l'utente medio non si accorge della rotella o la usa senza pensarci, quei pochi che si rendono conto dell'ennesimo salto di qualità nel "furto di profilo" fanno spallucce e ridacchiano, se glielo fai notare, ricordandoti ("si, come se non fossero anni che sanno tutto di noi!") di tutti i furti precedenti come la rana nella pentola con l'acqua calda e dimenticando che uno tu avevi lanciato l'allarme anche prima e due esiste una temperatura in fisica in cui l'acqua bolle e la rana cuoce.

Perciò, posto che ormai non possiamo fare a meno di questo applicativo di messaggistica per il semplice motivo che ha soppiantato nella quasi totalità dei nostri amici parenti conoscenti persino le funzioni base del telefonino, dobbiamo informarci bene su cosa comporta l'integrazione con metaAI e su come limitarne al massimo l'utilizzo. Ringrazio Pasbas per i link, mentre il suo consiglio di passare ad altra app analoga (magari "cinese" come WeChat o "russa" come Telegram) si scontra con la reale possibilità che una azione dal basso possa avere un impatto significativo nelle abitudini di massa, che per un qualcosa che deve servire a tenerci in contatto con tutti sono decisive. Lui è ancora più veterocomunista di me, e ci crede.

Ma al di là di ogni piccola o grande differenza di posizione tra quelli che sollevano il problema, l'importante è che questi esistano, esistiamo, perché qualsiasi forma di resistenza a qualsiasi cosa che cerca di imporsi in modo pervasivo è da benedire, anche la più effimera e senza speranze. "Ogni resistenza è inutile" era lo slogan dei cattivi più cattivi dell'universo di Star Trek, ma alla fine qualcuno glielo ha ricacciato in gola (leggi questo mio vecchio post per approfondimenti).

venerdì 18 aprile 2025

DOPO IL LICEO CHE POTEVO FAR

Martedi 15 aprile scorso il mio vecchio liceo mi ha onorato di ospitarmi ad un evento diciamo così commemorativo dei vari tentativi di giornalino scolastico che vi si sono svolti negli anni, di cui l'Editoriale Studentesco dei miei tempi fu uno dei primi.

L'iniziativa è accompagnata dalla pubblicazione su un sito, questo Vinci's papers, delle copie scannerizzate che i ragazzi sono riusciti a reperire, con l'aiuto di alcuni di noi (ma non mio: le avrò smarrite in uno dei miei cento traslochi). E la volontà di non spoilerare, unita alla consapevolezza di essere di fronte a un evento "interno", in cui tutti gli interessati alla partecipazione già aderivano, mi ha indotto a parlarne su queste pagine solo dopo. Ma anche a questi patti, e a cose fatte, sento il bisogno di farlo, per sottolinearne la meritorietà, in primis dei ragazzi e degli insegnanti che li hanno affiancati.

Non sono potuto intervenire in presenza, ma oggigiorno la cosa è ordinariamente bypassabile. Mi hanno chiesto conto in particolare di un mio articolo sugli scrittori meridionalisti, che in quel periodo scoprii grazie all'astuzia di un'altra insegnante, la professoressa Quattrone Ferro (mi hanno detto che è ancora in vita - magari la rivado a cercare, come feci nel 1999 in - occasione dell'uscita di Chi c'è c'è - e la cosa non è più vera nemmeno per tutta la nostra classe), che al tempo trovò il modo di avvicinare alla lettura degli adolescenti zucconi e sfaccendati (peraltro, come tutti gli adolescenti di ogni epoca, secondo gli adulti di ogni epoca). La domanda mi ha dato l'occasione di sottolineare una cosa forse risaputa ma a cui spesso non si bada tanto: a scuola, come poi nella vita, uno dei fattori che contano di più è la fortuna di incontrare le persone giuste (nella fattispecie, gli insegnanti giusti) al momento giusto, ovviamente unita alla bravura di saperla riconoscere. E magari è una professoressa di italiano, a spingerti nella direzione opposta rispetto a quella che ti aspettavi essendoti iscritto allo Scientifico, ma capita benissimo che uno che si iscrive al classico venga invogliato a diventare un matematico, per dire. Avrei voluto dirgliela bene, sta cosa, ai ragazzi, anche per fare indirettamente un complimento ai professori presenti, ma noi invitati avevamo cinque minuti a testa e verso la fine siamo anche stati invitati a una maggiore sintesi, perciò gliela scrivo qui e poi gli mando il link.

E che mi trovo, dico loro un altro paio di cose che avevo in canna e gli ho solo accennato:

  • oltre alla fortuna, conta che una volta che hai capito cosa sei poi non te lo scordi mai di esserlo: io, ad esempio, ho studiato comunicazione quando ancora non c'era la facoltà, e mi sono trovato a fare il comunicatore per mestiere dopo decenni, quando oramai non me l'aspettavo più, proprio perché dentro non avevo mai smesso di esserlo - l'episodio è significativo: credendo di partecipare a un colloquio selettivo, capitai invece nel bel mezzo di una riunione operativa per il varo di un sito Internet, e da comunicatore cercai di dire cose sensate, evidentemente riuscendoci al punto che, scoperto l'equivoco, mi fu detto che il colloquio era superato;
  • oltre alla fortuna e all'essere se stessi, conta il modo con cui ti approcci alla narrazione della realtà: meglio uno strafalcione, meglio rischiare di essere "iscritto tra i complottisti", che accettare supinamente i fatti per come ti vengono raccontati - e più il racconto è monocorde, più il dissenso è nascosto o peggio ancora perseguitato, più vi si deve accendere una lampadina nel culo a farvelo muovere per andare a cercare i racconti alternativi: solo così alla fine avrà senso che la vostra voce esista, e avrete la possibilità di esercitare l'arte di raccontare (notizie o storie poco importa) e non il mestiere che tanto oramai non ci campa più quasi nessuno e tra un po' le macchine faranno al posto vostro. D'altronde, come peraltro è emerso dagli interventi di molti, quei ragazzi di decenni fa, con la loro iniziativa editoriale, questo volevano fare: dire le cose dal loro punto di vista, sottraendosi ai luoghi comuni che pretendevano di incasellarli da direzioni opposte.

Vi lascio, in omaggio al taglio dei ciclostile di cui parliamo (in cui spesso si parlava anche di musica), con la canzone da cui ho preso a prestito il titolo, che poi è proprio di quell'epoca li. Grazie, compagni di liceo vecchi e nuovi.

P.S. (ma davvero): mio nonno me lo diceva sempre "stai attento che a forza di dire fesserie finisci sui giornali...Eccomi qua, nome e cognome.

domenica 13 aprile 2025

SE NO, SON DAZI

I miei 30elode in economia politica e internazionale li ho presi quando si studiavano liberamente tutte, le teorie economiche, cioè prima che l'ultraliberismo finanziario multinazionale imponesse il monopensiero monetarista al punto da far silenziare temo anche all'università ma son certo nel mainstream l'esistenza di alternative alle ricette presentate come "naturali" e "scientifiche" senza contraddittorio. Dai miei studi è passato tanto tempo che ho poco di che vantarmi, avrò dimenticato quasi tutte le formule e i dettagli, ma ricordo abbastanza bene che, ad esempio, tra l'apertura incontrollata di tutte le frontiere e un mirato protezionismo la partita del calcolo costi/benefici era aperta, e andava giocata di volta in volta con piglio empirico da ciascun governo e magari col consenso dei propri cittadini.

Perciò quando ascolto (basta accendere la TV, ce n'è in qualsiasi programma) i commenti irridenti al personaggio Trump, che magari se li merita tutti, mi viene lo schifo. Perché nessuno ricorda che sta li perché è stato più che regolarmente eletto e tenta di fare le cose per cui è stato eletto, ha un mandato e lo rispetta, tra le goffaggini sue naturali e gli stop&go che a volte la politica richiede. Chi avesse davvero a cuore la democrazia, parola che riempie la bocca ma troppo spesso senza senso, dovrebbe sapere che la cosa peggiore che possa fare Trump è più legittima della cosa migliore che possa fare la VonDerLeyen: più esplicita non la riesco a dire.

Ma torniamo nel merito. Non sappiamo ancora come le mosse trumpiane si posizionino nel continuum tra boutade estemporanea irrealizzabile e infatti subito rientrata e inizio della fine della globalizzazione ultraliberista, ma anche nella peggiore delle ipotesi sono da salutare come una boccata di aria fresca nello stagno putrido della politica economica internazionale, un segnale che forse un altro mondo è possibile, che non è vero che quello che ci stanno preparando è ineluttabile, c'è ancora un posto nel mondo dove gli elettori possono mettere in condizione un vecchio rincoglionito a rimettere in discussione qualcosa. La globalizzazione può essere, fin dall'inizio, efficacemente descritta con la fisica dei sistemi: è l'accelerazione tecnologica che ha portato con curva iperbolica il mondo a essere un sistema unico, a cominciare dai trasporti per finire alle criptovalute con tutto il resto in mezzo, non ci si può fare molto. Ma questo, lungi dal rappresentare un argomento per l'abbattimento di ogni tipo di frontiera come se davvero il risultato fosse certamente utopico e non distopico come è sotto gli occhi di tutti (ma si sa, chi non vuole vedere non vede), è un motivo in più per propugnare una più attenta e mirata azione degli Stati nazionali a limitarne perlomeno gli effetti più deleteri. Ma questa forse va spiegata meglio.

In economia ci sono essenzialmente tre mercati: merci, capitale e lavoro. Fin dagli inizi della rivoluzione industriale e tecnologica, gli economisti classici ebbero modo di osservare che se tra due Paesi vengono unificati due di questi mercati, il terzo si unifica automaticamente. Precisamente, mi pare fosse un certo Ricardo. Ma fu un certo Marx a inserire questa teoria in un quadro teorico orientato dal punto di vista della gente comune, per non usare termini sputtanati ideologicamente. Diventato il mondo un sistema unico per quanto riguarda le merci, era chiaro che se si consentiva la stessa cosa ai capitali si doveva dare per scontato che sarebbe successa anche al lavoro, con le differenze di velocità e resistenze connesse per natura a ciascuno dei tre ambiti. Gli economisti classici sostenevano che esiste sempre un punto di equilibrio automatico cui tende il sistema economico lasciato libero di agire secondo le sue logiche, peccato che questo punto possa essere tranquillamente al di sotto della sussistenza dei lavoratori, e averlo dimenticato costò al mondo l'entrata in auge dei nazifascismi e una guerra mondiale. Dopo la quale, fu solo l'interregno dei keynesiani che salvò il capitalismo da se stesso, propugnando l'intervento pubblico nell'economia: lo Stato doveva fare tutto quello che poteva per evitare che il mercato lasciato a se stesso portasse alla rovina i suoi cittadini. Il fatto che tra le cose che fecero gli Stati ce ne fossero molte di storte diede modo al liberismo di riprendere piede, col cosiddetto monetarismo (chiamato così perché l'unica leva che concedeva allo Stato era un moderato governo della quantità di moneta in circolazione), ma l'unificazione dei mercati finanziari figlia dei progressi tecnologici informatici completò la globalizzazione, rendendo solo questione di tempo l'unificazione mondiale del mercato del lavoro.

Ecco che Marx mentre veniva cacciato dalla porta (la caduta del blocco comunista fu una questione di soldi) rientrava dalla finestra: il mondo era un immenso "esercito industriale di riserva" che veniva usato per re-impoverire i popoli risarciti della guerra mondiale da trent'anni di keynesismo. Alla fine, si spostano le persone, e prima di loro si sposta la produzione. E intanto la retribuzione del fattore lavoro crolla. A chi tocca fermare questo scempio, o perlomeno tentare in qualche modo di limitarne gli effetti più deleteri, se non agli Stati democratici, quando gli elettori democraticamente eleggono qualcuno dandogli mandato perché lo faccia? Peccato che nel frattempo i padroni del vapore della globalizzazione finanziaria abbiano partorito il mostro chiamato Unione Europea, molto ben mascherato dall'ideologia finto pacifista/progressista, inducendo per tale via gli Stati a cedergli sempre più sovranità. Per cui se noi oggi (è già successo più volte, peraltro, da Berlusconi alla Meloni passando per Grillo) eleggiamo qualcuno per affidargli il compito di cui sopra, questo semplicemente non può. Gli americani (ma non solo loro, ad esempio leggete questa sui messicani), ancora, si. Che invidia...

sabato 5 aprile 2025

BISOGNA TORNARCI A FREDDO

Che la percezione dello scorrere del tempo sia una cosa alquanto stranuccia è cosa risaputa. Ad esempio, in questi giorni cade il terzo anniversario della fine dello stato di emergenza Covid e ci sembra ieri, mentre lo stato di emergenza stesso è durato poco più di due anni e ci è sembrato, e ci sembra ancora a pensarci, una infinità. Ecco perché è il caso di tornarci adesso: da un lato è passato abbastanza tempo da poterci dire le cose da una distanza che consente forse di fare la tara alle tifoserie, diciamo così, dall'altro è ancora abbastanza attuale da provocare al pensiero il classico brividino alla schiena (anche se per ragioni diverse tra fedeli e non fedeli del Verbo Pandemico); in mezzo, o se preferite di lato, c'è che a prescindere se sia stato fatto apposta o meno il paradigma collaudato in quel periodo è ancora qui tra noi e minaccia di essere riutilizzato per ragioni (apparentemente, si dimostrerebbe) diverse.

Ecco dunque una serie di punti che potremmo dare per consolidati, su quanto è successo nel fatale biennio:

  1. non era la peste bubbonica, e nemmeno l'Asiatica o la Spagnola, ma un'epidemia con uno scostamento della curva delle "normali" vittime delle influenze annuali che può essere giudicato grande (guardando ai valori assoluti; guardando alla persone anche una sola in più è una tragedia) o meno (guardando alle serie storiche percentuali da abbastanza distante da vedere che è stato solo un increspamento della curva), ma di certo non ha niente a che vedere con le grandi pandemie della Storia;
  2. l'affermazione secondo cui il punto precedente sarebbe vero solo per effetto delle contromisure prese, tra cui i cosiddetti vaccini, è priva di fondamento, dal momento che né restrizioni né somministrazioni di sieri hanno fermato i contagi prima del naturale declino della curva, e se lo hanno agevolato è stato in misura non verificabile e non rilevante, e i protocolli di cura e profilassi alternative ai vaccini sono stati per volontà politica precisa praticamente inesistenti (e quelli esistenti, sorti spontaneamente qua e là, o fermati o privati di eco);
  3. la relativa inefficacia e la documentazione invece di nocività (per quanto proditoriamente e insistentemente insabbiata) dei sieri sperimentali sono talmente autoevidenti da rendere francamente imbarazzanti le giustificazioni posticce subito strombazzate (e indimostrabili) della serie "si però hanno ridotto i sintomi", e alla fine da aver fatto pessima pubblicità a un concetto, quello di vaccinazione, che è un altra cosa e ha avuto storicamente ben altri risultati (pur avendo storicamente un margine naturale di pericolosità tale da avere storicamente scoraggiato, fino a pochi anni prima del Covid con la Lorenzin, l'obbligatorietà delle somministrazioni);
  4. la proclamazione dei cosiddetti lockdown (terminologia carceraria: lapsus o autodenuncia?), sia generali che in zone denominate "rosse" sulla base del rapporto tra positivi (a tamponi non in grado di identificare i malati ma solo a evidenziare la presenza di anticorpi - o non ricordate nemmeno la differenza tra "sieropositivi" e "malati di AIDS"? eppure quest'ultimo, proprio come il Covid, è una "sindrome", cioè un insieme di sintomi, non una "malattia" in senso stretto) e posti letto in terapia intensiva disponibili in ogni area territoriale, è stata un esperimento sociale frutto come minimo della precisa volontà politica di agire sul numeratore di quella frazione (implicante la libertà personale di tutti i cittadini e la rovina economica di intere categorie di essi) diminuendolo piuttosto che sul denominatore aumentandolo (attrezzando costi quel che costi, cioè facendo ricorso ad indebitamento pubblico, nazionale o europeo non importa, tutti i presidi ospedalieri che servivano), nascondendosi dietro quei vincoli di bilancio (che ci hanno impoveriti tutti) di cui ci si sarebbe dimenticati in sede di PNRR e quel tabù degli eurobond che fa particolarmente rabbia vedere messo in discussione oggi invece per le armi;
  5. visto quanto sopra enumerato, la messa in discussione delle libertà individuali fondamentali, subordinandole a un concetto così facilmente manipolabile come quello di "salute pubblica" come peraltro i costituenti (freschi degli abusi del nazismo) avevano attentamente evitato di fare (ma con una Corte costituzionale a nomina politica, non c'era da sperare nella sua azione di salvaguardia), fino ad in pratica revocare l'habeas corpus, si rivela per quello che è: una prova generale di un nuovo modello di sudditanza, utile a definitivamente superare i concetti non più utili di democrazia e libertà - dello stesso novero è l'istituzione del Green Pass a soppiantare la libertà di circolazione e assieme il diritto ad esercitare la propria professione in qualunque modo lo si sia guadagnato: fummo in pochi a comprendere che era la fase di test di un impianto che una volta accettato poteva essere riutilizzato per qualsiasi altra ragione, e lo vedremo presto con l'ambiente e magari pure con la guerra.

Accettando anche solo la metà, ed anche solo in parte, di questi ragionamenti come plausibili, si potrebbe e dovrebbe mettere in stato di accusa una intera classe politica (e non dite che non si può fare, con tangentopoli si è potuto), e comunque chiedere scusa e giurare "mai più". Invece, come abbiamo appena delineato alla fine del punto 5, siamo pronti per il Green pass 2.0: sull'inseparabile telefonino, una patente a punti di sensibilità ambientale per togliere dalla circolazione chi non si riesce a convincere a disfarsi della macchina a gasolio (perché razionalmente pensa che è buona e ancora nuova, consuma poco, e impatta meno tenerla che comprare due tonnellate nuove di metalli cristalli plastiche e minerali rari, ma contro l'ideologia la razionalità ha sempre vita dura), non accetta di dover rifare il mutuo quasi estinto per adeguare la propria casa alle assurde normative europee o non avendone la possibilità non accetta di disfarsene svendendola e finendo i propri giorni nei loculi in affitto di stile europeo che stanno fiorendo in ogni dove, non smette di fumare o di adottare un qualsiasi stile di vita che potrebbe ricadere come spesa sanitaria sulla collettività, è meno che zelante nella raccolta differenziata, o magari di nuovo non sottostà a un trattamento sanitario obbligatorio pseudovaccinale o di natura diversa.

Con l'Intelligenza Artificiale che, lungi dall'essere imbrigliata (solo i vecchi brontoloni come me ritengono indispensabile che lo sia), entra oramai anche nelle applicazioni di uso più frequente e generalizzato di ogni device, a sedurre ogni recalcitrante magari anche solo titillando la più banale pigrizia, e intanto a perfezionare esponenzialmente la grande raccolta di dati personali sensibili e caratteristici iniziata da tempo, nessuno potrà sfuggire. E purtroppo, a questa velocità, nemmeno noi sessantenni abbiamo speranza di morire prima di vedere questa oscena distopia realizzata, a meno di morte prematura ovviamente.

sabato 29 marzo 2025

LA SERBIA SERVE

Sempre della serie "i democratici siamo noi a prescindere", per citare una battuta di Totò a seguire immediatamente quella del titolo, dopo la Romania giova ricordare cosa abbiamo combinato e stiamo ancora combinando in Serbia.

Tra parentesi, della serie "la lingua ha sempre implicazioni nel pensiero", il gioco di parole è agevolato dalla radice comune dello Stato balcanico e del sostantivo/aggettivo "servo", come d'altronde pure tra "slavo" e "schiavo" ("slave" in inglese...): si possono assoggettare "gli altri", e gli altri più vicini erano loro, prima di andarli a cercare in Africa per portarli in America.

La Jugoslavia di Tito era considerata un'anomalia nel mondo comunista, al punto da farne partner commerciale e industriale dell'Occidente (con tanto di fabbriche di automobili di progettazione nostrana). Il "dittatore" (per noi, per loro era colui che li aveva liberati dalla morsa nazifascista: nelle foibe i nostri ci sono finiti dopo, prima ci buttavamo noi loro, ma non è di moda ricordarlo) teneva uniti popoli di etnia e religioni diverse, localizzando le varie attività produttive, da buon collettivista, dove era più conveniente per lo Stato: le fabbriche al nord, vicino ai grandi porti e le direttrici europee, l'agricoltura al sud, per dire. Morto lui, e caduto il Muro, se l'Occidente fosse stato una frazione di quello che si riempie la bocca di essere, avrebbe dovuto scoraggiare le naturali istanze divisive, e se no indirizzarle a una transizione il più possibile indolore. Invece, quando Slovenia e Croazia, con i vecchi fiancheggiatori dei nazifascisti tornati a galla, dichiararono l'indipendenza da Belgrado, Germania e Città del Vaticano non attesero neanche l'alba del giorno dopo per riconoscere i nuovi Stati, seguiti a ruota da tutti gli altri. Innescando una guerra tra le più feroci mai viste in Europa, alla faccia di chi ce l'ha così di tolla da continuare a ripetere a pappagallo che l'Europa ci ha regalato 80 anni di pace.

Pochi anno dopo, per giunta, non si perse l'occasione di indebolire ulteriormente i serbi cavalcando le pretese di indipendenza del Kosovo, guidato peraltro da personaggi destrorsi nonché di dubbia moralità, arrivando a bombardare Belgrado, destituire e processare un leader democraticamente eletto, e lasciare che i serbi di quella regione venissero vessati da lì in poi, fino ad oggi compreso, sia mai si ribellino, riescano a fare intervenire in soccorso la madre patria, e possa quindi ripetersi il paradigma visto in Ucraina con le regioni russofone e Putin da li in poi chiamato invasore.

La storia nei dettagli ve la racconta meglio di me il vecchio Fulvio Grimaldi. Ricordarla, serve, anche se purtroppo ancora solo a quei pochi che si ostinano a ragionare con la propria testa. E che sorridono increduli alla notizia, rimbalzata un po' ovunque in questi giorni, della distribuzione di un kit UE di resistenza per 72 ore, in caso di guerra. Sembra una battuta di Crozza, ma la dicono seri, come se avesse senso dotarsene (e se l'attacco dura 4 o 5 giorni anziché 3?) e come se non fosse un rischio creare allarmismi (pensa se la gente ci cascasse - per ora per fortuna pare di no - gli assalti ai supermercati per fare le scorte per 3 mesi, le scene di isteria collettiva, e alla fine gli scaffali vuoti) e una precipua responsabilità di un buon governante invece evitarli finché si può. Poi smetti di ridere, perché pensi che questa cosa l'hai già vista, purtroppo, di recente, nome e cognome Terrorismo di Stato.

E' un classico della criminologia: chi è che può prevedere con maggior esattezza tempi e modi di un assassinio? Esatto: l'assassino. Quindi aumenta la probabilità che gli annunci di improvvido esagerato e iniquo riarmo dell'Unione non siano, come a molti di noi era sembrato in un primo momento, il patetico tentativo di un governo non democratico di un'entità che conta come il due di coppe quando la briscola è a denari di darsi un tono mentre le briscole fanno la Storia, leggi la pace, ma piuttosto il prodotto di una precisa e ferma volontà politica: quella di trascinarci in guerra, fosse anche solo per il più classico degli obiettivi di qualsiasi guerra, insabbiare le magagne (gli impicci coi bilanci vanno in cenere con tutto il resto, e poi c'è da ricostruire, che diamine, vorrai mica fare il disfattista).

E subito la mente va a quando Guglielmino Cancelli "predisse" una pandemia che puntualmente si verificò. Oggi, leggendo le sue profezie a proposito di Intelligenza Artificiale, non si può non rabbrividire.

sabato 22 marzo 2025

ROMANI RUMENI ROM

La Romania fornisce un buon esempio di che cos'è l'Europa, fin dal nome, che deriva da quell'impero che per primo unificò il continente. Non voglio googleare, mi affido alle memorie scolastiche: la storia è quella di una delle ultime grandi espansioni attuate dagli antichi Romani, che dopo dovettero arrendersi all'idea che il massimo che potevano sperare era il consolidamento, e dopo ancora affrontare il declino. Ed è ancora oggi sotto gli occhi di tutti, romani e turisti a milioni, immortalata su una colonna in un bassorilievo a spirale giustamente considerato il primo antenato degli albi a fumetti. I Daci, questo il nome di quel popolo che oggi vi ricorda una sottomarca automobilistica della Renault, erano talmente fieri da risultare tostissimi da sconfiggere, e da rendere necessario dopo il genocidio e la pulizia etnica mediante sostituzione con coloni latinofoni. Della serie: non ci si inventa mai niente, vero Bibi? Ecco perché laggiù si parla oggi una lingua neolatina...

Se oggi qualche razzistucolo associa il popolo rumeno al popolo Rom, dunque, è per una mera assonanza, dato che i Rom invece vengono dall'India e la parola significa più o meno qualcosa come "uomo libero". Che poi è il motivo per cui li sto mettendo in mezzo io adesso...

Chi ha la mia età dovrebbe ricordare di quando l'ineffabile Ceausescu era benvoluto in Occidente, un po' come in Jugoslavia Tito, proprio per essere un comunista eterodosso, interfacciarsi col quale era comunque un modo per dare fastidio all'URSS e al suo blocco. Salvo poi "scoprire" quanto fosse un autocrate senza scrupoli quando l'URSS era crollata e lui non ci faceva più comodo.

La Romania di li a poco sarebbe stata una delle frontiere a Est dell'Unione Europea, buona sia a spostare l'area di influenza occidentale ai confini con la Russia (al momento ko, ma si sapeva già che con tutte quelle ricchezze naturali prima o poi si sarebbe rialzata), sia a rimpolpare quell'esercito industriale di riserva che come aveva compreso Marx doveva servire a demolire una a una tutte le conquiste economiche e sociali dei cittadini dell'Europa occidentale. Non sapevamo ancora che era solo una tappa, che il grosso dell'esercito, quelli in condizioni più disperate, veniva da Sud, ma lo avremmo scoperto presto, anche se ancora non lo abbiamo capito bene e continuiamo a blaterare di razzismo (categoria nella fattispecie serve soltanto alle levate di scudi moraliste finalizzate ad abbattere ogni resistenza). Ed è singolare che dietro a questa strategia globalista, dominante gli ultimi decenni e minacciata per la prima volta (e direi finalmente) da Trump e i suoi, ci sia proprio un miliardario di origini rumene... 

Ma eccoci in cronaca, e al perché e percome la Romania torna a essere un paradigma. La filosofia di fondo è stata dimostrata negli anni da talmente tanti esempi che sarebbe troppo lungo elencarli, dall'Algeria alla Russia, dalla Libia all'Ucraina, passando per mezzo medio Oriente, ma l'esempio rumeno in cronaca è sufficiente a chiarirla, e si può sintetizzarla così: il concetto di democrazia che si è imposto in Occidente oggi è diciamo così piuttosto elastico. Etimologicamente sarebbe il "governo del popolo", in pratica quando chi detiene il Potere è stato "deputato" a farlo a maggioranza in libere elezioni, ma invece in estrema sintesi il concetto applicato è "democrazia è quando chi governa piace a noi". Quando chi piace a noi non ha vinto un cazzo di elezioni, come Zelensky in Ucraina o il direttorio UE che decide di strozzarci o indebitarci a suo piacimento senza nemmeno interpellarci, è democratico, anzi è un baluardo della democrazia; quando chi non ci piace ha avuto il voto e ha l'appoggio della stragrande maggioranza dei suoi cittadini è un autocrate come Putin o come Maduro. E viene imposto ai media di ripetere questi concetti fino a farli diventare luogo comune, come propaganda insegna. Ma in Romania si poteva fare di peggio, ed è stato fatto: uno che non ci piace vince libere elezioni e vengono annullate, poi siccome la cosa gli procura popolarità e rischia di rivincerle viene arrestato poi siccome non lo possono tenere dentro comunque estromesso. Sia mai ci ritroviamo un'altra Ungheria in casa, meglio un'altra Ucraina!

Seguite i link, poi approfondite con Fulvio Grimaldi: un uomo libero ("rom") è (anche) chi non si fa dire dall'alto a cosa credere.

sabato 15 marzo 2025

URSULA E SERRA VANNO ALLA GUERRA

Ach! Certen che dopo anni che non si poteva assolutamenten
parlaren di eurobond, sentire di 800 miliarden di spese
militaren
da keuelli che piuttosten che aprire nuovi ospedalen
dikiaravano zone rossen a più non posso, ci vuole proprien
la faccia come il kulen di Ursula Vondertruppen...
A chi è cresciuto col diario di Sturmtruppen non sembra vero, risentire parlare di guerra in Europa: ci sembrava che la dissacrazione satirica fosse la pietra tombale di ogni bellicismo, più efficacemente di ogni levata di scudi moralista e benintenzionata. Ma ci avevano avvisati Arbore e Frassica: con Quelli della notte e soprattutto con Indietro tutta sembrava avessero reso impossibile fare televisione-spazzatura, e invece non solo si è continuato a farla, ma molto peggio di prima.

Eppure, a seguire l'informazione mainstream, la parola d'ordine è adesso imbracciare il moschetto e ubbidir tacendo, pronunciata con estrema disinvoltura non dico dai capibastone della UE, che si sa il Potere ha di serie l'automantenimento oltre ogni limite, ma anche dai tanti commentatori che di fronte alle continue e reiterate prove dell'ademocraticità e illiberalità dell'Europa si trinceravano dietro il "però ha dato settant'anni di pace a popoli che per secoli non avevano fatto altro che combattersi". E ora, siccome i Nostri Sacri Valori sarebbero sotto l'attacco del Nemico Esterno, si prodigano in appelli alle armi, come se questa scusa non fosse storicamente la più usata della Storia, e come se loro non lo sapessero.

Tra essi, si distingue per attivismo uno che da giovane avrebbe smerdato il se stesso anziano di oggi. Michele Serra, infatti, per la mia generazione era il capitano di un manipolo di combattenti si, ma della satira contro il Potere, e va bene che nella vita è normale essere incendiari a vent'anni ma pompieri a cinquanta, ma lui esagera, e non è la prima volta, trasformandosi nel megafono del Potere nel convocare una manifestazione di sostegno all'interventismo europeo in Ucraina, mascherato come "difesa della Democrazia". Cioè, sarebbe democrazia salire al potere dopo un golpe e iniziare ad angariare e massacrare una parte dei tuoi sudditi perché di altra etnia e lingua? E sarebbe democrazia essere nominati da un direttorio anziché eletti dai cittadini, e da li imporre a piacimento politiche restrittive sulle spese sanitarie o sociali (a cittadini che magari nel loro Paese avevano pure eletto un governo che facesse l'opposto) e politiche espansive sulle spese militari? E quand'anche sei così ottuso a risponderti di si, che Zelenskij e i vertici UE sono democratici punto e basta mentre il Nemico per definizione non lo è, sarebbe democratico andare a imporre la democrazia con le armi? Ai tempi di Cuore, se non ricordo male, l'esportazione della democrazia era un bersaglio... Ah già, ma quelli erano gli Ammericani, oggi la carta si potrebbe rigiocare se lo facesse Trump, che disgraziatamente sta cercando invece (eh si, a modo suo e per gli interessi suoi, si capisce, ma anche sticazzi) di imporre la pace.

Volendo cercare il lato buono della faccenda, è nel fatto che (oserei dire, finalmente: per la cosiddetta pandemia non era capitato...) la presa di posizione di Serra & co. è talmente di destra (e si: come molte altre del centrosinistra, specie in campo economico, ma evidentemente in modo più lampante) che sta spaccando la sinistra. A iniziare dal PD stesso e a finire nelle piazze: fioriscono levate di scudi (qui Peacelink, Sbilanciamoci, Leonardo), e per oggi 15 marzo stesso è prevista anche una contromanifestazione (di Potere al popolo, con molti aderenti), e non che si possa oramai più dare peso politico alle iniziative di piazza, ma insomma se quella pro-UE si rivelasse un flop non sarebbe male, quindi ben venga qualsiasi cosa che gli tolga il terreno da sotto.

In cronaca c'è questo, alla Storia invece passerà cosa succede da ora in poi. Putin non è un fesso e sa che una tregua senza garanzie di pace duratura a valle di un ridisegno dei confini ucraini (arbitrariamente tracciati in seno all'URSS, non dimentichiamolo mai) che rispetti le etnie residenti si tradurrebbe solo in una perdita di tempo a favorire le iniziative di riarmo occidentali, ma nemmeno Trump lo è e capisce da solo che a Putin bisogna offrire quello che gli spetta altrimenti niente pace (e si, niente terre rare) ed è in questa ottica che bisogna leggere le strigliate e gli avvertimenti all'attorucolo ucraino. Quindi lo scenario più probabile è ancora che la pace venga fatta (lo spiraglio c'è, eccome, anche nella storia della diplomazia), l'Ucraina ridimensionata e tenuta fuori da Nato e UE, e il riarmo europeo resti li da un lato a dimostrare che gli Eurobond allora si possono fare cavolo, e dall'altro a consentire agli autocrati finanzieri di rimetterci sotto torchio per ripianare il deficit stavolta da spese militari chiudendo la fase fintamente espansiva del PNRR. Ma se invece si avverasse lo scenario meno probabile, che cioè la UE riesca in qualche modo ad attuare il suo piano controproducente, a riarmarsi in fretta, a sabotare gli accordi di pace, e ad avviare una escalation, mi piacerebbe vedere Michelino e gli altri della sua piazza mandati al fronte a combattere per la democrazia, ma temo invece che per limiti di età ci vedremo i nostri figli. E figlie, sia mai una discriminazione di genere. Quattro gatti che prima hanno fatto in modo che ci costasse un occhio della testa crescerli, e poi ce li fanno far fuori manco fossero carne da cannone come i figli dei nostri trisavoli (che però erano tipo otto a coppia, tirati su con un solo stipendio quando andava bene, e pazienza se ne morivano un paio).

Ed ora un po' di link di approfondimento, che ci servono (ma stanno qui solo perché non sono riuscito a inserirli nel filo del discorso del testo: vi invito invece a seguire anche quelli inseriti nel testo, che sono la stessa cosa):

sabato 8 marzo 2025

LA CONVINZIONE DI GINEVRA

Chi mi segue lo sa, che Ginevra Di Marco è una delle mie artiste preferite: guardate quanti post restituisce una semplice ricerca per "ginevra", tra cui uno antologico/divulgativo, un reportage dal suo mitico concerto con Margherita Hack accanto, e uno analogo a questo, di adesione al crowdfunding per il disco nuovo e invito ad imitarmi.

Il nuovo album si chiama Kaleidoscope, qui potete leggere la presentazione e in fondo al post potete vedere e sentire la stessa Ginevra parlarne, in un modo che si può solo sottoscrivere, appunto. Io ribadisco soltanto che l'autoproduzione è quasi una scelta obbligata in un mondo musicale dominato da politiche editoriali miopi e ripetitive, l'unica che consente di mantenere la libertà di scelta del proprio percorso artistico, tenendosi convintamente fuori dai canali mainstream della promozione e dai canoni che questa corrispettivamente impone. Difficile che vedrete mai Ginevra a Sanremo, più facile beccarla a casa Bollani in via dei Matti numero zero (titolo non a caso preso da Sergio Endrigo...).

E si lo so che oramai nessuno di noi ha il lettore CD in macchina o il tempo di scartare un vinile e metterlo sul giradischi, ammesso di avere ancora il giradischi funzionante (ma arreda, si...). Ma si può anche solo preacquistare le tracce digitali, con o senza il supporto fisico nel formato voluto e altri gadget. E si può andare a sentirla cantare dal vivo, qui a Roma il 28 marzo all'Angelo Mai, a un prezzo giusto (andateci voi ai concerti a 80 euro al cranio, se vi va, io ho chiuso), sicuramente ripagato con margine da una offerta in termini di voce passione qualità che oramai purtroppo non si trova più facilmente in giro. Non sarà eroico come in quel concerto a Messina, a inizio della sua carriera solista, in cui eravamo io il mio amico Massimo e un'altra trentina di spettatori, ma ci vediamo lì.

domenica 2 marzo 2025

MALEDETTA PRIMAVERA

Nell'attesa che i primi tepori scatenino gli ascari del cambiamento climatico, rispolvero la funzione nativa di questo blog e vi propongo uno zibaldone attinto dal mare magno della Rete, secondo il mio personale criterio di distinguere il grano dal loglio. E vi metto a descriverlo una immagine (una pagina di un libro di testo di inglese in uso nelle scuole italiane) tratta dal sito di Blondet, che dovrebbe farci inorridire: non si nascondono nemmeno più, ce lo dicono in faccia, che progetti hanno per noi quelli della UE; bisogna fermarli subito, che forse è già tardi, e pazienza se dovremo ringraziare un buzzurro col parrucchino se ci riusciamo. La traduzione è nell'articolo. La sintesi è: non avremo una casa, un'auto, un lavoro, una pensione, una famiglia, una cucina, una scuola,  ma ostelli, monopattini a noleggio, occupazioni temporanee finché hai fiato in corpo, unioni a tempo (preferibilmente omosessuali e comunque sterili), cibi precotti (magari a base di insetti) e un e-tutor made by AI. Non so voi, ma io sono molto contento di morire prima di vedere realizzata appieno una distopia del genere, ammesso che ci riesca.

Cammerinesi su LiberoPensare ci da notizia di un Consultorio, già in funzione in Germania, che sembra uscire da un Minority Report incrociato con un WhatIf in cui i nazifascisti hanno vinto la seconda guerra mondiale e la delazione sia diventata regola comunemente accettata.

Paragone in questo post fa i conti in tasca, a proposito della settimana di M'illumino di meno appena trascorsa, agli immensi consumi energetici dell'ambaradam necessario a far funzionare le cosiddette Intelligenze Artificiali (che poi non sono altro che una enorme elaborazione di dati in grado di dirti qualsiasi cosa senza capire niente). Con investimenti tali che occorre assolutamente demonizzare quella cinese che riesce a dare risultati simili con costi monetari ed energetici pari a una piccola frazione, altrimenti fallisce tutta l'economia occidentale. E con conseguenza diretta il necessario riciccio dell'energia nucleare, fatta passare per ecologica quando al massimo lo è solo finché va tutto bene, e a patto di non considerare le scorie.

Iacono su l'Antidiplomatico, riportato da Comedonchisciotte, ci introduce un docufilm in cui si racconta la verità sull'Iran, che è mille miglia lontano dalla narrazione monocorde che ci viene propinata da 45 anni. Molte cose io le so da tempo di prima mano, grazie a un grande vecchio amico, ma il film è istruttivo per tutti, anche perché è paradigma di come funziona la disinformazione nostrana.

Chiudo come avevo aperto, con Blondet, che qui e qui ci ripete la verità storica sull'Ucraina e la guerra cominciata nel 2014 non nel 2022, qui ci racconta quello che sta succedendo in Romania che se aspettate di sentirlo in un nostro TG morite di vecchiaia, e qui che non fa mai male torna un attimo sui cosiddetti vaccini antiCovid per raccontarci alcune recenti e istruttive rivelazioni.

Buona lettura. E non alleggeritevi troppo, mia nonna diceva "megghiu to mamma mi ti ciangi ca u suli i marzu mi ti tingi", non fidatevi del tepore del sole marzolino.

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